Cass. Sez. III n. 9103 del 28 febbraio 2008 (ud. 15 gen. 2008)
Pres. Lupo Est. Sarno Ric. Gasparini ed altro
Rifiuti. Ecopiazzole

Le “isole ecologiche” sono soggette ad autorizzazione e non è di ostacolo a tali conclusioni il richiamo all\'art. 21 Dlvo 22/97 (ora 198 Dlvo 152/06). Vero è che la disposizione in esame affida al Comune la scelta sulle modalità di servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti urbani, così come quelle di conferimento della raccolta differenziata e del trasporto dei rifiuti stessi al fine di garantire una distinta gestione delle diverse frazioni di rifiuti e di promuovere il recupero degli stessi, ma ciò di per sé non esclude evidentemente la necessità dell\' autorizzazione regionale e/o provinciale secondo quanto previsto dal DLvo 22/97 ed ora 152/2006 o, comunque, il ricorso alla procedura semplificata secondo quanto indicato da talune normative regionali (es. art. 22 decreto del presidente della giunta regionale toscana 25 febbraio 2004, n. 14-R; art. 25 legge regionale abruzzi 28 aprile 2000, n. 83). Non va dimenticato, infatti, che tanto il DLvo 22/97 quanto il DLvo 152/06 prevedono che la gestione dei rifiuti sul territorio avvenga mediante un\'azione integrata e di coordinamento del comune con gli altri enti territoriali di riferimento - regione e provincia - e, soprattutto, con la prima cui anche nella vigenza del DLvo 152/2006 continuano ad essere riservati nella specifica materia poteri di coordinamento e di controllo, anche in forma sostitutiva, delle operazioni di gestione dei rifiuti, della funzionalità dei relativi impianti e del rispetto dei limiti e delle prescrizioni previste dalle relative autorizzazioni (artt. 196 e 200 co. 4).
Svolgimento del processo
Con la sentenza in epigrafe il tribunale di Latina condannava Gasparini Pompilio e Tombolino Eligio, entrambi imputati del reato p. e p. dagli artt. 110 cod. pen. e 51 del D.Lgs. 22/97 per avere in concorso tra loro, il primo nella qualità di amministratore della società TRA.SCO PONTINIA srl, affidataria del servizio di raccolta di rifiuti urbani, ed il secondo in qualità di sindaco pro - tempore del Comune dì Pontinia, predisposto e gestito un\'isola ecologica per la raccolta di rifiuti speciali e di rifiuti urbani ingombranti (elettrodomestici in genere, imballaggi, pneumatici, ecc.) in assenza della prevista autorizzazione da parte della Regione Lazio ai sensi degli artt. 27 e 28 del DLgs 22/97. In Pontinia il 9 gennaio 2003.
Avverso tale decisione propongono ricorso per cassazione entrambi gli imputati. Gasparini Pompilio eccepisce la violazione di legge sul rilievo che:
- la raccolta dei rifiuti in una "isola ecologica" non può configurare la violazione dell’art. 51 co. 2 D.L.vo 22/97 sanzionando tale disposizione unicamente la condotta di abbandono o deposito incontrollato dei rifiuti medesimi;
- la raccolta dei rifiuti in una "isola ecologica" non è parimenti sanzionata dal comma 1 della disposizione citata trattandosi di deposito temporaneo;
- in ogni caso, facendo l\'art. 51 riferimento unicamente alla condotta riferibile ai titolari di impresa ed ai responsabili di enti doveva riconoscersi la buona fede dell\'imputato, specialmente in considerazione che la società TRA.SCO era in maggioranza partecipata dal Comune di Pontinia;
- la disposizione dell\'art. 27 si applica solo ai nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti.
Tombolillo Eligio eccepisce invece:
- contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione essendo emerso dall\'istruttoria dibattimentale che nella specie non era stata istituita un\'isola ecologica o un deposito temporaneo di rifiuti ma solo un\'area recintata chiusa con un cancello nella quale venivano ricoverati unicamente i mezzi in uso alla società di gestione ed altri mezzi in uso al Comune di Pontinia e nella quale la società TRA.SCO aveva posizionato anche due containers nei quali gli operatori della stessa società allocavano esclusivamente rifiuti urbani ingombranti raccolti (mobili ed elettrodomestici dimessi) che nell\'arco di tre giorni venivano avviati in discarica senza che sugli stessi venisse compiuta alcuna manipolazione;
- inosservanza ed erronea applicazione di legge penale non necessitando nella specie alcuna delle autorizzazioni indicate agli artt. 27 e 28 D.L.vo 22/97;
- omessa motivazione sulla ritenuta responsabilità dell\'imputato, essendo risalente nel tempo l\'incarico alla società TRA.SCO.

Motivi della decisione.
Ritiene preliminarmente il Collegio di non potere condividere le conclusioni formulate dal PG in udienza circa l\'avvenuta estinzione del reato contestato per prescrizione.
In primo grado il dibattimento risulta essere stato rinviato dal 21 settembre 2004 al 25 ottobre 2005 a seguito di richiesta dei difensori che avevano aderito all\'astensione dalle udienze proclamata dall\'ordine degli avvocati.
Per effetto di tale rinvio il termine di prescrizione matura alla data del 12 agosto 2008.
Il periodo indicato deve essere, infatti, interamente computato.
Ed, invero, l’art. 159 cod. pen., per effetto della nuova formulazione introdotta dall\'art. 6 comma 3 della Legge 5 dicembre 2005, n. 251 recante "Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione", prevede al comma 1 n. 3) la sospensione del procedimento o del processo penale per ragioni di impedimento delle parti e dei difensori ovvero su richiesta dell\'imputato o del suo difensore.
Si specifica tuttavia che in caso di sospensione del processo per impedimento delle parti o dei difensori, l\'udienza non può essere differita oltre il sessantesimo giorno successivo alla prevedibile cessazione dell\'impedimento, dovendosi avere riguardo in caso contrario al tempo dell\'impedimento aumentato di sessanta giorni.
E\' chiaro, dunque, che il limite dei sessanta giorni vale solo nel caso di sospensione del processo per impedimento delle parti o dei difensori, non già, invece, nel caso di richiesta dell\'imputato o del difensore.
Ciò posto occorre quindi valutare se l\'astensione dalla partecipazione all\'udienza del difensore in adesione alle forme di astensione proclamate dall\'ordine di categoria possa rientrare nell\'ipotesi di "impedimento" del difensore stesso.
Questa soluzione è stata già esclusa in passato da una larga parte della giurisprudenza di legittimità che ha ritenuto l\'astensione del difensore intesa quale espressione di "libertà sindacale" riconducibile non già ad un "legittimo impedimento" bensì ad una condotta autonoma e volontaria che nell\'ambito delle ipotesi di "mancata presentazione", ovvero di "allontanamento" ovvero di "mancata partecipazione" che, in rapporto alle diverse esigenze processuali, l\'art. 304 co. 1 lett. b cpp individua come causa di sospensione o di rinvio del dibattimento, allorquando l\'imputato sia rimasto privo di assistenza difensiva.
Tale orientamento che ha continuato a trovare riscontro in alcune pronunce di questa Corte anche dopo l\'entrata in vigore della L. n. 251 del 2005 ritiene il Collegio di dover ribadire in questa sede condividendone le ragioni e, pertanto, escluso che nella specie possa essere ravvisata una ipotesi di "legittimo impedimento" per effetto dell\'adesione del difensore all\'astensione dalle udienze proclamate dalla categoria, il computo del termine relativo al periodo di sospensione della prescrizione deve necessariamente riguardare l\'intero periodo del rinvio senza alcuna limitazione.
Venendo ora al merito delle questioni, osserva il Collegio che entrambi i ricorrenti, con il primo motivo di ricorso, contestano l\'affermazione del tribunale secondo la quale si rendeva comunque necessaria l\'autorizzazione regionale per la gestione dei rifiuti che transitavano sul sito in contestazione.
I due ricorrenti pervengono tuttavia alla comune conclusione attraverso opzioni argomentative diverse.
II Tombolino, infatti, contesta, come detto in precedenza, in radice l\'affermazione del tribunale secondo cui nella specie il sito in questione costituirebbe una c.d. isola ecologica; il Gasparini, invece, richiamando l\'orientamento prospettato da parte della dottrina, sostiene che per la c.d. isola ecologica non necessita comunque l\'autorizzazione indicata dagli artt. 27 e 28 D.L.vo 22/97 (ora 208 e ss. D.L.vo 152/06).
Ciò posto osserva anzitutto il Collegio che la ricostruzione fattuale operata dal tribunale non può essere in questa sede sindacata in mancanza di indicazioni specifiche circa un eventuale travisamento di elementi di prova.
Il dato sostantivo di cui occorre tenere conto - e su cui si discute - è dunque che nel luogo indicato nella contestazione, debitamente recintato per non consentire un accesso indiscriminato, confluivano i rifiuti ingombranti (elettrodomestici, pneumatici ed altro) prelevati dalla TRA.SCO Pontinia srl in varie zone del comune di Pontinia, unitamente ai rifiuti fatti affluire direttamente dai residenti.
Emerge anche che la società in questione agiva in forza di un contratto stipulato con il Comune in data 28 giugno 2002 con il quale le era stato affidato dal Comune medesimo la gestione del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti solidi urbani e di quelli provenienti dalla raccolta differenziata.
Stando alle motivazioni della sentenza impugnata, dunque, il centro in esame sembra avere una natura complessa trattandosi di struttura sorvegliata nella quale confluivano sia i rifiuti conferiti direttamente dai singoli utenti e sia quelli prelevati dalla TRA.SCO in vista della loro successiva destinazione agli impianti di smaltimento, di trattamento o di recupero.
Pur apparendo in realtà riduttivo affermare che si è in presenza di una c.d. isola ecologica semplice si deve comunque ritenere nella specie necessaria l\'autorizzazione per la gestione dell\'impianto.
Nella sentenza impugnata correttamente viene, infatti, richiamato il costante orientamento di questa Corte secondo cui anche le piazzole comunali destinate alla raccolta differenziata dei rifiuti urbani, cosiddette piazzole ecologiche o ecopiazzole, hanno natura di centri di stoccaggio ai sensi dell\'art. 6, comma primo, del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, atteso che nelle stesse si effettuano attività di smaltimento, consistente nel deposito preliminare in vista di altre operazioni di smaltimento definitive ex punto DI5 dell\'allegato B al citato decreto n. 22, o attività di recupero, consistente nella messa in riserva ex punto R13 dello stesso allegato B» e, conseguentemente si ritiene che appalesandosi lo stoccaggio quale fase preliminare alle attività di smaltimento o recupero, come tale necessita della prevista autorizzazione» (Sez. III, 21 aprile 2005, Zumino, m. 231.938; Sez. III, 26 ottobre 2005, Marino, m. 232.353).
Peraltro questa Corte, nell’escludere nella specie l\'ipotesi del deposito temporaneo, ha anche precisato che nel concetto di luogo di produzione dei rifiuti non può rientrare, come sostengono i ricorrenti l’intero territorio comunale rispetto ai rifiuti prodotti dai suoi cittadini, ma lo stesso si estende al massimo sino a ricomprendere siti infrastrutturali collegati tra loro all\'interno di un\'area delimitata. Conseguentemente si verte in tema di stoccaggio quale fase preliminare alle attività di smaltimento o recupero, e come tale necessitante la prevista autorizzazione. (Sez. 3, 26 ottobre 2005 cit).
Né contraddice le conclusioni indicate il richiamo all\'art 21 D.L.vo 22/97 (ora 198 D.L.vo 152/06). Vero è che la disposizione in esame affida al Comune la scelta sulle modalità di servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti urbani, così come quelle di conferimento della raccolta differenziata e del trasporto dei rifiuti stessi al fine di garantire una distinta gestione delle diverse frazioni di rifiuti e di promuovere il recupero degli stessi, ma ciò di per sé non esclude evidentemente la necessità dell\'autorizzazione regionale e/o provinciale secondo quanto previsto dal D.L.vo 22/97 ed ora 152/2006 o, comunque, il ricorso alla procedura semplificata secondo quanto indicato da talune normative regionali (es. art. 22 decreto del presidente della giunta regionale toscana 25 febbraio 2004 , n. 14-R; art. 25 legge regionale abruzzi 28 aprile 2000, n. 83).
Non va dimenticato, infatti, che tanto il D.L.vo 22/97 quanto il D.L.vo 152/06 prevedono che la gestione dei rifiuti sul territorio avvenga mediante un\'azione integrata e di coordinamento del comune con gli altri enti territoriali di riferimento - regione e provincia - e, soprattutto, con la prima cui anche nella vigenza del D.L.vo 152/2006 continuano ad essere riservati nella specifica materia poteri di coordinamento e di controllo, anche in forma sostitutiva, delle operazioni di gestione dei rifiuti, della funzionalità dei relativi impianti e del rispetto dei limiti e delle prescrizioni previste dalle relative autorizzazioni (artt. 196 e 200 co. 4).
Il richiamo alla giurisprudenza di legittimità citata vale a confutare anche le obiezioni sollevate dai ricorrenti in ordine alla possibilità che il sindaco del comune e l\'amministratore della società TRA.SCO in quanto addetta alla raccolta ed al trasporto dei rifiuti possano rispondere del reato contestato.
La seconda questione posta congiuntamente dai ricorrenti attiene alla non applicabilità del dettato degli artt. 27 e 28 D.L.vo 22/97 nel caso di specie trattandosi di impianto già funzionante all\'epoca dell\'entrata in vigore del citato D.L.vo.
Anche in questo caso si tratta di obiezione infondata in quanto non tiene evidentemente conto del dettato dell\'art. 57 che, nel definire la disciplina transitoria, sancisce l\'obbligo per gli interessati di munirsi di autorizzazione anche per gli impianti preesistenti.
Alla luce di quanto detto appare quindi correttamente motivata la responsabilità di entrambi gli imputati in ragione dei ruoli rivestiti, né è invocabile l\'errore scusabile ai sensi dell\'art. 5 cp in presenza di un orientamento interpretativo della Corte assolutamente univoco e costante sui temi dibattuti.
I ricorsi devono conclusivamente essere rigettati ed i ricorrenti devono essere quindi condannati in solido al pagamento delle spese processuali.