IL CASO PITELLI di Roberto Lamma Relazione

(presidente Ceag Liguria)

 

GLI ANNI ‘80

Nel luglio 1988 la Lega per l’Ambiente della Spezia presentava, a firma Stefano Sarti e a ministero del sottoscritto, un dettagliato esposto alla Pretura della Spezia riguardo l’attività della discarica gestita dalla Contenitori Trasporti S.p.a sita in località Pitelli;

nell’atto, dopo aver descritto i gravi fenomeni di inquinamento dell’aria e del terreno nella zona circostante l’impianto ed aver dato conto di analisi chimiche fatte eseguire su strato superficiale di terreni a valle della discarica, che avevano evidenziato presenza di quantità significative di  fenoli e di metalli pesanti, si chiedeva l’effettuazione di indagini specifiche.

In sintesi: CTU sulle ceneri, i liquami ed i fanghi; accertamento delle modalità di scarico dei rifiuti liquidi e solidi nei canali circostanti l’impianto; verifica dell’esistenza di prescrizioni nei documenti autorizzativi e del funzionamento di eventuali impianti di depurazione nonché dell’effettuazione di controlli da parte delle autorità deputate.

L’esposto terminava chiedendo l’individuazione e la repressione di responsabilità penali.

Oltre alle analisi chimiche di cui sopra, corredate di relazione tecnica, si allegavano fotografie dei luoghi, nonché alcuni articoli di quotidiani che, da tempo, si erano occupati della discarica in questione.

Tra questi “Il Manifesto” del 10.9.86 ed “Il Secolo XIX” del 25.6.88.

Citavamo, e citiamo ancora, in particolare questi servizi perché contenevano denunzie precise e ponevano inquietanti interrogativi, dimostratisi poi, negli anni successivi, tutt’altro che peregrini.

Non sarebbe stato l’ultimo esposto relativo ad attività di smaltimento rifiuti sulla collina di Pitelli: negli anni dall’89 al 96 venivano aperti, solo presso la Procura della Pretura della Spezia oltre 30 procedimenti, in gran parte su segnalazione dei cittadini della zona e degli organi di controllo.

Non era neppure il primo: in epoca precedente, a partire dal 1980, furono aperti, presso la Pretura della Spezia ben 15 procedimenti.

Per un lungo periodo, tra il novembre 84 ed il giugno 86, l’impianto fu addirittura sottoposto a sequestro su iniziativa dell’A.G..

Ma la stragrande maggioranza delle iniziative giudiziarie intraprese non pervenne al dibattimento.

Anche il nostro esposto veniva rapidamente archiviato, nei primi mesi dell’89.

Certo non potevano immaginare, dodici anni orsono, che il fascicolo d’ufficio aperto a seguito della nostra appassionata denuncia, si smarrisse negli archivi della vecchia Pretura spezzina, divorato da una qualche talpa forse appena più spelacchiata del normale.

Ma da quanto tempo è in corso questa vicenda, che potremmo definire “telenovela” per la lunghezza dei tempi e la ripetitività dei comportamenti, ma che, purtroppo, si è rivelata sempre più un “horror” agghiacciante?

Il 13.8.76, l’amministratore Unico della Contenitori Trasporti S.p.a. Orazio Duvia indicando finalità di “prevenire e far cessare l’attuale scarico abusivo ed incontrollato di rifiuti” (sic!),  presentava al Sindaco della Spezia un’istanza tesa ad ottenere l’autorizzazione per “effettuare una discarica controllata di materiali inerti al fine di livellare il terreno, come risultante dall’allegata planimetria”.

Ottenuti tutti i pareri favorevoli, compreso quello della Soprintendenza per i beni ambientali, in data 12.6.1978 Duvia presentava un’integrazione della precedente istanza, richiedendo l’autorizzazione ad effettuare “l’interramento di rifiuti che scaturiscono da lavorazioni industriali”.

In data 31.1.79 l’Assessore all’Urbanistica rilasciava alla Contenitori Trasporti S.p.a. concessione edilizia n° 37 per la realizzazione di discarica controllata per materiali inerti e per l’interramento di rifiuti scaturiti dalla lavorazione industriale.

È evidente come la prima istanza presentata assumesse una funzione “strumentale” rispetto alla seconda, mirata ad ottenere un’autorizzazione per realizzare una discarica con interramento di rifiuti, anche inquinanti, provenienti da lavorazioni industriali.

Il “meccanismo autorizzativo” fu quello di utilizzare, anche per la seconda richiesta, attività istruttorie compiute per la prima.

Ciò condusse a situazioni assolutamente paradossali; così non venne più chiesto il parere della Soprintendenza per i beni ambientali né quello della commissione edilizia e, addirittura, il parere negativo dell’ufficiale sanitario fu trascurato, richiamandosi quello positivo emesso sull’istanza per il deposito di materiali inerti.

In sintesi, nell’atto concessorio del 1979:

A)    Non si menziona l’istanza 1978, ma solo quella originaria del 1976;

B)     Viene richiamato il parere dell’Ufficiale Sanitario (favorevole) che si riferisce alla prima istanza, ma non quello (sfavorevole) che riguarda la seconda;

C)    Stesso discorso per il parere della Commissione Edilizia;

D)    Si omette di richiedere il parere della Soprintendenza;

E)     In sostanza viene autorizzata un’attività in totale assenza di una istruttoria preliminare e, senza colpo ferire, partendo dall’autorizzazione per un deposito di inerti, si passa ad una discarica per rifiuti industriali.

Nell’aprile 1983 Duvia chiedeva la proroga della concessione edilizia, in attesa di autorizzazione definitiva allo smaltimento di rifiuti industriali, nel frattempo richiesta alla Regione.

Nel corso dell’istruttoria venivano indicate prescrizioni, ma nel rinnovo non erano citate.

Nel frattempo, nel marzo ’83, erano state presentate alla Regione Liguria ben tre richieste di autorizzazione allo smaltimento, per tutte le tipologie possibili di rifiuti.

La Regione autorizzava l’esercizio in via provvisoria di una discarica con proprio atto 4877/25.8.83, senza specificare la tipologia dei rifiuti da smaltire, sulla base della corrispondente concessione edilizia del Comune della Spezia che recava però tutt’altro contenuto.

Ancora in precedenza: agli inizi del 1982 la Contenitori Trasporti aveva presentato autorizzazione per l’installazione di un forno inceneritore.

L’impianto venne autorizzato, così come furono assentiti in tempi immediatamente successivi il suo ampliamento e la costruzione di opere accessorie.

La realizzazione della discarica e del forno inceneritore erano del tutto difformi dalle norme del P.R.G. Comune della Spezia.

In base alla Variante Generale al P.R.G. l’area aveva le seguenti destinazioni: zona agricola normale, zona agricola boscata, zona PEEP, zona per viabilità, zona per servizi pubblici di quartiere a verde sportivo.

Nel corso del 1984 il Comune della Spezia adottava due deliberazioni: una di variante rispetto alla variante generale ed una di approvazione progetto di utilizzazione per impianti “ad uso pubblico” di parte dell’area su cui insisteva l’impianto; in pratica si approvava un centro sportivo che, però, per poter essere realizzato, richiedeva il riempimento dell’area, attraverso il suo utilizzo come discarica da parte del privato.

Nel novembre del 1984 la discarica era sottoposta a sequestro dall’Autorità Giudiziaria Penale per gravi violazioni del T.U. 523/1904 in materia di acque, nonché della L. 319/76; il dissequestro intervenne solo nel giugno del ’96.

Tuttavia, attraverso successivi provvedimenti, l’autorizzazione fu prorogata per cui, nella seconda metà degli anni ’80, la Contenitori Trasporti poteva, in virtù di atti astrattamente legittimi, dedicarsi alla raccolta, al trasporto, allo smaltimento in discarica di rifiuti urbani e speciali, compresi i tossico-nocivi, nonché all’incenerimento attraverso apposito impianto nel frattempo realizzato.

Sostanzialmente l’attività non venne mai meno, portata avanti attraverso una lunga serie di ordinanze sindacali emesse ex art. 12 DPR 915/82.

Con deliberazione Giunta Regionale Ligure n. 3493 del 13.7.89 fu approvato il progetto della Contenitori Trasporti per l’adeguamento e l’ampliamento della discarica quale discarica di II categoria tipo B nel rispetto di alcune prescrizioni.

Nel frattempo, l’attività del forno inceneritore aveva dato luogo a gravi problematiche ambientali (netto superamento del limite massimo di emissione di polveri), ma, dopo una diffida e la revoca dell’autorizzazione alla gestione dell’impianto, nel giro di pochi mesi il termodistruttore riprese a funzionare grazie ad un nuovo provvedimento autorizzativo.

Approvato il progetto di adeguamento ed ampliamento della discarica fu portato avanti l’iter istruttorio per ottenere le autorizzazioni regionali necessarie all’esercizio dell’impianto.

È un periodo di circa tre anni nel quale si dovrebbe ipotizzare che la chiusura della discarica.

Tale evenienza, invece, non si verifica perché fu emessa una serie di ordinanze sindacali ex art. 12 DPR 915/82.

Dall’inizio ’89 alla fine ‘91 ne conteremo ben dodici!

*   *   *

DA CONTENITORI TRASPORTI A SISTEMI AMBIENTALI

Con atto 31.3.1992 la Contenitori Trasporti affitta un ramo di azienda alla Sistema Ambientali S.r.l., corrente alla Spezia, appena costituitasi per iniziativa della S.r.l. Investimenti Ambientali, corrente in Messina e della Duvia S.r.l.

Su richiesta della predetta società la Giunta Regionale Ligure, con provvedimento assunto in pochi giorni, trasferisce alla Sistemi Ambientali l’autorizzazione relativa all’impianto di incenerimento.

Alla stessa società verrà rilasciata l’autorizzazione definitiva alla gestione della discarica per rifiuti speciali non tossici né nocivi.

Gli anni dal ‘93 in poi, immediatamente successivi all’autorizzazione definitiva alla gestione della discarica, in capo alla Sistemi Ambientali S.r.l., deliberata dalla Giunta Regionale Ligure con atto n. 6146/28.12.92, sono costellati da continue problematiche di tipo ambientale, incidenti di vario genere, provvedimenti assunti dalla P.A. ed immancabilmente contestati dalla Sistemi Ambientali S.r.l.

Non è possibile darne conto in questo documento senza appesantirlo in maniera intollerabile.

A titolo di esempio, nel dicembre ’92, 26 cittadini che abitano nelle immediate vicinanze del forno inceneritore, lamentando affezioni dermatologiche non alimentari e ritenendo che tali disturbi siano da collegare al funzionamento del termodistruttore, presentano una querela per lesioni colpose contro ignoti, esplicitamente indicando il loro sospetto.

Il P.M. sottopone ad indagine  tre persone (un dirigente e due dipendenti della società che gestisce l’impianto), chiedendo ed ottenendo un incidente probatorio medico, ma pochi giorni prima del giuramento del perito, tutti gli interessati rimettono la querela.

Nel dicembre ’93, a seguito dell’intensificazione delle proteste dei cittadini il Ministero dei Beni Culturali e Ambientali chiede una nota esplicativa sulla discarica alla Soprintendenza della Liguria.

La risposta, datata 27.12.93, contiene valutazioni sconcertanti: in tale documento, tra le altre cose, si sostiene: “…l’intervento, sotto il profilo strettamente paesistico, sembra adeguato e corretto.  La discarica è oltretutto collocata in un’area valliva defilata rispetto alle principali direttrici panoramiche o ai punti di belvedere accessibili al pubblico, come è stato verificato in occasione di un sopralluogo in data 15.12.93.

Non si è potuto verificare se tale scarsa incidenza visiva dell’area sia garantita anche dal mare ed in particolare, come riferito nell’esposto di alcuni cittadini spezzini inoltrato a codesto Ministero, dalle rotte nautiche di accesso al porto della Spezia…”.

Appena un anno più tardi, a seguito di una visita ispettiva degli organi centrali del Ministero per i Beni Culturali ed Ambientali, emerge una realtà del tutto diversa; infatti, nella relazione in allora predisposta dagli Ispettori Ministeriali si può leggere: “… Questa zona boscata, per la sua non comune bellezza, è elemento significativo nel paesaggio del Golfo e dalla stessa si gode un panorama suggestivo sul mare antistante, per queste ragioni era stato vincolato ai sensi della L. 1497/39…” ed ancora: “…Da una prima sommaria valutazione sul posto è emersa non solo la vicinanza delle discariche a zone abitate, ma anche un grave dissesto ambientale e paesaggistico dovuto al concentrarsi in una zona già naturalmente accidentata e ristretta, di un numero eccessivo di discariche, cosa questa che appare suscettibile di incidere sull’assetto paesaggistico della zona favorendo anche l’abbattimento di alberature, incendi e la conseguente riduzione della vegetazione…” infine: “…va chiarito infine come possa considerarsi legittima la realizzazione di discariche in zone rese non boscate dal prodursi di incendi…”

A fronte di una posizione così precisa degli organi centrali del Ministero, anche la Soprintendenza Regionale, con una inversione di rotta apprezzabile, ancorché, fosse, un po’ tardiva, in data 27.2.95 scriveva al Sindaco della Spezia per chiedere “…se esistono autorizzazioni ex lege 1497/1999 anteriori a quella rilasciata con delibera della Giunta Regionale n. 3493/4.11.89; se le autorizzazioni sono state rilasciate su aree boscate percorse da incendi boschivi …”.

“… Viene chiesta altresì al Sindaco una mappa dettagliata con la localizzazione delle discariche autorizzate anche fuori del perimetro di vincolo paesistico, la loro natura, la loro operatività attuale…”.

Durante questo stesso periodo (93/95) si intensificavano gli incendi nella zona, quando non addirittura nel perimetro stesso della discarica.

Si trattava di incendi, a giudizio degli inquirenti, quasi sicuramente dolosi.

È in questa fase che prendeva un certo vigore l’attività di contrasto, sia degli organi di controllo, che della Magistratura; venivano aperti procedimenti penali, a seguito di segnalazioni di cittadini che evidenziavano l’illegittimità dell’ampliamento della discarica; si rilevavano fenomeni di grave inquinamento delle acque del percolato, superamenti dei parametri previsti dalla legge Merli per i metalli pesanti, la violazione della normativa e del protocollo di intesa fra Enti in materia di smaltimento delle ceneri Enel; era accertato lo sconfinamento abusivo della discarica sui terreni destinati al PEEP; si evidenziava il superamento dei limiti di legge per azoto, cloruri, C.o.D., Cadmio, Ferro, piombo e rame nell’acqua allo scarico del tubo a valle della discarica, nel c.d. torrente Canalone.

Il 14.4.1994 la Regione Liguria bloccava di fatto la realizzazione del secondo modulo del forno inceneritore.

Si moltiplicavano i fenomeni di formazione di biogas e di manifestazione di odori particolarmente molesti.

In data 27.5.94 la Regione diffidava la Sistemi Ambientali a fornire un programma di lavori finalizzato all’eliminazione delle emissioni inquinanti, nonché a regimare le acque superficiali ed il fondo della discarica.

Nel luglio 1994, a seguito di un dettagliato esposto dei cittadini di Ruffino e S. Bartolomeo, veniva aperto, presso la Procura della Repubblica del Tribunale, un procedimento penale che più tardi confluirà nella grande inchiesta su Pitelli (c.d. tranche “atti amministrativi”).

Nell’ambito di detto procedimento, nel corso del 1995, veniva disposta una consulenza tecnica affidata ad un urbanista ed un geologo, volta ad accertare la procedura seguita per la realizzazione della discarica e degli impianti di Pitelli, per la verifica di un’utilizzazione dell’area conforme alle sue destinazioni d’uso e per il controllo della legittimità e correttezza degli atti amministrativi adottati anche in riferimento alle esigenze di sistemazione del territorio.

In data 28.9.95 la Giunta Regionale della Liguria, con la deliberazione n. 3171, approvava il progetto di variante al progetto di cui alla delibera regionale 3493/1989.

Attraverso tale delibera, assunta, lo si sottolinea, mentre finalmente poteva cogliersi una certa attività di contrasto da parte degli organi di controllo e della Magistratura Penale e cominciavano ad evidenziarsi con sempre maggior frequenza vistose illegittimità nei vari procedimenti autorizzativi, la Regione Liguria modificava la categoria della discarica, che passava a II B super e autorizzava il conferimento di rifiuti che producevano un eluato dieci volte superiore ai limiti della Legge Merli.

Inoltre si dava atto che l’approvazione costituiva variante al P.R.G. del Comune della Spezia per quanto concerneva il perimetro della discarica.

Ora, si deve notare che la delibera dell’89 dichiarava l’area della discarica conforme al piano: emerge quindi una contraddizione ancor più evidente in relazione alle opere abusive realizzate da Contenitori Trasporti e da Sistemi Ambientali.

Di più: la variante al PRG veniva deliberata assumendo che essa non alterava il progetto approvato con la delibera dell’89.

Ma se i due progetti sono simili, perché, mentre il primo è conforme al PRG, il secondo richiede la variante?

Nel corso del 1996 si registravano più volte casi di superamento dei parametri normativi per metalli pesanti, azoto, cloruri, BoD, CoD, sia nelle ceneri, che nel percolato e addirittura nei campioni di rifiuti in arrivo (26.8.96).

L’INCHIESTA DELLA PROCURA DI ASTI

IL PROC. N. 1213/96 PRESSO LA PROCURA DELLA SPEZIA

Durante del 1996 la Procura della Repubblica di Asti, indagando su attività illecite legate al ciclo dei rifiuti, scopriva una vasta e ramificata organizzazione dedita alla sistematica falsificazione di documenti di accompagnamento, volta a consentire l’ingresso negli impianti di smaltimento di materiali non autorizzati, alla falsificazione di dichiarazioni di avvenuto smaltimento di rifiuti, alla commissione di truffe nei confronti di Enti Pubblici e di privati cui venivano fatturati costi di smaltimento non affrontati, al sistematico illecito smaltimento di rifiuti tossico-nocivi provenienti dal territorio nazionale e dall’estero.  Quest’ultima attività, protrattasi per lunghi anni fin dalla metà degli anni 70, vedeva nella discarica di Pitelli ed in altri luoghi ad essa limitrofi gli impianti più frequentemente utilizzati.

Al centro di quella che la Procura di Asti definiva una vera e propria associazione per delinquere alcune società con sede alla Spezia, nonché personaggi che in esse ricoprivano o avevano ricoperto ruoli di rilievo.

Il 29.10.96 personale di P.G. del Corpo Forestale dello Stato esegue 10 arresti; altri 4 verranno eseguiti nei giorni successivi.

Appare chiaro fin dall’inizio che i provvedimenti restrittivi sono intervenuti all’esito di una massiccia attività investigativa: perquisizioni, intercettazioni ambientali e telefoniche, assunzione di informazioni testimoniali, che hanno  riguardato molti ambienti, tra i più compositi.

Figura centrale della vicenda Orazio Duvia, già concessionario di alterne fortune per importanti case motociclistiche ed automobilistiche, uomo di modesta cultura, ma di vaste e importanti relazioni.

Attraverso il rinvenimento di parte della contabilità nera del Duvia emerge uno spaccato inquietante: decine di insospettabili erano legati da rapporti di contiguità, quando non addirittura di vera e propria corruzione con il sig. Orazio, che, con ligure parsimonia, pagava forse non molto, ma pagava davvero tanta gente.

Ancor prima del trasferimento dell’inchiesta alla Spezia per competenza territoriale, si vanno delineando quelli che successivamente diventeranno i filoni principali delle indagini, peraltro molto strettamente collegati fra loro:

1)      ASSOCIAZIONE PER DELINQUERE FINALIZZATA AL DISASTRO AMBIENTALE.

Si tratta della parte delle indagini più direttamente mirata ad investigare i livelli di compromissione ambientale e di rischio per la sicurezza e la salute dei cittadini, a partire dal sito di discarica di Pitelli, dal forno inceneritore per rifiuti tossico-nocivi e zone limitrofe.

Non si dimentichi che nelle vicinanze si trovano ben 12 impianti di smaltimento rifiuti, quasi tutti riconducibili a società operanti nella “galassia Duvia” o ad essa contigue.

Quanto sopra con riferimento all’attività delle aziende e delle persone fisiche dedite al traffico illecito.

2)      ATTI DELLA P.A.

È l’indagine che mira ad analizzare gli atti della P.A., soprattutto quelli autorizzatori, a vari livelli.

L’attività di Regione, Provincia, Comune e di tutti gli altri Enti Pubblici coinvolti (p. es. USL – Soprintendenza, etc.) vengono passati al setaccio ed esaminati.

3)      CORRUZIONE

Vengono investigati i rapporti tra le imprese coinvolte e numerosi amministratori e funzionari pubblici, civili e militari.

Si evidenzia una rete vastissima e capillare di corruzione che va da piccoli favori a somme ingenti.

Legata a questo filone l’attività, effettuata anche con il contributo di organi di P.G. specializzati (v. GICO), mirata ad approfondire gli aspetti fiscali e finanziari.

Per pagare i corrotti vengono create poste nere nelle contabilità aziendali attraverso falsi bilanci e false fatturazioni.

Dopo poco, disposta dal GIP di Asti la scarcerazione degli arrestati, l’inchiesta viene trasferita alla Spezia; al fascicolo vengono riuniti altri procedimenti già pendenti, tra cui quello, aperto nel luglio ’94, nell’ambito del quale, nel 1995, era stata disposta una consulenza tecnica mirata a vagliare tutte le procedure autorizzative seguite per l’autorizzazione degli impianti e la loro gestione.

Nel dicembre ‘96 militi della Guardia di Finanza e del Corpo Forestale dello Stato sequestrano a Orazio Duvia e ai suoi familiari oltre 3,5 miliardi, in gran parte in contanti; il fatto genera il sospetto che il Duvia si apprestasse alla fuga.

Il magistrato inquirente chiede ed ottiene lo svolgimento di ben quattro incidenti probatori.

1)      Uno relativo alla discarica e ad un’area sottostante (c.d. “ex-area Ipodec”) adibita a piazzale di smistamento sotto il piano di calpestio della quale erano state rinvenute, nella prima fase delle indagini, significative quantità di rifiuti, anche tossico-nocivi, interrati disordinatamente;

2)      Uno relativo al forno inceneritore per rifiuti tossico-nocivi;

3)      Uno relativo agli atti autorizzativi e all’iter seguito dai vari procedimenti relativi instaurati presso gli Enti Pubblici competenti (segnatamente Regione, Provincia, Comune);

4) Uno relativo alla morte del dipendente della Contenitori Trasporti Giuseppe Stretti, avvenuta nel luglio 1984 in circostanze misteriose (lo Stretti, operaio palista della Contenitori Trasporti, stava provvedendo all’interramento di contenitori metallici provenienti dalla Unsil Union Carbide contenenti residui della lavorazione di silani.  Durante le operazioni alcuni flaconi si rompevano, il loro contenuto fuoriusciva, l’operaio era investito di una nube bianca subito sviluppatasi.  La mattina dopo moriva).

*   *   *

Tre dei quattro incidenti probatori (tutti tranne quello relativo alla morte di Giuseppe Stretti) vedono l’intervento delle associazioni ambientaliste come parti offese.

Si muove per prima Legambiente, che interviene in tutti e tre gli incidenti probatori, seguita dal WWF in quello relativo agli atti amministrativi.

Le Associazioni Ambientaliste promuovono una forte iniziativa locale, sostenuta con vigore anche a livello nazionale, per costringere anche gli Enti locali (Regione, Provincia e Comune) ad intervenire.

Dopo uno scontro talvolta molto aspro l’iniziativa degli ambientalisti è vittoriosa e Regione, Provincia e Comune intervengono formalmente nel provvedimento come parti offese.

È una circostanza di grande rilievo, atteso che tra gli indagati molti sono gli ex – amministratori o gli amministratori ancora in carica ed assai numerosi risultano anche i dirigenti, i funzionari, gli impiegati a vario livello degli stessi Enti intervenienti.

*   *   *

Gli incidenti probatori si protraggono per lungo tempo risultando macchinosa e complessa la loro effettuazione.

All’esito degli stessi, tuttavia, l’impianto accusatorio risulta rafforzato.

Relativamente alla grave compromissione ambientale causata, viene contestata ad una serie di indagati la violazione dell’art. 439 c.p. (avvelenamento di acque destinate al consumo), reato che prevede pene edittali gravissime.

Con riferimento alle indagini sugli atti amministrativi, a molti indagati, cui in un primo momento erano stata contestata la sola violazione dell’art. 479 c.p,. (falso ideologico), viene anche contestato il concorso nel disastro ambientale.

Nel contempo proseguono tutte le altre indagini in corso.

Per alcuni fatti corruttivi si stanno già celebrando i dibattimenti; così pure c’è già il rinvio a giudizio per episodi di falso in bilancio e false fatturazioni mirate alla formazione di “poste nere”.

Complessivamente sembra di poter dire che l’indagine preliminare è pressoché conclusa e che si aspettano, nel giro di poco tempo, le richieste del PM.

Non è fuori luogo ritenere, segnatamente all’esito degli incidenti probatori, che le richieste di rinvio a giudizio non saranno poche.

Attualmente gli indagati sono oltre 130; di questi, una cinquantina sono indagati per corruzione e/o riciclaggio, un’altra cinquantina per disastro ambientale (tra questi un discreto numero anche per avvelenamento delle acque e una quindicina per associazione per delinquere), una trentina per falso ideologico (tra questi circa venti concorrono anche nei reati di cui agli artt. 434 e 439 C.P.), i restanti sono indagati per reati fiscali.

Come detto sopra, alcune posizioni sono state stralciate e sono già a dibattimento (in particolare un caso di corruzione per atti contrari ai doveri di ufficio e calunnia relativi ad un Ufficiale di P.G.), altri stanno per approdarvi (in particolare un processo per falso in bilancio e falsa fatturazione contro Duvia ed altra persona, già tesoriere del PCI – PDS).

Una “tranche” di una ventina di imputati, in gran parte accusati di corruzione e falso, è stata trasferita a Roma per competenza territoriale ed è già nella fase dibattimentale.

Possiamo senz’altro sostenere che, grazie al lavoro della Magistratura Inquirente e della P.G., in particolare alla straordinaria ed intelligente opera del C.F.S., con buona pace di chi sin dall’inizio esprimeva prognosi infausta, la maxi inchiesta su Pitelli è molto avanti ed ha già raggiunto importanti obiettivi.

Ora bisogna celebrare il (i) processo (i), da un lato e iniziare le bonifiche dall’altro.

CONSIDERAZIONI FINALI

Il “caso Pitelli”, così come altre vicende relative a gravissime compromissioni ambientali che hanno interessato la città della Spezia, evidenzia un atteggiamento assolutamente inaccettabile da parte della classe politica e delle forze economiche e sociali.

Si tratta non solo di assoluta incapacità, sotto il profilo gestionale, di misurarsi con le complesse problematiche sottese da drammi come quello di Pitelli, ma anche di una profonda mancanza di sensibilità verso le ragioni dello sviluppo sostenibile e della riconversione produttiva.

L’atteggiamento assunto dagli Enti Locali e dalle forze politiche più rappresentative è stato sempre contraddistinto da una sostanziale diffidenza verso la Magistratura Inquirente, da una grandissima ostilità verso gli ambientalisti più impegnati nella vicenda di Pitelli, da una certa comprensione verso alcuni degli stessi inquisiti.

A riprova di ciò: contro il P.M. di Asti Tarditi che, in un’intervista, con parole peraltro molto urbane, critica l’atteggiamento delle amministrazioni locali nel caso Pitelli, l’allora sindaco Rosaia (oggi scomparso) presenta un esposto al C.S.M; vengono querelati per diffamazione il giornalista del TG3 Grimaldi, il responsabile del Comitato Tutela Ambientale di Pitelli e l’avvocato di Legambiente per un’intervista televisiva in cui viene criticato l’operato di Regione, Provincia e Comune; la querela viene inusitatamente proposta attraverso un atto collettivo di tutta la Giunta Municipale; praticamente nessuno dei funzionari e dei dirigenti inquisiti viene rimosso e tutti continuano ad occuparsi delle materie che hanno dato luogo alle indagini su di loro; i politici inquisiti restano al loro posto, in alcuni casi vengono fatti oggetto di manifestazioni di solidarietà e simpatia; i titolari delle ditte al centro delle indagini seguitano a frequentare impunemente gli Uffici Pubblici ed a trattare con le Amministrazioni.

Emblematico, al riguardo, lo scandalo di Monte Montada.

La discarica di Monte Montada è un sito di smaltimento per R.S.U. attivato nel giugno ’94 con un’ordinanza ex art. 12 D.P.R. 915/82 emessa dal Sindaco della Spezia, sulla base di un provvedimento ordinatorio della Regione Liguria che individuava, in tutta la Regione, una serie di siti di “stoccaggio provvisorio prolungato” (sic!).  Si trova a brevissima distanza dalla discarica di cui si è detto sin’ora.

L’impianto doveva funzionare per sei mesi ed invece andò avanti fino al marzo ’97.

Fin dal 1996 venne aperto un procedimento penale nei confronti di alcuni tecnici ed amministratori del Comune, nonché dei titolari della società che gestiva l’impianto per i reati di falso ideologico ed abuso d’ufficio.

Inutile dire che, fra i proprietari del terreno su cui si trovava la discarica ed i titolari della società che gestiva l’impianto vi erano i soliti noti: persone inquisite, alcune, anzi, arrestate per il processo di Pitelli.

Poiché l’impianto era stato gestito in modo da causare significativa compromissione all’ambiente, al momento della chiusura, si è dovuto procedere alla bonifica.

Il Consiglio Comunale, con delibera n. 1/7.1.99, affidava l’incarico della bonifica, dietro pagamento di un’elevata cifra, alla stessa società che aveva gestito l’impianto, causando i gravi problemi ambientali che avevano reso necessario l’intervento ripristinatorio.

Legale rappresentante della società è persona arrestata per i fatti di Pitelli e, ancora oggi, indagata per violazione degli artt. 416, 434 e 439 C.P. e sottoposta a numerosi altri procedimenti penali per reati ambientali.

L’incarico veniva affidato senza l’espletamento di alcuna procedura di evidenza pubblica, nonostante le critiche feroci di parte dell’opposizione e dei cittadini di Pitelli presenti alla seduta del Consiglio.

Il Sindaco interveniva in aula per chiedere alla sua maggioranza di concedergli “fiducia politica” sulla deliberazione.

Legambiente e Gruppo Consigliare “La Città del Sole” presentavano dettagliati esposti alla Magistratura che apriva un procedimento penale approdato di recente all’emissione dei primi di avvisi di garanzia contro funzionari comunali.

Dopo pochi giorni dall’inizio della “bonifica”, il Corpo Forestale dello Stato intercettava nell’impianto camions carichi di materiale destinato allo smaltimento abusivo.

Il Sindaco minimizzava dicendo che si trattava di tre soli camions!

Ben presto gli inquirenti accertavano invece che i mezzi erano parecchie centinaia e che di bonifica non c’era nemmeno l’ombra!

Un’altra discarica sopra una discarica!

L’impianto veniva sequestrato: si apriva un ulteriore procedimento penale. Il C.C. revocava la delibera, ma rifiutava di annullarla come pure veniva richiesto in Consiglio.

E questo avveniva solo pochi mesi fa!!!

Si tratta di fatti inquietanti che gettano un’ombra di grave preoccupazione sulle bonifiche future.

Altri fatti gravi stanno accadendo in questi giorni.

Saranno altre puntate di una storia tremenda.

E ne parleremo presto.