Corte di Giustizia Sez. II sent. 23 novembre 2006
Inadempimento di uno Stato – Valutazione dell’impatto ambientale di taluni progetti – Recupero dei rifiuti – Impianto di produzione di energia elettrica mediante incenerimento di combustibili derivati da rifiuti e di biomasse sito in Massafra (Taranto) – Direttive 75/442/CEE e 85/337/CEE

Nella causa C‑486/04,

avente ad oggetto un ricorso per inadempimento ai sensi dell’art. 226 CE, proposto il 25 novembre 2004,

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. M. van Beek, in qualità di agente, assistito dal sig. F. Louis, avocat, e dal sig. A. Capobianco, avvocato, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Repubblica italiana, rappresentata dal sig. I.M. Braguglia, in qualità di agente, assistito dai sigg. M. Fiorilli e G. Fiengo, avvocati dello Stato, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta dal sig. C.W.A. Timmermans, presidente di sezione, nonché dai sigg. R. Schintgen, P. Kūris, J. Makarczyk (relatore) e L. Bay Larsen, giudici,

avvocato generale: sig. D. Ruiz-Jarabo Colomer

cancelliere: sig.ra L. Hewlett, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 25 aprile 2006,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 30 maggio 2006,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1 Con il suo ricorso, la Commissione delle Comunità europee chiede alla Corte di constatare che:

– non avendo sottoposto a procedura di valutazione di impatto ambientale, ai sensi degli artt. 5‑10 della direttiva del Consiglio 27 giugno 1985, 85/337/CEE, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (GU L 175, pag. 40), come modificata dalla direttiva del Consiglio 3 marzo 1997, 97/11/CE (GU L 73, pag. 5; in prosieguo: la «direttiva 85/337»), il progetto di impianto di incenerimento di combustibili derivati da rifiuti (in prosieguo: i «CDR») e biomasse di Massafra, il quale è un impianto del tipo di cui all’allegato I della direttiva 85/337,

– avendo adottato una normativa [art. 3, primo comma, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 settembre 1999, intitolato «Atto di indirizzo e coordinamento che modifica ed integra il precedente atto di indirizzo e coordinamento per l’attuazione dell’art. 40, comma 1, della legge 22 febbraio 1994, n. 146, concernente disposizioni in materia di valutazione dell’impatto ambientale» (GURI n. 302 del 27 dicembre 1999, pag. 17; in prosieguo: il «DPCM del 1999»), che modifica l’allegato A, lett. i) ed l), del decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 1996, intitolato «Atto di indirizzo e coordinamento per l’attuazione dell’art. 40, comma 1, della legge 22 febbraio 1994, n. 146, concernente disposizioni in materia di valutazione di impatto ambientale» (GURI n. 210 del 7 settembre 1996, pag. 28; in prosieguo: il «DPR del 1996»)], la quale esclude dalla procedura di valutazione di impatto ambientale alcuni progetti del tipo di cui all’allegato I della direttiva 85/337 (progetti di impianti di recupero di rifiuti pericolosi e progetti di impianti di recupero di rifiuti non pericolosi con capacità superiore a 100 tonnellate al giorno) se sottoposti a procedura di autorizzazione semplificata ai sensi dell’art. 11 della direttiva del Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CEE, relativa ai rifiuti (GU L 194, pag. 39), come modificata dalla direttiva del Consiglio 18 marzo 1991, 91/156/CEE (GU L 78, pag. 32), e dalla decisione della Commissione 24 maggio 1996, 96/350/CE (GU L 135, pag. 32; in prosieguo: la «direttiva 75/442»), e

– avendo adottato una normativa [art. 3, primo comma, del DPCM del 1999, che modifica l’allegato A, lett. i) ed l), del DPR del 1996], la quale, al fine di stabilire se un progetto ricadente nell’allegato II della direttiva 85/337 debba essere o meno sottoposto a valutazione di impatto ambientale, fissa un criterio non adeguato, in quanto può portare all’esclusione dalla detta valutazione di progetti che hanno un impatto ambientale significativo,

la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza degli artt. 2, n. 1, e 4, nn. 1, 2 e 3, della direttiva 85/337.

Contesto normativo

Normativa comunitaria

Direttiva 75/442

2 L’art. 1 della direttiva 75/442 è così formulato:

«Ai sensi della presente direttiva, si intende per:

a) “rifiuto”: qualsiasi sostanza od oggetto che rientri nelle categorie riportate nell’allegato I e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi.

(…)

d) “gestione”: la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti, compreso il controllo di queste operazioni nonché il controllo delle discariche dopo la loro chiusura;

e) “smaltimento”: tutte le operazioni previste nell’allegato II A;

f) “ricupero”: tutte le operazioni previste nell’allegato II B;

(…)»

3 L’art. 4 di tale direttiva dispone quanto segue:

«Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che i rifiuti siano ricuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente e in particolare:

– senza creare rischi per l’acqua, l’aria, il suolo e per la fauna e la flora;

– senza causare inconvenienti da rumori od odori;

– senza danneggiare il paesaggio e i siti di particolare interesse.

(…)».

4 L’art. 9, n. 1, della detta direttiva è formulato nei seguenti termini:

«Ai fini dell’applicazione degli articoli 4, 5 e 7 tutti gli stabilimenti o imprese che effettuano le operazioni elencate nell’allegato II A debbono ottenere l’autorizzazione dell’autorità competente di cui all’articolo 6.

(…)».

5 L’art. 10 della medesima direttiva così dispone:

«Ai fini dell’applicazione dell’articolo 4, tutti gli stabilimenti o imprese che effettuano le operazioni elencate nell’allegato II B devono ottenere un’autorizzazione a tal fine».

6 L’art. 11, n. 1, della direttiva 75/442 prevede quanto segue:

«Fatto salvo il disposto della direttiva 78/319/CEE (...), possono essere dispensati dall’autorizzazione di cui all’articolo 9 o all’articolo 10:

(...)

b) gli stabilimenti o le imprese che recuperano rifiuti.

Tale dispensa si può concedere solo:

– qualora le autorità competenti abbiano adottato per ciascun tipo di attività norme generali che fissano i tipi e le quantità di rifiuti e le condizioni alle quali l’attività può essere dispensata dall’autorizzazione

e

– qualora i tipi o le quantità di rifiuti ed i metodi di smaltimento o di ricupero siano tali da rispettare le condizioni imposte all’articolo 4».

7 L’allegato II A della direttiva 75/442, intitolato «Operazioni di smaltimento», è inteso a ricapitolare le operazioni di smaltimento quali vengono effettuate nella pratica. In esso si afferma che, conformemente all’art. 4, i rifiuti devono essere smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che possano recare pregiudizio all’ambiente.

8 L’allegato II B della medesima direttiva, intitolato «Operazioni che comportano una possibilità di ricupero», mira a riepilogare le operazioni di recupero quali vengono effettuate nella pratica. Anche in tale allegato si afferma che, conformemente all’art. 4, i rifiuti devono essere recuperati senza pericolo per la salute dell’uomo e senza che vengano usati procedimenti o metodi che possano recare pregiudizio all’ambiente.

Direttiva 85/337

9 L’art. 1, nn. 2 e 3, della direttiva 85/337 è redatto nei seguenti termini:

«2. Ai sensi della presente direttiva si intende per:

progetto:

– la realizzazione di lavori di costruzione o di altri impianti od opere,

– altri interventi sull’ambiente naturale o sul paesaggio, compresi quelli destinati allo sfruttamento delle risorse del suolo;

committente:

il richiedente dell’autorizzazione relativa ad un progetto privato o la pubblica autorità che prende l’iniziativa relativa a un progetto;

autorizzazione:

decisione dell’autorità competente, o delle autorità competenti, che conferisce al committente il diritto di realizzare il progetto stesso.

3. L’autorità o le autorità competenti sono quelle che gli Stati membri designano per assolvere i compiti derivanti dalla presente direttiva».

10 L’art. 2, nn. 1, 2 e 3, primo comma, di tale direttiva così dispone:

«1. Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie affinché, prima del rilascio dell’autorizzazione, per i progetti per i quali si prevede un notevole impatto ambientale, in particolare per la loro natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione, sia prevista un’autorizzazione e una valutazione del loro impatto. Detti progetti sono definiti nell’articolo 4.

2. La valutazione dell’impatto ambientale può essere integrata nelle procedure esistenti di autorizzazione dei progetti negli Stati membri ovvero, in mancanza di queste, in altre procedure o nelle procedure da stabilire per raggiungere gli obiettivi della presente direttiva.

(...)

3. Fatto salvo l’articolo 7, gli Stati membri, in casi eccezionali, possono esentare in tutto o in parte un progetto specifico dalle disposizioni della presente direttiva».

11 L’art. 3 della detta direttiva stabilisce quanto segue:

«La valutazione dell’impatto ambientale individua, descrive e valuta, in modo appropriato, per ciascun caso particolare e a norma degli articoli da 4 a 11, gli effetti diretti e indiretti di un progetto sui seguenti fattori:

– l’uomo, la fauna e la flora;

– il suolo, l’acqua, l’aria, il clima e il paesaggio;

– i beni materiali ed il patrimonio culturale;

– l’interazione tra i fattori di cui al primo, secondo e terzo trattino».

12 L’art. 4 della medesima direttiva prevede quanto segue:

«1. Fatto salvo il paragrafo 3 dell’articolo 2, i progetti elencati nell’allegato I sono sottoposti a valutazione a norma degli articoli da 5 a 10.

2. Fatto salvo il paragrafo 3 dell’articolo 2, per i progetti elencati nell’allegato II gli Stati membri determinano, mediante

a) un esame del progetto caso per caso

o

b) soglie o criteri fissati dagli Stati membri,

se il progetto debba essere sottoposto a valutazione a norma degli articoli da 5 a 10.

Gli Stati membri possono decidere di applicare entrambe le procedure di cui alle lettere a) e b).

3. Nell’esaminare caso per caso o nel fissare soglie o criteri ai fini del paragrafo 2 si tiene conto dei relativi criteri di selezione riportati nell’allegato III.

4. Gli Stati membri provvedono affinché le decisioni adottate dall’autorità competente di cui al paragrafo 2 siano messe a disposizione del pubblico».

13 Al punto 9 dell’allegato I della direttiva 85/337 vengono menzionati gli impianti di smaltimento dei rifiuti pericolosi [cioè dei rifiuti cui si applica la direttiva del Consiglio 12 dicembre 1991, 91/689/CEE, relativa ai rifiuti pericolosi (GU L 377, pag. 20)] mediante incenerimento, trattamento chimico, quale definito nell’allegato II A, punto D 9, della direttiva 75/442, o messa in discarica.

14 Al punto 10 del medesimo allegato I vengono citati gli impianti di smaltimento dei rifiuti non pericolosi mediante incenerimento o trattamento chimico, quale definito nell’allegato II A, punto D 9, della direttiva 75/442, aventi capacità superiore a 100 tonnellate al giorno.

15 Al punto 11, lett. b), dell’allegato II della direttiva 85/337 vengono menzionati gli impianti di smaltimento dei rifiuti (progetti non compresi nell’allegato I).

16 L’allegato III della medesima direttiva elenca i criteri di selezione contemplati dall’art. 4, n. 3:

«1. Caratteristiche dei progetti

Le caratteristiche dei progetti debbono essere considerate tenendo conto, in particolare:

– delle dimensioni del progetto,

– del cumulo con altri progetti,

– dell’utilizzazione di risorse naturali,

– della produzione di rifiuti,

– dell’inquinamento e disturbi ambientali,

– del rischio di incidenti, per quanto riguarda, in particolare, le sostanze o le tecnologie utilizzate.

2. Localizzazione dei progetti

Deve essere considerata la sensibilità ambientale delle aree geografiche che possono risentire dell’impatto dei progetti, tenendo conto, in particolare:

– dell’utilizzazione attuale del territorio;

– della ricchezza relativa, della qualità e della capacità di rigenerazione delle risorse naturali della zona;

– della capacità di carico dell’ambiente naturale, con particolare attenzione alle seguenti zone:

(...)

3. Caratteristiche dell’impatto potenziale

Gli effetti potenzialmente significativi dei progetti debbono essere considerati in relazione ai criteri stabiliti ai punti 1 e 2 e tenendo conto, in particolare:

– della portata dell’impatto (area geografica e densità della popolazione interessata);

(...)»

Normativa nazionale

17 L’art. 6 della legge 8 luglio 1986, n. 349, istitutiva del Ministero dell’Ambiente (GURI n. 59 del 15 luglio 1986), ha trasposto la direttiva 85/337 nell’ordinamento italiano. Successivamente, l’art. 40 della legge 22 febbraio 1994, n. 146, recante disposizioni in materia di valutazione di impatto ambientale (Supplemento ordinario alla GURI n. 52 del 4 marzo 1994; in prosieguo: la «legge n. 146/1994»), ha demandato al governo italiano il compito di definire, con apposito atto di indirizzo e di coordinamento, le condizioni, i criteri e le norme tecniche per l’applicazione della procedura di valutazione di impatto ambientale ai progetti compresi nell’allegato II della direttiva 85/337.

18 Il DPR del 1996 è stato adottato ai fini dell’attuazione dell’art. 40, primo comma, della legge n. 146/1994.

19 L’art. 1, terzo comma, del DPR del 1996 precisa quanto segue:

«Sono assoggettati alla procedura di valutazione di impatto ambientale i progetti di cui all’allegato A».

20 L’art. 3, primo comma, del DPCM del 1999, che ha modificato il testo originario dell’allegato A del DPR del 1996, è così formulato:

«Nell’allegato A al decreto del Presidente della Repubblica in data 12 aprile 1996 le lettere i), l) (...) sono sostituite dalle seguenti:

i) Impianti di smaltimento e recupero di rifiuti pericolosi, mediante operazioni di cui all’allegato B ed all’allegato C, lettere da R1 a R9, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 [in prosieguo: il «decreto legislativo n. 22/1997»], ad esclusione degli impianti di recupero sottoposti alle procedure semplificate di cui agli articoli 31 e 33 del medesimo decreto legislativo n. 22/1997.

l) Impianti di smaltimento e recupero di rifiuti non pericolosi, con capacità superiore a 100 t/giorno, mediante operazioni di [incenerimento] o di trattamento di cui all’allegato B, lettere D2 e da D8 a D11, ed all’allegato C, lettere da R1 a R9, del decreto legislativo [n. 22/1997], ad esclusione degli impianti di recupero sottoposti alle procedure semplificate di cui agli articoli 31 e 33 del medesimo decreto legislativo (...)».

21 Le disposizioni del decreto legislativo n. 22/1997, le quali descrivono le caratteristiche dei rifiuti e le attività che consentono di beneficiare della procedura semplificata, sono state adottate ai fini della trasposizione dell’art. 11 della direttiva 75/442. Queste stesse disposizioni hanno costituito l’oggetto di misure di attuazione adottate mediante il decreto 5 febbraio 1998 del Ministero dell’Ambiente, relativo all’individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero ai sensi degli articoli 31 e 33 del decreto legislativo n. 22/1997 (Supplemento ordinario alla GURI n. 88 del 16 aprile 1998).

Procedimento precontenzioso

22 Con lettere in date 22 agosto e 12 novembre 2001, la Commissione chiedeva alle autorità italiane informazioni in merito all’applicazione delle procedure previste dalla direttiva 85/337 a due progetti di impianti industriali nel territorio del comune di Massafra, ossia un impianto di produzione di energia elettrica mediante incenerimento di CDR e di biomasse ed un impianto per la preselezione dei rifiuti solidi urbani e la produzione di CDR.

23 Le autorità italiane comunicavano di aver escluso i progetti in questione dalla procedura di valutazione di impatto ambientale in quanto essi rientravano nella deroga prevista dall’allegato A, lett. l), del DPR del 1996, come modificato dall’art. 3, primo comma, del DPCM del 1999.

24 La Commissione, alla luce delle risposte così fornite dal governo italiano, da essa reputate insoddisfacenti, avviava il procedimento precontenzioso con una lettera di messa in mora iniziale in data 18 ottobre 2002, integrata da una lettera dell’11 luglio 2003, con le quali veniva sollevata la questione degli inadempimenti risultanti dal trattamento riservato all’impianto industriale di Massafra e dalla normativa italiana stessa.

25 In seguito, mediante parere motivato in data 16 dicembre 2003, la Commissione invitava la Repubblica italiana ad adottare le misure necessarie per conformarsi agli obblighi derivanti dalla direttiva 85/337 entro un termine di due mesi dalla data di ricevimento del detto parere.

26 La Commissione, avendo ritenuto insoddisfacente la posizione adottata dal governo italiano in una lettera del 22 aprile 2004, ha proposto, a norma dell’art. 226, secondo comma, CE, il presente ricorso.

Sul ricorso

Argomenti delle parti

27 Secondo la Commissione, l’impianto di incenerimento di Massafra, dotato di una capacità superiore a 100 tonnellate di rifiuti al giorno, rientra nell’allegato I, punto 10, della direttiva 85/337 e, come tale, prima di essere autorizzato, avrebbe dovuto costituire l’oggetto di una procedura di valutazione di impatto ambientale.

28 La detta istituzione sostiene, più in generale, che la normativa italiana controversa, assoggettando taluni impianti di recupero dei rifiuti alle speciali procedure previste dagli artt. 31 e 33 del decreto legislativo n. 22/1997, produce l’effetto di sottrarre impianti rientranti nell’allegato I della direttiva 85/337 alla procedura istituita dall’art. 4, nn. 1 e 2, di quest’ultima.

29 La Commissione sostiene inoltre che gli impianti ricadenti nell’allegato II della direttiva 85/337, e segnatamente quelli contemplati al punto 11, lett. b), di tale allegato, debbono essere quanto meno assoggettati alla procedura di verifica prevista dall’art. 4, n. 2, della detta direttiva, indipendentemente dal fatto che essi riguardino lo smaltimento o il recupero dei rifiuti.

30 La Commissione afferma che, in base al testo originario della direttiva 75/442, il termine «smaltimento» comprendeva tanto le operazioni di smaltimento finale quanto le operazioni di recupero. Essa sottolinea l’identità dei termini utilizzati nelle versioni originarie delle direttive 75/442 e 85/337 e da ciò deduce che, adottando quest’ultima direttiva, il legislatore comunitario ha necessariamente voluto assoggettare talune operazioni di recupero dei rifiuti alle disposizioni disciplinanti la procedura di valutazione dell’impatto ambientale.

31 Ad avviso della detta istituzione, la nozione di «smaltimento» contemplata nell’allegato I, punti 9 e 10, e nell’allegato II, punto 11, lett. b), della direttiva 85/337 comprende tuttora sia lo smaltimento in senso stretto sia le attività di recupero.

32 La Commissione aggiunge di non vedere quale differenza possa esistere, dal punto di vista dell’impatto ambientale, tra la costruzione in un determinato territorio di un impianto che effettui operazioni di recupero dei rifiuti e quella di un impianto che effettui operazioni di smaltimento dei medesimi. Al riguardo, essa ricorda che la direttiva 75/442 mira a sottoporre a controllo – seppure con alcune differenze – tanto le attività di smaltimento quanto quelle di recupero, allo scopo di garantire la tutela della salute umana e dell’ambiente.

33 La Repubblica italiana non riconosce l’inadempimento contestatole, in quanto gli impianti controversi effettuano il recupero dei rifiuti e sono assoggettati alle procedure semplificate introdotte dal decreto legislativo n. 22/1997. Istituendo, da un lato, un nesso tra la direttiva 85/337 e la direttiva 75/442 quanto ai termini tecnici utilizzati in materia di rifiuti, e facendo riferimento, dall’altro, al testo stesso dell’allegato I, punti 9 e 10, e a quello dell’allegato II, punto 11, lett. b), della direttiva 85/337, nei quali si menziona unicamente lo smaltimento dei rifiuti, la Repubblica italiana ritiene che quest’ultima direttiva si applichi soltanto agli impianti che effettuano lo smaltimento dei rifiuti, escludendo così dal suo ambito di applicazione gli impianti che procedono al recupero di questi ultimi.

34 La Repubblica italiana fa valere altresì che le modifiche apportate alla direttiva 75/442 dalla direttiva 91/156 hanno inteso stabilire una terminologia comune e una definizione dei rifiuti armonizzata, allo scopo di ravvicinare le diverse disposizioni che si occupano, tanto a livello nazionale quanto a livello comunitario, dei rifiuti medesimi. A suo avviso ne consegue che, quando la direttiva 97/11 menziona la nozione di rifiuti, i termini e le definizioni da essa utilizzati debbono essere mutuati dalla disciplina propria di questo settore, vale a dire dalla direttiva 91/156.

35 Oltre a ciò, la Repubblica italiana sostiene che quando, in materia di recupero dei rifiuti, le emissioni non superano i limiti consentiti dalla normativa comunitaria, non è necessario mettere in atto la procedura di valutazione, in quanto il recupero stesso dei rifiuti ha lo scopo di tutelare l’ambiente.

Giudizio della Corte

36 Gli Stati membri devono attuare la direttiva 85/337 in modo pienamente conforme ai precetti da essa stabiliti, tenendo conto del suo obiettivo essenziale che – come si evince dall’art. 2, n. 1, della direttiva medesima – consiste nel garantire che, prima della concessione di un’autorizzazione, i progetti idonei ad avere un impatto ambientale rilevante, segnatamente per la loro natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione, formino oggetto di una valutazione del loro impatto (v., in tal senso, sentenza 19 settembre 2000, causa C‑287/98, Linster, Racc. pag. I‑6917, punto 52).

37 Occorre inoltre sottolineare come risulti dalla giurisprudenza della Corte che l’ambito di applicazione della direttiva 85/337 è vasto e il suo obiettivo di portata molto ampia (v. sentenze 24 ottobre 1996, causa C‑72/95, Kraaijeveld e a., Racc. pag. I‑5403, punti 31 e 39, e 16 settembre 2004, causa C‑227/01, Commissione/Spagna, Racc. pag. I‑8253, punto 46).

Sulla censura relativa alla mancata sottoposizione alla procedura di valutazione di impatto ambientale dell’impianto di produzione di energia elettrica mediante incenerimento di CDR e di biomasse di Massafra

38 Allo stato attuale della normativa italiana, l’impianto di incenerimento di CDR e biomasse di Massafra è considerato come un impianto di recupero di rifiuti non pericolosi, con una capacità superiore a 100 tonnellate al giorno, assoggettato alle procedure semplificate in applicazione delle norme del decreto legislativo n. 22/1997 volte a trasporre l’art. 11 della direttiva 75/442. La Commissione sostiene che, alla luce della classificazione operata dalla direttiva 85/337, si tratta di un impianto di smaltimento dei rifiuti non pericolosi mediante incenerimento o trattamento chimico, avente capacità superiore a 100 tonnellate al giorno, ai sensi dell’allegato I, punto 10, della detta direttiva 85/337.

39 Per valutare la fondatezza di tale censura, occorre anzitutto pronunciarsi sulla portata giuridica della nozione di smaltimento dei rifiuti ai sensi della direttiva 85/337, tenendo conto di questa stessa nozione quale risultante dalla direttiva 75/442.

40 È pacifico che la direttiva 85/337 non fornisce alcuna definizione della nozione di smaltimento dei rifiuti, posto che i suoi allegati I e II si limitano a menzionare alcuni impianti di smaltimento dei medesimi. Inoltre, è altrettanto pacifico che la direttiva 75/442 non contiene alcuna definizione generale delle nozioni di smaltimento e di recupero dei rifiuti, limitandosi a rinviare agli allegati II A e II B nei quali sono elencate diverse operazioni che rientrano nell’una o nell’altra di tali nozioni (v. sentenza 27 febbraio 2002, causa C‑6/00, ASA, Racc. pag. I‑1961, punto 58).

41 Peraltro, la caratteristica essenziale di un’operazione di recupero di rifiuti, quale risulta dall’art. 3, n. 1, lett. b), della direttiva 75/442 nonché dal quarto ‘considerando’ di quest’ultima, consiste nel fatto che il suo obiettivo principale è che i rifiuti possano svolgere una funzione utile, sostituendosi all’uso di altri materiali che avrebbero dovuto essere utilizzati per svolgere tale funzione, consentendo così di preservare le risorse naturali (v., in particolare, sentenze ASA, cit., punto 69; 13 febbraio 2003, causa C‑458/00, Commissione/Lussemburgo, Racc. pag. I‑1553, punto 36, e 7 ottobre 2004, causa C‑103/02, Commissione/Italia, Racc. pag. I‑9127, punto 62).

42 Tale caratteristica non ha nulla che vedere con le conseguenze sull’ambiente che le operazioni di recupero dei rifiuti possono di per sé produrre. Infatti, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 54‑56 delle sue conclusioni, tali operazioni di recupero, al pari di quelle di smaltimento dei rifiuti, sono idonee ad avere un impatto ambientale rilevante. Del resto, la direttiva 75/442, all’art. 4, obbliga gli Stati membri ad adottare le misure necessarie affinché i rifiuti siano recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza che vengano usati procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente.

43 Infine, occorre rilevare che il legislatore comunitario, quando ha reputato necessario, nell’ambito della direttiva 85/337, istituire un collegamento con la direttiva 75/442, lo ha fatto in maniera espressa. È il caso, in particolare, dell’allegato I, punti 9 e 10, della direttiva 85/337, dove il legislatore opera un rinvio al trattamento chimico quale definito nell’allegato II A, punto D 9, della direttiva 75/442. Orbene, nessun rinvio di questo tipo viene compiuto in relazione allo smaltimento stesso dei rifiuti.

44 Occorre dunque affermare che la nozione di smaltimento dei rifiuti ai sensi della direttiva 85/337 è una nozione autonoma che deve ricevere un significato idoneo a rispondere pienamente all’obiettivo perseguito da tale atto normativo, quale ricordato al punto 36 della presente sentenza. Di conseguenza, tale nozione – che non è equivalente a quella di smaltimento dei rifiuti ai sensi della direttiva 75/442 – deve essere intesa in senso lato come comprensiva dell’insieme delle operazioni che portano o allo smaltimento dei rifiuti, nel senso stretto del termine, o al loro recupero.

45 Pertanto, lo stabilimento sito in Massafra, che genera elettricità mediante l’incenerimento di biomasse e di CDR e dispone di una capacità superiore a 100 tonnellate al giorno, rientra nella categoria degli impianti che effettuano lo smaltimento dei rifiuti non pericolosi mediante incenerimento o trattamento chimico prevista dall’allegato I, punto 10, della direttiva 85/337. In quanto tale, esso avrebbe dovuto essere sottoposto, prima di essere autorizzato, alla procedura di valutazione del suo impatto ambientale, posto che i progetti rientranti nel detto allegato I della direttiva 85/337 devono essere sottoposti ad una valutazione sistematica a norma degli artt. 2, n. 1, e 4, n. 1, di quest’ultima (v., in tal senso, sentenza 11 agosto 1995, causa C‑431/92, Commissione/Germania, Racc. pag. I‑2189, punto 35).

46 Alla luce di quanto precede, occorre constatare che, avendo dispensato dalla procedura di valutazione di impatto ambientale l’impianto, sito in Massafra, destinato all’incenerimento di CDR e di biomasse, avente una capacità superiore a 100 tonnellate al giorno e rientrante nell’allegato I, punto 10, della direttiva 85/337, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza degli artt. 2, n. 1, e 4, n. 1, di tale direttiva.

Sulla censura relativa all’adozione dell’art. 3, primo comma, del DPCM del 1999, recante modifica dell’allegato A, lett. i) ed l), del DPR del 1996, che esclude dalla procedura di valutazione di impatto ambientale taluni progetti rientranti nell’allegato I della direttiva 85/337 (progetti di impianti di recupero dei rifiuti pericolosi nonché progetti di impianti di recupero di rifiuti non pericolosi aventi una capacità superiore a 100 tonnellate al giorno) qualora costituiscano l’oggetto di una procedura di autorizzazione semplificata ai sensi dell’art. 11 della direttiva 75/442

47 Dall’allegato A, lett. i) ed l), del DPR del 1996 risulta che tanto gli impianti di recupero di rifiuti pericolosi mediante operazioni del tipo contemplato all’allegato B ed all’allegato C, lettere da R 1 a R 9, del decreto legislativo n. 22/1997, sottoposti alle procedure semplificate, quanto gli impianti di recupero di rifiuti non pericolosi, con capacità superiore a 100 tonnellate al giorno, mediante operazioni di incenerimento o di trattamento di cui all’allegato B, lettere D 2 e da D 8 a D 11, ed all’allegato C, lettere da R 1 a R 9, del detto decreto legislativo, sottoposti alle medesime procedure semplificate, non sono assoggettati alla procedura di valutazione di impatto ambientale.

48 Tenuto conto della portata della nozione di smaltimento dei rifiuti ai sensi della direttiva 85/337, come precisata al punto 44 della presente sentenza, risulta che tra i progetti in tal modo assoggettati dalla normativa nazionale alle procedure semplificate possono figurare impianti che, pur effettuando il recupero dei rifiuti, rientrano nella categoria degli impianti di smaltimento dei rifiuti pericolosi mediante incenerimento o trattamento chimico ai sensi dell’allegato I, punto 9, della detta direttiva ovvero in quella degli impianti di smaltimento dei rifiuti non pericolosi mediante incenerimento o trattamento chimico ai sensi dell’allegato I, punto 10, della medesima direttiva.

49 Orbene, impianti di questo tipo non possono essere dispensati dalla procedura di valutazione di impatto ambientale, posto che, come rilevato al punto 45 della presente sentenza, i progetti elencati nell’allegato I della direttiva 85/337 sono obbligatoriamente assoggettati a tale valutazione in quanto idonei ad avere rilevanti ripercussioni sull’ambiente.

50 Di conseguenza, avendo adottato una norma quale l’art. 3, primo comma, del DPCM del 1999, recante modifica dell’allegato A, lett. i) ed l), del DPR del 1996, la quale consente che i progetti di impianti di recupero di rifiuti pericolosi e i progetti di impianti di recupero di rifiuti non pericolosi con capacità superiore a 100 tonnellate al giorno, rientranti nell’allegato I della direttiva 85/337, siano sottratti alla procedura di valutazione di impatto ambientale prevista dagli artt. 2, n. 1, e 4, n. 1, di quest’ultima, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza di tale direttiva.

Sulla censura relativa all’adozione dell’art. 3, primo comma, del DPCM del 1999, recante modifica dell’allegato A, lett. i) ed l), del DPR del 1996, che, per stabilire se un progetto rientrante nell’allegato II della direttiva 85/337 debba essere sottoposto a valutazione di impatto ambientale, fissa un criterio non adeguato

51 Come rilevato al punto 47 della presente sentenza, risulta dalla normativa nazionale contestata che i progetti di impianti di recupero di rifiuti pericolosi o non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate sfuggono a qualsiasi procedura di valutazione del loro impatto ambientale. Tra tali progetti possono figurare gli impianti di recupero dei rifiuti contemplati dal punto 11, lett. b), dell’allegato II della direttiva 85/337.

52 Secondo la Commissione, il criterio fissato dalle autorità italiane per dispensare in tal modo dalla procedura di valutazione di impatto ambientale gli impianti di recupero di rifiuti contemplati dal detto allegato II – ossia il criterio relativo all’assoggettamento alle procedure semplificate previste dal decreto legislativo n. 22/1997 – è inadeguato nella misura in cui può portare ad escludere dalla detta valutazione progetti che hanno un impatto ambientale rilevante.

53 A questo proposito, la Corte ha già statuito che gli Stati membri hanno la possibilità di fissare i criteri e/o le soglie che consentono di stabilire quali progetti rientranti nell’allegato II della direttiva 85/337, nella sua versione originaria, debbano costituire l’oggetto di una valutazione. Tuttavia, il margine discrezionale così conferito agli Stati membri trova il proprio limite nell’obbligo, enunciato all’art. 2, n. 1, della detta direttiva, di sottoporre ad una valutazione d’impatto i progetti idonei ad avere rilevanti ripercussioni sull’ambiente, segnatamente per la loro natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione (v., in tal senso, sentenze Kraaijeveld e a., cit., punto 50, e 16 marzo 2006, causa C‑332/04, Commissione/Spagna, non pubblicata nella Raccolta, punto 76). Pertanto, nel fissare tali soglie e/o criteri, gli Stati membri devono tener conto non soltanto delle dimensioni dei progetti, ma anche della loro natura e della loro ubicazione (v., in tal senso, sentenze 21 settembre 1999, causa C‑392/96, Commissione/Irlanda, Racc. pag. I‑5901, punto 65, e 16 marzo 2006, Commissione/Spagna, cit., punto 76).

54 Inoltre, a norma dell’art. 4, n. 3, della direttiva 85/337, gli Stati membri hanno l’obbligo, in sede di fissazione delle soglie o dei criteri, di tener conto dei criteri di selezione pertinenti definiti nell’allegato III della direttiva stessa (v., in tal senso, sentenza 16 marzo 2006, Commissione/Spagna, cit., punto 79).

55 L’allegato III della direttiva 85/337 distingue, nell’ambito dei criteri di selezione indicati al detto art. 4, n. 3, i seguenti parametri: in primo luogo, le caratteristiche dei progetti, le quali debbono essere considerate tenendo conto, in particolare, delle dimensioni del progetto, del cumulo con altri progetti, dell’utilizzazione delle risorse naturali, della produzione di rifiuti, dell’inquinamento e delle nocività, e del rischio di incidenti; in secondo luogo, la localizzazione dei progetti, vale a dire che occorre considerare la sensibilità ambientale delle aree geografiche che possono risentire dell’impatto del progetto tenendo conto, in particolare, dell’utilizzazione attuale del territorio e della capacità di carico dell’ambiente naturale; e, in terzo luogo, le caratteristiche dell’impatto potenziale, segnatamente in rapporto all’area geografica ed alla porzione di popolazione interessata.

56 Quanto al ricorso alle procedure semplificate, previsto dalle disposizioni del decreto legislativo n. 22/1997 adottate ai fini della trasposizione dell’art. 11 della direttiva 75/442, occorre rilevare che la dispensa, per gli impianti o le imprese interessati, dall’obbligo di ottenere l’autorizzazione a procedere al recupero dei rifiuti – autorizzazione necessaria in linea di principio nella fase di attuazione del processo di trattamento dei rifiuti a norma dell’art. 10 della detta direttiva – può applicarsi soltanto in presenza delle condizioni stabilite dagli artt. 4 e 11, n. 1, di quest’ultima.

57 Risulta da tali ultime disposizioni che, in primo luogo, le autorità competenti devono aver adottato per ciascun tipo di attività norme generali che fissano i tipi e le quantità di rifiuti nonché le condizioni alle quali l’attività può essere dispensata dall’autorizzazione. In secondo luogo, i tipi o le quantità di rifiuti ed i metodi di recupero debbono essere tali da non mettere in pericolo la salute dell’uomo e da non comportare l’utilizzo di procedimenti o tecniche che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente, e in particolare tali da non creare rischi per l’acqua, l’aria o il suolo ovvero per la fauna e la flora, da non causare inconvenienti da rumori od odori, e da non danneggiare il paesaggio e i siti di particolare interesse.

58 Pertanto, escludendo dalla valutazione di impatto ambientale – che deve intervenire prima del rilascio del provvedimento dell’autorità o delle autorità competenti che conferisce al committente il diritto di realizzare il progetto – i progetti di impianti che effettuano operazioni di recupero dei rifiuti in base alla procedura semplificata, la normativa italiana non tiene conto di tutti i criteri di selezione precisati nell’allegato III della direttiva 85/337.

59 Di conseguenza, il criterio adottato dalla normativa italiana, attinente esclusivamente all’attuazione delle procedure semplificate, inteso a dispensare gli impianti di recupero dei rifiuti rientranti nell’allegato II, punto 11, lett. b), della direttiva 85/337 dalla valutazione di impatto ambientale, non soddisfa le condizioni ricordate ai punti 53‑55 della presente sentenza, in quanto esso può far sì che determinati progetti idonei ad avere rilevanti ripercussioni sull’ambiente a motivo delle loro dimensioni o della loro ubicazione siano sottratti alla verifica del loro impatto ambientale. Pertanto, la normativa in questione è idonea a pregiudicare l’obiettivo della direttiva 85/337 quale precisato al punto 37 della presente sentenza.

60 Tenuto conto delle considerazioni che precedono, occorre constatare che, avendo adottato una norma quale l’art. 3, primo comma, del DPCM del 1999, recante modifica dell’allegato A, lett. i) ed l), del DPR del 1996, la quale, per stabilire se un progetto rientrante nell’allegato II della direttiva 85/337 debba essere sottoposto a valutazione di impatto ambientale, fissa un criterio inadeguato, in quanto questo può portare all’esclusione dalla detta valutazione di progetti che hanno rilevanti ripercussioni sull’ambiente, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza degli artt. 2, n. 1, e 4, nn. 2 e 3, della detta direttiva.

Sulle spese

61 Ai termini dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica italiana, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese.

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara e statuisce:

1) – Avendo dispensato dalla procedura di valutazione di impatto ambientale l’impianto, sito in Massafra, destinato all’incenerimento di combustibili derivati da rifiuti e di biomasse, avente una capacità superiore a 100 tonnellate al giorno e rientrante nell’allegato I, punto 10, della direttiva del Consiglio 27 giugno 1985, 85/337/CEE, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, come modificata dalla direttiva del Consiglio 3 marzo 1997, 97/11/CE,

– avendo adottato una norma quale l’art. 3, primo comma, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 settembre 1999, intitolato «Atto di indirizzo e coordinamento che modifica ed integra il precedente atto di indirizzo e coordinamento per l’attuazione dell’art. 40, comma 1, della legge 22 febbraio 1994, n. 146, concernente disposizioni in materia di valutazione dell’impatto ambientale», recante modifica dell’allegato A, lett. i) ed l), del decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 1996, intitolato «Atto di indirizzo e coordinamento per l’attuazione dell’art. 40, comma 1, della legge 22 febbraio 1994, n. 146, concernente disposizioni in materia di valutazione di impatto ambientale», la quale consente che i progetti di impianti di recupero di rifiuti pericolosi e i progetti di impianti di recupero di rifiuti non pericolosi con capacità superiore a 100 tonnellate al giorno, rientranti nell’allegato I della direttiva 85/337, come modificata dalla direttiva 97/11, siano sottratti alla procedura di valutazione di impatto ambientale prevista dagli artt. 2, n. 1, e 4, n. 1, della detta direttiva, e

– avendo adottato una norma quale l’art. 3, primo comma, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 settembre 1999, la quale, per stabilire se un progetto rientrante nell’allegato II della direttiva 85/337, come modificata dalla direttiva 97/11, debba essere sottoposto a valutazione di impatto ambientale, fissa un criterio inadeguato, in quanto questo può portare all’esclusione dalla detta valutazione di progetti che hanno rilevanti ripercussioni sull’ambiente,

la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza degli artt. 2, n. 1, e 4, nn. 1, 2 e 3, della detta direttiva.

2) La Repubblica italiana è condannata alle spese.

Firme