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Sez. 3, Sentenza n. 8890 del 10/02/2005 Cc. (dep. 08/03/2005 ) Rv. 230981
Presidente: Vitalone C. Estensore: Petti C. Relatore: Petti C. Imputato: Gios. P.M. Izzo G. (Conf.)
(Rigetta, Trib.Lib. Trento, 5 Ottobre 2004)
SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Gestione dei rifiuti - Materie fecali - Esclusione dalla disciplina dei rifiuti - Condizioni - Individuazione.

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Massima (Fonte CED Cassazione)

In tema di gestione dei rifiuti, la esclusione delle materie fecali dalla disciplina di cui al D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, prevista dall'art. 8 lett. c), opera a condizione che le stesse provengano da attività agricola e che siano riutilizzate nella stessa attività agricola. (In applicazione di tale principio la Corte ha affermato la applicabilità della disciplina sui rifiuti alla gestione di materie fecali provenienti da un alpeggio di bovini in una malga). 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. VITALONE Claudio - Presidente - del 10/02/2005
Dott. POSTIGLIONE Amedeo - Consigliere - SENTENZA
Dott. PETTI Ciro - Consigliere - N. 235
Dott. TERESI Alfredo - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. GRILLO Carlo - Consigliere - N. 47215/2004
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
GIOS Geremia, nato a Vallarsa il 4 dicembre 1949;
avverso l'ordinanza del tribunale del riesame di Trento del 5 ottobre 2004;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Ciro Petti;
sentito il P.M. nella persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. IZZO Gioacchino, il quale ha concluso per il rigetto;
sentito il difensore avv. RIZZO Carla, la quale ha concluso per l'accoglimento del ricorso;
Letti il ricorso e l'ordinanza denunciata;
Osserva:
IN FATTO
Il Tribunale del riesame di Trento, con provvedimento del 5 ottobre 2004, notificato il successivo 11 ottobre 2004, rigettava la richiesta di riesame del decreto del G.I.P. presso il Tribunale di Rovereto, con il quale era stato disposto il sequestro preventivo di alcuni appezzamenti, facenti parte della "Malga Zocchi" di proprietà del ricorrente.
Il provvedimento di sequestro era stato emesso nel procedimento penale pendente a carico dell'attuale ricorrente e di Iseppi Gianfranco ed Iseppi Renzo, quali indagati per il reato di cui agli artt. 14 e 51 D.Leg.vo n. 22 del 1997 (abbandono di rifiuti sul suolo).
A fondamento della decisione il tribunale adduceva, da un lato, che l'ordinanza di sequestro era estremamente chiara con riferimento all'oggetto del sequestro e, dall'altro, che era irrilevante, in questa fase, l'identificazione esatta della natura dei materiali accumulati nello spazio antistante i locali di mungitura (semplici deiezioni o letame in senso proprio).
Ricorre per Cassazione il Gios, quale proprietario della malga deducendo:
1) violazione di legge: non sarebbe infatti condivisibile la decisione del Tribunale del riesame allorché ha ritenuto che il provvedimento di sequestro fosse estremamente chiaro anche (e soprattutto) in considerazione delle modalità della sua esecuzione, posto che nel provvedimento non erano evidenziati in alcun modo l'ampiezza e gli ambiti territoriali del sequestro stesso, avendo il G.I.P. fatto riferimento alla richiesta avanzata dal P.M.;
2) travisamento dei fatti, contraddittorietà della motivazione ed inosservanza della normativa in tema di rifiuti: dopo avere premesso che l'art. 8 della legge in questione esclude in ogni caso l'applicabilità della stessa alle deiezioni fecali, assume che il tribunale del riesame di Trento richiamando l'"alta concentrazione di deiezioni e residui d'alimentazione di bovini", aveva dimostrato di non aver dubbio alcuno sulla natura del materiale accumulatosi, appunto, nella zona antistante il locale mungitura, ma nonostante ciò aveva omesso di prendere in considerazione il disposto di cui all'art. 8 d.l.vo n. 22 del 1997, limitandosi ad affermare che allo stato è "..ancora presto per affrontare il tema complesso dell'identificazione esatta della natura di tali materiali e cioè se essi consistano in semplici deiezioni o costituiscano, per la loro composizione, letame in senso proprio"; secondo il ricorrente sarebbe evidente la contraddizione nella quale sarebbe caduto il Tribunale, poiché dopo aver dato per scontato che gli accumuli "de quibus" sono costituiti solo ed esclusivamente da deiezioni fecali (come peraltro risultante anche dalla relazione del N.O.E.), per giustificare il rigetto, aveva messo in dubbio la natura degli stessi, evitando di prendere in considerazione le esclusioni previste dalla norma. DIRITTO
Il ricorso è infondato anche se il provvedimento impugnato richiede qualche precisazione.
Giova premettere che in questa materia, a norma dell'articolo 325 c.p.p., lo scrutinio di legittimità è limitato al vizio di violazione di legge sia sostanziale che processuale. Nella violazione di legge processuale rientra anche quella di cui all'articolo 125 che impone al giudice di motivare i provvedimenti, ma non la manifesta illogicità della motivazione perché separatamente prevista dall'articolo 606 lett. e) (Cfr Cass. 8 maggio 1998, Monelli e da ultimo Cassa Sez. un n. 2 del 2004, Ferazzi). Pertanto le censure relative a presunte illogicità o contraddizioni della motivazione non possono essere prese in esame in questa sede. Va altresì premesso che trattandosi di provvedimento confermativo di quello adottato dal G.i.p., le due motivazioni si integrano a vicenda. Ciò premesso, si rileva che l'oggetto del sequestro era ben individuato giacché, come riconosciuto dallo stesso ricorrente, il G.i.p., accogliendo la richiesta del P.M., aveva sottoposto a sequestro i beni che erano stati indicati dal Pubblico Ministero nell'istanza. Non v'è quindi alcuna incertezza sull'oggetto del provvedimento.
Per quanto concerne la presunta violazione dell'articolo 8 del decreto Ronchi, premesso che in questa fase non si deve accertare l'effettiva sussistenza del reato contestato, ma solo il fumus, si osserva che l'articolo 8 alla lettera c) esclude dall'applicazione della disciplina del Decreto Ronchi, tra altri rifiuti, le materie fecali, ed alla lettere e) le acque di scarico esclusi i rifiuti allo stato liquido.
Orbene, a proposito delle materie fecali, si osserva anzitutto che l'esclusione non è assoluta ma in quanto il rifiuto escluso sia disciplinato da specifiche disposizioni di legge. In secondo luogo si rileva che le materie fecali sono escluse se provengono da attività agricola come risulta chiaramente dal tenore letterale della norma, la quale dispone: "sono esclusi i seguenti rifiuti agricoli; le materie fecali, ..."Da ciò consegue che se le materie fecali non provengono da attività agricola non sono escluse dalla disciplina dei rifiuti. Inoltre le stesse materie fecali provenienti da attività agricola sono escluse se ed in quanto riutilizzate in sede di attività agricola. Solo in questo caso non si applica il Decreto Ronchi che troverà invece applicazione in tutti gli altri casi. Quella svolta dagli indagati su quel suolo (alpeggio) non è attività agricola e comunque allo stato non risulta che il materiale fecale fosse riutilizzato nella filiera consequenziale dell'attività agricola.
Per quanto riguarda i liquami va evidenziato che il decreto Ronchi all'art. 8 comma primo lett. e) crea una droga parziale per il vastissimo campo dei rifiuti liquidi limitata alle sole "acque di scarico" dirette, le quali restano disciplinate dal decreto legislativo n. 152 del 1999. Pertanto quest'ultimo decreto costituisce norma derogatoria alla disciplina del decreto Ronchi che riguarda tutti i rifiuti solo nel caso in cui quelli liquidi, disciplinati in via generale dal medesimo decreto Ronchi, costituiscano "scarico". Orbene, poiché lo scarico delle acque reflue è disciplinato dal decreto legislativo n. 152 del 1999, il decreto Ronchi troverà applicazione per la parte non disciplinata dal decreto legislativo dianzi citato. In particolare il decreto sulle acque si applicherà a tutte le acque reflue di processo o di scarico diretto. Per scarico diretto si intende qualsiasi immissione diretta tramite condotta di acque reflue liquide, semiliquide e comunque convogliagli nelle acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in rete fognaria indipendentemente dalla natura inquinante (art. 2 lett. b decreto legislativo n. 152 del 1999). In definitiva, come già statuito da questa sezione (n. 1383 del 2000) la nozione di scarico, introdotta dal Decreto Legislativo n. 152/1999, costituisce il parametro di riferimento per stabilire, per le acque di scarico e per i rifiuti liquidi, l'ambito di operatività delle normative in tema di tutela delle acque e dei rifiuti, sicché solo lo scarico diretto di acque reflue liquide, semiliquide e comunque convogliabili in corpi idrici ricettori, specificamente indicati, rientra in tale normativa; per contro, i rifiuti allo stato liquido, costituiti da acque reflue di cui il detentore si disfi senza versamento diretto nei corpi ricettori, avviandole cioè allo smaltimento, trattamento o depurazione a mezzo di trasporto su strada o comunque non canalizzato, rientrano nella disciplina dei rifiuti e il loro smaltimento deve essere autorizzato.
Nella fattispecie non si trattava di uno scarico difetto, che comunque doveva essere autorizzato, ma di un rifiuto liquido ordinario dell'attività svolta, trattandosi di liquami provenienti dalla porcilaia e dalla stalla e convogliati in una vasca di raccolta impermeabilizzata in attesa del trasporto altrove il ruscellamento sul suolo è dipeso da un'accidentale rottura del tubo di raccolta e collegamento con la vasca, ma non costituiva la forma ordinaria di smaltimento del rifiuto. Pertanto è applicabile la disciplina di cui al decreto Ronchi.
Alla stregua delle considerazioni svolte il provvedimento impugnato deve essere quindi confermato.
P.Q.M.
LA CORTE
Letto l'art. 616 c.p.p.;
RIGETTA il ricorso e condanna il ricorrente alle spese. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Penale, il 10 febbraio 2005.
Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2005