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Cass. Sez. III sent.3932 del 1 febbraio 2006 (ud. 30 novembre 2005)
Pres. Postiglione Est. Fiale Imp. Di Lorenzo
Rifiuti – Realizzazione di discarica

Il ripetitivo accumulo nello stesso luogo di materiali oggettivamente destinati all’abbandono, con trasformazione del sito, degradato dalla presenza di rifiuti, è compatibile con la nozione di discarica introdotta dall’articolo 2 lettera G9 del D.Lv. 13 gennaio 2003 n. 31

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Svolgimento del processo
Con sentenza del 30 giugno 2004, il Tribunale di Latina - Sezione distaccata di Terracina affermava la penale responsabilità di Di Lorenzo Raffaele in ordine ai reati di cui:
- all’art. 59, 2° comma, D.Lgs. n. 152/1999 (per avere, in qualità di proprietario e responsabile della struttura turistica ricettiva denominata "Camping Ain El Gazala", effettuato scarichi esistenti di acque reflue senza adottare le misure necessarie ad evitare un aumento anche temporaneo dell'inquinamento - acc. in Fondi, il 27 agosto 2001);
- all'art. 51, 3° comma, D.Lgs. n. 22/1997 (per avere realizzato una discarica di rifiuti speciali, consistenti in particolare in materiali ferrosi, bombole del gas, lamiere, brande in disuso, senza essere in possesso della prescritta autorizzazione - acc. in Fondi, il 25 settembre 2001);
- all'art. 59, 1° comma, D.Lgs. n. 152/1999 (per avere, nella qualità anzidetta, effettuato scarichi di acque reflue senza essere in possesso della prescritta autorizzazione - acc. in Fondi, il 25 settembre 2001)
e, unificati i reati nel vincolo della continuazione ex art. 81 cpv. cod. pen., lo condannava alla pena complessiva di euro 12.911,00 di ammenda.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il Di Lorenzo, il quale ha eccepito:
- la nullità della stessa per la mancata trascrizione, nell’epigrafe, dei capi di imputazione del riunito procedimento n. 521/03, richiamati nel dispositivo e per i quali era intervenuta condanna;
- l'insussistenza del reato di cui all'art. 59, 2° comma, D.Lgs. n. 15271999, in quanto:
a) la tipologia dello scarico non sarebbe riconducibile alla nozione di "acque reflue industriali, per le "evidenti caratteristiche di tipo residenziale e da servizi" e per la loro prevalente derivazione dal metabolismo umano e da attività domestiche";
b) non sussisterebbe "alcun elemento di riscontro sulla inosservanza dei limiti di accettabilità prescritti dalla previgente normativa";
- l’insussistenza del reato di cui all’art. 51, 3° comma, D.Lgs. n. 22/1997, non ravvisandosi gli elementi costitutivi di una "discarica abusiva" e mancando qualsiasi accertamento circa la riconducibilità alla propria attività gestoria dell'accumulo dei materiali rinvenuti in prossimità del campeggio;
- l'insussistenza del reato di cui all’art. 59, 1° comma, D.Lgs. n. 152/1999, perchè lo scarico era stato autorizzato dal Comune di Fondi a decorrere dal 3 agosto 1989.

Motivi della decisione
1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato, poiché nell'epigrafe della sentenza impugnata risultano trascritti i tre capi di imputazione per i quali è intervenuta condanna.
2. Infondata è pure la seconda doglianza.
2.1 L'art. 2 della Direttiva 91/271/CEE distingue:
- "acque reflue domestiche", provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da servizi e derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche;
- "acque reflue industriali”, scaricate da edifici in cui si svolgono attività commerciali o industriali, diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento.
II D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152 (che ha espressamente abrogato le leggi n. 319/1976, n. 690/1976 e n. 172/1995) ha sostituito la distinzione tra insediamenti produttivi e civili (che presupponeva una diversa qualità delle acque di scarico in relazione alla provenienza) con quella tra:
- "acque reflue industriali”, nozione ricomprendente "qualsiasi tipo di scarico di acque reflue scaricate da edifici in cui si svolgono attività commerciali e industriali, diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento"
- ed "acque reflue domestiche o di reti fognarie" (per le quali è stata esclusa la sanzione penale in mancanza dell’autorizzazione), intendendosi per "acque reflue domestiche" quelle "provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da servizi e derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche" e per "reti fognarie" ogni "sistema di condotta per la raccolta ed il coinvolgimento delle acque reflue urbane".
Nella fattispecie in esame i reflui di cui all'imputazione formulata al capo A) della rubrica devono considerarsi "acque reflue industriali”, poiché scaricate da edifici in cui si svolgono attività commerciali ed anche diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento.
2.2 Lo scarico, nella specie, era già esistente ed autorizzato alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 152/1999 ed è stata accertata l'omessa adozione delle misure necessarie ad evitare il verificarsi di un aumento del grado di inquinamento.
Detto aumento - pur non dando conto la sentenza impugnata dell'effettuazione di misurazioni riferite ai valori-limite di emissione - risulta razionalmente correlato al "mancato funzionamento dell'impianto di depurazione, disattivato perchè rumoroso", sicuramente comportante un'alterazione in peius (vedi Cass: Sez. Unite, 19 dicembre 2001, Turina; Sez. III, 5 dicembre 2003, Marziano).
3. Anche le eccezioni riferite al ravvisato reato di discarica abusiva sono prive di pregio.
L'art. 51, comma 3, del D.Lgs. n. 22/1997 sanziona penalmente "chiunque realizza o gestisce una discarica non autorizzata" e la giurisprudenza di questa Corte Suprema ha evidenziato che:
a) la realizzazione di una discarica può effettuarsi attraverso diverse attività:
- anzitutto, il vero e proprio allestimento a discarica di un'area, con il compimento delle opere occorrenti a tal fine: spianamento del terreno, apertura dei relativi accessi, recinzione, etc. (vedi Cass: Sez. Unite 28 dicembre 2004, Zaccarelli e, più di recente, Sez. III, 30 aprile 2002, Francese);
- ma anche il ripetitivo accumulo nello stesso luogo di sostanze oggettivamente destinate all'abbandono con trasformazione, sia pure tendenziale, del sito, degradato dalla presenza dei rifiuti (vedi Cass., Sez. III: 10 gennaio 2002, Garzia; 24 settembre 2001, Bistolfi; 11 ottobre 2000, Cimini).
Secondo un'interpretazione giurisprudenziale, potrebbe integrare il reato di discarica abusiva anche un unico conferimento di ingenti quantità di rifiuti che faccia però assumere alla zona interessata l'inequivoca destinazione di ricettacolo di rifiuti, con conseguente trasformazione del territorio (Cass., Sez. III, 4 novembre 1994, Zagni);
b) la gestione di una discarica si identifica in una attività autonoma, successive alla realizzazione, che può essere compiuta dallo stesso autore di quest'ultima o da altri soggetti, e che consiste nell’attivazione di un'organizzazione, articolata o rudimentale, di persone e cose diretta al funzionamento della discarica medesima (vedi Cass.: Sez. III, 11 aprile 1997, Vasco; Sez. Unite 28 dicembre 2004, Zaccarelli).
Nella fattispecie in esame il Tribunale ha appunto accertato, in fatto - e ne ha dato conto con motivazione razionale ed esauriente - la realizzazione di una discarica attraverso il ripetitivo accumulo nello stesso luogo di materiali oggettivamente destinati all'abbandono, con trasformazione del sito, degradato dalla presenza dei rifiuti, e tale accertamento è, altresì, assolutamente compatibile con la definizione di "discarica" introdotta dall'art. 2, lett. g), del D.Lgs. 13 gennaio 2003, n. 31.
La natura e le caratteristiche dei materiali in questione escludono sia l'occasionalità dell'accumulo sia la loro riutilizzazione certa ed oggettiva.
II Di Lorenzo risulta, inoltre, gestore dell'insediamento commerciale quanto meno dall'anno 1989 e non sussiste alcun dubbio circa la riferibilità degli oggetti e materiali abbandonati (in relazione alla loro oggettiva natura) all'esercizio dell'insediamento medesimo.
4. Fondato deve ritenersi, invece, il terzo motivo di ricorso.
Lo scarico (non contenente sostanze pericolose) invero, all'entrata in vigore del D.Lgs. n. 152/1999 (13 giugno 1999), doveva considerarsi autorizzato, cioè fisicamente e giuridicamente esistente, ed era perciò applicabile la moratoria prevista dal comma 11 dell'art. 62 dello stesso testo normativo.
Si impone, pertanto, l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, limitatamente alla contravvenzione di cui all'art. 59, 1° comma, della legge n. 152/1999, perchè il fatto non sussiste, e deve essere conseguentemente eliminata la pena di euro 2.000,00 di ammenda, inflitta per la continuazione.