Pres. Gemelli Est. Chieffi Ric. Ferrantelli
Rumore – Superamento limiti Dpcm 14 novembre 1997 e impianti di climatizzazione
l’ipotesi contravvenzionale prevista dal comma 1 dell’articolo 659 Cp non può essere esclusa per il solo fatto che nell’esercizio di una attività rumorosa l’agente non abbia superato i limiti di rumorosità previsti dall’articolo 4 Dpcm 14 novembre 1997. Infatti l’agente, il quale svolge attività di per sé rumorosa, è comunque sempre obbligato non solo a rispettare le disposizioni di legge e le prescrizioni impartite dall’Autorità, ma anche a porre in essere tutte le cautele necessarie ad evitare il disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone (fattispecie relativa ad impianti di climatizzazione)
Svolgimento
del
processo
Con
sentenza 2
dicembre 2004 il Tribunale di Palermo condannava Ferrantelli Angelo
alla pena
di euro trecento di ammenda, oltre il risarcimento dei danni a favore
delle
costituite parti civili da liquidarsi in separata sede, siccome
dichiarato
responsabile della contravvenzione prevista dall’art. 659
comma 1 e 2 c.p. “per
avere disturbato le occupazioni ed il riposo di Cefalù
Annunziata e del suo
nucleo familiare mediante emissioni sonore provenienti dagli impianti
di
climatizzazione e dal gruppo elettrogeno installati presso
l’ambulatorio di
dialisi e di malattie renali s.r.l. con sede in Palermo in piazza
Europa n.
Nella motivazione il Tribunale riteneva provata la responsabilità dell’imputato sulla base di numerose e concordi dichiarazioni testimoniali rese da soggetti residenti in diversi palazzi circostanti, dalle quali era emerso che i rumori provenienti dagli impianti di climatizzazione e dal gruppo elettrogeno installati sul tetto dell’ambulatorio erano di intensità tale da arrecare disturbo alle occupazioni ed al riposo delle persone. Pertanto pur non ravvisandosi gli estremi della contravvenzione punita dal secondo comma dell’art. 659 c.p., in quanto le emissioni sonore erano di poco inferiori al limite fissato dall’art. 4 D.P.C.M. 14 novembre 1997 - il Tribunale riteneva sussistente la contravvenzione prevista dal primo comma dell’articolo citato, in quanto tali emissioni - sia per la loro intensità, sia per la loro durata fino a notte inoltrata, sia per l’ubicazione degli impianti, che provocava una amplificazione dei rumori - travalicavano i limiti di normale tollerabilità riferibile alla media sensibile delle persone che vivono nell’ambiente ove suoni e rumori vengono percepiti.
Avverso la predetta sentenza hanno proposto ricorso i difensori, i quali ne hanno chiesto l’annullamento per vizio della motivazione e per violazione dell’art. 659 c.p. sul rilievo che, in mancanza di un abuso nella utilizzazione dei mezzi di esercizio del mestiere per sua natura rumoroso, si doveva escludere la sussistenza della contravvenzione in esame, tanto più che dall’accertamento tecnico era emerso che le emissioni sonore non superavano i limiti previsti dall’art. 4 D.P.C.M. 14 novembre 1997.
Motivi della decisione
Il ricorso non merita accoglimento.
Infatti è consolidato orientamento di questa Corte che per la sussistenza della contravvenzione prevista dal primo comma dell’art. 659 c.p. è sufficiente la dimostrazione che la condotta posta in essere dall’agente sia tale da poter disturbare il riposo e le occupazioni di un numero indeterminato di persone, anche se una sola di esse si sia in concreto lamentata. La valutazione circa la sussistenza del concreto pericolo di disturbo deve essere effettuata con criteri oggettivi riferibili alla media sensibilità delle persone che vivono nell’ambiente, ove i rumori vengono percepiti, dì guisa che non vi è alcuna necessità di disporre una perizia fonometrica per accertare l’intensità dei rumori, allorché il giudice, basandosi su altri elementi probatori acquisiti agli atti, si sia formato il convincimento che per le modalità di uso e di propagazione la fonte sonora emetta rumori fastidiosi di intensità tale da superare i limiti di normale tollerabilità, arrecando in tal modo disturbo alle occupazioni ed al riposo di un numero indeterminato di persone.
Né
l’ipotesi contravvenzionale
prevista dal primo comma dell’art. 659
c.p. può essere esclusa per il solo fatto che
nell’esercizio di una
attività rumorosa l’agente non abbia superato i
limiti di rumorosità previsti
dall’art. 4 D.PC.M. 14 novembre 1997. Infatti
l’agente, il quale svolge
attività di per sé rumorosa, è
comunque sempre obbligato non solo a rispettare
le disposizioni di legge e le prescrizioni impartite
dall’Autorità, ma anche a
porre in essere tutte le cautele necessarie ad evitare il disturbo
delle
occupazioni o del riposo delle persone. Non vi è dubbio che
le due ipotesi
previste dall’art. 659 c.p.
possono concorrere, dì guisa che, anche se non ricorre la
violazione di
disposizioni di legge o di prescrizioni imposte
dall’Autorità, dovrà ritenersi
sussistente l’ipotesi prevista dal primo comma
dell’art. 659 c.p.,
qualora i rumori prodotti
siano di intensità tale da superare i limiti di normale
tollerabilità,
generando disturbo alle occupazioni ed al riposo delle persone. Infatti
non può
ritenersi che nel caso di esercizio di mestiere o di
attività rumorosa la
contravvenzione prevista dall’art. 659
co. I c.p. debba essere esclusa a seguito della entrata in
vigore della
legge n. 447 del 1995, ostando a tale interpretazione considerazioni di
natura
letterale e logica. In primo luogo, atteso il tenore dei termini
adoperati dal
legislatore, la suddetta norma va tenuta distinta da quella di cui
all’art. 10
co.
Orbene nel caso in esame il Tribunale ha ritenuto sussistente la contravvenzione di cui al primo comma dell’art. 659 c.p., in quanto è stato accertato in punto di fatto che i rumori provenienti dal laboratorio - sia per la loro intensità, sia per la loro durata fino a notte inoltrata, sia per la maggiore propagazione dei rumori dovuta alla ubicazione degli impianti, che ne provocava una amplificazione - superavano i limiti di normale tollerabilità ed erano, comunque, tali da disturbare per la loro intensità e per la loro diffusione all’esterno il riposo e le occupazioni di numerose persone, che abitavano nei palazzi circostanti. Ne consegue che correttamente il Tribunale, pur escludendo l’ipotesi contravvenzionale prevista dal secondo comma dell’art. 659 c.p., ha ritenuto sussistenti sotto il profilo soggettivo ed oggettivo gli elementi costitutivi del reato previsto dal primo comma dell’art. 659 c.p., anch’esso ritualmente contestato.
È appena il caso di rilevare che il reato non può essere dichiarato estinto per prescrizione, attesa la sospensione dei termini del corso della prescrizione disposta nella precedente udienza a seguito del rinvio ad altra udienza ai sensi della L. 46/2006.
Pertanto, non ravvisandosi vizi logico-giuridici della motivazione, il ricorso deve essere rigettato con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ex art. 616 c.p.p..