Cass. Sez. III sent. 17840 del 13
maggio 2005
Pres. Vitalone Est. Grillo Imp. Salerno
Inquinamento atmosferico - Violazione di cui all'articolo 24 comma secondo dpr 203-1988 - Memento consumativo del reato - reato istantaneo e non permanente
In materia di inquinamento atmosferico, la contravvenzione di cui all'art. 24, comma secondo, del d.P.R. 24 maggio 1988 n. 203, attivazione di nuovo impianto in difetto di comunicazione preventiva nel termine prescritto, non ha natura di reato permanente, atteso che il termine di quindici giorni previsto per la comunicazione deve precedere l'attivazione dell'impianto e non è previsto un adempimento postumo che porrebbe fine alla permanenza del reato. (Massima Fonte CED Cassazione)
Fatto e diritto
Con la decisione indicata in premessa il Tribunale di Vallo dalla Lucania, in composizione monocratica, condannava Salerno Fausto, legale rappresentante della ditta “T.M.I. s.r.l.”, alla pena dì € 2.800,00 di ammenda in ordine ai reati, accertati l’1/12/99, di cui agli artt. 51, commi 1 e 2, D.L.vo n. 22/1997 (attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento di rifiuti speciali, in mancanza di autorizzazione regionale e di iscrizione o comunicazione prevista dagli art. 27/33 dello stesso decreto) e 24, comma 2, D.P.R. n. 203/1988 (attività di combustione di rifiuti in carenza di comunicazione al Sindaco ed alla Regione).
Avverso tale decisione ricorre per cassazione l’imputato, deducendo: 1) violazione dell'art. 521 c.p.p., non essendovi correlazione tra la sentenza e l’imputazione contestata; la condanna infatti è stata pronunziata in ordine al reato di deposito incontrollato di rifiuti, mentre l’ addebito è di esercizio di un'attività di raccolta, trasporto, recupero e smaltimento di rifiuti speciali; 2) inutilizzabilità ai fini della decisione del "verbale di attività di indagine" 1/12/99 dei Carabinieri di Ogliastro Cilento, non riguardando lo stesso atti “irripetibili”, tanto è vero che le medesime circostanze in esso contenute sono state oggetto della testimonianza del maresciallo Trezza; 3) insussistenza del reato di cui al capo a) della rubrica, non avendo il giudice accertato, al fine di stabilire se trattavasi o meno di legittimo “deposito temporaneo”, né se i rifiuti de quibus fossero pericolosi o non pericolosi, e dunque , quale disciplina applicare, né la quantità degli stessi, e cioè se superassero i 20 metri cubi, e neppure la data d' inizio del ciclo produttivo; 4) insussistenza del reato di cui al capo d) della rubrica, non avendo accertato il giudice il presupposto per l’applicazione della norma, e cioè che trattavasi di impianto produttivo di emissioni nell'atmosfera, idonee a cagionare inquinamento.
All'odierna udienza dibattimentale, il P.G. e la difesa concludono come riportato in premessa.
Rileva preliminarmente il Collegio che, non essendo il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi, e non risultando evidente dagli atti processuali la sussistenza delle condizioni per procedersi ad una assoluzione del prevenuto nel merito, ai sensi del comma 2 dell'art. 129 c.p.p., deve dichiararsi l'estinzione per prescrizione dei reati rubricati. Invero il termine prescrizionale di cui agli artt. 157-160 c.p., decorrente - come si è detto - dall'1/12/1999, è spirato, in mancanza di cause di sospensione dei termini processuali, l’1/6/2004.
Qualche considerazione specifica s'impone con riguardo alla contravvenzione prevista dall'art. 24, comma 2, D.P.R. n. 203/1988, non ignorando il Collegio che alcune decisioni di questa Corte Suprema (tra le altre: Cass. Sez. III, 30 luglio 1994, n. 8703, Botta; 21 dicembre 1994, n. 12710, D'Alessandro) hanno affermato la natura permanente della stessa.
Secondo tale orientamento giurisprudenziale, essendo la comunicazione di messa in esercizio dell’impianto (come le ulteriori prescritte comunicazioni dei dati relativi alle emissioni effettuate) temporalmente collegata all’esperimento dell'accertamento previsto dall'art. 8, ultimo comma, stesso D.P.R. n. 203/1988, il reato permane finché il protrarsi dell’omissione impedisce tale accertamento.
Infatti (questa la ratio) il controllo regionale deve operare sia prima della costruzione del nuovo impianto, attraverso l’autorizzazione, sia al momento della sua attivazione, attraverso la verifica della regolarità delle misure e dei dispositivi di prevenzione dell' inquinamento effettivamente adottati.
Pur prendendo atto di tale interpretazione, ritiene il Collegio che la lettera della norma non consenta di condividerla, a meno di non volerne forzare il precetto, violando però il principio di legalità (art. 25, comma 2, Cost.). Recita infatti il secondo comma dell'art.,1 24 in questione: “Chi attiva l’esercizio di un nuovo impianto senza averne dato, nel termine prescritto, comunicazione preventiva alle autorità competenti è punito”; il termine prescritto è quello posto dall'art. 8, comma 1, dello stesso D.P.R. di “almeno quindici giorni prima di dare inizio alla messa in esercizio degli impianti”.
La comunicazione in questione, quindi, non può che essere preventiva, e cioè deve precedere l’attivazione del nuovo impianto, essendo peraltro finalizzata a provocare il controllo di cui all'art. 8 da parte delle competenti autorità. L'adempimento postumo del precetto, che porrebbe termine alla permanenza del reato secondo l’orientamento giurisprudenziale sopra richiamato, non è contemplato dalla norma, che anzi non solo stabilisce la precedenza della comunicazione rispetto all'attivazione dell'impianto, ma pone altresì un ulteriore limite temporale invalicabile (“nel termine prescritto”) per detto adempimento.
Appare opportuno in proposito il richiamo alle argomentazioni di cui alla sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte 14-23 luglio 1999, n. 18, riguardante la normativa antisismica (l. n. 64/1974), con la quale è stata esclusa la natura permanente dei reati previsti dagli artt. 17, 18 e 20 della stessa, che – sotto i profili della formulazione e della ratio – molti punti in comune hanno con la disposizione in esame.