Obbligo di bonifica dei siti contaminati e curatela fallimentare, nessun potere sostitutivo se la curatela manifesta la propria intenzione di collaborare (Consiglio di Stato, Sezione 6, Sentenza 15 aprile 2015, n. 1926)

di Giuseppe AIELLO

Il Consiglio di Stato, Sezione 6, con la Sentenza 15 aprile 2015, n. 1926 si è occupato del problema relativo allo Smaltimento rifiuti - Ordinanza commissariale avente ad oggetto esercizio sostitutivo e rivalsa per spese sostenute per smaltimento rifiuti e del ruolo che riveste la curatela fallimentare nei casi di siti contaminati dalla società fallita .

La vicenda prende piede dall’appello proposto dalla curatela fallimentare (Fallimento Immobiliare Va. s.p.a.) quale società sostituta della dirigenza dell’impresa fallita, per ottenere la riforma della sentenza con la quale il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio aveva respinto il ricorso, presentato dalla stessa, contro le ordinanze adottate dal Commissario delegato per il superamento dello stato di emergenza dell’area Stoppani ai sensi dell’ art. 252 d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, a mezzo delle quali era stato imposto alla curatela, tra l’altro, di sostenere i costi relativi alle procedure di bonifica dei suoli contaminati dalla società fallita.

In riferimento a quanto su riportato per permettere al chi legge di avere consapevolezza della vicenda in esame e quindi conoscenza delle norme che regolano le bonifiche nei siti d’interesse nazionale bisogna fare alcune brevi precisazioni riguardo all’art 252 del T.U.A..

L’art 252 del D.lgs 152/2006 stabilisce al c.1 che i siti di interesse nazionale, ai fini della bonifica, sono individuabili in relazione alle caratteristiche del sito, alle quantità e pericolosità degli inquinanti presenti, al rilievo dell'impatto sull'ambiente circostante in termini di rischio sanitario ed ecologico, nonché di pregiudizio per i beni culturali ed ambientali.

Per quanto riguarda la procedura di bonifica dei siti di interesse nazionale, il successivo c.4 dell’art 252 T.U.A., stabilisce che la stessa è attribuita alla competenza del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, sentito il Ministero delle attività produttive. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio può avvalersi anche dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT), delle Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente delle regioni interessate e dell'Istituto superiore di sanità nonché di altri soggetti qualificati pubblici o privati il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare adotta procedure semplificate per le operazioni di bonifica relative alla rete di distribuzione carburanti.

L’art 252 c.5 del T.U.A., prevede a sua volta, che << Nel caso in cui il responsabile non provveda o non sia individuabile oppure non provveda il proprietario del sito contaminato né altro soggetto interessato, gli interventi sono predisposti dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, avvalendosi dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT), dell'Istituto superiore di sanità e dell'E.N.E.A. nonché di altri soggetti qualificati pubblici o privati>>.

Ritornando alla sentenza quindi, si precisa che, il Commissario delegato nominato dal Presidente del Consiglio dei ministri, in forza dei principi sanciti dal c.5 dell’art 252 T.U.A., aveva diffidato la società in liquidazione a realizzare certe attività di salvaguardia ambientale - prevedendo, in sostituzione e con spese a carico del Fallimento appellante, le attività di bonifica della c.d. area Stoppani (già luogo dell’azienda chimica della Lu. s.p.a., dichiarata dal 2001 sito di interesse nazionale ai fini della necessità di bonifica e inserita nel decreto ministeriale 19 maggio 2011, n. 468.

Il Consiglio di Stato, Massimo organo di consulenza giuridico-amministrativa e di tutela della giustizia nell’amministrazione pubblica, con la sentenza in esame, alla luce dell’invocato e immanente principio di proporzionalità, oltre che del generale principio di responsabilità, ha ritenuto che, perché si possa procedere all’intervento pubblico sostitutivo degli artt. 250 (Bonifica da parte dell’amministrazione) o 252 (Siti di interesse nazionale) d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, occorre che vi sia un’accertata inerzia da parte dell’obbligato, non basta la consapevolezza che il sito resti comunque contaminato per colpa della società fallita.

Quindi nel caso in esame, ovvero in considerazione di intervenuta dichiarazione di fallimento (che comporta la sostituzione pubblicistica della dirigenza dell’impresa), pur riconoscendo che la procedura di rivalsa continui al riguardo nei medesimi obblighi del fallito, è necessario che altrettanta inerzia venga accertata, o comunque fondatamente e motivatamente presunta, nei confronti degli organi rappresentativi della procedura fallimentare (benché questa sia ex se portatrice dell’obbligo).

In parole povere, i Giudici d'appello avverso le decisioni dei TAR, riconoscono che qualora la curatela abbia manifestato la propria volontà ad adempiere e a collaborare per eliminare le problematiche ambientali non può patire l’intervento pubblico sostitutivo, già avviato contro la società fallita e soprattutto essere assoggetta ad un aumento di costi economici. Si legge in sentenza “al fine di non gravare la procedura stessa – e i soggetti che è istituzionalmente destinata a soddisfare – di oneri ulteriori rispetto a quanto può direttamente sostenere per il rammentato obbligo, non ancora oggettivamente dimostrati come necessari.”

Quindi per come si legge in Sentenza, “L’intervento pubblico sostitutivo, invero, comporta un’ingovernabilità da parte dell’obbligato degli oneri e dei costi economici la cui disposizione, se non vi è un’accertata inerzia, appare sproporzionato e irragionevole sottrarre a chi, pubblico ufficiale e nell’interesse pubblico, è stato con la dichiarazione di fallimento sostituito alla dirigenza dell’impresa proprio per soddisfare – per nomina e sotto la vigilanza dell’autorità giudiziaria – con il patrimonio fallimentare gli obblighi, non solo debitorii, gravanti sulla fallita”.

Sarebbe stato onere del Commissario – salva opposta dimostrazione - quanto meno notificare, prima di procedere all’adozione delle ordinanze sostitutive, un ulteriore atto di diffida indirizzato alla curatela, al fine di dar modo alla curatela di procedere all’adempimento volontario e così prevenire l’esecuzione in danno.

Bastava quindi così poco per costringere la curatela a bonificare?

Non credo comunque, in conclusione, il Consiglio di Stato ravvisando l’eccesso di potere e la violazione dei principi di base del procedimento amministrativo (artt. 1, 3, 7 e 10 l. 8 agosto 1990, n. 241), del Commissario delegato al superamento dello stato di emergenza, ha accolto il ricorso della curatela fallimentare, avvalorando alcuni principi già assunti secondo cui nulla o poco si può fare contro la curatela anche se a rimetterci è sempre l’Ambiente.

Sembra proprio che l’interesse di tutelare l’ambiente sia comunque subalterno al primario soddisfacimento degli obblighi debitori, gravanti sulla società fallita rispetto a terzi.

A proposito il costo della Bonifica dell’area dello stabilimento Stoppani che sembra ammonti a 3.147.612,48 più IVA è stato sostenuto interamente dallo Stato e quindi da noi tutti ma , anche su questo ombre e dubbi.

Infatti, se a qualcuno è venuta voglia, così come di fatto è capitato a me, di voler conoscere la situazione ambientale in cui oggi versa l’area dello stabilimento Stoppani, rivolgo l’invito di avere ancora un poco di pazienza e continuare a leggere gli ultimi righi appresso riportati.

L’area dello stabilimento Stoppani, secondo la ricostruzione effettuata dall’associazione “AMICI DI ARENZANO”.

L’area dello stabilimento Stoppani e l’ambiente da esso avvelenato sono oggi SITO DI INTERESSE NAZIONALE, retto dalla struttura commissariale alle dirette dipendenze della Presidenza del Consiglio, preposta alla bonifica del territorio di Arenzano e Cogoleto. In un progetto di bonifica, la cui prima stesura da parte del Commissario Delegato risale al maggio 2008 col titolo “Progetto di bonifica con misure di sicurezza degli arenili ricadenti nel sito di interesse nazionale Stoppani – Lotto B”, era prevista l’asportazione di cromo dai litorali con precise indicazioni, mediante mappatura, delle aree interessate e delle qualità, delle quantità, delle modalità di asporto, trasporto e stoccaggio delle sostanze inquinanti nonché del cronoprogramma completo dei tempi di esecuzione. I lavori, appaltati dalla Struttura Commissariale e pagati per la sola bonifica del litorale di Arenzano con una somma ben superiore ai 3 milioni di euro (3.147.612,48 più IVA), sono terminati alla fine di aprile 2010 e in corso di esecuzione dovevano essere sottoposti, per contratto, a continuo monitoraggio nonché, ope legis, ai collaudi in corso d’opera e, provvisorio, al termine. La Provincia di Genova, con provvedimento dirigenziale 7989 del 20.12.2010, ha rilasciato la certificazione provvisoria di avvenuta bonifica che, per contratto, ha assunto carattere definitivo trascorsi i due anni dalla sua emissione. Purtroppo, nonostante la certificazione, a partire dal novembre 2011 alcuni crostoni, evidentemente non asportati, hanno iniziato a comparire periodicamente sul litorale in località Marina Grande a seguito di violente mareggiate e a permanere per intervalli più o meno lunghi .

Dalla ricostruzione dei fatto, così come sopra riportati, nasce l’appello alle istituzioni, lanciato dall’ associazione “AMICI DI ARENZANO” ( associazione apolitica senza scopo di lucro nata nel 1994) affinché venga fatta finalmente chiarezza sulla qualità e sulla effettiva completa ed accurata esecuzione dei lavori di bonifica nonché si provveda con la massima sollecitudine possibile alla salvaguardia di quello che resta dell’ambiente e soprattutto della salute dei cittadini, ponendo fine ad un balletto di competenze che si trascina da oltre due anni.

20 Giugno 2015

Dott. Giuseppe Aiello







Consiglio di Stato, Sezione 6 Sentenza 15 aprile 2015, n. 1926

Integrale

Smaltimento rifiuti - Ordinanza commissariale avente ad oggetto esercizio sostitutivo e rivalsa per spese sostenute per smaltimento rifiuti - Gravi e prolungate inadempienze alle prescrizioni legittimamente impartite nel quadro della proclamata situazione emergenziale - Definizione di interventi di risanamento e bonifica di un sito industriale - Intervenuto fallimento della società - Mancata attivazione degli organi della procedura concorsuale.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL CONSIGLIO DI STATO

IN SEDE GIURISDIZIONALE

SEZIONE SESTA

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 785 del 2013, proposto da:

Fallimento Immobiliare Va. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Ma.Ba. ed altri, con domicilio eletto presso l’avv. Ma.Sa. in Roma, viale (...);

contro

Commissario delegato per il superamento dello stato di emergenza dell’area Stoppani, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, Via (...);

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I n. 09674/2012, resa tra le parti, concernente ordinanza commissariale avente ad oggetto esercizio sostitutivo e rivalsa per spese sostenute per smaltimento rifiuti;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Commissario delegato per il superamento dello stato di emergenza dell’area Stoppani, della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 24 febbraio 2015 il Cons. Roberto Giovagnoli e uditi per le parti l’avvocato Ma.Sa. e l’avvocato dello Stato Pa.Pa.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Viene in decisione l’appello proposto dal Fallimento Immobiliare Va. s.p.a. per ottenere la riforma della sentenza, di estremi indicati in epigrafe, con la quale il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha respinto il ricorso contro le ordinanze n. 83/2007 del 10 giugno 2007 (notificata il 6 luglio 2007) e 89/2007 notificata il 4 luglio 2007, adottate dal Commissario delegato per il superamento dello stato di emergenza (dichiarato con d.P.C.M. 23 novembre 2006) dell’area Stoppani ai sensi dell’ art. 252 d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152.

2. Con le ordinanze impugnate, il Commissario delegato – nominato con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 5 dicembre 2006, e che già il 19 marzo 2007 aveva diffidato la società in liquidazione a realizzare certe attività di salvaguardia ambientale - ha disposto, in sostituzione e con spese a carico del Fallimento appellante, le attività di bonifica della c.d. area Stoppani (già luogo dell’azienda chimica della Lu. s.p.a., impiegante cromo e altro e la cui attività industriale vi risulta cessata nel 2003) al confine tra i Comuni di Arenzano e Cogoleto (Genova), dichiarata dal 2001 sito di interesse nazionale ai fini della necessità di bonifica e inserita nel decreto ministeriale 19 maggio 2011, n. 468.



3. La sentenza ha respinto il ricorso rilevando che i provvedimenti impugnati trovassero giustificazione nelle “gravi e prolungate inadempienze, da parte della società Va., alle prescrizioni legittimamente impartite nel quadro della proclamata situazione emergenziale, al fine di avviare e definire gli interventi di risanamento e bonifica di un sito industriale interessato da una prolungata attività produttiva ad altissima potenzialità inquinante”.

4. Il Fallimento appellante ha lamentato l’erroneità della sentenza sotto diversi profili, ribadendo l’illegittimità provvedimenti originariamente impugnati per difetto di istruttoria, carenza di motivazione e violazione dei principi di efficacia, economicità e proporzionalità.



Secondo l’appellante, in particolare, le ordinanze di esecuzione in danno sarebbero state adottate in una situazione in cui non sussisteva più una situazione di inerzia, atteso che, intervenuto il fallimento della società, gli organi della procedura concorsuale si erano prontamente attivati, in un clima di fattiva collaborazione con il Commissario delegato, per la bonifica del sito.



Sotto il profilo procedimentale, il Fallimento evidenzia, inoltre, come le ordinanze di sostituzione in danno sia state adottate sul presupposto del mancato adempimento ad una precedente diffida notificata in data 19 marzo 2007. Si tratterebbe, tuttavia, di un presupposto erroneo, atteso che la diffida, da un lato, non venne mai rivolta al curatore ma agli organi della società quando questa era in bonis e, dall’altro, era stata, comunque, nel frattempo superata dalle intese intervenute, che prevedevano che alla bonifica provvedesse la curatela.

5. Le Amministrazioni appellate si sono costituite in giudizio chiedendo il rigetto dell’appello.

6. All’udienza di discussione del 24 febbraio 2015, la causa è stata trattenuta per la decisione.

7. L’appello merita accoglimento.

8. Le ordinanze di esecuzione in danno sono stato adottate nei confronti della società Immobiliare Va. (già Lu. s.p.a.) nei giorni della dichiarazione, ad opera del Tribunale di Milano, di suo fallimento con sentenza del 15 giugno 2007 , senza così consentire agli organi della procedura concorsuale, subentrati nell’amministrazione patrimoniale agli organi della società, di poter dare direttamente ed effettivamente volontaria esecuzione ai necessari interventi di messa in sicurezza e di bonifica del sito inquinato.

La repentina tempistica dell’atto commissariale di esecuzione in danno (4 luglio 2007: data delle notifiche delle ordinanze e dell’immissione in possesso) rispetto alla recentissima data di dichiarazione di fallimento, seppure orientato alla salvaguardia ambientale, appare in contrasto – anche perché muove dalla rammentata diffida 19 marzo 2007, di cui assume l’inadempimento - con gli immanenti principi generali di proporzionalità e di ragionevolezza dell’azione amministrativa e di responsabilità, specie in considerazione del fatto che la curatela, nonostante il brevissimo tempo trascorso dalla dichiarazione di fallimento, si era comunque già attivata per realizzare la salvaguardia ambientale del sito contaminato.

È sufficiente considerare che il curatore – che da sùbito si era recato dal Commissario delegato per convenire sul da farsi – per garantire l’immediata esecuzione delle operazioni di messa in sicurezza, aveva nominato temporaneamente quale custode del sito e responsabile del mantenimento in sicurezza il liquidatore della società fallita (dottor Buzzone) ed aveva altresì ottenuto dal giudice delegato l’autorizzazione a stipulare un contratto con la società ECOGE s.r.l. per proseguire nei lavori di messa in sicurezza e bonifica e per affidare ad un esperto qualificato (il dottor Bardazza di Milano) le operazioni di controllo dello svolgimento delle attività medesime.

Il Commissario delegato, a sua volta, aveva inizialmente mostrato un atteggiamento di apertura verso la possibilità di una gestione delle operazioni di messa in sicurezza del sito in collaborazione con la curatela fallimentare. Con nota del 21 giugno 2007, prot. n. 331, indirizzata al curatore fallimentare, il commissario aveva trasmesso, “per spirito collaborativo”, il cronoprogramma delle attività di messa in sicurezza e bonifica da effettuarsi nel sito, dichiarandosi disponibile ad assumere eventualmente la gestione degli interventi menzionati, ma rimettendo al curatore la valutazione circa l’opportunità di affidargli o meno la gestione di tali interventi (si legge testualmente nella predetta nota: “Laddove ti determinassi ad affidarmi la gestione degli interventi , sarà mia cura inviarti una stima massima dei costi valutati”).

In tale contesto, caratterizzato dall’instaurarsi di un nuovo rapporto di collaborazione con gli organi del fallimento e, soprattutto, dal venir meno della situazione di inerzia che prima del fallimento risulta aver connotato, invece, il comportamento degli organi della società, l’adozione subitanea delle ordinanze commissariali di esecuzione in danno del Fallimento risulta, a causa di questa tempistica rispetto alla novità nella vicenda, sproporzionata e non adeguatamente giustificata e motivata.

Invero, alla luce dell’invocato e immanente principio di proporzionalità (che vale anche nella c.d. amministrazione del rischio), oltre che del (sostanzialmente evocato) generale principio di responsabilità, perché si possa procedere all’intervento pubblico sostitutivo degli artt. 250 (Bonifica da parte dell’amministrazione) o 252 (Siti di interesse nazionale) d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 occorre che vi sia un’accertata inerzia da parte dell’obbligato. In caso di intervenuta dichiarazione di fallimento (che comporta la sostituzione pubblicistica della dirigenza dell’impresa), per quanto la procedura continui al riguardo nei medesimi obblighi del fallito, è necessario che altrettanta inerzia venga accertata, o comunque fondatamente e motivatamente presunta, nei confronti degli organi rappresentativi della procedura fallimentare (benché questa sia ex se portatrice dell’obbligo), anche al fine di non gravare la procedura stessa – e i soggetti che è istituzionalmente destinata a soddisfare – di oneri ulteriori rispetto a quanto può direttamente sostenere per il rammentato obbligo, non ancora oggettivamente dimostrati come necessari. L’intervento pubblico sostitutivo, invero, comporta un’ingovernabilità da parte dell’obbligato degli oneri e dei costi economici la cui disposizione, se non vi è un’accertata inerzia, appare sproporzionato e irragionevole sottrarre a chi, pubblico ufficiale e nell’interesse pubblico, è stato con la dichiarazione di fallimento sostituito alla dirigenza dell’impresa proprio per soddisfare – per nomina e sotto la vigilanza dell’autorità giudiziaria – con il patrimonio fallimentare gli obblighi, non solo debitorii, gravanti sulla fallita.

Sussiste alla luce di quanto ora detto l’eccesso di potere e la violazione dei rammentati principi di base del procedimento amministrativo (artt. 1, 3, 7 e 10 l. 8 agosto 1990, n. 241), lamentati con il primo, assorbente, motivo.

9. L’azione dell’Amministrazione risulta, per altro verso, anche in contraddizione con la volontà, precedentemente manifestata dallo stesso Commissario delegato, di stabilire, di comune accordo con il Fallimento, gli interventi necessari alla bonifica del sito. Significativo è in tal senso il tenore della nota inviata dal Commissario delegato al curatore, in data 21 giugno 2007, n. 337, all’esito di un incontro avvenuto presso il Ministero dell’Ambiente, il cui contenuto è certamente orientata ad una soluzione concordata sulle attività di bonifica Come si è già ricordato, in quella nota, testualmente richiamando “lo spirito collaborativo” ormai in atto, il commissario aveva inviato al curatore del fallimento, il cronoprogramma delle opere da eseguire, con la specificazione che “qualora ti determinassi ad affidarmi la gestione degli interventi sarà mia cura inviarti una stima di massima dei costi valutati”.

10. Va aggiunto che le ordinanze impugnate fanno riferimento e sono motivate richiamando il mancato adempimento delle prescrizioni impartite in una precedente diffida notificata in data 19 marzo 2007.

Tale diffida era stata intimata agli organi della società, alcuni mesi prima che la stessa venisse dichiarata fallita. Intervenuto il fallimento (e con esso la sostituzione degli organi della società con quelli della procedura concorsuale) sarebbe stato onere del Commissario – salva opposta dimostrazione - quanto meno notificare, prima di procedere all’adozione delle ordinanze sostitutive, un ulteriore atto di diffida indirizzato alla curatela, al fine di dar modo alla curatela di procedere all’adempimento volontario e così prevenire l’esecuzione in danno. Ciò a maggior ragione in considerazione del fatto che la curatela aveva sùbito dimostrato in tal senso una concreta volontà di collaborazione.

11. Alla luce delle considerazioni che precedono l’appello deve essere accolto.

Per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, deve essere accolto il ricorso di primo grado, con conseguente annullamento delle ordinanze del Commissario delegato n. 83 e n. 89 del 2007.

12. La complessità della vicenda giustifica l’integrale compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie il ricorso di primo grado.

Compensa le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 febbraio 2015 con l'intervento dei magistrati:

Giuseppe Severini - Presidente

Roberto Giovagnoli - Consigliere, Estensore

Roberta Vigotti - Consigliere

Bernhard Lageder - Consigliere

Vincenzo Lopilato - Consigliere

Depositata in Segreteria il 15 aprile 2015.