Cass. Sez. III n. 9348 del 9 marzo 2020 (UP  2 ott 2019)
Pres. Liberati Est. Macrì Ric. Pitanti
Rifiuti.Sfalci e potature

Gli « sfalci e potature”, che non costituiscono rifiuto, sono solo quelli derivanti da buone pratiche colturali o dalla manutenzione del verde pubblico, sempreché siano riutilizzati in agricoltura, silvicoltura o per la produzione di energia da biomassa, anche al di fuori del luogo di produzione o a mezzo cessione a terzi e sempre che siano seguìte delle procedure che non danneggino l’ambiente o mettano in pericolo la salute umana. Dalla formulazione della norma si ricava quindi la regola di giudizio che “gli sfalci e potature” sono comunque dei rifiuti per i quali vale la deroga stabilita nell’art. 185 d.lgs. n. 152/2006, nei limiti in cui siano gestiti e riutilizzati a servizio dell’agricoltura, silvicoltura o produzione di energia non inquinante.


RITENUTO IN FATTO
    
1. Con sentenza in data 22.5.2018 il Tribunale di Massa ha condannato Matteo Pitanti alla pena di euro 1.800,00 di ammenda oltre spese e doppi benefici di legge per il reato di cui all’art. 256, comma 1, lett. a) e 192, comma 1, d.lgs. n. 152/2006, perché, in qualità di legale rappresentante della Non solo verde di Pitanti Matteo e c. s.n.c., aveva effettuato la raccolta e lo stoccaggio di rifiuti non pericolosi, costituiti da scarti di vegetazione provenienti dall’attività di giardinaggio, e li aveva depositati in maniera incontrollata nell’area di Montignoso, in via del Pero, in assenza della prescritta autorizzazione, in Montignoso l’8 novembre 2015.
2. Con il primo motivo di ricorso l’imputato deduce la violazione di legge in relazione al reato ascrittogli. Secondo la giurisprudenza di legittimità gli scarti vegetali erano esclusi dal novero dei rifiuti e non erano pertanto applicabili né l’art. 256-bis né l’art. 256 d.lgs. n. 152/2006.
Con il secondo denuncia la violazione di legge in ordine al reato di cui all’art. 256 d.lgs. n. 152/2006, poiché nel marzo 2015 si era verificata una tromba d’aria, eccezionale ed imprevedibile, che aveva devastato la zona costiera da Pietrasanta a Forte dei Marmi. Contesta la qualificazione del fatto come deposito incontrollato, ritenendo che si trattava di un deposito preliminare non punibile, conseguente all’eccezionale evento meteorologico.
Con il terzo eccepisce la violazione di legge in ordine al reato di cui all’art. 183, lett. bb), d.lgs. n. 152/2006, siccome si era trovato nella necessità di depositare temporaneamente i fusti e le piante sradicate dalla tromba d’aria.
Con il quarto lamenta la violazione di legge in relazione al diniego dell’art. 131-bis cod. pen.
Con motivi nuovi evidenzia che il novellato art. 185 d.lgs. n. 152/2006 ha determinato un definitivo svincolamento tra il materiale di scarto e la relativa destinazione, ampliando di fatto le maglie della deroga degli art. 256 e 192 d.lgs. n. 152/2006. Chiede pertanto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per essere il fatto non più previsto dalla legge come reato o con rinvio per nuovo esame sul punto.
 
   
CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è infondato.
Il Tribunale ha accertato che, in data 8 novembre 2015, i Vigili del fuoco avevano richiesto l’intervento di una pattuglia della polizia municipale, in quanto si era verificato un incendio, divampato nel pomeriggio del giorno prima, che era originato dal terreno sito in Montagnoso, via del Pero, asservito all’attività della società di cui il Pitanti era legale rappresentante. Era emerso che l’imputato non aveva alcuna autorizzazione al deposito e stoccaggio dei residui di giardinaggio, ciò nondimeno aveva accumulato sul terreno gli sfalci ed i tronchi prelevati da altre zone, dopo la tromba d’aria del marzo 2015. Secondo il Tribunale si trattava di rifiuti di cui l’imputato intendeva disfarsi e non di sottoprodotti, per giunta presenti sul sito da diversi mesi.
Ritiene il Collegio che il ricorso non colga nel segno perché il Tribunale ha qualificato il terreno utilizzato dalla società di giardinaggio dell’imputato come deposito irregolare contenente sfalci di potatura non destinati al riutilizzo o all’abbruciamento, bensì allo smaltimento, accumulati in luogo diverso da quello di produzione.  
L’art. 185, comma 1, lett. f), d.lgs. n. 152/2006, nella formulazione vigente all’epoca dei fatti, stabiliva che non rientravano nell’applicazione della parte quarta del decreto le materie fecali, se non contemplate dal comma 2, lettera b), paglia, sfalci e potature, nonché altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso utilizzati in agricoltura, nella selvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa mediante processi o metodi che non danneggiano l'ambiente ne' mettono in pericolo la salute umana.
Successivamente l’art. 41, comma 1, l. n. 154 del 28 luglio 2016 ha  riformulato la norma prevedendo le materie fecali, se non contemplate dal comma 2, lettera b), del presente articolo, la paglia, gli sfalci e le potature provenienti dalle attivita' di cui all'articolo 184, comma 2, lettera e), e comma 3, lettera a), nonche' ogni altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso destinati alle normali pratiche agricole e zootecniche o utilizzati in agricoltura, nella silvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa, anche al di fuori del luogo di produzione ovvero con cessione a terzi, mediante processi o metodi che non danneggiano l'ambiente ne' mettono in pericolo la salute umana.
Infine, l’art. 20, comma 1, l. n. 37 del 3 maggio 2019 ha nuovamente modificato la norma prevedendo le materie fecali, se non contemplate dal comma 2, lettera b), del presente articolo, la paglia e altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, gli sfalci e le potature effettuati nell'ambito delle buone pratiche colturali, nonche' gli sfalci e le potature derivanti dalla manutenzione del verde pubblico dei comuni, utilizzati in agricoltura, nella silvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa, anche al di fuori del luogo di produzione ovvero con cessione a terzi, mediante processi o metodi che non danneggiano l'ambiente ne' mettono in pericolo la salute umana.
Sebbene possa apparire che le successive formulazioni della deroga dell’art. 185, comma 1, lett. f), d.lgs. n. 152/2006 abbiano voluto restringere l’ambito applicativo con riferimento agli “sfalci e potature”, in realtà lo hanno precisato ed ampliato attraverso una descrizione più puntuale, che ricomprende anche i rifiuti urbani costituiti da rifiuti vegetali provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi ed aree cimiteriali ed i rifiuti speciali da attività agricole e agro-industriali. D’altra parte la stessa difesa ha invocato l’applicazione della formulazione attualmente vigente ritenendola più favorevole, anche in considerazione del fatto che l’elenco in deroga dell’art. 185 è esemplificativo e non esaustivo.
Sennonché, “gli sfalci e potature”, che non costituiscono rifiuto, sono solo quelli derivanti da buone pratiche colturali o dalla manutenzione del verde pubblico, sempreché siano riutilizzati in agricoltura, silvicoltura o per la produzione di energia da biomassa, anche al di fuori del luogo di produzione o a mezzo cessione a terzi e sempre che siano seguìte delle procedure che non danneggino l’ambiente o mettano in pericolo la salute umana. Dalla formulazione della norma si ricava quindi la regola di giudizio che “gli sfalci e potature” sono comunque dei rifiuti per i quali vale la deroga stabilita nell’art. 185 d.lgs. n. 152/2006, nei limiti in cui siano gestiti e riutilizzati a servizio dell’agricoltura, silvicoltura o produzione di energia non inquinante. Nella specie, è stato invece accertato che “gli sfalci e potature” derivanti dalla raccolta del materiale arboreo, che si era formato a seguito della tromba d’aria del marzo 2015, non è noto se presso proprietà private o pubbliche, non era destinato agli usi consentiti, bensì si trovava accumulato sul terreno da mesi, senza misure protettive, tant’era vero che era stato attinto da un incendio che aveva richiesto l’intervento dei Vigili del fuoco.
Ritiene il Collegio che la decisione impugnata abbia fatto buon governo delle regole di diritto.
Non constano precedenti negli esatti termini.
Tuttavia, la giurisprudenza di legittimità ha dimostrato particolare rigore nell’applicazione delle norme. In caso di “abbruciamento” ha stabilito che la combustione dei residui vegetali effettuata senza titolo abilitativo nel luogo di produzione oppure di materiale agricolo o forestale naturale, anche derivato da verde pubblico o privato, se commessa al di fuori delle condizioni previste dall’art. 182, comma 6-bis, primo e secondo periodo, d.lgs. n. 152/2006 rientra nel reato dell’art. 256, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 152/2006, mentre la combustione di rifiuti urbani vegetali, abbandonati o depositati in modo incontrollato, provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi ed aree cimiteriali, è punita solo in via amministrativa ai sensi dell’art. 255 d.lgs. n. 152/2006 (tra le più recenti, Cass., Sez. 3, n. 38658 del 15/06/2017, Pizzo, Rv. 270897), mentre ha ritenuto integrato il reato di deposito incontrollato di residui da potatura da parte degli stessi responsabili amministrativi dei Comuni (Cass., Sez. 3, n. 36480 del 12/06/2019, Anastasi, Rv. 277503 che non ha affrontato il problema della deroga dell’art. 185, comma 1, lett. f), d.lgs. n. 152/2006 ed ha richiamato il precedente conforme n. 12356 del 24/02/2005, Rizzo, Rv. 231071).
Quanto al deposito preliminare o temporaneo questa Sezione ha chiarito che ricorre tale figura solo nel caso di raggruppamento di rifiuti e del loro deposito preliminare alla raccolta ai fini dello smaltimento per un periodo non superiore all'anno o al trimestre (ove superino il volume di 30 mc), nel luogo in cui gli stessi sono materialmente prodotti o in altro luogo, al primo funzionalmente collegato, nella disponibilità del produttore e dotato dei necessari presidi di sicurezza (tra le più recenti, Cass., Sez. 3, n. 50129 del 28/06/2018, D., Rv. 273965).
Nella specie il Tribunale, come sopra spiegato, ha escluso con accertamento di fatto, non censurabile in questa sede, il deposito preliminare o temporaneo.    
Va respinta anche la quarta doglianza in merito all’omessa applicazione della causa di non punibilità, perché, sebbene non vi sia una motivazione espressa sul punto che peraltro il ricorrente non ha dedotto di aver specificamente devoluto, il fatto è stato descritto come connotato da una certa importanza. Infatti, durante l’intervento sono stati rinvenuti scarti di rami, tronchi di varie dimensioni, chiome di alberi, cespugli, frasche provenienti da lavorazioni in altri luoghi, cumuli di vegetazione, macchia mediterranea, residui di giardinaggio. Lo stesso imputato ha ammesso di non aver alcuna autorizzazione per il deposito e lo stoccaggio del materiale nell’area e di aver conferito ivi i residui dell’attività di giardinaggio dopo la tromba d’aria che aveva abbattuto molti alberi.
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 592 cod. proc. pen.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
Così deciso, il 2 ottobre 2019