TAR Abruzzo (L'Aquila) Sez. I sent. 1216 del 13 novembre 2008
Rifiuti, Bonifica e ripristino ambientale di area oggetto di discarica abusiva
1. È legittima l’ordinanza del Sindaco di effettuazione di interventi di bonifica e ripristino ambientale dell’area di discarica abusiva che richiami, a fondamento dell’ordine, sia l’articolo 17 del decreto legislativo 22/97 (in ragione dell’esistenza di un pericolo concreto ed attuale di superamento dei limiti di contaminazione con riferimento al D.M. 471/99), sia gli artt. 50 e 54 del decreto legislativo 267/2000, che attribuiscono al Sindaco il potere di emanare provvedimenti contingibili ed urgenti al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità dei cittadini; in proposito non può revocarsi in dubbio come la normativa applicata ed applicabile all’epoca dei fatti (in disparte il vigente artt. 240 e ss. del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, inapplicabile ratione temporis) sia quella tipica e nominata specificamente prevista dal d.lgs. 22/97, a prescindere dall’ininfluente richiamo effettuato anche alle norme sulle ordinanze necessitate; queste ultime postulano infatti poteri sindacali atipici ed innominati, da attivare in via provvisoria ed urgente solo quando altri Organi deputati alla gestione ordinaria della vicenda non siano in grado di funzionare con pienezza e nell’immediatezza: circostanza quest’ultima che ovviamente non può ricorrere, in presenza di un intervento del Comune specificamente modulato sugli astratti contenuti del decreto legislativo 22/97, ragion per cui resta strumentale ed infondata la presunta equivocità ermeneutica lamentata in ordine alla qualificazione giuridica dell’ordinanza impugnata (cfr. sul punto Tar Veneto I sez. n. 2174 del 25 maggio 2005). Né ovviamente può determinarsi alcuna conseguenza viziante dal fatto che il comune abbia ricompreso nelle premesse del provvedimento una potestà straordinaria e suppletiva che nella specie non ricorre (in presenza di quella tipica e nominata effettivamente azionata e di cui pure si è dato conto), trattandosi di una mera irregolarità incapace di interagire sulla legittimità del provvedimento stesso.
2. L’ordinanza che determina gli interventi di bonifica e messa in sicurezza non è illegittima solo perché li pone a carico di una parte soltanto dei soggetti astrattamente responsabili secondo le prescrizioni di legge; ciò in quanto le disposizioni applicabili non stabiliscono affatto un simile onere per l’Amministrazione competente, giacché si riferiscono genericamente ai responsabili, e mostrano comunque di assegnare rilievo prevalente all’interesse generale alla realizzazione degli interventi; d’altro canto, ciascun responsabile ha titolo ad agire in regresso per il parziale recupero delle spese affrontate nei confronti degli altri soggetti, la cui condotta ha concorso a cagionare, ovvero ad aggravare, la contaminazione ambientale (Tar Veneto n. 2174/05). Peraltro, anche sotto un profilo logico oltreché giuridico, la non integrale completezza della platea dei responsabili non potrebbe certamente essere un paradossale pretesto di illegittimità del provvedimento da parte degli altri destinatari correttamente individuati. (segnalazione e massima di Alberto Pierobon)
1. È legittima l’ordinanza del Sindaco di effettuazione di interventi di bonifica e ripristino ambientale dell’area di discarica abusiva che richiami, a fondamento dell’ordine, sia l’articolo 17 del decreto legislativo 22/97 (in ragione dell’esistenza di un pericolo concreto ed attuale di superamento dei limiti di contaminazione con riferimento al D.M. 471/99), sia gli artt. 50 e 54 del decreto legislativo 267/2000, che attribuiscono al Sindaco il potere di emanare provvedimenti contingibili ed urgenti al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità dei cittadini; in proposito non può revocarsi in dubbio come la normativa applicata ed applicabile all’epoca dei fatti (in disparte il vigente artt. 240 e ss. del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, inapplicabile ratione temporis) sia quella tipica e nominata specificamente prevista dal d.lgs. 22/97, a prescindere dall’ininfluente richiamo effettuato anche alle norme sulle ordinanze necessitate; queste ultime postulano infatti poteri sindacali atipici ed innominati, da attivare in via provvisoria ed urgente solo quando altri Organi deputati alla gestione ordinaria della vicenda non siano in grado di funzionare con pienezza e nell’immediatezza: circostanza quest’ultima che ovviamente non può ricorrere, in presenza di un intervento del Comune specificamente modulato sugli astratti contenuti del decreto legislativo 22/97, ragion per cui resta strumentale ed infondata la presunta equivocità ermeneutica lamentata in ordine alla qualificazione giuridica dell’ordinanza impugnata (cfr. sul punto Tar Veneto I sez. n. 2174 del 25 maggio 2005). Né ovviamente può determinarsi alcuna conseguenza viziante dal fatto che il comune abbia ricompreso nelle premesse del provvedimento una potestà straordinaria e suppletiva che nella specie non ricorre (in presenza di quella tipica e nominata effettivamente azionata e di cui pure si è dato conto), trattandosi di una mera irregolarità incapace di interagire sulla legittimità del provvedimento stesso.
2. L’ordinanza che determina gli interventi di bonifica e messa in sicurezza non è illegittima solo perché li pone a carico di una parte soltanto dei soggetti astrattamente responsabili secondo le prescrizioni di legge; ciò in quanto le disposizioni applicabili non stabiliscono affatto un simile onere per l’Amministrazione competente, giacché si riferiscono genericamente ai responsabili, e mostrano comunque di assegnare rilievo prevalente all’interesse generale alla realizzazione degli interventi; d’altro canto, ciascun responsabile ha titolo ad agire in regresso per il parziale recupero delle spese affrontate nei confronti degli altri soggetti, la cui condotta ha concorso a cagionare, ovvero ad aggravare, la contaminazione ambientale (Tar Veneto n. 2174/05). Peraltro, anche sotto un profilo logico oltreché giuridico, la non integrale completezza della platea dei responsabili non potrebbe certamente essere un paradossale pretesto di illegittimità del provvedimento da parte degli altri destinatari correttamente individuati. (segnalazione e massima di Alberto Pierobon)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 328 del 2002, proposto da:
M. A., rappresentato e difeso dagli avv. Maurizio Del Pinto, Enrico Inserviente, Gian Rocco Vellata, con domicilio eletto presso Maurizio Avv. Del Pinto in L'Aquila, via Roio 57;
contro
Comune di Avezzano, rappresentato e difeso dagli avv. Giampiero Nicoli, Giancarlo Paris, Giorgio Sucapane, con domicilio eletto presso Ascenzo Avv. Lucantonio in L'Aquila, via Crispi N.15;
per l'annullamento
DELL’ORDINANZA DI EFFETTUAZIONE DI INTERVENTI DI BONIFICA E RIPRISTINO AMBIENTALE DELL'AREA DI DISCARICA ABUSIVA.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Avezzano;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29/10/2008 il dott. Paolo Passoni e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Il provvedimento oggetto di impugnativa riguarda un ordine di bonifica adottato dal sindaco del comune di Avezzano nei confronti dell’odierno ricorrente sig. M., sulla base di quanto accertato dal giudice penale di primo grado con sentenza 31.1.2001 n. 1148 (in pendenza di appello), con cui il medesimo sig. M. è stato condannato ad 1 anno e 6 mesi di arresto ed a euro 8.000.000 di ammenda per corresponsabilità nella determinazione dell’evento inquinante, vale a dire la formazione di una discarica abusiva alla via S. Antonio del predetto comune.
In particolare, con la predetta ordinanza sindacale è stato ordinato –tra gli altri- al signor M. di “provvedere a propria cura e spese e fatta salva l’applicazione delle sanzioni previste dal d.lg.vo 22/97, entro il termine di giorni 30 (trenta) dalla notifica della presente, alla effettuazione degli interventi di bonifica ed al ripristino ambientale dell’area oggetto di discarica abusiva, mediante la corretta rimozione dei rifiuti con l’ausilio di imprese regolarmente iscritte all’albo gestore dei rifiuti e il corretto smaltimento degli stessi negli impianti a norma di legge autorizzati, nel rispetto della legislazione vigente in materia ed in particolare delle procedure operative stabilite dall’art. 14 e 17 del D.lgs 22/97 e dal Regolamento approvato con D.M. 25.10.99 n. 471”.
Tale provvedimento viene gravato in relazione alle seguenti censure:
-sussisterebbero incertezze sulla tipologia di potere pubblico in concreto esercitato dal Comune, visto che nell’atto viene citato –a fondamento dell’ordine - sia l’articolo 17 del decreto legislativo 22/97 (in ragione dell’esistenza di un pericolo concreto ed attuale di superamento dei limiti di contaminazione con riferimento al D.M. 471/99), sia gli artt. 50 e 54 del decreto legislativo 267/2000, che attribuiscono al Sindaco il potere di emanare provvedimenti contingibili ed urgenti al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità dei cittadini; le due normative presenterebbero presupposti e requisiti diversi, per cui il comune avrebbe agito confondendo e cumulando due potestà incompatibili;
-anche nel caso in cui la normativa in concreto applicata possa univocamente desumersi in quella ambientale ex decreto leg.vo 22/97 e D.M 471/99, l’ordinanza si manifesterebbe comunque illegittima poiché l’ente civico procedente non avrebbe correttamente individuato il destinatario dell’ordinanza medesima (da intendere quale responsabile dell’inquinamento). Ciò in quanto la presunta responsabilità del ricorrente deriverebbe da una sentenza soggetta al vaglio di appello, che avrebbe addebitato al ricorrente stesso un ruolo marginale (esecuzione materiale delle opere di riduzione dei materiali), in luogo di decisionalità ben più importanti sulla scelta degli autisti e della destinazione dei rifiuti, da imputare invece ad una società (Beta Recuperi) ingiustamente non chiamata a risponderne;
-non sussisterebbero quelle gravi ragioni di inquinamento in atto che avrebbero dovuto supportare l’ordinanza, né sotto il profilo di un livello superiore ai valori di concentrazione-limite considerati accettabili ai sensi dell’allegato 1 del DM 471/1999, né sotto l’aspetto della concretezza e dell’attualità del pericolo di superamento di tali limiti; trattasi infatti di accertamenti tecnici che avrebbero dovuto essere svolti dall’ARTA che invece –per stessa ammissione del Comune- non sono stati compiuti dalla predetta Agenzia, benché vanamente compulsata; pertanto sarebbe apodittica la conclamata “situazione di degrado ambientale che, soprattutto con l’approssimarsi della stagione estiva provoca disagio a tutta la zona circostante con pericoli di ricadute negative per l’ambiente e la pubblica incolumità” (come espressamente recita il provvedimento impugnato), con conseguente emersione di evidenti vizi istruttori e di motivazione;
-l’ordinanza sarebbe altresì inficiata da difetto di proporzionalità, anche in relazione alle concrete modalità (estremamente gravose) prescelte per eliminare il presunto inquinamento; ed invero, in luogo della integrale bonifica dell’area, si assume infatti che sarebbero allo scopo bastati la rimozione e lo stoccaggio provvisorio dei rifiuti;
-nel caso poi in cui il tribunale intendesse qualificare il provvedimento come espressione del potere contingibile ed urgente riservato al Sindaco ai sensi dell’art. 54 d.lvo 267/2000, mancherebbero parimenti i requisiti per procedere con tale strumentazione giuridica, non trattandosi di un pericolo imminente, tale da determinare una situazione eccezionale con interventi immediati e non dilazionabili; del resto, nella segnalata assenza di qualificate analisi tese alla valutazione dell’effettivo pericolo, resterebbe vieppiù comprovata la carenza motivazionale dell’ordinanza quantomeno sul presupposto dell’imminenza di un pericolo grave in astratto (anch’esso tutto da dimostrare); inoltre, anche in tal caso, si verterebbe in ordine ad un esercizio sproporzionato del potere, visto che lo smaltimento e la bonifica dell’area (in concreto imposti al ricorrenti) sarebbero misure definitive, in luogo di (mere) misure provvisorie dirette a scongiurare una situazione di pericolo, nel quadro di ordinanze straordinarie senza carattere di continuità e di stabilità di effetti.
Si è costituito in giudizio di Avezzano che ha controdedotto con memoria, mentre alla pubblica udienza del 29.10.08 la causa è stata trattenuta a sentenza.
DIRITTO
Il ricorrente impugna l’ordinanza del Comune di Avezzano con cui sono stati intimati interventi di bonifica e ripristino ambientale ai responsabili (ivi compreso il ricorrente medesimo) di una discarica abusiva nel territorio civico, alla via S. Antonio.
Il gravame è infondato.
Va in primis confutato l’assunto secondo cui il comune avrebbe contraddittoriamente cumulato –a sostegno del provvedimento impugnato- due diverse ed incompatibili potestà pubblicistiche che fanno capo al Comune, evocando sia la normativa che dispone la messa in sicurezza, la bonifica ed il ripristino ambientale di siti inquinati (art. 17 d.lgs. 22/97), sia il testo unico degli enti locali che prevede i casi di adozione delle ordinanze contingibili ed urgenti del sindaco (art. 54 decreto leg.vo 267/2000).
In proposito non può revocarsi in dubbio come la normativa applicata ed applicabile all’epoca dei fatti (in disparte il vigente artt. 240 e ss. del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, inapplicabile ratione temporis) sia quella tipica e nominata specificamente prevista dal d.lgs. 22/97, a prescindere dall’ininfluente richiamo effettuato anche alle norme sulle ordinanze necessitate; queste ultime postulano infatti poteri sindacali atipici ed innominati, da attivare in via provvisoria ed urgente solo quando altri Organi deputati alla gestione ordinaria della vicenda non siano in grado di funzionare con pienezza e nell’immediatezza: circostanza quest’ultima che ovviamente non può ricorrere, in presenza di un intervento del Comune specificamente modulato sugli astratti contenuti del decreto legislativo 22/97, ragion per cui resta strumentale ed infondata la presunta equivocità ermeneutica lamentata dal ricorrente in ordine alla qualificazione giuridica dell’ordinanza impugnata (cfr. sul punto Tar Veneto I sez. n. 2174 del 25 maggio 2005).
Né ovviamente può determinarsi alcuna conseguenza viziante dal fatto che il comune abbia ricompreso nelle premesse del provvedimento una potestà straordinaria e suppletiva che nella specie non ricorre (in presenza di quella tipica e nominata effettivamente azionata e di cui pure si è dato conto), trattandosi di una mera irregolarità incapace di interagire sulla legittimità del provvedimento stesso.
Restano pertanto non pertinenti al presente thema decidendum le doglianze specificamente preordinate a ravvisare l’assenza dei presupposti di adozione dell’articolo 54 del TU degli enti locali, relativo per l’appunto ai poteri sindacali (in realtà non esercitati) in materia di ordinanze contingibili ed urgenti.
Quanto poi alla dedotta estraneità del soggetto ricorrente alla determinazione dell’evento inquinante, va in contrario rilevato che il fondamento della sua responsabilità emerge invece dai fatti citati nel giudizio penale conclusosi con la sentenza del Tribunale di Avezzano del 31.1.2001, con particolare riguardo al concorso nell’illecito trattamento dei rifiuti in cui è incorsa la società T.E., di cui l’odierno ricorrente era rappresentante legale.
Né la semplice pendenza di appello della pronuncia può rappresentare una ragione ostativa per l’amministrazione procedente al riscontro ed alla valutazione delle condotte riportate in sentenza, all’interno delle istruttorie amministrative preordinate all’adozione dei doverosi provvedimenti mirati a far fronte all’emergenza inquinante: infatti –a prescindere da ogni altra considerazione- la mancanza di definitività della pronuncia non interferisce sull’imparziale accertamento delle responsabilità da parte dell’amministrazione all’interno dei procedimenti pubblici di sua competenza.
Senza oltre considerare che è stato il medesimo ricorrente nella formulazione della doglianza (pag. 9 del gravame) ad ammettere di aver concorso –tramite la società T. E. di cui è rappresentante legale- al trattamento dei rifiuti.
Del tutto irrilevante sulla presente vertenza è poi il fatto poi che fra i destinatari dell’ordinanza non figuri una società (la Beta Recuperi) che secondo l’opinamento del deducente avrebbe avuto un ruolo più importante nella commissione dell’illecito.
Ed invero, va sul punto richiamato il consolidato principio giurisprudenziale secondo cui l’ordinanza che determina gli interventi di bonifica e messa in sicurezza non è illegittima solo perché li pone a carico di una parte soltanto dei soggetti astrattamente responsabili secondo le prescrizioni di legge; ciò in quanto le disposizioni applicabili non stabiliscono affatto un simile onere per l’Amministrazione competente, giacché si riferiscono genericamente ai responsabili, e mostrano comunque di assegnare rilievo prevalente all’interesse generale alla realizzazione degli interventi; d’altro canto, ciascun responsabile ha titolo ad agire in regresso per il parziale recupero delle spese affrontate nei confronti degli altri soggetti, la cui condotta ha concorso a cagionare, ovvero ad aggravare, la contaminazione ambientale (Tar Veneto n. 2174/05).
Peraltro, anche sotto un profilo logico oltreché giuridico, la non integrale completezza della platea dei responsabili non potrebbe certamente essere un paradossale pretesto di illegittimità del provvedimento da parte degli altri destinatari correttamente individuati.
Tra l’altro va puntualizzato che la PA civica non si è limitata ad individuare un unico responsabile ma ha esteso il provvedimento ad altri 8 destinatari.
Infondata si palesa altresì l’articolata doglianza con cui il ricorrente lamenta vizi istruttori e motivazionali, che avrebbero determinato non solo una ingiusta sopravalutazione dell’evento inquinante (privo di pericoli concreti ed attuali), ma anche una modulazione gravosa e sproporzionata del facere intimato, ingiustamente esteso (senza necessità) all’integrale bonifica delle aree.
In contrario va rilevato come sussista invece un congruo accertamento istruttorio circa il pericolo attuale e concreto connesso alla criticità ambientale della discarica. Resta sufficiente citare del resto alcuni fra i passaggi più significativi della sentenza di condanna ove vengono analiticamente documentate, tramite incidente probatorio, le insidie per la salute e per l’ambiente della discarica stessa. Si afferma in particolare nella citata pronuncia che “la perizia effettuata in sede di incidente probatorio dal prof. Claudio Botré esclude che il sito possa classificarsi come impianto di cernita e qualifica i materiali rinvenuti come rifiuti eterogenei tra i quali elenca: tubi di raccordo, flaconcini vuoti e semivuoti contenenti residui di natura diversa, siringhe di plastica usata con aghi, dischetti di computer, recipienti, carcasse di pneumatici, materiale ferroso (...) il perito ha inoltre rilevato la presenza di materiali organici ed escluso in senso assoluto che i rifiuti ammassati in via S. Antonio potessero essere oggetto di qualsiasi trattamento, sia per la loro composizione eterogenea, sia per l’inidoneità del sito, ove mancava addirittura l’impianto igienico, oltre a difettare qualsivoglia struttura atta al trattamento, come peraltro può ricavarsi dal solo esame delle fotografie allegate alla perizia e depositate in atti. Anche il consulente del P.M. ha confermato l’estrema eterogeneità dei rifiuti presenti sul posto ed ha riferito che si trattava di rifiuti provenienti da varie attività che avevano subìto una manipolazione ed erano stati compattati in balle”. Resta tra l’altro consequenziale ed evidente nel contesto di degrado sopra descritto il pericolo di formazione di quel liquame tossico generato dalla frazione umida di tali rifiuti, con possibilità di inquinamento del suolo, delle falde acquifere e dei corsi d’acqua.
Nel delineato contesto, a nulla vale in contrario la mancata acquisizione dei (pur più volte richiesti) rilievi tecnici dell’Agenzia regionale di protezione ambientale, anche perché per la legittimità dell’ordinanza in esame ben può prescindersi dal formale accertamento di esubero dei valori di concentrazione-limite, risultando chiaro per le ragioni anzidette il pericolo imminente richiesto dalle norme legislative e regolamentari di settore (art. 17 del d.lgs. 22/1997 ed art. 8 comma 1 del D.M. 471/1999).
Parimenti prive di pregio si palesano poi le affermazioni del ricorrente mirate comunque a minimizzare la predetta situazione inquinante, addirittura addebitando all’autorità procedente una sorta di rigore gratuito e sproporzionato solo per aver disposto l’ordine di rimozione dei rifiuti inquinanti nei confronti dei corresponsabili della discarica abusiva: misura quest’ultima che si manifesta invece del tutto adeguata e doverosa, in relazione alla gravità dell’inquinamento arrecato al territorio.
In conclusione, il ricorso non può trovare accoglimento.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Respinge il ricorso in epigrafe.
Spese a carico del ricorrente nella misura di euro 3.000 (tremila) oltre agli accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in L'Aquila nella camera di consiglio del giorno 29/10/2008 con l'intervento dei Magistrati:
Antonio Catoni, Presidente
Rolando Speca, Consigliere
Paolo Passoni, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 13/11/2008
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 328 del 2002, proposto da:
M. A., rappresentato e difeso dagli avv. Maurizio Del Pinto, Enrico Inserviente, Gian Rocco Vellata, con domicilio eletto presso Maurizio Avv. Del Pinto in L'Aquila, via Roio 57;
contro
Comune di Avezzano, rappresentato e difeso dagli avv. Giampiero Nicoli, Giancarlo Paris, Giorgio Sucapane, con domicilio eletto presso Ascenzo Avv. Lucantonio in L'Aquila, via Crispi N.15;
per l'annullamento
DELL’ORDINANZA DI EFFETTUAZIONE DI INTERVENTI DI BONIFICA E RIPRISTINO AMBIENTALE DELL'AREA DI DISCARICA ABUSIVA.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Avezzano;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29/10/2008 il dott. Paolo Passoni e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Il provvedimento oggetto di impugnativa riguarda un ordine di bonifica adottato dal sindaco del comune di Avezzano nei confronti dell’odierno ricorrente sig. M., sulla base di quanto accertato dal giudice penale di primo grado con sentenza 31.1.2001 n. 1148 (in pendenza di appello), con cui il medesimo sig. M. è stato condannato ad 1 anno e 6 mesi di arresto ed a euro 8.000.000 di ammenda per corresponsabilità nella determinazione dell’evento inquinante, vale a dire la formazione di una discarica abusiva alla via S. Antonio del predetto comune.
In particolare, con la predetta ordinanza sindacale è stato ordinato –tra gli altri- al signor M. di “provvedere a propria cura e spese e fatta salva l’applicazione delle sanzioni previste dal d.lg.vo 22/97, entro il termine di giorni 30 (trenta) dalla notifica della presente, alla effettuazione degli interventi di bonifica ed al ripristino ambientale dell’area oggetto di discarica abusiva, mediante la corretta rimozione dei rifiuti con l’ausilio di imprese regolarmente iscritte all’albo gestore dei rifiuti e il corretto smaltimento degli stessi negli impianti a norma di legge autorizzati, nel rispetto della legislazione vigente in materia ed in particolare delle procedure operative stabilite dall’art. 14 e 17 del D.lgs 22/97 e dal Regolamento approvato con D.M. 25.10.99 n. 471”.
Tale provvedimento viene gravato in relazione alle seguenti censure:
-sussisterebbero incertezze sulla tipologia di potere pubblico in concreto esercitato dal Comune, visto che nell’atto viene citato –a fondamento dell’ordine - sia l’articolo 17 del decreto legislativo 22/97 (in ragione dell’esistenza di un pericolo concreto ed attuale di superamento dei limiti di contaminazione con riferimento al D.M. 471/99), sia gli artt. 50 e 54 del decreto legislativo 267/2000, che attribuiscono al Sindaco il potere di emanare provvedimenti contingibili ed urgenti al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità dei cittadini; le due normative presenterebbero presupposti e requisiti diversi, per cui il comune avrebbe agito confondendo e cumulando due potestà incompatibili;
-anche nel caso in cui la normativa in concreto applicata possa univocamente desumersi in quella ambientale ex decreto leg.vo 22/97 e D.M 471/99, l’ordinanza si manifesterebbe comunque illegittima poiché l’ente civico procedente non avrebbe correttamente individuato il destinatario dell’ordinanza medesima (da intendere quale responsabile dell’inquinamento). Ciò in quanto la presunta responsabilità del ricorrente deriverebbe da una sentenza soggetta al vaglio di appello, che avrebbe addebitato al ricorrente stesso un ruolo marginale (esecuzione materiale delle opere di riduzione dei materiali), in luogo di decisionalità ben più importanti sulla scelta degli autisti e della destinazione dei rifiuti, da imputare invece ad una società (Beta Recuperi) ingiustamente non chiamata a risponderne;
-non sussisterebbero quelle gravi ragioni di inquinamento in atto che avrebbero dovuto supportare l’ordinanza, né sotto il profilo di un livello superiore ai valori di concentrazione-limite considerati accettabili ai sensi dell’allegato 1 del DM 471/1999, né sotto l’aspetto della concretezza e dell’attualità del pericolo di superamento di tali limiti; trattasi infatti di accertamenti tecnici che avrebbero dovuto essere svolti dall’ARTA che invece –per stessa ammissione del Comune- non sono stati compiuti dalla predetta Agenzia, benché vanamente compulsata; pertanto sarebbe apodittica la conclamata “situazione di degrado ambientale che, soprattutto con l’approssimarsi della stagione estiva provoca disagio a tutta la zona circostante con pericoli di ricadute negative per l’ambiente e la pubblica incolumità” (come espressamente recita il provvedimento impugnato), con conseguente emersione di evidenti vizi istruttori e di motivazione;
-l’ordinanza sarebbe altresì inficiata da difetto di proporzionalità, anche in relazione alle concrete modalità (estremamente gravose) prescelte per eliminare il presunto inquinamento; ed invero, in luogo della integrale bonifica dell’area, si assume infatti che sarebbero allo scopo bastati la rimozione e lo stoccaggio provvisorio dei rifiuti;
-nel caso poi in cui il tribunale intendesse qualificare il provvedimento come espressione del potere contingibile ed urgente riservato al Sindaco ai sensi dell’art. 54 d.lvo 267/2000, mancherebbero parimenti i requisiti per procedere con tale strumentazione giuridica, non trattandosi di un pericolo imminente, tale da determinare una situazione eccezionale con interventi immediati e non dilazionabili; del resto, nella segnalata assenza di qualificate analisi tese alla valutazione dell’effettivo pericolo, resterebbe vieppiù comprovata la carenza motivazionale dell’ordinanza quantomeno sul presupposto dell’imminenza di un pericolo grave in astratto (anch’esso tutto da dimostrare); inoltre, anche in tal caso, si verterebbe in ordine ad un esercizio sproporzionato del potere, visto che lo smaltimento e la bonifica dell’area (in concreto imposti al ricorrenti) sarebbero misure definitive, in luogo di (mere) misure provvisorie dirette a scongiurare una situazione di pericolo, nel quadro di ordinanze straordinarie senza carattere di continuità e di stabilità di effetti.
Si è costituito in giudizio di Avezzano che ha controdedotto con memoria, mentre alla pubblica udienza del 29.10.08 la causa è stata trattenuta a sentenza.
DIRITTO
Il ricorrente impugna l’ordinanza del Comune di Avezzano con cui sono stati intimati interventi di bonifica e ripristino ambientale ai responsabili (ivi compreso il ricorrente medesimo) di una discarica abusiva nel territorio civico, alla via S. Antonio.
Il gravame è infondato.
Va in primis confutato l’assunto secondo cui il comune avrebbe contraddittoriamente cumulato –a sostegno del provvedimento impugnato- due diverse ed incompatibili potestà pubblicistiche che fanno capo al Comune, evocando sia la normativa che dispone la messa in sicurezza, la bonifica ed il ripristino ambientale di siti inquinati (art. 17 d.lgs. 22/97), sia il testo unico degli enti locali che prevede i casi di adozione delle ordinanze contingibili ed urgenti del sindaco (art. 54 decreto leg.vo 267/2000).
In proposito non può revocarsi in dubbio come la normativa applicata ed applicabile all’epoca dei fatti (in disparte il vigente artt. 240 e ss. del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, inapplicabile ratione temporis) sia quella tipica e nominata specificamente prevista dal d.lgs. 22/97, a prescindere dall’ininfluente richiamo effettuato anche alle norme sulle ordinanze necessitate; queste ultime postulano infatti poteri sindacali atipici ed innominati, da attivare in via provvisoria ed urgente solo quando altri Organi deputati alla gestione ordinaria della vicenda non siano in grado di funzionare con pienezza e nell’immediatezza: circostanza quest’ultima che ovviamente non può ricorrere, in presenza di un intervento del Comune specificamente modulato sugli astratti contenuti del decreto legislativo 22/97, ragion per cui resta strumentale ed infondata la presunta equivocità ermeneutica lamentata dal ricorrente in ordine alla qualificazione giuridica dell’ordinanza impugnata (cfr. sul punto Tar Veneto I sez. n. 2174 del 25 maggio 2005).
Né ovviamente può determinarsi alcuna conseguenza viziante dal fatto che il comune abbia ricompreso nelle premesse del provvedimento una potestà straordinaria e suppletiva che nella specie non ricorre (in presenza di quella tipica e nominata effettivamente azionata e di cui pure si è dato conto), trattandosi di una mera irregolarità incapace di interagire sulla legittimità del provvedimento stesso.
Restano pertanto non pertinenti al presente thema decidendum le doglianze specificamente preordinate a ravvisare l’assenza dei presupposti di adozione dell’articolo 54 del TU degli enti locali, relativo per l’appunto ai poteri sindacali (in realtà non esercitati) in materia di ordinanze contingibili ed urgenti.
Quanto poi alla dedotta estraneità del soggetto ricorrente alla determinazione dell’evento inquinante, va in contrario rilevato che il fondamento della sua responsabilità emerge invece dai fatti citati nel giudizio penale conclusosi con la sentenza del Tribunale di Avezzano del 31.1.2001, con particolare riguardo al concorso nell’illecito trattamento dei rifiuti in cui è incorsa la società T.E., di cui l’odierno ricorrente era rappresentante legale.
Né la semplice pendenza di appello della pronuncia può rappresentare una ragione ostativa per l’amministrazione procedente al riscontro ed alla valutazione delle condotte riportate in sentenza, all’interno delle istruttorie amministrative preordinate all’adozione dei doverosi provvedimenti mirati a far fronte all’emergenza inquinante: infatti –a prescindere da ogni altra considerazione- la mancanza di definitività della pronuncia non interferisce sull’imparziale accertamento delle responsabilità da parte dell’amministrazione all’interno dei procedimenti pubblici di sua competenza.
Senza oltre considerare che è stato il medesimo ricorrente nella formulazione della doglianza (pag. 9 del gravame) ad ammettere di aver concorso –tramite la società T. E. di cui è rappresentante legale- al trattamento dei rifiuti.
Del tutto irrilevante sulla presente vertenza è poi il fatto poi che fra i destinatari dell’ordinanza non figuri una società (la Beta Recuperi) che secondo l’opinamento del deducente avrebbe avuto un ruolo più importante nella commissione dell’illecito.
Ed invero, va sul punto richiamato il consolidato principio giurisprudenziale secondo cui l’ordinanza che determina gli interventi di bonifica e messa in sicurezza non è illegittima solo perché li pone a carico di una parte soltanto dei soggetti astrattamente responsabili secondo le prescrizioni di legge; ciò in quanto le disposizioni applicabili non stabiliscono affatto un simile onere per l’Amministrazione competente, giacché si riferiscono genericamente ai responsabili, e mostrano comunque di assegnare rilievo prevalente all’interesse generale alla realizzazione degli interventi; d’altro canto, ciascun responsabile ha titolo ad agire in regresso per il parziale recupero delle spese affrontate nei confronti degli altri soggetti, la cui condotta ha concorso a cagionare, ovvero ad aggravare, la contaminazione ambientale (Tar Veneto n. 2174/05).
Peraltro, anche sotto un profilo logico oltreché giuridico, la non integrale completezza della platea dei responsabili non potrebbe certamente essere un paradossale pretesto di illegittimità del provvedimento da parte degli altri destinatari correttamente individuati.
Tra l’altro va puntualizzato che la PA civica non si è limitata ad individuare un unico responsabile ma ha esteso il provvedimento ad altri 8 destinatari.
Infondata si palesa altresì l’articolata doglianza con cui il ricorrente lamenta vizi istruttori e motivazionali, che avrebbero determinato non solo una ingiusta sopravalutazione dell’evento inquinante (privo di pericoli concreti ed attuali), ma anche una modulazione gravosa e sproporzionata del facere intimato, ingiustamente esteso (senza necessità) all’integrale bonifica delle aree.
In contrario va rilevato come sussista invece un congruo accertamento istruttorio circa il pericolo attuale e concreto connesso alla criticità ambientale della discarica. Resta sufficiente citare del resto alcuni fra i passaggi più significativi della sentenza di condanna ove vengono analiticamente documentate, tramite incidente probatorio, le insidie per la salute e per l’ambiente della discarica stessa. Si afferma in particolare nella citata pronuncia che “la perizia effettuata in sede di incidente probatorio dal prof. Claudio Botré esclude che il sito possa classificarsi come impianto di cernita e qualifica i materiali rinvenuti come rifiuti eterogenei tra i quali elenca: tubi di raccordo, flaconcini vuoti e semivuoti contenenti residui di natura diversa, siringhe di plastica usata con aghi, dischetti di computer, recipienti, carcasse di pneumatici, materiale ferroso (...) il perito ha inoltre rilevato la presenza di materiali organici ed escluso in senso assoluto che i rifiuti ammassati in via S. Antonio potessero essere oggetto di qualsiasi trattamento, sia per la loro composizione eterogenea, sia per l’inidoneità del sito, ove mancava addirittura l’impianto igienico, oltre a difettare qualsivoglia struttura atta al trattamento, come peraltro può ricavarsi dal solo esame delle fotografie allegate alla perizia e depositate in atti. Anche il consulente del P.M. ha confermato l’estrema eterogeneità dei rifiuti presenti sul posto ed ha riferito che si trattava di rifiuti provenienti da varie attività che avevano subìto una manipolazione ed erano stati compattati in balle”. Resta tra l’altro consequenziale ed evidente nel contesto di degrado sopra descritto il pericolo di formazione di quel liquame tossico generato dalla frazione umida di tali rifiuti, con possibilità di inquinamento del suolo, delle falde acquifere e dei corsi d’acqua.
Nel delineato contesto, a nulla vale in contrario la mancata acquisizione dei (pur più volte richiesti) rilievi tecnici dell’Agenzia regionale di protezione ambientale, anche perché per la legittimità dell’ordinanza in esame ben può prescindersi dal formale accertamento di esubero dei valori di concentrazione-limite, risultando chiaro per le ragioni anzidette il pericolo imminente richiesto dalle norme legislative e regolamentari di settore (art. 17 del d.lgs. 22/1997 ed art. 8 comma 1 del D.M. 471/1999).
Parimenti prive di pregio si palesano poi le affermazioni del ricorrente mirate comunque a minimizzare la predetta situazione inquinante, addirittura addebitando all’autorità procedente una sorta di rigore gratuito e sproporzionato solo per aver disposto l’ordine di rimozione dei rifiuti inquinanti nei confronti dei corresponsabili della discarica abusiva: misura quest’ultima che si manifesta invece del tutto adeguata e doverosa, in relazione alla gravità dell’inquinamento arrecato al territorio.
In conclusione, il ricorso non può trovare accoglimento.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Respinge il ricorso in epigrafe.
Spese a carico del ricorrente nella misura di euro 3.000 (tremila) oltre agli accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in L'Aquila nella camera di consiglio del giorno 29/10/2008 con l'intervento dei Magistrati:
Antonio Catoni, Presidente
Rolando Speca, Consigliere
Paolo Passoni, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 13/11/2008
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO