Consiglio
di stato Sez. V sent. 572 del 15 febbraio 2007
Rifiuti. Ampliamento
discarica
REPUBBLICA
ITALIANA
IN
NOME DEL POPOLO ITALIANO
N.
572/07 REG.DEC.
N. 5726 REG.RIC.
ANNO 2006
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta ha
pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 5726 del 2006, proposto
da s.r.l. VE-PART, rappresentata e difesa dagli avv.ti Andrea Abbamonte
e Chiara Cacciavillani, ed elettivamente domiciliata presso il primo in
Roma, via degli Avignonesi 5;
CONTRO
Il Comune di SOMMACAMPAGNA, elettivamente domiciliato in Roma, via
Federico Confalonieri 5 presso e nello studio dell’avv.
Emanuele Coglitore che lo rappresenta e difende congiuntamente
all’avv. Giovanni Sala;
e nei confronti
della REGIONE VENETO, in persona del Presidente, elettivamente
domiciliato in Roma, via Federico Confalonieri 5 presso e nello studio
dell’avv. Luigi Manzi che la rappresenta e difende
congiuntamente all’avv. Romano Morra; di RISIDORI SERGIO n.c.;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Veneto, Sez. III, n. 608 del 17 marzo 2006,
resa inter partes e non notificata;
Visto l’atto di appello con i relativi allegati, notificato
il 20 giugno 2006 e depositato il 30 giugno successivo;
Visti gli atti di costituzione del Comune di Sommacampagna e della
Regione Veneto;
Viste le memorie difensive prodotte dalle parti;
Visti gli atti tutti della causa;
Alla camera di consiglio del 19 dicembre 2006, relatore il Consigliere
Nicola Russo ed uditi altresì gli avv.ti Cacciavillani,
Abbamonte, Manzi e Di Mattia per delega, quest’ultimo di
Coglitore;
Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:
FATTO
E’ impugnata la sentenza n. 608/06, con la quale il TAR
Veneto, Sez. III, ha deciso sui ricorsi riuniti n. 2530/2004 e
3160/2004, proposti rispettivamente dal Comune di Sommacampagna e da
Ve-Part. s.r.l.; quanto al ric. n. 2530/2004, per
l’annullamento del provvedimento regionale n. 1932 del
25.6.2004 di approvazione del progetto di autorizzazione
dell’intervento di recupero e ampliamento volumetrico della
ex discarica 2B, sita in località
“Casetta” - in censuario di Sommacampagna; quanto
al ric. n. 3160/2004, per l’annullamento
dell’ordinanza del Comune di Sommacampagna n. 50 del
23.8.2004 di sospensione lavori, e atti connessi.
La tesi principale del Comune è che il provvedimento
regionale di autorizzazione e la successiva variante (impugnata dal
Comune con motivi aggiunti) sarebbero illegittimi perché
agli stessi non avrebbe potuto farsi luogo senza l’intervento
della stessa Amministrazione comunale; ciò perché
nella fattispecie non si poteva parlare di ampliamento di una discarica
“esistente” ma del caso, ben diverso, di
realizzazione di una nuova discarica (perché la precedente
era esaurita). Alla tesi del Comune si contrappone quella delle altre
parti, secondo la quale la discarica alla quale si riferiscono i
provvedimenti oggetto di gravame doveva dirsi
“esistente” e quindi si poteva parlare di
ampliamento, con conseguente estraneità del Comune di
Sommacampagna al procedimento autorizzatorio.
Tutto ciò per quanto riguarda il ricorso 1932/2004, nel
quale è anche fatta questione della mancata partecipazione
del Comune e del mancato coinvolgimento nel procedimento,
nonché sono prospettate censure in ordine alla
disponibilità delle aree ed altri profili di pretesa
illegittimità ai quali si aggiungono censure mosse con
motivi aggiunti proposti contro la presa d’atto regionale di
alcune modeste modifiche perimetrali del sito.
Nel ricorso 3160/2004 la materia del contendere concerne invece il
potere del settore ecologia del Comune di Sommacampagna di disporre la
sospensione dei lavori autorizzati dalla Regione Veneto. Tale potere
è negato dalla Ve-Part a partire dal rilievo che, a tacer
d’altro, la materia urbanistica non risulta,
nell’attuale riparto di competenze, riferibile al settore
ecologia.
La sentenza impugnata ha accolto la tesi del Comune circa la nozione di
discarica “esistente” e, a seguito
dell’accoglimento del ricorso 1932/2004, ha dichiarato
improcedibile per difetto di interesse il ricorso 3160/2004, non avendo
più interesse la VE-Part a contestare un provvedimento di
sospensione di lavori che, essendo appunto stata annullata la relativa
autorizzazione regionale, non avrebbero comunque più potuto
proseguire.
DIRITTO
Si tratta di stabilire se la discarica de qua potesse dirsi
“esistente” allorché fu presentata
domanda di ampliamento; in caso positivo, correttamente
l’iter autorizzatorio si sarebbe conformato allo schema
proprio dell’ampliamento; in caso contrario il procedimento
avrebbe dovuto attenersi allo schema previsto per le autorizzazioni ex
novo, con conseguente illegittimità del provvedimento che
sta alla base della presente controversia.
Va rilevato che L.R. Veneto n. 3/2000, agli artt. 32 e 32 bis,
distingue tra discarica per rifiuti speciali
“esistente” e discarica “non
più in attività”; la sentenza
impugnata, pur prendendo le mosse da tali due definizioni, le fa alla
fine coincidere e giunge ad affermare che discarica esistente
può essere qualificata solo quella in attività,
ossia quella ancora capace di ricevere rifiuti.
L’assunto non merita conferma. Occorre, infatti, rilevare,
sul piano sistematico, che, la circostanza che nel testo legislativo in
questione il termine discarica “esistente” sia
distinto da quello di discarica in attività, vuol appunto
dire che le due definizioni non possono coincidere. Una corretta
interpretazione del dato normativo, condotta anche alla luce delle
corrispondenti disposizioni comunitarie (notoriamente prevalenti sulla
disciplina interna eventualmente difforme), porta infatti a ritenere
che la nozione di discarica “esistente” va riferita
a qualunque sito nel quale sia in corso, non soltanto
l’attuale conferimento di rifiuti, ma anche la fase della cd.
gestione post operativa. Nell’un caso e nell’altro,
l’area compresa nell’originario provvedimento
autorizzatorio soggiace al regime previsto per le discariche e ad ogni
altra cautela in materia.
La riprova è che il gestore della discarica, anche nella
fase della cd. gestione post operativa, non risulta destinatario di una
“minore responsabilità alle condizioni stabilite
dall’autorizzazione” (art. 13, direttiva
1999/31/CE).
Si deve in ogni caso aggiungere che nella presente fattispecie il
formale provvedimento di approvazione della chiusura non risulta essere
intervenuto prima dell’avvio del procedimento sulla domanda
di ampliamento della discarica.
Quindi, oltre al dato assorbente che la definizione di discarica
“esistente” va riferita anche ai siti per i quali
sia in corso la post gestione operativa, sta di fatto che la discarica
non poteva comunque tecnicamente dirsi chiusa.
La conclusione, in accoglimento del corrispondente motivo di appello
della VE-PART, è che legittimamente la Regione Veneto ha
nella specie seguito il paradigma previsto per
l’autorizzazione della discarica esistente.
Occorre allora esaminare i motivi, contenuti nel ricorso originario e
nei motivi aggiunti, che il TAR ha dichiarato assorbiti.
Infondati risultano i diversi profili di doglianza (III motivo, XIV e
XV motivi aggiunti) che prendono le mosse dalla mancata partecipazione
del Comune al procedimento posto che lo stesso, come si è
visto, non doveva nella specie esprimere alcun parere e non doveva
quindi essere presente nel procedimento o disporre di atti.
Non sussiste la violazione degli artt. 8 e 9 del d.lgs. 36/03 (II
motivo) perché i dati del gestore sono chiesti solo ove esso
sia diverso dal richiedente e si tratti di autorizzazione
all’esercizio.
Improcedibili a seguito del provvedimento gravato dal Comune con motivi
aggiunti sono le censure di cui al IV e VI motivo di ricorso con le
quali si discute di vicende appunto superate dalla presa
d’atto a sanatoria assunta dalla Regione, la quale (di qui
l’infondatezza del XIII motivo aggiunto) non ha violato il
diritto alla tutela giurisdizionale ma ha semplicemente consentito di
emendare un errore in conformità alle censure dedotte nella
sede giurisdizionale.
Si attengono al merito e non sconfinano nella arbitrarietà
le valutazioni regionali circa la fisionomia della struttura,
sicché vanno dichiarate inammissibili le censure proposte
con il V e XII motivo.
Infondati sono il IX e il X motivo con i quali ci si duole in sostanza
dell’attività istruttoria la quale avrebbe dovuto
ripartire da zero una volta suggerite al progetto tutta una serie di
modifiche: attiene infatti alla fisiologia del procedimento che
l’Ente possa imporre modifiche nel corso
dell’attività istruttoria e che la parte le
recepisca senza che per questa gestione partecipata si debba tutte le
volte (assurdamente) ripartire dallo stadio iniziale.
Infondati sono il X e l’XI motivo, con i quali si contestano
violazioni alle distanze ed erronea esposizione di dati: quanto alla
pretesa violazione delle distanze, risulta dagli atti che
già in sede istruttoria (seconda conferenza di servizi) la
distanza è stata portata alla soglia legale
cosicché nessun rilievo può esser mosso sul punto
al provvedimento regionale di autorizzazione; quanto alla presunta
discrasia di dati circa la profondità della falda
è assorbente il rilievo che l’intervento
è destinato ad essere attuato su una discarica esistente, la
quale costituisce un insovvertibile punto di partenza
dell’ampliamento, il quale, a sua volta,
costituirà un miglioramento (e non aggravamento) della
tenuta dell’impianto.
Infondato è il VII motivo col quale si sostiene che
l’autorizzazione all’ampliamento non poteva essere
rilasciata in quanto, nella precedente fase di chiusura, la titolare
sarebbe incorsa nella violazione di prescrizioni provinciali:
è evidente, al contrario, che l’autorizzazione
all’ampliamento non può restare condizionata (a
mò di non prevista sanzione accessoria) dalla assunta
mancata ottemperanza a precedenti prescrizioni, le quali ben possono
continuare ad operare anche una volta ampliata la struttura.
Infondato è infine il XVI motivo aggiunto relativo alla
presunta illegittimità della presa d’atto
regionale: si è trattato di modifiche modeste al titolo
originario che fisiologicamente ricadono nella competenza regionale e
non nella distinta competenza per l’autorizzazione
all’esercizio.
Ne consegue l’integrale reiezione del ricorso 2530/04 e dei
motivi aggiunti in esso proposti.
Torna, dunque, attuale l’interesse dell’appellante
all’esame del ricorso 3160/04, proposto davanti al TAR
avverso l’atto di sospensione dei lavori adottato dal Comune
di Sommacampagna e lì dichiarato improcedibile per difetto
di interesse.
Fondato è il primo motivo perché i lavori di
ampliamento di una discarica approvati da un apposito provvedimento
regionale non possono essere impediti, sotto il profilo ambientale, da
un provvedimento comunale (perché il Comune non è
titolare di attribuzioni in materia) e perché, dal punto di
vista urbanistico, assorbente risulta la censura, a prescindere dagli
altri rilievi mossi dalla parte, che in materia non si configura alcuna
competenza del settore ecologia del Comune. Da quest’ultimo
punto di vista, d’altro canto, è da condividere
l’obiezione, prospettata dalla Società (punto IV/f
del ricorso), che l’approvazione del progetto, come
è ivi specificato in applicazione dell’art. 22 del
d.lgs. 22/97, ha comportato variante allo strumento urbanistico
nonché dichiarazione di pubblica utilità, urgenza
ed indifferibilità dei relativi lavori.
In conclusione, l’appello va accolto e, per
l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, deve essere
respinto il ricorso di primo grado (di cui al r.g.n. 2530/04) proposto
dal Comune di Sommacampagna avverso il provvedimento regionale di
approvazione del progetto di recupero ed ampliamento della discarica de
qua e, invece, deve essere accolto il ricorso di primo grado (di cui al
r.g.n. 3160/04) proposto da Ve-Part s.r.l. avverso l’atto di
sospensione dei lavori adottato dal Comune di Sommacampagna.
Sussistono, tuttavia, giusti motivi per disporre la compensazione
integrale tra le parti delle spese, competenze ed onorari del doppio
grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, accoglie
l’appello indicato in epigrafe e, per l’effetto, in
riforma della impugnata sentenza, respinge il ricorso di primo grado
proposto dal Comune di Sommacampagna avverso il provvedimento regionale
di approvazione del progetto di recupero ed ampliamento della discarica
de qua ed accoglie il ricorso di primo grado proposto da Ve-Part s.r.l.
avverso l’atto di sospensione dei lavori adottato dal Comune
di Sommacampagna.
Spese del doppio grado compensate.
Così deciso dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale,
Sezione Quinta, nella camera di consiglio del 19 dicembre 2006, dal
Collegio composto dai seguenti signori magistrati:
Sergio Santoro Presidente
Raffaele Carboni Consigliere
Paolo Buonvino Consigliere
Caro Lucrezio Monticelli Consigliere
Nicola Russo Consigliere rel. est.
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
f.to Nicola
Russo
f.to Sergio Santoro
IL SEGRETARIO
f.to Rosi Graziano
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 12 febbraio 2007
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL DIRIGENTE
f.to Antonio Natale
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