Ancora sottovalutazioni e incomprensioni delle gestioni intermedie dei rifiuti urbani e speciali tra principi, legislazione, norme tecniche e... prassi
di Alberto PIEROBON
pubblicatio su osservatorioagromafie.it.Si ringraziano Autore ed Editore
Sono molte le tematiche sottese alla vicenda oggetto della sentenza T.A.R. Bolzano, n. 83 15 marzo 20221.
Il pretesto è l’annullamento in sede di autotutela (art. 21 nonies della legge n. 241 del 1990) di una richiesta di modifica (pretesamente non sostanziale) di una AIA per un impianto di trattamento di rifiuti industriali e assimilati, che ricorre alle operazioni «R12» e «R13» da parte di una società che gestisce anche rifiuti urbani (stazione di trasferenza) per avviarli a recupero energetico all’estero, esibendo anche un «parere» (sic!) direttoriale del Ministero dell’ambiente in data 7 aprile 2020.
L’autorità competente imponeva, motivatamente, la prescrizione di non ricevere altri rifiuti da operazioni R12, ravvisando nella richiesta della società una modifica sostanziale 2.
Per il Collegio trattasi di una valutazione aggiuntiva dell’autorità che, nel caso, è stata doviziosamente motivata sugli aspetti di tracciabilità, non solo di superficie, soprattutto con riguardo alle gestioni intermedie, cosiccome emerso dall’attività istruttoria, nelle relazioni tecniche, nel far partecipare la ricorrente, organizzando le conferenze di servizi, ecc. In tal modo si mostrava che l’accorpamento dei rifiuti di codici diversi, anche nelle operazioni dove la miscela di partenza diventa poi indistinguibile nei passaggi «R12» «R12» e «R13», porta a sovvertire la iniziale previsione autorizzativa, tra diverse tipologie, quantità e proporzioni di trattamento tra loro. Infatti le matrici in ingresso (input) all’impianto modificano lo stesso, talché va compresaex ante l’idoneità del trattamento degli eterogenei flussi ( input), come pure la loro tracciabilità sostanziale, perché tutto questo costituisce una variazione caratteristica dell’impianto, che può produrre effetti negativi riguardanti la salute umana e l’ambiente.
Rieccoci alla «analisi caso per caso» fuori dalle litanie giuridiche e/o dalle formulette astratte coniate in «parerini» o nella convegnistica in voga, forse assecondante i desiderata della committenza, peraltro lasciando delusi (se non sgomenti) nella mancanza di sforzo ermeneutico, di originalità e, soprattutto, di esperienza concreta... siamo ad una sorta di mercimonio, che si spaccia nell’attività di consulenza e di formazione, sulle quali è qui meglio sorvolare.
L’Autorità competente qui gode di una amplissima discrezionalità nel formulare l’AIA, potendo essa inquadrare la modifica autorizzativa come sostanziale in base, appunto, alle proprie motivate valutazioni tecniche sugli effetti ambientali o sulla salute umana.
Tornano, ancora una volta, in ballo i princìpi (di autosufficienza, prossimità, specializzazione, ecc.), la normativa, le regole tecniche 3 e le linee guida4.
Tanto non per vietare i movimenti dei rifiuti speciali – RS (anche se non manca nella impiantistica intermedia la presenza dei rifiuti urbani – RU – non solo come ex assimilati) –, bensì per preliminarmente conoscerne la dimensione quali-quantitativa dei relativi flussi di rifiuti, onde stimarne gli impatti ambientali e quindi, semmai, ridurli compatibilmente con il bilanciamento di altre esigenze (se non valori), essendo permesse altre opzioni [cfr. art. 199, comma 3, lett. g) TUA]. Peraltro, è già stato affermato che il criterio di prossimità vale non solo per i RU, ma anche per i RS [cfr. art. 182 bis e art. 199, comma 3, lett. g) TUA], inoltre, nello smaltimento vi sono altre opzioni, fermo restando che la prima da utilizzarsi è lo smaltimento nell’impianto più vicino.
Questi concetti, ognun se ne avvede, rinviano alla bacinalità o all’ambito ottimale del servizio di gestione integrato dei RU, per cui occorre sempre contestualizzare la problematica, riferendosi allo specifico ambito di riferimento, che rilieva anche logisticamente (distanze tra luoghi di produzione, prelievi, trasporti, stoccaggi, movimentazioni, ecc.) e sulla provenienza dei rifiuti che si intendono intercettare (loro natura, composizione, origine, ecc.).
Nel caso in esame essendo elementi riferiti ad uno specifico territorio, essi dovrebbero rientrare nell’orbita di conoscibilità e/o sono già conosciuti dalla medesima Autorità competente, che le valuterà, anzitutto con riferimento alla pianificazione e alle esigenze pubblicistiche. Del resto è stato ben osservato che la legislazione ambientale essendo speciale «è connotata da amplissima discrezionalità in considerazione della pluralità degli interessi pubblici compresi nella nozione di ambiente, con la conseguente compressione dei diritti individuali e di impresa» 5 e, «anche la discrezionalità tecnica è attribuita alle amministrazioni preposte alla cura degli interessi ambientali in misura assai estesa (anche per difetto di confini precisi), così che il ruolo della P.A. assume una rilevanza decisiva nella costruzione delle fattispecie» 6, tant’è che «un carattere peculiare del diritto ambientale (e sintomatico della sua specialità) è ravvisabile nello status di “soggezione permanente“ al regime amministrativo ed alle potestà d’imperio della pubblica autorità nel quale si trova l’impresa connotata da inerenza di interesse ambientale» 7.
Sotto altro angolo visuale, che sta prepotentemente affermandosi, l’Arera con deliberazione dell’Autorità di regolazione in materia, in data 3 agosto 2021, n. 363/2021/R/Rif ha approvato il MTR-2 8. Strategicamente si considerano i flussi dei rifiuti urbani come rilevanti indipendentemente dalla classificazione assunta nel processo di trattamento finale e intermedio – di cui al Titolo VI del MTR-2, escludendosi gli impianti «riconducibili alle filiere del riciclaggio, destinati al recupero di materia»9 – che ne modifica la natura e la composizione chimica, giacché prevarrebbero le attribuzioni regolatorie. Il che evidenzia l’urto della problematica dei rifiuti (speciali/urbani) codice EER 191212, con la sola categoria degli urbani 10. È la impiantistica di chiusura per la gestione del ciclo dei rifiuti urbani, che riporta – con le opzioni regolatorie (cfr. art.21.4) – alla pianificazione ottimale bacinale, rispettosa dei noti obiettivi, potendo prevedere diverse opzioni strategiche. Gli ATO/Egato, pur se condizionati dagli obiettivi e dalla superiore pianificazione, potrebbero determinarsi diversamente, valutando la loro specifica situazione 11. Gli impianti «minimi» vengono individuati «anche alla luce delle caratteristiche dell’operatore (...) presenti sul territorio» a certune condizioni e vengono individuati in ambito regionale o in macroaree, ipotizzandosi l’intervento governativo, nel quadro di un «progressivo dinamismo concorrenziale». La scelta di Arera è funzionalista, guardando alla classificazione dei RU assunta nel processo di trattamento finale e intermedio di cui al cit. Titolo VI del MTR-2 anche laddove modifica la natura e la composizione chimica dei medesimi rifiuti, essa soggiacerà alle attribuzioni regolatorie, ovvero alle scelte politico-strategiche orientate (se non imposte) dal MTR-2, intonandosi all’AGCM sulla libertà di circolazione dei rifiuti differenziati, distinguendo quelli organici e valutando la rilevanza dei mercati di sbocco; in sinergia col MITE, richiamandosi al Programma nazionale di gestione dei rifiuti (art. 198bis TUA) 12. Il punto principale avviato dal MTR-2 sta nella impiantistica cosiddetta «di chiusura per la gestione del ciclo dei rifiuti urbani», ovviamente da raccordare con le opzioni regolatorie, con la pianificazione ottimale del bacino, etc. in una modulazione degli strumenti di regolazione che distingue tra impianti «integrati» e non, ossia «minimi», «aggiuntivi» e «intermedi», in una prossemica al servizio pubblico (ridefinito dai «nuovi» rifiuti urbani e quindi dalla «nuova» perimetrazione e privativa) ) che diventa quasi un ulteriore criterio della gestione integrata. Si sottolinea poi il tentativo di trasporre il principio di prossimità con meccanismi di regolazione incentivante delle gestioni, a beneficio delle comunità ricadenti in aree limitrofe, trasferendo gli incrementi ai flussi provenienti dalle aree non di prossimità. Insomma, anche qui il principio di prossimità non va considerato quale un automatismo, dovendosi calare nello specifico contesto, coordinandolo con la impiantistica, e – non si trascuri – guardando anche alle cosiddette «esternalità».
In disparte stanno altre questioni sull’effettiva qualificazione degli impianti che ricorrono, sempre più, al trattamento delle operazioni di recupero per arrivare al CDR o al recupero energetico, cioè della «utilizzazione principale come combustibile o come altro mezzo per produrre energia» («R1» all. C alla parte IV del TUA). In tal caso va, tra altro, dimostrato il calcolo della formula sulla efficienza energetica, perché – paradossalmente – l’impianto potrebbe rientrare in quelli di smaltimento, cioè dello «incenerimento a terra» («D10» dell’all. B alla parte IV del TUA). Il calcolo della formula (già nell’all. II alla direttiva 2008/98/CE, ora in nota 4 del cit. all. C), ha validità generale (sia per RU che per RU), consentendo la puntuale verifica dell’efficienza di recupero energetico dell’impianto, in qualsiasi forma esso venga effettuato. Come la disciplina di settore prevede, occorre tenere conto di ulteriori elementi, citasi il d.m. 19 maggio 2016, n. 134 «Regolamento concernente l’applicazione del fattore climatico (CFF) alla formula del recupero energetico degli impianti di incenerimento» e le « Guidelines on the interpretation of the R1 energy efficiency formula for inceneration facilities dedicated to the processing of Municipal Solid Waste according to Annex II of Directive 2008/98/CE on waste » tutte, appunto, sul parametro «R1» ancorché riferito ai RU. Giova ricordare che il d.m. 31 gennaio 2007 avente per oggetto «Emanazione di linee guida per l’individuazione e l’utilizzazione delle migliori tecniche disponibili in materia di gestione dei rifiuti, per le attività elencate nell’allegato I del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59» ovvero riguardante le BAT dei processi di incenerimento, prevede che «La produzione di energia termica, da cedere a terzi, sia per impieghi civili (teleriscaldamento/refrigerazione, produzione di acqua sanitaria) o industriali (vapore o acqua calda di processo), dovrebbe essere favorita in quanto con questa tecnica è possibile limitare la consistente penalizzazione dell’efficienza di recupero (rendimento di conversione), conseguenti alla natura altamente aggressiva dei fumi di combustione. Nel caso della produzione di energia elettrica tale fenomeno negativo è maggiormente avvertito, a causa delle condizioni operative più severe richieste per il vapore surriscaldato da inviare in turbina, che possono dare luogo a marcati fenomeni di corrosione e/o erosione». Va altresì evidenziato che per l’art. 182 (smaltimento), comma 4 del TUA «Nel rispetto delle prescrizioni contenute nel decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133, la realizzazione e la gestione di nuovi impianti possono essere autorizzate solo se il relativo processo di combustione garantisca un elevato livello di recupero energetico».
Tornando ad aspetti più sostanziali (ad oggi non ancora affrontati seriamente in sede istituzionale) l’Autorità competente deve essere messa nelle condizioni di conoscere la provenienza (se non l’origine) dei flussi trattati, così da dimensionare e stimare gli impatti ambientali nelle loro matrici, ovvero valutare il rispetto del principio di prossimità di cui all’art. 16 della direttiva 2008/98/CE 13, con ciò senza necessariamente intendersi violato il principio della libera circolazione delle cose (art. 120 Cost.). Tanto rileva anche con riferimento all’aspetto della surrichiamata «bacinalizzazione amministrativa».
Infatti, trattare i predetti flussi di rifiuti (qualificati in automatico come RS), prodotti dagli impianti intermedi 14 e classificati col codice capitolo «19» 15, onde trasformarli in combustibile solido secondario (CSS) 16, potrebbe ostacolare se non impedire – tra altro – di valutare l’iniziativa alla luce del principio di prossimità ex art. 199, comma 3, del TUA, soprattutto ove questi RS derivino da operazioni svolte in gestioni cosiddette «intermedie», smarrendosi l’originaria provenienza quali-quantitativa 17.
Non occorre ricostruire cervelloticamente la ragnatela dei passaggi precedenti, nei loro dosaggi e proporzioni di materiali e di operazioni sugli stessi, bastando evitare l’opacità dei passaggi «R12-R12» capendone la provenienza (es. da lavorazioni di flussi rifiuti «20», da altri produttori di RS, ecc.) anche spaziale, agli effetti della logistica (trasporto, stoccaggio e movimentazione – handling – dei materiali nei loro passaggi dalla produzione fino alla destinazione finale) 18 e quant’altro possa rilevare.
In proposito non è peregrino richiamare l’argomento sull’autosufficienza di un ATO, muovendo dalla fase a monte, cioè quella pianificatoria, nel censire e ordinare nella programmazione, i flussi quali-quantitativi dei RU prodotti (che non sempre corrispondono ai rifiuti totali, d’ora in poi «RT»), mentre per i RS originati direttamente dai produttori «iniziali» (non tanto dai «nuovi produttori» che trattano RU e pure RS 19), la produzione non è esattamente predeterminabile, essendo essa originata nel c.d. «libero mercato». Epperò, qui possono comunque effettuarsi analisi storico-statistiche, prendendo i dati censiti, nel tempo, di cui al MUD 20, anche laddove questi ultimi non siano, statisticamente parlando, del tutto affidabili (per duplicazioni, errori, ecc.) ricorrendo opportunamente – come fa l’ISPRA in occasione della redazione annuale della relazione sulla produzione dei RS – alla c.d. «bonifica» dei medesimi dati. In tal modo si riesce ad ottenere un trend, ovviamente da contestualizzare e incrociare con altri dati e metodi 21: del resto non mancano metodologie di ricostruzione della quantità-qualità di rifiuti anche nelle ipotesi delle gestioni criminose, dove (sulla carta) i flussi vengono, a seconda dell’obiettivo-interesse, artatamente fatti aumentare, diminuire, esistere, sparire, ecc. 22.
Altresì vanno considerati gli ulteriori effetti sulla quantità e qualità dei flussi RU-RS, oltre all’incidenza dei prefati princìpi di autosufficienza/prossimità (nonché di specializzazione), citasi: il regime di privativa e di fuori privativa, i regimi fiscali applicabili e le differenti aliquote o calcoli dell’ecotassa e così via 23.
Come sappiamo l’argomento dell’autosufficienza e della prossimità della gestione dei RU si riferisce (salvo per l’incenerimento) all’ambito territoriale ottimale (ATO) sicuramente cogente per lo smaltimento, mentre per il recupero si dovrà guardare ai soli RU indifferenziati, non valendo per i RS l’autosufficienza bacinale, mentre la specializzazione impiantistica assume un rilievo primario e va coordinata alla prossimità. Ma questi ragionamenti non possono essere condotti in modo così «secco» e semplice. In via preliminare vanno ridotte, il più possibile, le movimentazioni dei rifiuti che causano impatti ambientali (polvere, rumore, inquinamento, consumo di risorse, etc.), ragion per cui la prima opzione da adottare è quella di trattare i rifiuti nel luogo più vicino della loro produzione. E questo, come vedremo, vale anche per i RS.
Ecco perché servono, come avvenuto nel caso esaminato dalla sentenza citata in esordio, precise ed obiettive analisi di fatto da parte dell’Autorità competente (nei suoi vari e diversi organi) in sede di valutazione delle istanze autorizzative-progettuali.
Giova rinviare alle nostre precedenti disamine sul rifiuto codice EER 19121224 nella sua ambiguità 25 e alle operazioni di recupero, in particolare la «R12», poiché talvolta si ricorre a questi meccanismi, quale «espediente» per far fuoriuscire i flussi di RU da smaltire dall’autosufficienza bacinale e/o regionale [art. 182bis, comma 1, lett. a) TUA] 26, ciò non solo pei RU indifferenziati, altresì per i sovvalli, le perdite di processo, etc. grazie alla classificazione RU/RS (art. 184) 27 per poi avviare questi flussi ad altri impianti ubicati fuori dell’ambito territoriale ottimale (ATO) se non, addirittura, fuori Regione 28. Naturalmente queste sono ipotesi che non riguardano la vicenda in esame, comunque da diligentemente prevedersi in sede pianificatoria e nella governance, così come poi nella valutazione dei singoli progetti in sede di VIA e autorizzativa.
Peraltro, l’elenco rifiuti ha carattere vincolante per la determinazione dei rifiuti da considerare pericolosi: ex art. 7, par. 1 cit. reg. e decisione 2000/532/CE: i rifiuti trattati meccanicamente (operazioni intermedie di cui all’allegato B e C) 29 che non perdono la propria natura di RU indifferenziati, sono soggetti alle disposizioni relative alle spedizioni di rifiuti destinati allo smaltimento, col regime delle obiezioni di cui all’art. 11 reg. cit. consentendo alle autorità competenti di basarsi sui «provvedimenti presi» dagli Stati membri per attuare i princìpi, tra l’altro, di autosufficienza e prossimità 30.
Inoltre, come abbiamo già altrove disaminato, nella misurazione dei nuovi obiettivi di recupero/riciclaggio, la strategia e la programmazione dei RU-RS cambiano: ciò non solo con riguardo al settore pubblico, ma pure dei soggetti privati interessati al trattamento dei RU-RS.
E, come più volte abbiamo ribadito, queste opportunità, prendono anche spunto e occasione dal guazzabuglio dei particolari: gli «oggetti» giuridici (rifiuti e non), le loro classificazioni (RU/RS) e la loro pericolosità (rifiuti pericolosi: RP/rifiuti non pericolosi: RNP); sono le attività effettivamente poste in essere e non quelle che invece si riparano dietro il solo «emblema» del recupero (operazioni «R») o dello smaltimento (operazioni «D») – anche esse da analizzare microscopicamente 31 – che p.c.d. «svelano» i soggetti dell’art. 183, comma 1, lett. f),h), i), l), e delle attività ex lett. n), ai quali si aggiungono quelli che gravitano nella cosiddetta «area grigia» 32 dei «colletti bianchi», dei professionisti, dei procacciatori di affari, dei burocrati, dei politici 33 . Ecco la necessità di un metodo che utilmente può diventare indiziario, tenendo assieme una doppia visione 34 . Rinviamo, senza star qui a tediare il lettore, a
Nuovo Produttore di Rifiuto Speciale
EER 190501
Parte di rifiuti Urbani non destinabili al compost
Regione F
Produttore Rifiuto Urbano
EER 200307
(Ingombranti)
Regione G
Recupero/Smaltimento es. R1/D10/D1 (termoutilizzazione/incenerimento/discarica) Entro o fuori dal territorio nazionale
lla vicenda di cui alla sentenza della Corte di giustizia europea, Sez. VIII 11 novembre 2021, in causa C-315, avviata col T.A.R. Veneto, Sez. III, con sentenza 20 ottobre 2016 (pubblicata il 15 novembre 2016) n. 1261 e all’ordinanza della Sez. IV, decisa il 10 ottobre 2019 (pubblicata il 1 luglio 2020), n. 4196/2020. In estrema sintesi: se i pretesi RS (al di là della classificazione datane dal produttore) dopo le operazioni «R12» rimangono RU indifferenziati, allora sono assoggettati alle disposizioni dello smaltimento transfrontaliero, pur se vengono avviati al recupero di energia («R1»). Il
punctum dolens
sta – come abbiamo osservato in più occasioni – nella qualificazione del rifiuto che, dopo il pre-trattamento «R12», indipendentemente dal codice ad esso attribuito rimane un RU, oppure è qualificabile come un RS. Il che porta, tra altro, a scardinare la semplice riconduzione giuridica (che costruisce una propria logica categorica) di cui alla distinzione tra il rifiuto codice famiglia «19» o della famiglia «20», distinzione che un tempo riposava nella dualità: RU o RS, con quel che ne consegue. Ora, tutta la disciplina giuridica è stata interessata da grandi cambiamenti incidenti anche sull’argomento di cui trattasi
che riguardano (il che non sembra essere avvenuto nella vicenda veneta) anche le competenze/attività
in parte qua
dell’Ente di governo dell’ATO o bacino del servizio integrato di gestione dei rifiuti
che si manifesta, tra altro, su quanto attiene ai perimetri dei servizi (
intra
o fuori privativa: cfr. il metodo tariffario Arera MTR-1 e MTR-2), nel rispetto delle scelte regionali
, giacché la gestione unitaria ottimale delle risorse è teoricamente tesa a realizzare economie di scala e di scopo, condizionata, quantomeno:
- dagli obiettivi stabiliti dalla normativa nazionale-unionale;
- dalla pianificazione e dalle scelte legislative regionali;
- dai risultati economico-amministrativi;
- dal conseguimento di adeguate dimensioni gestionali: cfr. l’art. 200 del TUA;
- dalla dimensione sulla base di parametri fisici, demografici, tecnici e delle ripartizioni politico-amministrative;
- dai vincoli connessi al contenimento della movimentazione dei rifiuti urbani e della loro gestione, appunto secondo i princìpi di autosufficienza, di prossimità, di specializzazione per l’effettiva chiusura del ciclo di gestione dei RU.
La nuova disciplina rifiuti, collegata a quella tariffaria e dei servizi pubblici, sostanzialmente impone agli Enti di ambito 38 di attivarsi sulle novità introdotte nella disciplina rifiuti (ma anche sulla tariffa e sui servizi pubblici) 39, nello scenario degli effetti conseguenti alle scelte sulla governance e sulla gestione dei rifiuti urbani, correlata alle variabili e alle condizioni dianzi cennate. Tutto ciò non solo quale adempimento normativo, bensì nell’ambito strategico-progammatorio.
E, come già accennato, la distinzione tra operazioni/impianti di smaltimento e di recupero non può fondarsi sulla sola elencazione delle operazioni, peraltro descrittive, dovendosi p.c.d. «archeologicamente» seguire criteri fattuali. E, il caso dei rifiuti codice EER 191212 è un esempio dei dannosi genericismi, non essendo un semplice «passaggio» di rifiuti dai servizi di raccolta (come congeniati?) alle operazioni intermedie (quali? come? con che rese?) fino a quelle definitive. Piuttosto siamo ad un insieme di cose, un groviglio congiunturale, con «punti di fuga», insomma una matassa che va compresa 40 fuori dal linearismo processistico (che potrebbe essere una apparenza) e dai sillogismi giuridici 41.
Per cui la semplice presenza delle operazioni di cui all’allegato (invero inesaustivo) C non identifica il «recupero» pur ravvisandosi il principio di tipicità e di tassatività 42. In realtà le operazioni di smaltimento e di recupero sono per «come avvengono nella pratica», avendo un «carattere meramente orientativo data la non esaustività dell’elencazione» 43.
Ritorniamo alla sostanza dell’analisi: per il recupero il trattamento preliminare o preventivo dovrebbe modificare o far perdere al bene le caratteristiche merceologiche di qualità e di proprietà che esso già possiede, e questo trattamento si rende necessario per il successivo impiego, nel recupero inteso quale «funzione utile» 44 di questi materiali che vengono reimpiegati in operazioni di recupero: ad es. un «R5» utilizzo di scorie e ceneri per la messa in sicurezza di una miniera in disuso, anziché un loro interramento «D12». Ecco ancora spiegato perché serve il «criterio del caso per caso», per cui in sede di istruttoria e valutazione autorizzativa, devono essere approfondite le operazioni preparatorie all’operazione successiva, giacché connesse o funzionali (o connesse funzionalmente) al recupero dei rifiuti che modificano le caratteristiche chimico-fisiche, mentre diverse sono le operazioni svolte al solo scopo di ridurre il volume, facilitare il trasporto e agevolare il recupero 45. Lo «R12» può comprendere «le operazioni preliminari precedenti al recupero, inclusi il pretrattamento», prima delle operazioni «R1-R11». Ma, si possono quindi avere più R12? Peraltro anche l’operazione della «miscelazione» finalizzata al recupero dei rifiuti viene autorizzata in «R12» (in «D13» ove finalizzata allo smaltimento) e va ben tracciata, nel codice e nella provenienza rifiuti, riferendola alla successiva operazione finale, il che corrisponde anche alle necessità tecnico-operative dell’impianto, onde garantire forniture costanti e omogenee, non quindi semplicemente per facilitare la «accettazione» dei rifiuti, oltreché (nella loro combinazione: miscelazione, accorpamento, etc.) pei fini di sicurezza 46. Ecco che la scelta della tipologia e la modalità della caratterizzazione dei rifiuti input, deve essere funzionale allo output anche sulla base del destino finale, considerando concretamente le normative settoriali e/o i criteri di ammissibilità per gli specifici impianti di destinazione finale. Quindi un «R12» non può venire scisso dalla connessione con le operazioni intermedie-finali di destino. Come altrove ci siamo intrattenuti, l’operazione «R12» è lo «scambio 47 di rifiuti per sottoporli a una delle operazioni indicate da R1 a R11»; nella «nota sette» (7) «in mancanza di un altro codice R appropriato, può comprendere le operazioni preliminari precedenti al recupero, incluso il pretrattamento come, tra l’altro, la cernita, la frammentazione, la compattazione, la pellettizzazione, l’essiccazione, la triturazione, il condizionamento, il ricondizionamento, la separazione, il raggruppamento prima di una delle operazioni indicate da R1 a R11». Se guardiamo alle altre operazioni di recupero («R1-R13») si può ammettere lo «R12» solo per le operazioni «R3», «R4» ed «R5» che, appunto, riguardano il riciclaggio/recupero di determinate sostanze, metalli e loro composti, nei relativi asterischi (*) che comprendono in queste operazioni la preparazione per il riutilizzo 48, mentre le operazioni di recupero si relazionano alla succitata nota sette. Si tratta dunque di attività di recupero [cfr. l’art. 183, comma 2, lett. s) TUA] attraverso le operazioni di trattamento che includono, tra altro, come già notato, la «cernita» [non quella preliminare della «raccolta» cfr. art. 183, comma 2, lett. o)] e la «selezione»: infatti il rifiuto-materiale da utilizzarsi (ad es. quale CSS 49 e compost) è a valle del ciclo di lavorazione.
Ragion per cui se l’operazione finale è un «R1» ovvero «l’utilizzazione principalmente come combustibile o come altro mezzo per produrre energia» dobbiamo chiederci se sia (o non) bastevole una sola operazione «R12», che, ad es., ottimizza il trasporto e/o che rende come dire... maggiormente «idoneo» il rifiuto al trattamento in «R1». Ovvero bisogna domandarsi se, nella dinamica di più passaggi tra «R12-R12» (come pure tra eventuali più «R13-R13»), sorgano perplessità e di che genere esse siano. Nella gestione dei rifiuti codice «19» si deve comprendere perché essi vengono come dire… montati/smontati e in quali operazioni ciò avvenga, soprattutto rapportando le stesse nella loro relazionalità, costituente una sorta di reticolo input-output. Quale è l’interesse o il motivo per cui questi passaggi vengono pensati e/o avvengono? Risulta necessario capire cosa effettivamente succede nei/coi vari passaggi «R12-R12» e il loro fondamento: ad esempio, in presenza di cinque o più flussi di rifiuti (CER famiglia «20» o «19» o altri) in impianti R13 o R12 perché poi questi flussi passano ad altri R12? 50 È necessario, come visto, dimostrare la necessità dello R12 antecedente al successivo R12. Inoltre, se il gestore «A» del primo flusso tratta in R12 tonn. 50 togliendone 10 di certe tipologie si avrà una resa tracciata di 40 tonn. (del 20 per cento in peso); se il successivo gestore «B» assume queste 40 tonn. di rifiuti quale input e li tratta come operazione «R12», «B» effettua questa operazione forse perché ha un impianto più performante o maggiormente tecnologico di «A»? Ipotizziamo che «A» abbia vagliato questi rifiuti (ma che tipo di vaglio?): se anche «B» procede alla vagliatura (anche qui che tipo di vaglio?) – la sola differenza sta nella capacità tecnologica? – siamo forse in presenza di un flusso misto? Quindi per reiterarsi l’operazione «R12», il gestore «B» deve dimostrare la propria maggiore resa e/o l’ottenimento di un prodotto migliore e più idoneo al recupero rispetto a quanto sortiva dal processo del gestore «A»? Non si vuole con queste precisazioni-puntualizzazioni scadere in supposizioni cervellotiche o nell’eccesso dei controlli, ma occorre certamente uscire dai meri aspetti formalistici, pazientemente e concretamente incrociando e disaminando le attività/operazioni dei vari soggetti che intervengono nella gestione lato sensu, assieme alle attrezzature e ai macchinari effettivamente presenti, funzionanti e utilizzati dai vari gestori. Tornando all’esempio del gestore «B», proprio per giungere ad una lettura non apparente, quanto avviene nel perimetro dello impianto di «B» va relazionato, non solo col precedente soggetto gestore/attività di gestione, ma pure con tutti gli altri soggetti coinvolti: nelle attività, attrezzature, contrattualistica, e quant’altro possa occorrere. Infatti, la gestione non può venire rappresentata e/o spacciata come fosse atomizzata, seppellita da documenti che rappresentano un progetto e un processo gestionale nei vari elementi, perché la gestione (anche di un impianto) va vista nel complesso, relazionandola, soprattutto nelle attività di recupero che sono notoriamente più porose rispetto le attività di smaltimento 51.
Come detto, la pianificazione dell’ATO, oltre a quella regionale 52, riguarda i RU compresi quelli prodotti dalle utenze non domestiche, ovvero i rifiuti cc.dd. «similari» ope legis considerati urbani 53, ma non solo.
Va così valorizzata una prassi che fuori dal formalismo, ripensa il diritto e i fatti che tendono a mescolarsi (tra testi normativi e regole tecniche, che però si aprono alla pratica) scardinando la regola della validità a favore dell’effettività che diventa ciò che i fatti, nella prassi delle operazioni «per come avvengono», possono condurre 54. Quindi vanno considerati anche i cosiddetti «percolamenti» (i passaggi) tra i due flussi di RU e RS, che sono sintomatici nei famosi rifiuti codice EER «19».
Recentissimamente, come dianzi illustrato, la Corte di giustizia UE si è espressa, epperò nella «specialità» (che non è eccezionalità) della disciplina delle spedizioni transfrontaliere che si richiama alla parte «generale» sui rifiuti e che riguardava (si badi) i RU considerati RS (e contestati come tali e quindi considerati urbani in seguito ad apposito accertamento disposto dal Consiglio di Stato), che gli intermediari dichiaravano avviare al recupero, ma che – nella arguta ricostruzione fatta – vanno considerati (nonostante la letteralità di cui alla disciplina transfrontaliera) nella più limitativa disciplina sullo smaltimento.
In estrema sintesi, per la predetta Corte, vanno tenute ben ferme le esigenze di tutela ambientale e di controllo, ecc. nell’evitare che la c.d. «apertura» dei RS (rectius, RU) al recupero, possa opacizzare, se non allignare, attività scorrette, soprattutto (come avviene nelle spedizioni in parola) fuoriuscendo dalla propria rete nazionale di impianti.
Come visto, l’autosufficienza bacinale riguarda i RU distinguendosi dalla prossimità, ma non come concetti opposti, potendosi anzi (cosiccome, per insegnamento giurisprudenziale, può avvenire per i princìpi) integrare e bilanciare le diverse situazioni. Per cui i vari princìpi vanno relazionati tra di loro: ecco che autosufficienza, prossimità e specializzazione non sono da considerarsi come fossero p.c.d. delle operazioni aritmetiche. Purtroppo, solitamente, si segue un piatto ragionamento (logico-lineare, ma non realistico) ove si incasellano i soggetti e le attività e i princìpi in modo additivo, ma non dosato e relazionato tra essi. La libera circolazione dei RS avviati a recupero (ragionando, come si è detto, fuori dalla mera letteralità) se applicata deve guardare al «presupposto composito» di RU-RS e di smaltimento-recupero. Non si tratta quindi, di deprimere l’iniziativa imprenditoriale su di un settore di mercato c.d. libero, né di subire occhiute scelte dirigistiche, bensì, per l’appunto, di operare un bilanciamento tra le diverse scelte che sono anche assiologiche, che ogni Autorità competente, nell’ambito della propria pianificazione (coordinata con quella superiore) ritiene adottare, ciò ma non certo per opportunità o per una gretta difesa degli interessi localistici, quanto con riferimento ai valori-interessi dell’ambiente, del paesaggio, ecc.
Tanto sembra trovare conforto nella modifica costituzionale degli artt. 9 e 41 realizzatasi l’8 febbraio 2022. Ponendo la nuova definizione di ambiente entro i princìpi fondamentali, si impongono diversi equilibri, anche nella struttura gerarchica delle fonti, fors’anche (pur nel teorizzato «unico ordinamento integrato» 55) pei princìpi comunitari della «prevenzione», «precauzione», del «chi inquina paga», dello «sviluppo sostenibile», della «autosufficienza», «prossimità» e «specializzazione», ecc. 56. Se i «princìpi supremi» dell’ordinamento costituzionale, sono concepiti come non cedevoli, si afferma che essi (tra i quali la materia dei «diritti fondamentali») potrebbero venire meno per «ragioni di interesse pubblico superiori, gerarchicamente sovra-ordinate» 57, giustificandone, in casi eccezionali, il sacrificio, ragionando in termini di grado, proporzione nel presupposto delle scelte di valore. Sull’art. 41 Cost. e il suo bilanciamento con la tutela ambientale, sintomatico è quello che ragionevolmente deve avvenire tra gli artt. 2, 4, 32, comma 1, 35, comma 1 e 41 della Cost. 58 che ora dovrà fare i conti con la collocazione dell’ambiente entro i diritti fondamentali 59. Solo dopo la famosa «sentenza ILVA» (Corte cost. sent. n. 85 del 2013) il rapporto tra i diversi valori-interessi è stato di integrazione reciproca, non della prevalenza assoluta di un interesse sugli altri 60, cioè senza il tiranneggiamento di un solo diritto sugli altri (sent. n. 264/2012; n. 85/2013 e n. 63/2016). Non si tratta, quindi, di un ordine gerarchico assoluto, bensì del bilanciamento continuo tra diritti fondamentali e punti di equilibrio, valutati dal legislatore e dal giudice «secondo criteri di proporzionalità e di ragionevolezza, tali da non consentire un sacrificio del loro nucleo essenziale» che trova un punto di equilibrio anche nell’auspicabile bilanciamento tra i diritti sociali, nell’apprezzamento del caso concreto 61. La scelta pianificatoria che tocca più «valori» nel delicato equilibrio che vede l’Autorità competente mettere al primo posto (nella scala dei valori) gli aspetti ambientali e paesaggistici, ecc. (senza con ciò deprimere le iniziative economiche private che siano intonate con queste scelte ed equilibri) non può non toccare anche tutte le situazioni e casistiche che, di volta in volta, si pongono e/o si affrontano 62.
1 In www.osservatorioagromafie.it.
2 Per la modifica sostanziale si richiamano le categorie dell’art.5, comma 1, lett. l bis) del TUA e l’allegato VIII, parte IV del medesimo TUA, non trascurando di segnalare che l’autorità competente individua sulla base di questa normativa e dei princìpi l’eventuale produzione di effetti negatiti e significativi della attività sull’ambiente e sulla salute umana.
3 Cfr. A. Pierobon, Norme tecniche tra politiche pubbliche e interessi particolari , in A. Lucarelli - A. Pierobon (a cura di), Governo e gestione dei rifiuti. Idee, percorsi, proposte, Napoli, 2009, 255-297 e Id., Nuovo Manuale di diritto e gestione dell’ambiente, Santarcangelo di Romagna, 2012.
4 Sulle quali V. Italia, Le «linee guida» e le leggi, Milano, 2016, che vanno considerate su più elementi, stabilendo prescrizioni dettagliate che hanno un contenuto normativo (pp. 18-19) nella caratteristica della «specialità» o degli «ordinamenti sezionali» (p. 58).
5 P. Dell’Anno, Princìpi del diritto ambientale europeo e nazionale, Milano, 2004, 175 citando in nota 26 G. Lombardi, Iniziativa e economica privata e tutela dell’ambiente, in C. Murgia (a cura di), L’ambiente e la sua protezione, Milano, 1991, 261 ss. rileva che la protezione dell’ambiente implica una «reinterpretazione dei diritti fondamentali».
6 P. Dell’Anno, op. cit., 176 ove in nota 27 «si allude, tra i tanti esempi possibili, alle difficoltà di redigere un elenco delle migliori tecniche disponibili (...) ovvero alla definizione delle migliori tecniche disponibili richieste dalla normativa sull’AIA, che è tuttora in elaborazione a cura del c.d. “Gruppo di Siviglia”, di nomina comunitaria».
7 P. Dell’Anno, op. cit., 176-177ove in nota 30 rinvia a Id., Contributo allo studio dei procedimenti autorizzatori, Padova, 1989, 25 ss. A p. 24 leggiamo: nei procedimenti autorizzatori «come strumenti di controllo e di coordinamento delle attività pubbliche e private in relazione alla prevalenza degli interessi collettivi, con il conseguente processo di conformazione delle situazioni giuridiche soggettive di impresa, di proprietà e persino di libertà, si riscontra anche un ampliamento delle potestà prescrittive delle pubbliche autorità le quali vengono legittimate da innumerevoli leggi settoriali all’emanazione di ordini conformativi sempre più puntuali e tecnicamente articolati, esaltando il ruolo precettivo svolto dalle clausole prescrittive accessive del procedimento autorizzatorio. Nel contempo, anche i controlli sull’amministrazione subiscono una evoluzione, integrando i più antichi e consolidati criteri di valutazione della mera legittimità con i giudizi complessivi sulla efficienza e sulla economicità» a p. 31 continuando la «evoluzione strutturale e funzionale del procedimento amministrativo; traslazione della potestà discrezionale» ove «è visibile nella normativa più recente una riduzione dell’area della discrezionalità amministrativa, a vantaggio della discrezionalità».
8 Ex multis , da ultimo quanto riepilogato in A. Pierobon, Nuovi standard di qualità contrattuale e tecnica dell’Arera in materia di rifiuti: iniziative, tendenze, criticità , in Azienditalia, 2022, 4.
9 Vedasi tra le definizioni quella di «impianti di trattamento» dell’art. 1, ultimo periodo: «gestiti da Consorzi di filiera, o da altri soggetti, con i quali i Comuni possono sottoscrivere specifiche convenzioni per la copertura degli oneri sostenuti per le raccolte differenziate dei rifiuti, nonché gli impianti riconducibili ad altre filiere di riciclaggio destinati al recupero di materia, diversi dagli impianti di compostaggio/digestione anaerobica».
10 Documento n. 196/2021/R/Rif dell’11 maggio 2021, recante « Primi orientamenti per la definizione del metodo tariffario rifiuti per il secondo periodo regolatorio » (MTR-2: periodo 2022-2025), box 3, nota 14 di p. 19.
11 Nella modulazione degli strumenti di regolazione l’Arera distingue tra impianti «integrati», «minimi», «aggiuntivi».
12 Che dalla recente presentazione del MITE alle Regioni e Provincie autonome in data 25 marzo 2022 sembra essere una «tigre di carta», una specie di rapporto ISPRA che non entra nei dettagli, ad es. per i rifiuti codice 191212 e gli impianti intermedi si rimane nelle «zone grigie», limitandosi a ciò che viene previsto-prescritto. Ci riserviamo di intervenire sul punto.
13 In generale, al di là delle rete integrata e adeguata di impianti onde consentire alla Comunità di raggiungere l’autosufficienza sia nello smaltimento che nel recupero dei RU, è possibile limitare le spedizioni in uscita dei rifiuti per motivi ambientali o qualora non siano recuperati con standard equivalenti a quelli europei ex regolamento n. 1013/2006 del Parlamento europeo del Consiglio, del 14 giugno 2006. Derogando al regolamento possono limitarsi le spedizioni in entrata dei rifiuti destinati ad impianti di incenerimento qualora vi siano impatti negativi sui piani di gestione nazionali. Come vedremo, per il ‘considerando’ n. 33 della direttiva 2008/98/CE ai fini dell’applicazione del cit. regolamento i RU indifferenziati rimangono tali «anche quando sono stati oggetto di una operazione di trattamento dei rifiuti che non ne abbia sostanzialmente alterato le proprietà».
14 Già nel 2008 si evidenziava che il materiale derivante da impianti intermedi quali quelli di trattamento meccanico-biologico veniva ipotizzato poi combusto (quale CDR) in impianti di termovalorizzazione oppure co-combusto poiché «in uno scenario di medio-lungo periodo, al 2020, i trattamenti meccanico biologici dovrebbero essere asserviti alla produzione di CDR, principalmente per la co-combustione in cementifici e centrali termoelettriche, o al trattamento finale di rifiuti in aree marginali (ove non si giustificano altri trattamenti tecnologici)» così D. Bianchi (a cura di), Il riciclo ecoefficiente. Performance e scenari economici ambientali ed energetici , Milano, 2008, 170.
15 Nelle movimentazioni che avvengono tra i produttori iniziali ed i nuovi produttori, laddove potrebbero “azzerarsi” e/o opacizzarsi le origini dei flussi di rifiuti, anche merceologiche.
16 La cui definizione è nell’art. 183, comma 1, lett. cc), ossia «il combustibile solido prodotto da rifiuti che rispetta le caratteristiche di classificazione e di specificazione individuate nelle norme tecniche UNI CEN/TS 15359 e successive modifiche e integrazioni; fatta salva l’applicazione dell’articolo 184 ter , il combustibile solido secondario, è classificato come rifiuto speciale». Il d.m. 14 febbraio 2013, n. 22 stabilisce, all’art. 5, che il CSS può prodursi esclusivamente in impianti autorizzati in procedura ordinaria con AIA, certificati UNI-EN 15358 e registrati EMAS. Vedasi anche la circolare MATTM prot. 0004843 del 27 marzo 2018 che rende superato in parte qua il d.m. 5 febbraio 1998.
17 Si dirà, ma tutto è tracciabile, ci sono i formulari, ci sono i documenti, etc. per cui i passaggi dai produttori di RU-RS agli impianti R12 e ad altri impianti ancora (R12-R13-R1 etc.) sono teoricamente ricostruibili. Come ben conoscono gli operatori del settore, varie tecniche e sistemi (la miscelazione/accorpamento è una tra le tante) potrebbero condurre ad altro. Del resto l’accettabilità dei rifiuti in ingresso di impianto di per sé non risolve questi problemi che sono anche tecnici e sostanziali nella gestione effettiva di un impianto. Che queste verifiche possano essere aggirate lo testimonia tra gli altri il triste caso dei rifiuti italiani esportati in Tunisia ( https://www.ilpost.it/2022/02/21/rifiuti-esportati-tunisia-salerno/ ).
18 Nel loro impatto ambientale, in termini di portata delle esternalità e di estensione degli effetti negativi vedasi A. Mc Kinnon - S. Culinane - M. Browne - A. Whiteing (a cura di), Logistica verde. Migliorare la sostenibilità ambientale della logistica , Milano, 2012; M. Boroni Grazioli, Imballaggio di trasporto sostenibile. Vantaggio competitivo della logistica , Milano, 2012.
19 Cioè dei «nuovi produttori» [cfr. art. 183, comma 1, lett. f), d.lgs. n.152/2006] come avviene nel caso dei TMB che trattano i RU e pure RS in entrata, producendo dei rifiuti classificati dai gestori come RS, codificati EER 191212.
20 Sulla caratteristica del MUD, riferita ai RU, ma con notazioni di insieme che interessano tutti i rifiuti: A. Pierobon,MUD: metodica, finalità, novità e adempimenti, in Azienditalia, 2019, 4.
21 Si vedano ad es. i metodi statistico-matematici sui fabbisogni standard, che utilizzano più variabili e parametri; in proposito A. Pierobon, Il nuovo metodo dei fabbisogni standard per il servizio di gestione dei rifiuti: primi spunti , in Azienditalia, 2020, 12 e articoli ivi citati.
22 Cfr. ex multis: C. Giacomelli - A. Pierobon, Metodo di analisi per comprendere carenza e distonie nella raccolta dei rifiuti organici comunali , in Azienditalia, 2017, 11; A. Pierobon, Controlli e monitoraggio del Comune verso gli appaltatori di un servizio , ivi, 2018, 6; Id.,Oltre l’apparenza della gestione: pensiamo al concreto, ivi, 2017, 5; Id., Ho visto cose, Milano, 2017 (in particolare l’appendice casistica).
23 Argomenti che non rientrano nell’economia del presente scritto, ma che paiono venire spesso trascurati.
24 Per una ricostruzione complessiva si rinvia ancora a A. Pierobon, Il rifiuto EER 191212: dall’origine ai destini. Il caso delle spedizioni transfrontaliere , in Azienditalia, 2021, 5 nonché G. Angelucci - A. Pierobon , Rifiuti ed emergenza sanitaria: gestione finanziaria e rifletti tariffari , Milano, 2020.
25 Al di là della sua esistenza/realtà (fisicità, composizione quali-quantitativa, misurabilità, etc.) sotto il profilo logico, questo flusso/categoria di rifiuti rimane nella «ambiguità sistematica» (Russel-Whitehead) nella molteplicità di parti (RU/RS), col suo insieme di RU in RT ma pure di RS in RT, di più: nell’insieme degli insiemi di un RT ritagliato dalla teoria e quindi ancora «limitato», essendo una «parte» della complessiva realtà. In generale va osservato che i rifiuti (RU/RS) EER delle famiglie EER «15», «18» e «20», confluiscono - in vari modi - al flusso codice EER «19», mettendo in crisi il presupposto duale di RU-RS, come pure gli insiemi di riferimento ed i loro sillogismi. Non solo, ma l’elemento giuridico, embricato con criteri tecnici, porta ad ulteriori complicazioni, non solo di inquadramento.
26 Ex pluribus A. Pierobon, L’autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti (e la liberalizzazione dei rifiuti alla stregua del prodotto/merce). Nota a sentenza Cons. Stato, Sez.VI 19 febbraio 2013, n. 993 , in Dir. giur. agr. al. amb.,, 2003, 3.
27 Cfr. in parte qua: G. Angelucci - A. Pierobon, Rifiuti ed emergenza sanitaria: gestione finanziaria e riflessi sulla tariffazione (rifiuti nel periodo coronavirus, flussi degli urbani indifferenziati, dei sanitari, degli speciali, tutte le problematiche e soluzioni , Milano, 2020.
28 Com’è noto, nella classificazione dell’art. 184 TUA viene ribadito il criterio dell’origine dei RU e RS (oltre alle caratteristiche di pericolosità). Al comma 2 cit. art. 184 si ha l’ontologia dei RU per la definizione di cui all’art. 183, comma 1, lett. b ter), mentre i RS sono elencati al comma 3. Permane però l’ambiguità per alcune categorie di rifiuti che possono collocarsi tra RU/RS, una ambiguità che non si risolve ricorrendo solo al dato giuridico. Cfr: A .Pierobon, Approcci e soluzioni non tanto giuridiche e non solo tecniche: flussi di rifiuti con lo stesso codice, tra servizi pubblici e non , in Azienditalia, 2020, 5; Id., Nuova disciplina sui rifiuti: dalla responsabilità estesa del produttore, alla possenza gestionale e tariffaria dei servizi pubblici locali , ivi, 2020, 11; Id., Gli obiettivi europei dei rifiuti: piani, scenari, attività, linee… , ivi, 2021, 4; Id.,Rifiuti e nuovi obiettivi europei: come agire?, in L’Ufficio Tecnico, 2021, 4.
29 Vanno opportunamente illuminati ulteriori aspetti riguardanti le attività del recupero/riciclaggio (operazioni cit. all. C ) e dello smaltimento (operazioni cit. all. B) trattandosi non di operazioni dicotomiche, nell’alternativa drastica «o R o D», perché esiste un «né R né D», e, al contempo il fenomeno R/D è una inclusione di attività che escludono quelle di R e D per come definite. Infatti, esse operazioni pur essendo tra loro radicalmente diverse, presentano connessioni, rizomatismi, intrecci, etc. Si potrebbe dire che entrambe sono dei «campi di forza percorsi da tensioni polari», perdendo così la loro identità sostanziale Cfr. G. Agamben, Signatura rerum. Sul metodo, Torino, 2008, 21 e ss. Sempre sull’argomento, oltre agli articoli già citati, A. Pierobon, Le «4 R» tra mitologie e realtà: normativa, pianificazione, governance e gestioni. Vicoli ciechi e prospettive , in www.osservatorioagromafie.it.
30 La proposta della Commissione alla Corte al riguardo è stata la seguente: «L’art. 3, par. 5 e l’art. 11 del regolamento (CE) 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 giugno 2006 relativo alle spedizioni di rifiuti, in G.U.U.E. L 190 del 12 luglio 2006, p. 1 non si oppongono ad un rifiuto di autorizzazione alla spedizione transfrontaliera di rifiuti urbani non differenziati, nella misura in cui tali rifiuti anche se trattati meccanicamente non perdano la propria natura di rifiuti urbani non differenziati, e ciò indipendentemente dal codice CER ad essi attribuito, il quale non è suscettibile di ostare a detta conclusione».
31 Che sfuggono anche ai controllori, ad esempio in un impianto intermedio che tratta i rottami ferrosi, l’utilizzo di un addensatore (pressa) e non di un frantumatore porta a diversi risultati e codici di rifiuti in output; in proposito si vedano: A. Pierobon, Il regolamento UE n. 333/2011 e il mondo rovesciato dei rottami ferrosi , parte II, in Dir. giur. agr. al. amb., 2012, 155 ss. e Id., Rottami metallici: produttori, commercianti, impianti intermedi e finali , in L’Ufficio Tecnico, 2012, 3.
32 La famosa «area grigia», indeterminata perché «designa una zona dai confini incerti e sfuggenti, popolata da figure appartenenti a ogni categoria sociale, tanto che nessuna di esse può rivendicare totale estraneità, verginità o innocenza» cosi G. Pignatone - M. Prestipino, Modelli criminali. Mafie di ieri e di oggi, Bari-Roma, 2019, 141. La giurisprudenza formatasi nella casistica concreta, sembra riuscire a riacciuffare questo «fuori-mappatura».
33 Cfr. sentenza Cass. Sez. III Pen. 15 gennaio 2020, n. 1429, Amendolagine, in www.osservatorioagromafie.it , riguardante le condotte relative alla partecipazione ad una associazione a delinquere di tipo transnazionale, dedita alla commissione di più delitti di attività organizzate per il traffico illecito di ingenti quantitativi di RS nonché di falsità ideologica in atti pubblici e reati ex artt. 256, 260 (ora abrogato) del d.lgs. n. 152/2006 e art. 483 c.p. Sul «nuovo» art. 452 quaterdecies del c.p.: P. Fimiani, Le due «clausole elastiche» nel delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti , in Rifiuti. Bollettino di informazione normativa, n. 292, marzo 2021.
34 Una nostra ricostruzione in A. Pierobon, Ambiente: nuove opportunità per i tecnici, consulenti e periti , parte I e parte II, rispettivamente, in L’Ufficio tecnico, n. 11-12, 2015 e n. 1-2, 2016.
35 Ex pluribus , A. Pierobon , Nuova disciplina sui rifiuti: dalla responsabilità estesa del produttore, alla possenza gestionale e tariffaria dei servizi pubblici locali , cit.; Id.,Nuova disciplina rifiuti: recepimento, riforma o che?, in www.osservatorioagromafie.it; Id., Abrogazione «ope legis» dei rifiuti speciali assimilabili agli urbani. Prime riflessioni sulle conseguenze , in Rifiuti. Bollettino di informazione normativa, 2020, n. 288-289, 11-12; Id., Rifiuti in periodo COVID-19: le contraddizioni che insegnano... (classificazioni, qualificazioni, servizi pubblici, proventi, etc.) , in L’Ufficio Tecnico, 2020, 9; Id., Prospettive e vicoli ciechi nella nuova disciplina sui rifiuti , ivi, 2021,1-2; Id., Piccole confessioni dal d.l. 31 maggio 2021, n.77 per i rifiuti urbani, servizi pubblici e tariffa , ivi, 2021, 7-8.
36 Sull’argomento A. Pierobon, Istituzione e organizzazione di un ente quale autorità di ATO rifiuti , in L’Ufficio Tecnico, 2021, 11-12; Id., Perimetrazione e dimensionamento di un ambito territoriale ottimale (ATO) relativo alle gestioni dei servizi idrici e dei rifiuti , ivi, 2022, 1-2; Id., L’autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti (e la liberalizzazione dei rifiuti alla stregua del prodotto/merce) nota a sentenza Cons. Stato, Sez.VI 19 febbraio 2013, n. 993 , cit.; Id., Forme di cooperazione e autorità d’ambito in materia di rifiuti nella legislazione nazionale e della Regione Veneto , in Diritto della Regione, 2005, 1-2, 165-223; Id., Brevi considerazioni sul «trattamento» dei rifiuti in seguito a recente giurisprudenza (nota a sentenza Corte di giustizia UE, Sez.VI 15 ottobre 2014, in causa C-323/13; Cons. Stato, Sez. V 23 ottobre 2014, n. 5242) , in Dir. giur. agr. al. amb., 2014, 11-12.
37 La pianificazione della gestione dei rifiuti urbani (e correlativamente quella sui rifiuti speciali) implica scelte sull’ATO e l’istituzione degli Egato, nella forma di cooperazione degli Enti locali che il legislatore regionale riterrà essere più confacente alle esigenze del proprio territorio-comunità. Ciò anche in caso di mancata scelta e legiferazione. L’Egato è chiamato a decidere, tra altro: il perimetro gestionale del SPL; l’ambito della privativa/non privativa; la similarità/rifiuti speciali; l’ampliamento (o non) delle UND; il quantum del provento tariffario cui vengono assoggettate le UD e le UND, etc.; il servizio pubblico da apprestare/erogare e quind’anche l’impiantistica da prevedere/realizzare, e così via.
38 Che non possono limitarsi a fare da semplice «intermediario» tra gli enti locali e il gestore (a maggior ragione esistendo un rapporto in house per il quale non si ha alterità tra l’Egato e il gestore) trascurando l’universalità della gestione e l’integrazione - soprattutto verticale - dei servizi del ciclo dei rifiuti, elementi rilevanti soprattutto per gli impianti cosiddetti a tecnologia complessa [ex art. 200, comma 1, lett. a) del TUA], che riguardano anche il contratto di servizio tra l’Egato (o chi per esso) e il gestore, anche perché il piano d’ambito conforma il «regolamento contrattuale» che accede alla concessione del servizio.
39 Tra urgenze, carenze impiantistiche, crisi di sistema (seppur talvolta confuse o mimetizzate) si rinvia alla ricostruzione diacronica nelle materie dei tributi locali, servizi pubblici e dei rifiuti, in A. Pierobon, L’insorgenza dei rifiuti similari nei servizi pubblici locali, in Azienditalia, 2021, 7.
40 L’utilizzo del codice EER 191212 può prestarsi per «convertire» in rifiuti speciali non solo i rifiuti urbani, codici famiglia «20», ma pure altri rifiuti speciali, ad esempio i codici delle famiglie «15» (rifiuti di imballaggi) e «18» (rifiuti sanitari), a tacere di altri flussi di rifiuti (financo pericolosi) che potrebbero essere «infilati» omeopaticamente (o non) nel «nuovo» rifiuto speciale famiglia«19»: un codice «passpartout» che «apre» le destinazioni impiantistiche, come pure le occasioni di imbroglio, grazie alle contingenze emergenziali (nel periodo COVID, ad es. per il «nuovo» flusso di rifiuti DPI). Cfr. A. Pierobon, Apriamo le «scatole nere» del rifiuto EER 191212, in www.osservatorioagromafie.it .
41 A. Pierobon,Piani per la gestione dei rifiuti: metodi ed errori, inAzienditalia, 2019, 8-9; Id.,Modelli, propensioni ed efficacia di piani e budget, ivi, 2020, 4; Id., Approcci e soluzioni non tanto giuridiche e non solo tecniche: flussi di rifiuti con lo stesso codice, tra servizi pubblici e non , ivi, 2020, 5; Id., Piano rifiuti: tra teoria e realtà, ivi, 2021, 3.
42 P. Fimiani, Come cambia il recupero dei rifiuti. Le materie, le sostanze e i prodotti secondari nel nuovo articolo 181 bis , in Rifiuti. Bollettino di informazione normativa, 2008, 148-149, 23, 25 e 27, già cit. in A. Pierobon, Gli istituti rilevanti, in A. Lucarelli - A. Pierobon (a cura di), Governo e gestione dei rifiuti. Idee, percorsi, proposte, cit., 363, nota 85.
43 M.C. Ribera - G. Auriemma, C.S.M. - Nona Commissione tirocinio e formazione professionale. Incontro di studio, I crimini in danno dell’ambiente e del territorio. Le tecniche investigative e l’acquisizione della prova in materia ambientale , Roma, 22 maggio 2012, 46/110.
44 Ovvero l’operazione il cui risultato principale sia di permettere ai rifiuti di svolgere un ruolo utile sostituendo altri materiali, senza consumare ulteriori risorse naturali rispetto alle alternative mercatiste, che sarebbero stati altrimenti utilizzati, fermo restando la sostenibilità degli impatti ambientali e della salute umana.
45 All’art. 2, lett. h), d.lgs. n. 36/2006 sulle discariche sono indicati tre elementi distintivi convergenti: 1) un’attività; 2) un effetto; 3) una serie di finalità. «Un’attività che non abbia la funzione di trasformare le caratteristiche dei rifiuti, limitandosi a svolgere solo una riduzione volumetrica (compattazione, triturazione, cioè trattamento meccanico), non ricade nella nozione giuridica di trattamento. E dunque non necessità di consenso amministrativo preliminare. Viceversa, l’inclusione legislativa della cernita (…) (potrebbe NdR) comportare un mutamento qualitativo delle caratteristiche dei rifiuti (cioè della natura merceologica o dell’intima composizione)» così P. Dell’Anno,Elementi di diritto dell’ambiente, Padova, 2008, 89; Id., Diritto dell’ambiente, Padova, 2014, 99-100. Cfr. A. Pierobon - R. Quaresmini, Economia circolare e discariche di rifiuti: prima lettura del d.lgs. 3 settembre 2020, n.121: il bene del male? , in L’Ufficio Tecnico, 2021, 3. Si ricorda che nell’art. 183, comma 2, lett. o) del TUA nel definire la «raccolta» contempla «il prelievo dei rifiuti, compresi la cernita preliminare» ecc. Del resto a livello europeo il criterio per distinguere tra recupero e smaltimento viene individuato (anche dalla giurisprudenza) «nell’obiettivo e nella funzione dell’operazione nel caso concreto» così M. Pernice - G. Mininni, Il sistema normativo e tecnico di gestione dei rifiuti, Milano, 2008, 63.
46 Si vedano le Bref WT Draft, 2018, par. 2.1.4. Come più volte ribadito dalla normativa europea e nazionale (ad es. art. 10, comma 2 della dir. 2008/98/CE; art. 181, comma 4, del TUA e il Cap. 2.1.4 Blending and Mixing del WT Bref) i rifiuti, una volta prodotti, vanno tenuti separati, evitando di compromettere l’efficacia del trattamento. Talvolta la miscelazione è funzionale ad una successiva operazione di gestione, privilegiante il recupero, comunque in condizioni consone dal p.d.v. ambientale, senza causare maggiori impatti rispetto al trattamento separato dei rifiuti. Nei paragrafi 2.1.5 del Bref WT 2006 e 2.1.4 del Bref WT Draft 2018 si valutano gli standard per le migliori tecnologie disponibili (MTD): la miscelazione è effettuata in base alle necessità tecniche dell’impianto che effettua il recupero o lo smaltimento finale dei rifiuti, allo scopo - appunto - di garantire una fornitura costante e omogenea e non è una tecnica per facilitare l’accettazione di un certo rifiuto. Serve però la conoscenza delle caratteristiche dei rifiuti in ingresso, per evitare, tra altro, reazioni incontrollate proprio perché la miscelazione non deve comportare un aumento dei rischi alla salute umana o ambientale, sia durante l’operazione di miscelazione che successivamente. Prima che i rifiuti vengano combinati, va valutato se tanto può avvenire in sicurezza. Ciò viene sottolineato nel documento Bref WT Draft 2018 (punto 2.3.2.8) e nel documento Decisione di esecuzione (UE) 2018/1147 sulle BAT: la preliminare necessità di valutare la tipologia di rifiuto e la compatibilità dei rifiuti tra loro.
47 L’infelice termine ha più letture: per P. Ficco «è una cessione reciproca di un bene contro qualcos’altro (denaro o un bene simile o altre utilità) tra due soggetti (…) (quindi per NdR) essere sottoposto alle operazioni indicate nella nota 7» Quesiti, Bollettino, in Rifiuti - Bollettino, 2021, n. 293, 2; per A. Muratori, «è miscelazione di rifiuti con caratteristiche diverse se propedeutica al recupero R12», in F. Giampietro (a cura di), Commento alla direttiva 2008/98/CE sui rifiuti, Milano, 2009, 202. Recentemente P. Ficco «In altri termini, i rifiuti vanno in R12 affinché dopo il pretrattamento ivi previsto vadano in una delle operazioni da R1 a R11. Non altro.», Quesiti, Bollettino, in Rifiuti - Bollettino, giugno 2021, n. 295.
48 La «preparazione per il riutilizzo» [art. 183, comma 2, lett. q) del TUA] consiste nelle «operazioni di controllo, pulizia, smontaggio e riparazione attraverso cui prodotti o componenti di prodotti diventati rifiuti sono preparati in modo da poter essere reimpiegati senza altro pretrattamento». Invece, il «recupero di materia» [art. 183, comma 2, lett. t bis)] è voce inserita dal d.lgs. n. 116/2020 ed è «qualsiasi operazione di recupero diversa dal recupero di energia e dal ritrattamento per ottenere materiali da utilizzare quali combustibili o altri mezzi per produrre energia. Esso comprende, tra l’altro la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio e il riempimento».
49 Si ricorda che col d.lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 è stata abrogata la definizione di «CDR» e «CDR-Q» dell’art. 183, lett. r) e s) del TUA, introducendo la nozione di «combustibile solido secondario (CSS)» di cui all’art. 183, lett. cc) considerando la normativa CEN sui combustibili solidi secondari (UNI CEN/TS-15359). Il CSS ha il codice EER 191210 rifiuti combustile (combustibile da rifiuti) oppure il generico EER 190210 (rifiuti combustibili diversi da quelli di cui alle voci 190208 e 190209).
50 Forse, come dire... per «tagliare la media» della quantità-qualità del rifiuto gestito? Si consideri che avendo più input di flussi di rifiuti (si veda poi la loro omogeneità o meno) in un gestore che li traccia come R12 (es. tonn. 10+10+5+15+10) assieme al proprio stoccaggio R13 (di tonn. 50) si possono ottenere diversi effetti (statici e dinamici) sulle complessive tonn. 100 al fine di metterli «a disposizione».
51 Con riferimento ai materiali ferrosi, ma le metodiche valgono per tutte le tipologie, con opportuni adattamenti, si veda A. Pierobon , Il regolamento UE n. 333/2011 e il mercato rovesciato dei rottami ferrosi , Parte I e II, in Dir. giur. agr. al. amb., 2012, 2 e 3; Id., Rottami metallici: produttori, commercianti, impianti intermedi e finali , in L’Ufficio Tecnico, 2012, 3.
52 Sugli effetti sui servizi e sulla impiantistica del «nuovo» flusso di rifiuti urbani, dovuti alle nuove definizioni, alla similarità ope legis e agli obiettivi nazionali e unionali come imposti dalla più recente normativa settoriale vedasi G. Angelucci - A. Pierobon, L’Assimilazione ope legis del d.lgs. n.116: primi effetti sul sistema di gestione integrata dei rifiuti dell’Alto Adige , in Azienditalia, 2021, 10.
53 Sul punto A. Pierobon, L’estuario unificante dei rifiuti urbani: servizi pubblici, tariffa, rifiuti , in Azienditalia, 2021, 6; Id.,L’insorgenza dei rifiuti similari nei servizi pubblici locali, cit.; Id., La fuga dagli assimilati dopo la conversione del «d.l. semplificazioni» , in Rifiuti - Bollettino, 2021, 9.
54 La tecnica è collegata alla cultura, ma è autonoma «come strumento di comunicazione tra giuristi, come cifra specifica ed appropriata per l’interpretazione d’una realtà, rappresenta un discorso che può rifuggire da mediazioni sociali, economiche e politiche» così P. Grossi, «Un altro modo di possedere». L’emersione di forme alternative di proprietà alla coscienza giuridica postunitaria , Milano, 1997, 2.
55 A. Celotto, Fonti del diritto e antinomie, Torino, 2019, 151, 170,
56 Cfr. B. Pastore, Interpreti e fonti nell’esperienza giuridica contemporanea, Milano, 2014, 23-24.
57 «Il criterio, si potrebbe dire, super-supremo di ordinazione sancito dalla Corte costituzionale è, alla fine, quello dell’interesse pubblico» così S. Zorzetto, Fonti del diritto e criteri di applicazione normativa nella giurisprudenza costituzionale , in G. D’Alessandro - S. Zorzetto (a cura di), Percorsi in tema di fonti del diritto, Torino, 2017, 215.
58 Una prima occasione si è avuta con la sent. n. 196/1998; più recentemente si veda la nota sent. n. 58/2018 sul c.d. «caso ILVA» (riferito all’AIA e all’art. 1, d.l. n. 207/2012) - ovvero nella materia delle industrie e stabilimenti dichiarati di interesse strategico nazionale.
59 In particolare della salute, nell’emersione più forte del diritto all’ambiente salubre e al lavoro (art. 4 Cost.) e l’interesse al mantenimento dei livelli occupazionali.
60 In proposito vedasi la sent. Corte cost. n. 182/2017 sulla legittimità dei decreti legge nel bilanciamento ragionevole ed equilibrato dei beni e diritti costituzionali: l’iniziativa economica e il lavoro (artt. 4 e 35 Cost.) in un ambiente sicuro e non pericoloso, e quindi la salute (artt. 2 e 32 Cost).
61 M. Pennasilico, Emergenza e ambiente nell’epoca pandemica. Verso un diritto dello «sviluppo umano ed ecologico» , M.A. Iacolari (a cura di), La tutela dell’ambiente al tempo della crisi, Torino, 2021, 66, nota 26 citando M. Luciani. Viene qui criticata la tecnica del bilanciamento equiponderale utilizzata per eludere il diritto all’ambiente salubre, richiamando (note 55 e 57 di p. 77) G. Azzariti per il quale la sent. n. 85 del 2013 sarebbe «un manifesto di denegata giustizia costituzionale».
62 Nel nuovo ordine gerarchico e valoriale costituzionale «senza il bilanciamento, da effettuare caso per caso e secondo procedimenti oggettivi, trasparenti e partecipati (…) (si può affermare NdR) l’esistenza di un diritto all’ambiente salubre in capo a chiunque e di un rischio potenziale per disporre ogni tipo di tutela inibitoria o ablatoria, anche nei confronti di diritti connotati da rilevanza costituzionale (…) (vincoli che graverebbero non solo sui privati ma anche per NdR) tutte le pubbliche amministrazioni, le quali verrebbero sollecitate ad adottare in ogni caso misure cautelative eccezionali, allo scopo di deviare dalla propria sfera di responsabilità il verificarsi di rischi la cui incertezza ontologica non costituirebbe comunque una esaustiva giustificazione o esimente» P. Dell’Anno, Princìpi del diritto ambientale europeo e nazionale, cit., 18-19. Sia concesso rinviare a A. Pierobon, Le modifiche agli articoli 9 e 41 della Costituzione: tra nobiltà dei fini e pateracchi , in Comuni d’Italia, 2022, 4.