 Cass. Sez. III n. 9252 del 9 marzo 2010 (Ud. 21  gen. 2010)
Cass. Sez. III n. 9252 del 9 marzo 2010 (Ud. 21  gen. 2010) 
 Pres. Grassi Est. Lombardi Ric. Ibello 
 Rifiuti. Spandimento sul suolo per livellamento terreno 
 
 Per quanto riguarda la definizione delle operazioni di smaltimento dei  rifiuti l’art. 183, primo comma lett, g), del D. Lgs n. 152/06, come  sostituito dall’art. 2, comma 20, del D. Lgs 16 gennaio 2008 n. 4, si  limita a rinviare alle descrizioni contenute nell’allegato 13 della  parte quarta. Tra le operazioni di smaltimento descritte nell’allegato  B, il cui contenuto è rimasto immutato, alla lettera D12 è indicato il  “deposito permanente” dei rifiuti. Orbene, non vi è dubbio che  l’attività di spandimento sul suolo dei materiali di risulta a fini di  livellamento del terreno rientra nella ipotesi di cui alla citata  lettera D12 dell’allegato B, essendo evidentemente destinata a rendere  permanente il deposito dei rifiuti in precedenza effettuato. E’ appena  il caso di rilevare sul punto che la previsione specifica contenuta  nella lettera D12 di una condotta che integra il deposito permanente ha  carattere meramente esemplificativo, come indicato dallo stesso  disposto. 
UDIENZA del 21.1.2010
SENTENZA N. 138
REG. GENERALE N. 35186/2009
 REPUBBLICA ITALIANA
 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
 Sez. III Penale
 
 Composta dagli ill.mi Signori:
Dott. Aldo  Grassi                                 Presidente
 Ciro Petti                                            Consigliere
Alfredo Teresi
 Alfredo Maria Lombardi
Silvio Amoresano
 
 ha pronunciato la seguente:
 SENTENZA
 Sul ricorso proposto dall'Avv. Domenico Grella, difensore di fiducia di  Ibello  Giuseppe, n. a Santa Maria Capua Vetere il xx/xx/xxxx, avverso la  sentenza in  data 11.3.2008 del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, sezione  distaccata di  Carinola, con la quale venne condannato alla pena di E 10.000,00 di  ammenda  quale colpevole del reato di cui all'art. 51, comma primo, del D. Lgs.  n.,  22/97.
 - Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;
 - Udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Alfredo  Maria  Lombardi;
 - Udito il P.M., in persona del Sost. Procuratore Generale Dott.  Guglielmo  Passacantando, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
 SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
 Con la sentenza impugnata il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere,  sezione  distaccata di Carinola, ha affermato la colpevolezza di lbello Giuseppe  in  ordine al reato di cui all'art. 51, comma primo, del D. Lgs. n. 22/97,  come  sostituito dall'art. 256 del D. f,gs n. 152/06, a lui ascritto per avere   effettuato Io smaltimento di rifiuti speciali non pericolosi, costituiti  da  pezzi di muratura, tegole, cemento ed altri residui provenienti dalla  demolizione di un fabbricato, senza la prescritta autorizzazione.
 E' stato accertato in punto di fatto che tale Di Bello Gennaro, titolare   dell'omonima ditta, aveva effettuato, per conto del Comune di Vairano,  lavori di  demolizione di una palestra e successivamente aveva depositato i  materiali di  risulta provenienti dall'attività di demolizione su un terreno sul quale  la  ditta Ibello Giuseppe stava realizzando un parcheggio; che l'imputato  aveva  provveduto a spianare il predetto materiale di risulta al fine di  innalzare il  piano di campagna del suolo sul quale doveva essere realizzato il  parcheggio.
 Il giudice di merito ha affermato che il materiale di risulta di cui  alla  contestazione costituisce rifiuto, secondo la classificazione contenuta  nell'allegato A al D. Lgs n. 22/97, codice CER 170700, e che l'attività  posta in  essere dall'imputato integra, in ogni caso, un'ipotesi di smaltimento  dei  predetti rifiuti.
 Avverso la sentenza ha proposto appello il difensore dell'imputato e  l'impugnazione è stata trasmessa a questa Suprema Corte ai sensi  dell'art. 568,  ultimo comma, c.p.p..
 Con motivi aggiunti il difensore dell'imputato ha dedotto la intervenuta   prescrizione del reato, verificatasi anche prima dell'ordinanza con la  quale la  Corte territoriale ha trasmesso gli atti in cassazione.
 MOTIVI DELLA DECISIONE
 Con il primo motivo di gravame il ricorrente chiede l'assoluzione  dell'imputato  perché il fatto non sussiste o perché il fatto non costituisce reato.
 Si osserva che unico detentore dei rifiuti era la ditta Di Bello  Giuseppe,  giudicato separatamente ed al quale era stata applicata la pena ai sensi   dell'art. 444 c.p.p., avendo proceduto alla esecuzione dei lavori di  demolizione  da cui erano residuati i rifiuti ed al successivo trasporto e deposito  degli  stessi su un altro terreno; che l'attività posta in essere  dall'imputato, di  spianamento dei materiali depositati, di cui non si contesta  sostanzialmente la  natura di rifiuto, dovendo i materiali essere sottoposti a test di  cessione  prima del loro eventuale reimpiego, non può essere qualificata di  smaltimento  dei rifiuti, non essendo riconducibile ad alcuna delle condotte previste   dall'art. 6 lett. g) del D. Lgs n. 22/97 e dall'allegato, cui la norma  rinvia.
 Con il secondo motivo di gravame si chiede l'assoluzione dell'imputato  perché il  fatto non costituisce reato. Si deduce che il giudice di merito avrebbe  dovuto  ritenere insussistente l'elemento psicologico del reato ai sensi  dell'art. 47  c.p., avendo l'Ibello fatto affidamento sulla apparente legalità del  contesto in  cui è stata posta in essere la condotta ascrittagli.
 Con il terzo motivo si chiede l'assoluzione dell'imputato per carenza o  insufficienza di prove della sua colpevolezza.
 Con il successivo motivo si chiede l'applicazione della pena nella  misura del  minimo edittale, deducendosi la carenza di motivazione della sentenza in  ordine  alla quantificazione della pena inflitta.
 Con l'ultimo motivo, infine, si censura la mancata concessione del  beneficio  della non menzione della condanna nel certificato del casellario,  ricorrendone i  presupposti ai sensi dell'art. 175 c.p..
 Il ricorso non è fondato.
 Preliminarmente la Corte rileva che tuttora non si è verificata la  prescrizione  del reato ascritto all' imputato.
 Con decorrenza dalla data del fatto (10.5.2005), invero, tenuto della  sospensione del decorso del termine, per rinvio del dibattimento a  seguito della  astensione del difensore dalle udienze, per il complessivo periodo di  mesi  quattro e giorni ventotto, la prescrizione del reato verrebbe a  verificarsi in  data 8.4.2010, ai sensi degli art. 157, primo comma n. 5), e 160 c.p.  nella  formulazione previgente.
 Osserva, poi, la Corte in ordine al primo motivo di gravame che, per  quanto  riguarda la definizione delle operazioni di smaltimento dei rifiuti, sia  l'art.  6, primo comma lett. g), del D. Lgs n. 22/97, vigente alla data del  fatto, che  l'art. 183, primo comma lett. g), del D. Lgs n. 152/06, come sostituito  dall'art. 2, comma 20, del D. Lgs 16 gennaio 2008 n. 4, si limitano a  rinviare  alle descrizioni contenute nell'allegato B dei rispettivi decreti (parte  quarta  per quello vigente).
 Tra le operazioni di smaltimento descritte nell'allegato B, il cui  contenuto è  rimasto immutato, alla lettera D12 é indicato il "deposito permanente"  dei  rifiuti.
 Orbene, non vi è dubbio che l'attività di spandimento sul suolo dei  materiali di  risulta a fini di livellamento del terreno posta in essere dall'imputato  rientra  nella ipotesi di cui alla citata lettera D12 dell'allegato B, essendo  evidentemente destinata a rendere permanente il deposito dei rifiuti in  precedenza effettuato dalla ditta Di Bello.
 E' appena il caso di rilevare sul punto che la previsione specifica  contenuta  nella lettera D12 di una condotta che integra il deposito permanente ha  carattere meramente esemplificativo, come indicato dallo stesso  disposto.
 Il secondo motivo di gravame è inammissibile in quanto presuppone un  accertamento di fatto in ordine al'elemento psicologico del reato, non  consentito in sede di legittimità.
 Inoltre la relativa questione non risulta essere stata proposta nella  sede di  merito, sicché in ogni caso è inammissibile ai sensi dell'art. 606,  ultimo  comma, c.p.p..
 Peraltro, trattandosi di contravvenzione, il fatto è punibile anche a  titolo di  colpa, mentre risulta evidente il mancato accertamento da parte  dell'imputato  della natura di rifiuto dei materiali che ha provveduto a spandere sul  suolo.
 Il terzo motivo è inammissibile per la genericità assoluta della  doglianza, che  peraltro è di merito. Egualmente di merito è il successivo motivo di  gravame e,  perciò, inammissibile in sede di legittimità.
 Peraltro, costituisce motivazione sufficiente in ordine alla  quantificazione  della pena il riferimento ai criteri di cui all'art. 133 c.p.,  considerato che  nella specie è stata inflitta la pena pecuniaria, prevista  alternativamente a  quella detentiva per le ipotesi di condotte connotate da maggiore  gravità.
 
 L'ultimo motivo è inammissibile, non essendo stata chiesta al giudice di  merito  la concessione del beneficio della non menzione.
 Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.
 Ai sensi dell'art. 616 c.p.p. segue la condanna del ricorrente al  pagamento  delle spese processuali.
 P.Q.M.
 La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle  spese  processuali.
Così deciso in Roma nella  pubblica  udienza dei 21.1.2010.
 
 DEPOSITATA IN CANCELLERIA 8 MAR. 2010
 
                    




