Corte di Giustizia
CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE JULIANE KOKOTT
presentate il 22 maggio 2008 1

Causa C‑251/07 Gävle Kraftvärme AB contro Länsstyrelsen i Gävleborgs län
(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Högsta domstol, Svezia)

«Direttiva 2000/76 – Incenerimento dei rifiuti – Classificazione di un impianto per la produzione di energia termica e di elettricità – Nozioni di impianto di incenerimento e di impianto di coincenerimento» I – Introduzione

1. Il caso di specie verte sull’interpretazione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 4 dicembre 2000, 2007/76/CE, sull’incenerimento dei rifiuti (2) (in prosieguo: la «direttiva incenerimento»). Più esattamente, occorre chiarire se un impianto per la produzione di energia termica e di elettricità (in prosieguo: l’«impianto» (3)) debba essere valutato nel suo complesso o invece nelle singole caldaie che lo compongono e stabilire, poi, come distinguere un impianto di incenerimento da uno di coincenerimento.

II – Contesto normativo

2. All’art. 1 la direttiva incenerimento enuncia il suo scopo:

«La presente direttiva ha lo scopo di evitare o di limitare per quanto praticabile gli effetti negativi dell’incenerimento e del coincenerimento dei rifiuti sull’ambiente, in particolare l’inquinamento dovuto alle emissioni nell’atmosfera, nel suolo, nelle acque superficiali e sotterranee nonché i rischi per la salute umana che ne risultino.

Tale scopo è raggiunto mediante rigorose condizioni di esercizio e prescrizioni tecniche, nonché istituendo valori limite di emissione per gli impianti di incenerimento e di coincenerimento dei rifiuti nella Comunità, soddisfacendo altresì le prescrizioni della direttiva 75/442/CEE».

3. Gli impianti di incenerimento e di coincenerimento sono definiti all’art. 3, nn. 4 e 5:

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

(...)

4. “impianto di incenerimento”: qualsiasi unità e attrezzatura tecnica fissa o mobile destinata al trattamento termico dei rifiuti con o senza recupero del calore prodotto dalla combustione. In questa definizione sono inclusi l’incenerimento mediante ossidazione dei rifiuti nonché altri procedimenti di trattamento termico, quali ad esempio i procedimenti del plasma, sempreché le sostanze risultanti dal trattamento siano successivamente incenerite.

La definizione include il sito e l’insieme dell’impianto di incenerimento, comprese le linee di incenerimento, i luoghi di ricezione e di stoccaggio, le installazioni di pretrattamento in loco, i sistemi di alimentazione in rifiuti, in combustibile e in aria, la caldaia, le installazioni di trattamento dei gas di scarico, le installazioni di trattamento o stoccaggio in loco dei residui e delle acque reflue, il camino, i dispositivi e i sistemi di controllo delle operazioni di incenerimento, di registrazione e di sorveglianza delle condizioni di incenerimento;

5. “impianto di coincenerimento”: qualsiasi impianto fisso o mobile la cui funzione principale consiste nella produzione di energia o di prodotti materiali e

– che utilizza rifiuti come combustibile normale o accessorio o

– in cui i rifiuti sono sottoposti a un trattamento termico a fini di smaltimento.

Se il coincenerimento avviene in modo che la funzione principale dell’impianto non consiste nella produzione di energia o di prodotti materiali bensì nel trattamento termico dei rifiuti, l’impianto è considerato un impianto di incenerimento ai sensi del punto 4.

La definizione include il sito e l’insieme dell’impianto di incenerimento, comprese tutte le linee di coincenerimento, i luoghi di ricezione e di stoccaggio, le installazioni di pretrattamento in loco, i sistemi di alimentazione in rifiuti, in combustibile e in aria, la caldaia, le installazioni di trattamento del gas di scarico; le installazioni in loco di trattamento o stoccaggio dei residui e delle acque reflue, il camino, i dispositivi e i sistemi di controllo delle operazioni di incenerimento, di registrazione e di sorveglianza delle condizioni di incenerimento;

(…)».

4. All’art. 6, nn. 1 e 2, sono stabilite le diverse condizioni per la gestione degli impianti di incenerimento e di coincenerimento:

«1. Gli impianti di incenerimento sono gestiti in modo da raggiungere un livello di incenerimento tale che il tenore di carbonio organico totale (TOC) delle scorie e delle ceneri pesanti sia inferiore al 3% o la loro perdita per ignizione sia inferiore al 5% del peso a secco del materiale. Ciò può implicare l’utilizzazione di adeguate tecniche di pretrattamento dei rifiuti.

Gli impianti di incenerimento sono progettati, costruiti, attrezzati e fatti funzionare in maniera che i gas prodotti dal processo di incenerimento siano portati, dopo l’ultima immissione di aria di combustione, in modo controllato e omogeneo persino nelle condizioni più sfavorevoli, a una temperatura di 850°C misurata vicino alla parete interna o in un altro punto rappresentativo della camera di combustione, secondo quanto autorizzato dall’autorità competente, per due secondi. Se sono inceneriti rifiuti pericolosi contenenti oltre l’1% di sostanze organiche alogenate, espresse in cloro, la temperatura è portata ad almeno 1100°C, per almeno due secondi.

Ciascuna linea di un impianto di incenerimento è dotata di almeno un bruciatore di riserva che entra in funzione automaticamente non appena la temperatura dei gas di combustione, dopo l’ultima immissione di aria di combustione, scende al di sotto di 850°C o di 1100°C, a seconda dei casi. Tale bruciatore è utilizzato anche nelle operazioni di avvio e di arresto dell’impianto per garantire una temperatura costante di 850°C o di 1100°C, a seconda dei casi, durante tali operazioni e fintantoché vi siano rifiuti nella camera di combustione.

Durante le fasi di avvio e di arresto o quando la temperatura dei gas di combustione scende al di sotto di 850°C o di 1100°C, a seconda dei casi, il bruciatore di riserva non è alimentato con combustibili che provochino emissioni superiori a quelle derivanti dalla combustione di gasolio, quale definito all’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 75/716/CEE, di gas liquefatto o di gas naturale.

2. Gli impianti di coincenerimento sono progettati, costruiti, attrezzati e fatti funzionare in maniera che i gas prodotti dal coincenerimento dei rifiuti siano portati in modo controllato e omogeneo, persino nelle condizioni più sfavorevoli, a una temperatura di 850°C per due secondi. Se sono inceneriti rifiuti pericolosi contenenti oltre l’1% di sostanze organiche alogenate, espresse in cloro, la temperatura è portata a 1100°C».

5. Occorre citare infine il tredicesimo ‘considerando’, che definisce nei seguenti termini il rapporto con la direttiva del Consiglio 24 settembre 1996, 96/61/CE, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento (4):

«Il rispetto dei valori limite di emissione previsti dalla presente direttiva dovrebbe essere considerato come una condizione necessaria ma non sufficiente a garantire il rispetto dei requisiti della direttiva 96/61/CE. Per assicurare tale rispetto può essere necessario prevedere valori limite di emissione più severi per le sostanze inquinanti contemplate dalla presente direttiva, valori di emissione relativi ad altre sostanze e altre componenti ambientali, e altre condizioni opportune».

III – Fatti e questioni pregiudiziali

6. La Gävle Kraftvärme AB è una società appartenente al gruppo Gävle Energi, che a sua volta è interamente controllato da una società per azioni posseduta dal comune di Gävle. La Gävle Kraftvärme ha, tra l’altro, il compito di produrre teleriscaldamento per la rete di riscaldamento di Gävle.

7. La Gävle Kraftvärme gestisce l’impianto per la produzione di energia termica di Johannes. Questo costituisce l’impianto produttivo base di tale società nella summenzionata rete di riscaldamento e produce contemporaneamente energia termica ed elettricità. L’impianto consta di una caldaia a combustibile solido, la caldaia 1, che una volta completata avrà una potenza calorica di combustione complessiva di 85 MW. La produzione di calore avviene mediante la combustione, in primo luogo, di combustibili biologici, inclusi i residui del legname, ma a livello sperimentale anche di determinati combustibili derivanti dai rifiuti.

8. La Gävle Kraftvärme sta ora organizzando una trasformazione dell’impianto installando una o due ulteriori caldaie per una potenza calorica di combustione complessiva di 85 MW. L’azienda intende installare, in primo luogo, una nuova caldaia per i rifiuti per un massimo di 50 MW, la caldaia 2, per l’incenerimento dei rifiuti domestici e industriali. Poi, e quando ve ne sarà la necessità, sarà installata una nuova caldaia a combustione biologica, la caldaia 3, dotata di una capacità aggiuntiva in grado di soddisfare le necessità future fino a 85 MW. Ma non è escluso che la Gävle Kraftvärme decida di non installare nessuna nuova caldaia per la combustione dei rifiuti. In tal caso l’azienda potrebbe installare una nuova e più grande caldaia a combustione biologica per un massimo di 85 MW, tale da soddisfare tutto il fabbisogno futuro.

9. La Gävle Kraftvärme ha perciò chiesto un’autorizzazione per l’attività dell’impianto di Johannes per una potenza calorica di combustione complessiva massima di 170 MW. La domanda include l’autorizzazione per continuare a far funzionare l’attuale caldaia a combustibile solido (la caldaia 1) con una potenza calorica di combustione complessiva di 85 MW nonché per installare e mettere in funzione sia una nuova caldaia per la combustione dei rifiuti (la caldaia 2), dotata di una potenza calorica di combustione complessiva, al massimo, di 50 MW, sia una nuova caldaia a combustione biologica (la caldaia 3), dotata di una potenza calorica di combustione complessiva, al massimo, di 85 MW. La potenza calorica complessiva delle due nuove caldaie non supererà, tuttavia, gli 85 MW. La domanda include anche l’autorizzazione ad effettuare le rimanenti trasformazioni e installazioni necessarie per l’incremento delle attività.

10. La domanda contempla la combustione nella caldaia 1 e nella caldaia 2 di 150.000 tonnellate al massimo di combustibili solidi a base di rifiuti per ogni anno. Di tale quantità di rifiuti, un massimo di 10.000 tonnellate sarebbe costituito da rifiuti pericolosi, sotto forma di legname trattato in superficie oppure di legname rivestito.

11. L’amministrazione provinciale competente ha ritenuto che lo scopo principale dell’impianto consistesse nella produzione di energia e lo ha autorizzato, pertanto, proprio come richiedeva la Gävle Kraftvärme, come impianto di coincenerimento. La decisione è stata impugnata dall’amministrazione regionale competente (Länsstyrelsen i Gävleborg), a giudizio della quale la caldaia 2 doveva essere classificata come impianto di incenerimento e non di coincenerimento. Il ricorso è stato inizialmente accolto.

12. La Gävle Kraftvärme ha ora impugnato la sentenza dinanzi al giudice remittente. Essa non condivide la classificazione caldaia per caldaia, bensì ritiene che l’installazione di Johannes debba essere considerata come un unico impianto.

13. Il giudice remittente, l’Högsta domstol (Corte di cassazione svedese), solleva, pertanto, le seguenti questioni pregiudiziali:

«1. Se, in base all’interpretazione delle [direttiva incenerimento], qualora una centrale per la produzione di energia termoelettrica sia costituita da più unità (caldaie), ogni unità debba essere considerata quale impianto, ovvero se la valutazione debba riferirsi alla centrale termoelettrica nella sua totalità.

2. Se un impianto costruito per l’incenerimento dei rifiuti, ma avente come obiettivo principale la produzione di energia, debba, in base all’interpretazione della detta direttiva, essere classificato come impianto di incenerimento ovvero come impianto di coincenerimento».

14. Nella fase scritta del procedimento hanno presentato osservazioni la Repubblica d’Austria, il Regno di Svezia e la Commissione delle Comunità europee; all’udienza del 17 aprile 2008 ha partecipato solo la Commissione.

IV – Analisi giuridica

A – Quanto alla prima questione. La nozione di impianto

15. L’Högsta domstol chiede anzitutto se in un impianto termoelettrico composto di più unità (caldaie) ogni unità debba essere considerata un impianto a sé oppure se debba guardarsi all’insieme e dunque considerare presente un’unica installazione.

16. La direttiva incenerimento distingue tra impianti di incenerimento e impianti di coincenerimento. Per «impianto di incenerimento» [«Verbrennungsanlage»] è intesa, nella definizione offerta dall’art. 3, n. 4, della versione tedesca del testo, qualsiasi unità e attrezzatura tecnica [«technische Einheit oder Anlage»]. Altre versioni evitano di ricorrere due volte al medesimo termine [nella versione tedesca, il termine «Anlage»]. La versione francese, ad esempio, parla di un’«installation d’incinération» composta di «équipement» o «unité technique» e quella inglese di un’«incineration plant» con «technical unit» o «equipment». La versione svedese si allinea a tali due ultime soluzioni definendo la «förbränningsanläggning» come qualsiasi «teknisk enhet» o «utrustning».

17. Impianti di incenerimento sono pertanto unità tecniche o attrezzature.

18. Nella definizione di «impianto di coincenerimento» di cui all’art. 3, n. 5, della direttiva incenerimento, invece, le versioni linguistiche coincidono, nel senso che si avvalgono ciascuna di un solo ed unico termine [ndT: in tedesco, lingua originale delle conclusioni, detto termine è «Anlage»; in italiano è «impianto»]. Ma questo non può significare che la nozione di impianto cambi secondo che si tratti di impianto di incenerimento oppure di impianto di coincenerimento. Piuttosto, dobbiamo ritenere che questa definizione poggi implicitamente su quella di impianto di incenerimento.

19. Questa nozione unitaria di impianto è particolarmente evidente nei termini, praticamente identici, impiegati per rappresentare i due tipi di installazione all’art. 3, nn. 4, secondo comma, e 5, terzo comma, della direttiva incenerimento. Ai sensi di tali disposizioni, la definizione include il sito e l’insieme dell’impianto di incenerimento o di coincenerimento, comprese le linee di incenerimento, i luoghi di ricezione e di stoccaggio, le installazioni di pretrattamento in loco, i sistemi di alimentazione in rifiuti, in combustibile e in aria, la caldaia, le installazioni di trattamento dei gas di scarico, le installazioni di trattamento o stoccaggio in loco dei residui e delle acque reflue, il camino e infine i dispositivi e i sistemi di controllo delle operazioni di incenerimento, di registrazione e di sorveglianza delle condizioni di incenerimento.

20. In questa illustrazione della nozione di impianto non si parla di caldaie, al plurale, bensì semplicemente di caldaia. Ciò depone nel senso che un impianto consta di norma di una caldaia sola (5).

21. Questa interpretazione è in linea con le disposizioni sugli impianti di incenerimento dell’art. 6, n. 1, della direttiva incenerimento, le quali possono essere applicate solo a singole caldaie. L’art. 6, n. 1, primo comma, richiede, infatti, un livello di incenerimento tale che il tenore di carbonio organico totale delle scorie e delle ceneri pesanti sia inferiore al 3% e che la perdita per ignizione sia inferiore al 5% del peso a secco del materiale. Se le caldaie fossero più di una, nulla potrebbe essere stabilito in merito al livello di incenerimento.

22. Ai sensi dell’art. 6, n. 1, terzo e quarto comma, della direttiva incenerimento, gli impianti di incenerimento devono altresì disporre di un bruciatore di riserva (6). Ogni caldaia ha bisogno del proprio.

23. Ciò vuol dire, in sostanza, che si deve valutare caldaia per caldaia – con relative attrezzature – se essa costituisca un impianto di incenerimento o uno di coincenerimento.

24. Nelle loro allegazioni il governo austriaco e quello svedese sollevano, tuttavia, la questione di come la combinazione di più caldaie possa valere come un unico impianto. Per un unico impianto depone la definizione di impianto di combustione contenuta nell’art. 2, n. 7, terzo comma, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 23 ottobre 2001, 2001/80/CE, concernente la limitazione delle emissioni nell’atmosfera di taluni inquinanti originati dai grandi impianti di combustione (7): «La combinazione degli impianti è considerata come un’unità nel caso in cui: due o più singoli nuovi impianti siano installati in maniera tale che gli scarichi gassosi, tenuto conto delle condizioni tecniche ed economiche, possano a giudizio delle autorità competenti essere convogliati verso un unico camino».

25. Questa disposizione riguarda, però, come giustamente osserva la Commissione, un’altra direttiva, che persegue altri scopi. Applicarla ad impianti di incenerimento o di coincenerimento richiede, perciò, una verifica accurata.

26. In linea di principio è possibile considerare più impianti di coincenerimento come una sola unità ai fini dei valori limite di emissione, poiché ai sensi dell’allegato II.2 detti valori diventano vieppiù severi man mano che le dimensioni dell’impianto aumentano. Ma non dobbiamo occuparcene in questa sede.

27. L’importante è che la combinazione di parti di impianti non serva in nessun caso ad aggirare le misure a tutela dell’ambiente. Ciò colliderebbe con l’obiettivo enunciato all’art. 1 della direttiva incenerimento di evitare aggravi per l’ambiente e rischi per la salute. Per questo, ad esempio, in un impianto di incenerimento costituito da più caldaie ognuna di esse deve disporre di un proprio bruciatore.

28. Dette misure tuzioristiche sarebbero inaccettabilmente violate se, in particolare, impianti di incenerimento e di coincenerimento venissero combinati in maniera tale che alla fine l’impianto soggiaccia soltanto alle prescrizioni in parte meno severe (8) valide per l’impianto di coincenerimento. Per questo motivo tutte le parti in causa rifiutano il raggruppamento degli uni e degli altri impianti.

29. Così, nell’applicazione della direttiva incenerimento ad un impianto termoelettrico con più unità (caldaie), si deve sostanzialmente considerare ogni unità, cioè ogni caldaia con relative attrezzature, come un impianto a sé. È tuttavia possibile trattare più impianti collegati tra loro come uno solo ai fini dell’applicazione di singole disposizioni della direttiva incenerimento, a condizione che con ciò non vengono aggirate le disposizioni a tutela dell’ambiente e della salute.

B – Quanto alla seconda questione. La classificazione di un impianto

30. Con la seconda questione l’Högsta domstol vuol sapere se un impianto costruito per incenerire rifiuti, ma con lo scopo principale di produrre energia, debba essere classificato ai fini della direttiva come impianto di incenerimento o come impianto di coincenerimento.

31. La differenza tra i due tipi di impianto è di primaria importanza per la direttiva incenerimento, che fissa per ciascuno di essi condizioni di esercizio diverse. È quindi escluso che un impianto sia contemporaneamente di incenerimento e di coincenerimento.

32. La definizione tedesca e forse anche quella svedese di impianti di incenerimento espressa all’art. 3, n. 4, della direttiva incenerimento sono relativamente ampie: è impianto di incenerimento quello in uso per il trattamento termico di rifiuti (versione tedesca (9)) ovvero quello a ciò destinato (versione svedese (10)). A prima vista un impianto costruito per incenerire rifiuti sarebbe, in conformità con queste definizioni, un impianto di incenerimento. Il governo svedese propone pertanto tale definizione come criterio per distinguere gli impianti. Coinceneritori ai sensi della direttiva sarebbero, invece, a suo giudizio, gli impianti che non sono di incenerimento.

33. Ma c’è una contraddizione. Una tale definizione di impianti di incenerimento non distinguerebbe gli uni impianti dagli altri, ma comprenderebbe necessariamente tutti gli impianti di coincenerimento (11). Detti impianti sono, certo, conformemente all’art. 3, n. 5, della direttiva, contraddistinti dallo scopo principale, cioè produrre energia o prodotti materiali. Essi devono, però, in ogni caso, servire o essere destinati al trattamento termico dei rifiuti e dunque al loro incenerimento. Diversamente, non sarebbero impianti di coincenerimento, bensì altri impianti di combustione.

34. La necessaria distinzione tra gli impianti si ricava piuttosto – come sostiene la Commissione – dall’art. 3, n. 5, secondo comma, della direttiva incenerimento. Ne consegue che un impianto è di incenerimento se il coincenerimento avviene in modo che la funzione principale dell’impianto non consista nella produzione di energia o di prodotti materiali, bensì nel trattamento termico dei rifiuti.

35. In tal modo entrambi i tipi di impianto sono contraddistinti dalla funzione principale: se è il trattamento termico dei rifiuti, l’impianto è di incenerimento; se è la produzione di energia o di prodotti materiali, l’impianto è di coincenerimento.

36. Il riferimento alla funzione principale è, del resto, nella versione francese della definizione di impianto di incenerimento contenuta all’art. 3, n. 4, della direttiva incenerimento più chiaro che nella versione tedesca o in quella svedese: ai suoi termini, l’impianto deve essere espressamente destinato al trattamento termico dei rifiuti («destiné spécifiquement»).

37. Siccome versioni linguistiche divergenti devono essere interpretate unitariamente alla luce della sistematica generale e degli scopi della normativa (12), l’art. 3, n. 4, della direttiva incenerimento deve essere interpretato, sulla scorta della versione francese, in modo da non creare contraddizioni con il successivo art. 3, n. 5, secondo comma.

38. Come ricorda il governo austriaco, un orientamento in funzione dello scopo principale corrisponde altresì alla giurisprudenza sulla differenza tra smaltimento dei rifiuti e recupero degli stessi. Secondo tale giurisprudenza, la caratteristica principale di un’operazione di recupero rifiuti consiste, a norma dell’art. 3, n. 1, lett. b), della direttiva quadro sui rifiuti (13), nonché del suo quarto ‘considerando’, nel fatto che il suo obiettivo principale è che i rifiuti possano avere un’effettiva utilità, sostituendo altri materiali, che dovrebbero altrimenti essere utilizzati, per preservare le risorse naturali (14). L’incenerimento dei rifiuti costituisce, così, un’operazione di recupero quando il suo obiettivo principale è che tali rifiuti possano assolvere a una funzione precisa: produrre energia, sostituendo materie prime che sarebbe altrimenti necessario utilizzare (15).

39. Senza che ciò conduca ad un diverso risultato, il governo svedese obietta giustamente – come anche la Commissione – che tale soluzione limita l’applicazione delle più severe disposizioni a tutela dell’ambiente stabilite per gli impianti di incenerimento. Si tratta sostanzialmente delle disposizioni di cui all’art. 6, n. 1, della direttiva incenerimento, applicate solo agli impianti di incenerimento. Esse fissano il tenore di carbonio organico totale delle scorie e delle ceneri pesanti o della loro perdita per ignizione e prescrivono un bruciatore di riserva (16). Almeno in riferimento ai bruciatori di riserva, valgono però le eccezioni di cui all’art. 6, n. 4, sempre che i valori della direttiva siano comunque rispettati.

40. Queste differenze il legislatore comunitario le ha previste espressamente. Egli pare, del resto, partire dall’idea che già le condizioni di esercizio degli impianti di coincenerimento stabilite dalla direttiva incenerimento rafforzino significativamente la tutela dell’ambiente. Dalla motivazione del progetto di tale direttiva si ricava, infatti, che, secondo la Commissione, gli impianti di coincenerimento non erano compresi nelle precedenti direttive (17).

41. Con la direttiva incenerimento il legislatore ha quanto meno avvicinato le condizioni di esercizio degli impianti di coincenerimento a quelle degli impianti di incenerimento. L’obiettivo è che per la parte di combustibile costituita dai rifiuti valgano le stesse condizioni previste per l’incenerimento degli stessi. Ma anche per gli altri combustibili vengono fissati valori limite di emissione che in parte appaiono più severi di quelli prescritti dalla direttiva 2001/80. Se vengono coinceneriti rifiuti urbani misti non trattati o più del 40% di rifiuti pericolosi, si applicano, ai sensi dell’art. 7, n. 4, ovvero dell’art. 7, n. 2, secondo comma, della direttiva incenerimento, i valori limite fissati per gli impianti di incenerimento.

42. Si osservi, inoltre, che le condizioni stabilite dalla direttiva incenerimento non sono esaustive, potendo essere fissati, conformemente al suo tredicesimo ‘considerando’, valori limite ancora più severi sulla base della direttiva 96/61. Non solo. Soprattutto quando quest’ultima direttiva non trova applicazione, gli Stati membri possono sempre adottare norme più severe in forza dell’art. 176 CE (18).

43. Perché tutti gli impianti dove avviene incenerimento dei rifiuti possano essere classificati di coincenerimento, come teme il governo svedese, occorrerebbe un esame caso per caso. Decisivo al riguardo è identificare lo scopo principiale di un impianto. Questo deve risultare da circostanze obiettive (19), tanto più che le intenzioni soggettive del titolare non possono essere verificate.

44. Come afferma il governo svedese, per qualificare un impianto come di coincenerimento non rileva soltanto accertare se dall’incenerimento risulti energia e questa venga recuperata. Piuttosto, nella direttiva incenerimento è affermato, addirittura due volte – agli artt. 4, n. 2, lett. b), e 6, n. 6 –, che anche gli impianti di incenerimento devono recuperare il calore generato, almeno nei limiti del possibile.

45. Se un impianto è tecnicamente diretto solo a bruciare rifiuti, questo è quanto meno un indizio nel senso che la produzione di energia non è lo scopo principale dell’incenerimento. A maggior ragione nel caso in cui il titolare dell’impianto conti di interrompere l’attività di produzione di energia ove manchino rifiuti adatti. Diversamente, se l’impianto funziona soprattutto, o in certi momenti addirittura interamente, con altri combustibili (20).

46. Significativa è sicuramente anche la funzione economica della combustione. Se i rifiuti devono essere acquistati per sostituire altri combustibili più costosi, lo scopo principale appare la produzione di energia. Nella produzione di teleriscaldamento, un elemento importante è costituito anche dal confronto dei costi di investimento per installare le infrastrutture di distribuzione del calore con i costi di installazione dell’impianto di combustione.

47. Se, invece, per l’incenerimento si applicano tasse di entità maggiore ai proventi della produzione di energia, dobbiamo ritenere che è l’incenerimento dei rifiuti lo scopo principale. A fortiori, se l’impianto è parte di un’infrastruttura per lo smaltimento di rifiuti.

48. Come sottolinea anche la Commissione, e nonostante le preoccupazioni del governo svedese, rispetto alle osservazioni precedenti importa poco se l’impianto è gestito da un imprenditore che ha lo scopo principale di trattare i rifiuti o quello di produrre energia. Poiché si tratta di considerare singoli impianti, in linea di principio anzi singole caldaie e relative attrezzature, lo scopo principale dell’intera impresa non può essere decisivo.

49. La Commissione ha fatto d’altronde giustamente valere, in risposta ad un quesito orale postole all’udienza, che lo scopo principale di un impianto non è immutato nel tempo, ma può cambiare. Così, non è escluso che un nuovo titolare modifichi la gestione di un impianto in maniera che lo scopo principale debba essere valutato ex novo.

50. Ricapitolando, e per concludere, la classificazione di un impianto in cui sono bruciati rifiuti dipende dallo scopo principale così perseguito, se il trattamento termico dei rifiuti oppure la produzione di energia o di altro. Lo scopo principale deve risultare da circostanze oggettive.

V – Conclusione

51. Propongo pertanto alla Corte di risolvere le questioni pregiudiziali rispondendo come segue:

1 Nell’applicare la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 4 dicembre 2000, 2000/76/CE, sull’incenerimento dei rifiuti, a un impianto termoelettrico composto di più unità (caldaie), si deve considerare sostanzialmente ogni unità, cioè ogni caldaia e relative attrezzature, come un impianto a sé. È tuttavia possibile considerare più impianti tra loro connessi come uno solo ai fini di singole disposizioni della direttiva, a condizione che con ciò non vengono aggirate le disposizioni a tutela dell’ambiente e della salute.

2. La classificazione di un impianto in cui sono bruciati rifiuti come impianto di incenerimento ai sensi dell’art. 3, n. 4, della direttiva 2000/76/CE o come impianto di coincenerimento ai sensi dell’art. 3, n. 5, della stessa dipende dallo scopo principale così perseguito, se il trattamento termico dei rifiuti oppure la produzione di energia o di altro. Lo scopo principale deve risultare da circostanze oggettive.

1 – Lingua originale: il tedesco.

2 – GU L 332, pag. 91.

3 – V. la definizione contenuta nell’art. 3 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 11 febbraio 2004, 2004/8/CE, sulla promozione della cogenerazione basata su una domanda di calore utile nel mercato interno dell’energia e che modifica la direttiva 92/42/CEE (GU L 52, pag. 50).

4 – GU L 257, pag. 26.

5 – Per la classificazione di impianti senza caldaia propria, si v. ora la causa, pendente, C‑317/07, Lahti Energia (comunicazione del ricorso in GU 2007, C 211, pag. 26).

6 – Sui bruciatori di riserva come la migliore soluzione tecnica disponibile per gli impianti di incenerimento, si veda il Reference Document on the Best Available Techniques for Waste Incineration, agosto 2006, pag. 269 e seg. (http://ec.europa.eu/comm/environment/ippc/brefs/wi_bref_0806.pdf). La Commissione ha elaborato questo documento con l’aiuto di esperti nazionali sulla base della direttiva 96/61.

7 – GU L 309, pag. 1.

8 – Dettagli infra, paragrafo 39.

9 – «(...), wenn die Anlage zur thermischen Behandlung von Abfällen eingesetzt wird». La versione tedesca si riallaccia evidentemente, a differenza delle altre, al testo dell’art. 2, n. 2, della direttiva del Consiglio 16 dicembre 1994, 94/67/CE, sull’incenerimento dei rifiuti pericolosi (GU L 365, pag. 34).

10 – «Förbränningsanläggning: varje stationär eller mobil teknisk enhet eller utrustning avsedd för värmebehandling av avfall med eller utan återvinning av alstrad värme».

11 – Cfr. le conclusioni dell’avvocato generale Jacobs del 26 settembre 2002, causa C‑228/00, Commissione/Germania (Racc. 2003, pag. I‑1439, paragrafo 80), ai termini delle quali le precedenti direttive sull’incenerimento dei rifiuti, che contenevano una definizione di impianto di incenerimento simile a quella della versione tedesca della direttiva, erano applicabili anche agli impianti di recupero dei rifiuti. Si trattava delle direttive del Consiglio 8 giugno 1989, 89/369/CEE, concernente la prevenzione dell’inquinamento atmosferico provocato dai nuovi impianti di incenerimento dei rifiuti urbani (GU L 163, pag. 32), 21 giugno 1989, 89/429/CEE, concernente la riduzione dell’inquinamento atmosferico provocato dagli impianti esistenti di incenerimento dei rifiuti urbani (GU L 203, pag. 50), e 94/67 (citata alla nt. 9).

12 – Sentenze 12 novembre 1969, causa 26/69, Stauder (Racc. pag. 419, punto 3); 24 ottobre 1996, causa C‑72/95, Kraaijeveld e a. (Racc. pag. I‑5403, punto 28); 23 novembre 2006, causa C‑300/05, ZVK (Racc. 2006, pag. I‑11169, punto 16), e 14 giugno 2007, causa C‑56/06, Euro Tex (Racc. 2007, pag. I‑4859, punto 27).

13 – Questa giurisprudenza si basa sulla direttiva del Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CEE, relativa ai rifiuti (GU L 194, pag. 39), come modificata dalla direttiva del Consiglio 18 marzo 1991, 91/156/CEE (GU L 78, pag. 32), e dalla decisione della Commissione 24 maggio 1996, 96/350/CE (GU L 135, pag. 32). Tale direttiva è stata poi abrogata dalla direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio 5 aprile 2006, 2006/12/CE, relativa ai rifiuti (GU L 114, pag. 9), e sostituita, senza modifiche di contenuto, da una versione consolidata.

14 – Sentenze 27 febbraio 2002, causa C‑6/00, SA (Racc. 2002, pag. I‑1961, punto 69); 19 giugno 2003, causa C‑444/00, Mayer Parry Recycling (Racc. 2003, pag. I‑6163, punto 63), e 7 ottobre 2004, causa C‑103/02, Commissione/Italia (Racc. 2004, pag. I‑9127, punto 62).

15 – Sentenze 13 febbraio 2003, causa C‑6/00, Commissione/Germania (Racc. 2003, pag. I‑1439, punto 46), e causa C‑458/00, Commissione/Lussemburgo (Racc. 2003, pag. I‑1553, punto 37), nonché 3 aprile 2003, causa C‑116/01, SITA (Racc. 2003, pag. I‑2969, punto 53).

16 – V. supra, paragrafi 4 e 21 e seg.

17 – COM (1998) 558 def., pagg. 7 e 13. V., però, l’opposta impostazione delle conclusioni dell’avvocato generale Jacobs nella causa C‑228/00 (citata alla nt. 11), che almeno nei casi di recupero dei rifiuti presuppone l’applicabilità di tali direttive. La Corte non si è pronunciata sulla questione.

18 – V. sentenza 14 aprile 2005, causa C‑6/03, Deponiezweckverband Eiterköpfe (Racc. 2005, pag. I‑2753).

19 – V., sulla qualificazione di obiettivi abusivi, sentenze 21 febbraio 2006, causa C‑255/02, Halifax e a. (Racc. 2006, pag. I‑1609, punto 75), e 8 novembre 2007, causa C‑251/06, Ing. Auer (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 46); sulla qualificazione di una cessione intracomunitaria rilevante ai fini IVA, sentenza 27 settembre 2007, causa C‑409/04, Teleos e a. (Racc. 2007, pag. I‑7797, punto 39 e seg.); sulla scelta del fondamento normativo di un provvedimento comunitario, sentenze 26 marzo 1987, causa 45/86, Commissione/Consiglio (Racc. 1987, pag. 1493, punto 11), 11 giugno 1991, causa C‑300/89, Commissione/Consiglio (Titandioxid, Racc. 1991, pag. I‑2867, punto 10), e 23 ottobre 2007, causa C‑440/05, Commissione/Consiglio (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 61); nonché, sullo scopo di una rielaborazione dati, le mie conclusioni dell’8 maggio 2008, causa C‑73/07, Satakunnan Markkinapörssi e Satamedia (non ancora pubblicata nella Raccolta, paragrafo 85).

20 – Le considerazioni sul coincenerimento nel Reference Document on Best Available Techniques for Large Combustion Plants, luglio 2006, pagg. 489 e segg. (http://ec.europa.eu/comm/environment/ippc/brefs/lcp_bref_0706.pdf), si fondano sul presupposto che i rifiuti costituiscano solo una piccola parte dei combustibili impiegati. La Commissione ha elaborato questo documento in collaborazione con esperti nazionali sulla base della direttiva 96/61.