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Responsabilità del detentore dei rifiuti per il corretto smaltimento: le novità legislative confermano gli obblighi di controllo

di Luca PRATI

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La divisione giurisprudenziale sul produttore di rifiuti quale garante del corretto smaltimento

E’ noto il dibattito esistente in giurisprudenza e dottrina circa l’esistenza di una “posizione di garanzia” del produttore del rifiuto in relazione al corretto smaltimento; con l’espressione posizione di garanzia si indicano infatti quelle situazioni a cui l’ordinamento collega l’obbligo di impedire un determinato evento dannoso (che può anche consistere in un reato commesso da altri, che il garante ha l’obbligo di impedire, ex art. 40 cpv. del c.p.). Le posizioni di garanzia si suddividono generalmente in posizioni di protezione e controllo. Quelle di controllo (tra cui rientrerebbe quella del detentore e/o produttore dei rifiuti) si esprimono tipicamente negli obblighi di vigilanza collegati a rapporti di cura e custodia di soggetti o situazioni che possano costituire fonte di pericolo per beni giuridici altrui, nonché negli obblighi di vigilanza correlati alle attività di impresa[1].

Sul punto, la giurisprudenza è attualmente divisa in due orientamenti, l’uno dei quali afferma, senza esitazioni, l’obbligo del produttore / detentore di attivarsi positivamente per evitare la commissione di illeciti da parte del soggetto a cui i rifiuti vengono affidati per lo smaltimento, e/o del soggetto che compie materialmente (ma nell’interesse del produttore) le attività dalle quali i rifiuti i rifiuti si generano.

Nel primo orientamento si iscrivono, prima di tutte, la sentenza Rigotti[2], e, più recentemente le sentenze 9 aprile 2003, De Michelis, e 15 gennaio 2004, Zanoni, le quali hanno affermato l’esistenza in capo al produttore dei rifiuti di una "posizione di garanzia" individuandola sia nell’art. 2, comma 3, del D. Lgs. 22/1997, per cui “la gestione dei rifiuti si conforma ai principi di responsabilizzazione e di cooperazione di tutti i soggetti coinvolti nella produzione, nella distribuzione, nell’utilizzo e nel consumo di beni da cui originano i rifiuti, nel rispetto dei principi dell’ordinamento nazionale e comunitario”, che nel primo comma dell'art. 10, in base al quale “Gli oneri relativi alle attività di smaltimento sono a carico del detentore che consegna i rifiuti ad un raccoglitore autorizzato o ad un soggetto che effettua le operazioni individuate nell'allegato B al presente decreto, e dei precedenti detentori o del produttore dei rifiuti”.

Al secondo orientamento, che invece nega l’esistenza di una posizione di garanzia del produttore, si riporta la posizione espressa da Cass. 28 gennaio 2003, Capecchi, secondo la quale non sarebbe ravvisabile alcuna fonte giuridica (legge, atto amministrativo o contratto) che fondi un dovere del committente di garantire l'esatta osservanza della anzidetta normativa da parte dell'assuntore dei lavori (anche se la fattispecie in esame era differente rispetto alla Rigotti), a cui ha fatto seguito Cass. 22 settembre 2004, Lilli, n. 40618.

In realtà, la divergenza tra i due orientamenti sopra riportati è meno profonda di quel che potrebbe in prima battuta apparire. Ed infatti, anche il secondo orientamento, più che negare in assoluto la circostanza che il detentore dei rifiuti possa mai rivestire il ruolo di garante dell’integrità ambientale, si limita, piuttosto, a negare che il committente di un contratto di appalto di lavori edili possa rivestire la qualifica di produttore (e quindi di garante), spettando essa all’appaltatore delle opere[3].

La fonte normativa dell’obbligo di controllo in capo al produttore

La tesi che individua in capo al produttore l’esistenza di una posizione di garanzia per il corretto smaltimento dei rifiuti da esso prodotto, oltre che “responsabilizzare” (nei limiti propri della competenza di ciascuno) tutti i soggetti coinvolti nella gestione dei rifiuti, è l’unica che consenta, da un lato, di giustificare il concorso negli illeciti commessi dagli smaltitori (autorizzati) da parte del produttore tacitamente connivente, riconosciuto dalla giurisprudenza civile e penale quando vi sia una dolosa o colposa omissione di controllo del secondo sui primi, e dall’altro di riempire di significato precettivo i principi enunciati all’art. 10 del D. Lgs. 22/1997.

In effetti, ammettere il concorso del detentore dei rifiuti negli illeciti posti in essere dallo smaltitore in presenza di consapevolezza o colpevole ignoranza degli stessi da parte del primo comporta implicitamente il riconoscimento dell’esistenza di una posizione di garanzia. Ai fini della configurabilità della partecipazione mediante omissione nel reato commesso da un terzo, occorre infatti la sussistenza in capo al partecipe di un obbligo giuridico di impedimento del reato rilevante ex art. 40 cpv. c.p. In mancanza di tale obbligo di impedimento, il solo fatto di rimanere inerte di fronte alla commissione di un reato dà luogo ad una connivenza non punibile[4].

Neppure può negarsi, a parere di chi scrive, l’esistenza di una fonte normativa[5] sufficientemente univoca atta a fondare la posizione di garanzia del produttore: essa si concretizza in modo inequivocabile, più ancora che nel comma 1 dell’art. 10, dai commi 3 e 3- bis dello stesso articolo, i quali prevedono che la responsabilità del detentore per il corretto recupero o smaltimento dei rifiuti è esclusa, oltre che in caso di conferimento dei rifiuti al servizio pubblico di raccolta, in caso di conferimento dei rifiuti a soggetti autorizzati alle attività di recupero o di smaltimento, solo a condizione che il detentore abbia ricevuto il formulario di cui all'articolo 15 controfirmato e datato in arrivo dal destinatario entro i termini di legge.

La norma, nel prevedere che la responsabilità del detentore sia esclusa solo e soltanto al ricorrere di determinate condizioni, presuppone a contrario che la regola generale sia quella del permanere della responsabilità per il corretto smaltimento in capo al produttore ogniqualvolta le predette condizioni non siano integrate. L’utilizzo del termine “responsabilità” non può dare adito a dubbi.

Ciò non comporta, di per sé, una forma di responsabilità più estesa di quella che grava su determinati soggetti in virtù del potere di controllo che gli stessi hanno su una specifica fonte di rischio (quali ad esempio quella del proprietario per i danni cagionati dall’immobile, del medico e del personale sanitario per i fatti commessi dal malato di mente affidato alle loro cure, dell’ imprenditore per i danni cagionati al dipendente dalla mancata predisposizione di cautele antinfortunistiche, etc…). Essa trova piena giustificazione nel potere di organizzazione e disposizione che il produttore dei rifiuti, quale primo detentore, ha nei confronti degli stessi, oltre che nelle generali regole di cautela imprenditoriale che impongono di vigilare sulle fonti di rischio.

Il nuovo comma 3 – bis dell’art. 10 del D. Lgs. 22/1997

L’esistenza di un vera e propria posizione di garanzia in capo al produttore dei rifiuti in ordine alla corretta gestione degli stessi si ricava ora in modo ancor più chiaro dal nuovo comma 3-bis dell’art. 10 (comma aggiunto dall'art. 1, comma c. 29, della L. 15 dicembre 2004, n. 308), in base al quale “nel caso di conferimento di rifiuti a soggetti autorizzati alle operazioni di raggruppamento, ricondizionamento e deposito preliminare di rifiuti, indicate rispettivamente ai punti D 13, D 14, D 15 dell'allegato B, la responsabilità dei produttori dei rifiuti per il corretto smaltimento è esclusa a condizione che questi ultimi, oltre al formulario di trasporto, di cui al comma 3, lettera b), abbiano ricevuto il certificato di avvenuto smaltimento rilasciato dal titolare dell'impianto che effettua le operazioni di cui ai punti da D 1 a D 12 del citato allegato B. Le relative modalità di attuazione sono definite con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio”.

La norma, da un lato ribadisce al di là di ogni dubbio la responsabilità dei produttori dei rifiuti per il corretto smaltimento, dall’altro non consente che il produttore si spogli completamente degli obblighi di controllo e vigilanza che gli competono, nel caso in cui i rifiuti vengano affidati a soggetti che si limitano ad effettuare operazioni preliminari al vero e proprio smaltimento, e che quindi non danno sufficienti garanzie circa il fatto che il rifiuto sia gestito in modo corretto anche nei successivi passaggi

La trasferibilità della posizione di garanzia e l’esonero del primo detentore

La predetta responsabilità non comporta peraltro che gli obblighi di controllo gravanti in capo al garante istituzionale (il detentore / produttore) non possano essere validamente trasferiti ad altri soggetti. Al contrario, le disposizioni di cui all’art. 10 pongono esattamente le regole e le condizioni in base alle quali gli obblighi di controllo originariamente posti in capo al primo detentore possono essere validamente trasferiti ad un altro soggetto qualificato, facente parte della catena di coloro che sono coinvolti nella gestione dei rifiuti. Il titolare originario della posizione di garanzia, trasferendo il rifiuto ed i poteri di disposizione dello stesso, resta pertanto liberato. Ciò anche in base al noto principio dell'affidamento, in virtù del quale ogni consociato può confidare che ciascuno si comporti secondo le regole precauzionali normalmente riferibili al modello di agente proprio dell'attività che viene in questione, quale deve presumersi essere il soggetto autorizzato a smaltire il rifiuto.

Come detto, le regole relative al controllo dell’esistenza di una valida autorizzazione dell’operatore che prende in carico i rifiuti, unitamente a quelle concernenti la verifica dell’effettiva consegna degli stessi a tale soggetto operata per il tramite dei formulari, a cui si aggiunge ora la ricezione del certificato di avvenuto smaltimento, se rispettate soddisfano le condizioni in base alle quali il garante originario, spogliandosi legittimamente della detenzione dei rifiuti (e cioè della fonte di pericolo su cui è chiamato a vigilare), trasferisce il ruolo di garante ad un nuovo detentore qualificato, sul quale può fare legittimamente affidamento. Ciò però solo se non vi siano altre forme di concorso nell’illecito di tipo commissivo (ad esempio, l’istigazione a smaltire abusivamente il rifiuto), ovvero sussistano chiari elementi che debbano far presumere al detentore la probabilità di comportamenti scorretti dell’affidatario del rifiuto[6], venendo meno, in quest’ultimo caso, ogni legittimo affidamento sul corretto operato del terzo.

Al contrario, l’omissione (dolosa o colposa) delle predette verifiche, non consentendo la liberazione del detentore originario, fa sì che tale soggetto possa sempre essere chiamato a rispondere (anche per culpa in eligendo) per gli illeciti di colui che ha ricevuto i rifiuti, non avendo validamente trasferito la posizione di garanzia che gli compete ex lege.

L’identificazione del produttore nei casi dubbi

La questione relativa alla posizione di garanzia del produttore, si interseca a sua volta con quella concernente il soggetto che, nell’ambito di determinate attività (appalto d’opera o di servizi, contratto di locazione d’opera, etc.) debba ritenersi tale. L’art. L’art. 6, 1° comma, lett. b), del D. lgs2/97, che recita che il produttore è “la persona la cui attività ha prodotto rifiuti”, riproducendo fedelmente la definizione di cui all’art. 1, lett. b), direttiva 91/156, non risolve in modo inequivocabile tutti i dubbi interpretativi; qualsiasi attività economica può essere svolta direttamente o tramite terzi, siano essi lavoratori dipendenti o soggetti autonomi, pertanto il mero dato letterale relativo alla materialità della attività di produzione si rivela insufficiente, specie quando ci si trovi nell’ambito di attività imprenditoriali tra loro integrate.

Anche sulla questione[7] di chi debba considerarsi produttore nell’ipotesi in cui, ad esempio, il proprietario o possessore di un bene, mediante contratto di appalto o di prestazione d’opera, affidi ad altro soggetto l’esecuzione, sul medesimo bene, di un’attività dalla quale originano rifiuti, si confrontano due teorie. Secondo la prima, dovrebbe ritenersi produttore del rifiuto non solo il soggetto che svolge l’attività materiale che dà origine al rifiuto stesso, ma anche quello nell’interesse del quale quella attività è svolta, ed al quale l’attività deve ritenersi quindi imputabile[8]. Secondo la tesi opposta, produttore dei rifiuti è esclusivamente il soggetto che, in autonomia e con gestione a proprio rischio, realizza il servizio e/o l’opera[9].

Accedendo alla tesi per cui il detentore è anche il garante dei rischi che promanano dalla fonte di pericolo costituita dai rifiuti, è inevitabile individuare tale soggetto in colui che ha il concreto potere di controllo sulla fonte di pericolo stessa, poiché è tale potere a fondare la posizione di garanzia.

Nei casi del tipo di quelli sopra prospettati, produttore (anche in senso giuridico) dovrebbe quindi sempre essere ritenuto il soggetto che ha mantenuto di fatto, oltre che contrattualmente, il controllo ed il potere di disposizione sui rifiuti prodotti dalla attività oggetto dell’appalto. In questo senso, quindi, la posizione di garanzia permarrà in capo al committente in tutti quei casi in cui questi abbia mantenuto l’effettivo controllo sulle opere che abbiano generato i rifiuti ed il relativo potere di disposizione degli stessi[10], mentre la posizione di garante (e la responsabilità per il corretto smaltimento dei rifiuti) graverà sull’appaltatore qualora, per il modo in cui si è concretamente e contrattualmente strutturato l’appalto di opere o servizi, il controllo ed il potere di disposizione dei rifiuti sia stato in capo all’appaltatore. In questi casi, non è il (solo) contratto a trasferire all’appaltatore la responsabilità per il corretto smaltimento dei rifiuti prodotti, ma l’effettiva presa in carico della fonte di rischio ed il potere di disporre giuridicamente della stessa in modo autonomo, e quindi la complessiva attività giuridica posta in essere dalle parti.

Il principio più volte richiamato in giurisprudenza afferma che il committente può essere ritenuto “corresponsabile in via diretta”, insieme all'appaltatore, per i danni cagionati a terzi nel corso dei lavori, nell'ipotesi in cui riduca l'autonomia dell'appaltatore stesso, ingerendosi nella realizzazione dell'opera o del servizio in modo tale da compromettere in tutto o in parte l'autonomia dell'appaltatore, il cui ruolo viene perciò ridotto a quello di un mero esecutore di ordini, (v. Cass. 19 dicembre 1996, Maggioni, n. 1375) ovvero nel caso in cui abbia, per altro verso, affidato i lavori ad un'impresa assolutamente inidonea (v. Cass. 30 maggio 1996, n. 5007, 1996, I, n. 3738). Tale regola è espressamente ribadita anche con riferimento all'appalto di opera pubblica (v., in proposito, Cass. 27 agosto 1996, n. 7862). Amplissima è poi la casistica di corresponsabilità del committente per i danni occorsi ai dipendenti degli appaltatori, anche in relazione agli specifici obblighi di coordinamento che gravano sul committente (cfr. art. 7 del D. Lgs. 626/1994).

Pur essendo sempre necessaria una verifica concreta di ogni specifico caso, in linea generale esistono tipologie di appalti in cui, tendenzialmente, è il committente a mantenere il controllo ed il potere di disposizione sulle fonti di rischio, inclusa la produzione dei rifiuti (si pensi, ad esempio, al servizio di manutenzione continuativo e periodico di macchinari, impianti od immobili del committente, collocati all’interno del perimetro aziendale dello stesso ed utilizzati per l’attività di impresa). In altri casi invece è, più probabilmente, l’appaltatore a rivestire il potere di controllo sulla fonte di rischio, come nei casi in cui questi sia incaricato di effettuare la costruzione o la demolizione di un fabbricato isolato, con totale trasferimento in capo ad esso del potere di fatto sull'immobile sul quale deve essere eseguita l'opera.

Più in generale, può dirsi che nel caso di un appalto in cui il committente si sia astenuto da ogni ingerenza nei confronti dell'appaltatore, lasciando l'area nella totale disponibilità (e quindi nella custodia) di quest'ultimo, non sembra poter sorgere in capo al semplice proprietario - committente alcuna posizione di garanzia in ordine al corretto smaltimento dei rifiuti prodotti, mancando ogni potere fattuale di controllo sulla fonte di rischio cui la posizione di garanzia deve essere correlata.

In definitiva, il “produttore” del rifiuto può essere individuato, nei casi dubbi, solo attraverso l’identificazione del soggetto che, nel caso concreto, alla luce di tutte le circostanze, ed anche (ma non solo) in forza degli obblighi contrattuali assunti, ha il potere giuridico e di fatto sulla fonte di rischio costituita dall’attività di produzione dei rifiuti e su quelle ad essa strettamente connesse; è quindi tale soggetto da ritenersi il titolare degli obblighi legali in materia di gestione dei rifiuti. Ciò, tuttavia, non esclude, ove ne sussistano i presupposti oggettivi e soggettivi, che un altro soggetto possa talora partecipare alla commissione del fatto, apportandovi il proprio contributo causale, anche di tipo meramente psicologico.

Luca Prati



[1] Vedi, per una esposizione delle dottrine in materia, M. Romano, Commentario sistematico del codice penale, I, p. 359ss.

[2] Cass., sez. III, 21 gennaio 2000, Rigotti

[3] In dottrina, nega la sussistenza di una posizione di garanzia del produttore dei rifiuti Paone, Il produttore di rifiuti e le sue responsabilità per l’illecito smaltimento, in Ambiente, 2001; anche Aliotta, La responsabilità penale del trasportatore di rifiuti, in Ambiente, 1999, 1147 ss, afferma non essere fondata la tesi per cui tutti i soggetti inseriti nella catena della gestione dei rifiuti devono essere ritenuti responsabili del corretto esito delle operazioni finali di recupero o di smaltimento.

[4] Cfr. G. Fiandaca - E. Musco, Diritto penale, parte generale, Bologna, 1995, 567 ss.; F. Mantovani, Diritto penale, parte generale, Padova, 2001, 547; T. Padovani, Diritto penale, Milano, 1999, 382 ss.; L. Bisori, L'omesso impedimento del reato nella dottrina e nella giurisprudenza italiane, in Riv. It. Dir. Proc. Pen., 1997, 1340 ss.; L. Risicato, La partecipazione mediante omissione a reato commissivo, in Riv. It. Dir. Proc. Pen., 1995, 1267 ss.

[5] Per la necessità di ancorare la responsabilità penale per omesso impedimento dell'evento ex art. 40 cpv. c.p. ad una fonte formale dell'ordinamento giuridico in dottrina v. F. Antolisei, Manuale di diritto penale, Parte generale, Milano, 2000, 255 ss.; I. Caraccioli, Manuale di diritto penale, parte generale, Padova, 1998, 266 ss.; F. Mantovani, op. cit., 173; I. Leoncini, Obbligo di attivarsi, obbligo di garanzia e obbligo di sorveglianza, Torino, 1999, 180 ss. Per una concezione più sostanziale, che ritiene comunque necessaria la concreta presa in carico della funzione di tutela propria del garante, G. Fiandaca, Il reato commissivo mediante omissione, Milano, 1979, 162 ss.; F. Sgubbi, Responsabilità penale per omesso impedimento dell'evento, Padova, 1975, 118 ss.

[6] V. Cass. 17 dicembre 1999, Riva, Ced Cass., rv. 215687, 215688, che ha chiarito che gli adempimenti relativi al controllo dell’autorizzazione, alla restituzione del formulario e, in caso di omissione, alla comunicazione alla provincia previsti dall’art. 10, non esauriscono completamente la misura della diligenza richiesta al detentore e/o produttore dei rifiuti. Infatti, in base ai principî generali in tema di concorso di persone nel reato, le esenzioni di responsabilità previste dall’articolo citato operano solo quando non esista in capo al detentore e/o produttore dei rifiuti un comportamento doloso, che lo renda compartecipe della commissione degli illeciti materialmente realizzati dallo smaltitore. Più recentemente, cfr. Cass. 27 novembre 2003, Turati, Ced Cass., rv. 227400

[7] Cfr. Filippucci, La nozione di “produttore” dei rifiuti e la responsabilità del committente, in www.dirittoambiente.com.

[8] Santoloci, Rifiuti da demolizione: la Cassazione si smentisce, Rifiuti – bollettino di informazione normativa, n. 98 (7/03), 22.

[9] P. Giampietro, Classificazione e disciplina dei rifiuti prodotti da imprese di manutenzione, Ambiente, 2000, 32; Paone, Il produttore di rifiuti e le sue responsabilità per l’illecito smaltimento (Nota a Cass., sez. III, 21 gennaio 2000, Rigotti), Ambiente, 2001, 648.

[10] In proposito, va evidenziato che nel momento in cui committente affida all'appaltatore una determinata opera o servizio, non esiste ancora alcun rifiuto, talché non si può parlare di responsabilità per il corretto smaltimento di ciò che verrà prodotto solo successivamente, e, conseguentemente, non si può ritenere, neppure in senso giuridico, l'esistenza di alcun obbligo di vigilanza in relazione a tale rifiuto. Un tale obbligo sorgerebbe quindi soltanto in forza del controllo di fatto sull’attività, sull’area o sui beni da cui si generano i rifiuti, ma in questo caso non può richiamarsi il solo art. 10 del D. lgs. 22/1997, il quale invece si riferisce esclusivamente agli obblighi del "produttore e/o detentore" dei rifiuti