TAR Piemonte, Sez. I, n. 688, del 18 aprile 2014
Sostanze pericolose.Legittimità ordinanza di bonifica tramite rimozione della copertura in cemento amianto
Il carattere compatto o friabile della struttura in amianto non rileva ai fini di stabilire se la stessa debba o meno essere bonificata, ma solo al fine di stabilire entro quale termine e con quali modalità debba esserlo. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)
N. 00688/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00573/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 573 del 2013, proposto da:
BAIARDI PAOLINA, rappresentata e difesa dagli avv. Maurizio Falletti e Alessandro Siess, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Torino, corso Francia, 19 Bis;
contro
COMUNE di TORTONA, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Gianluca Marenzi e Federico Torchio, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Torino, via Caprie, 13;
per l'annullamento
- dell'ordinanza n. 55, prot. n. 7265, emessa dal Comune di Tortona, Settore Territorio e Ambiente - Servizio Ambiente, in data 25.03.2013 e notificata alla ricorrente in pari data, con cui è stato ordinato alla ricorrente di provvedere alla bonifica del manufatto sito in Tortona (AL), Strada Statale per Voghera n. 42, tramite rimozione della relativa copertura.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Tortona;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 aprile 2014 il dott. Ariberto Sabino Limongelli e uditi l’avv. Falletti per la parte ricorrente e l’avv. Marenzi per il Comune di Tortona;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con ricorso notificato il 23 maggio 2013 e depositato il 21 giugno successivo, la signora Baiardi Paolina ha impugnato l’ordinanza n. 55 del 25 marzo 2013 con cui il dirigente del Settore Territorio e Ambiente del Comune di Tortona le ha ordinato di provvedere entro 90 giorni dalla notifica dell’atto alla bonifica del manufatto di sua proprietà sito in S.S. per Voghera n. 42, tramite la rimozione della relativa copertura, da eseguirsi secondo le modalità previste dalla vigente normativa, ed in particolare dal D.M. 6 settembre 1994.
2. Nella motivazione del provvedimento:
- si richiamano gli esiti degli accertamenti eseguiti dall’ARPA in data 1 dicembre 2011 presso il fabbricato di proprietà della ricorrente, a loro volta originati dalla segnalazione di un privato confinante;
- si riferisce della presenza di una copertura in cemento amianto “in condizioni scadenti” e della conseguente necessità di provvedere alla sua rimozione“nell’arco di uno/due anni”;
- si precisa che già con provvedimento prot- 4328 del 17 febbraio 2012, previa comunicazione di avvio del procedimento, la proprietaria del manufatto era stata diffidata ad eseguire l’intervento di bonifica del manufatto entro un anno dal ricevimento dell’atto, ma che tale intimazione non aveva sortito alcun effetto.
3. Attraverso tre motivi di ricorso, la ricorrente ha dedotto le seguenti censure:
3.1) “Violazione e falsa applicazione della Legge n. 257/1992 e del D.M. 06.09.1994”: a) la competenza ad emettere il parere necessario ai fini della valutazione della pericolosità dei materiali contenenti amianto, in base alla normativa richiamata in rubrica recepita anche dalla D.G.R. 40-5094/2012, è attribuita alle Aziende Sanitarie Locali, e non all’ARPA, cui compete soltanto l’esame tecnico-analitico dei campioni di amianto; b) la copertura del fabbricato di proprietà della ricorrente è stato giudicato “friabile” dall’ARPA benché la stessa abbia riconosciuto che lo stesso “si spezza a fatica con le pinze”, ossia è di tipo “compatto”; tale valutazione è quindi contraddittoria e porta a conseguenze contrarie a quelle previste dalla normativa di settore, la quale non prevede alcun obbligo di bonifica per i materiali in amianto di tipo compatto; c) la motivazione del provvedimento impugnato è generica; non si fa alcun riferimento agli indici e alla metodologia di accertamento e determinazione quantitativa dell’amianto previste dalla normativa di settore; d) non è stata valutata la particolare localizzazione dell’immobile, che oltre a non essere più utilizzato, è posizionato in una zona industriale ove non vi sono complessi residenziali.
3.2) “Violazione e falsa applicazione della Legge n. 241/1990”. Carenza di istruttoria e motivazione dell’atto impugnato”: l’ordine di rimozione della copertura si fonda sulla considerazione che quest’ultima è in “condizioni scadenti”; tale affermazione è generica e non è supportata da concreti elementi istruttori, tanto più che secondo la normativa di settore la rimozione rappresenta una soluzione estrema a cui fare ricorso solo laddove non possa farsi ricorso all’incapsulamento o alla sovra copertura.
3.3) “Sulla eccessiva onerosità della bonifica mediante rimozione”: la rimozione del manufatto è eccessivamente onerosa perché implica una spesa di circa 40.00 Euro; nella stessa zona, inoltre, vi sono altri edifici caratterizzati da coperture in cemento amianto, i quali, tuttavia, non sono stati fatti oggetto di provvedimenti analoghi a quello che ha colpito la ricorrente.
3.4. Sulla scorta di tali motivi, la ricorrente ha chiesto conclusivamente l’annullamento dell’atto impugnato, previa sospensione cautelare e, occorrendo, previa CTU; in subordine, la parziale riforma dell’atto impugnato nel senso di prevedere che la bonifica del manufatto avvenga mediante l’impiego di tecniche alternative alla rimozione, quali la sovracopetura o l’incapsulamento, come previsto dal D.M. del 06.09.1994.
4. Con ordinanza n. 310 del 12 luglio 2013 la Sezione ha accolto la domanda cautelare ritenendo ad un primo esame fondate, “in mancanza di controdeduzioni dell’amministrazione comunale, non costituita in giudizio”, le censure di difetto di istruttoria e di motivazione dedotte dalla ricorrente; nel contempo, disponendo incombenti istruttori a carico del Comune di Tortona.
5. Il Comune di Tortona ha puntualmente ottemperato depositando in data 27 agosto 2013 gli atti relativi al procedimento amministrativo unitamente ad una relazione sui fatti di causa a firma del dirigente del competente Settore.
6. In prossimità dell’udienza di merito, il Comune di Tortona si è costituito formalmente in giudizio con atto di stile successivamente integrato da nuova produzione documentale e da una memoria difensiva, nella quale l’amministrazione ha eccepito preliminarmente l’inammissibilità del gravame per la mancata impugnazione degli atti presupposti del procedimento amministrativo, in particolare, dell’atto di diffida del 17 febbraio 2012 e della successiva nota di sollecito del 10 dicembre 2012; in subordine, nel merito, contestando il fondamento del ricorso e chiedendone il rigetto.
7. All’udienza pubblica del 3 aprile 2014, il ricorso è stato assunto in decisione.
DIRITTO
1. L’eccezione preliminare di inammissibilità del ricorso formulata dalla difesa comunale è fondata.
Il provvedimento impugnato è atto meramente confermativo ed esecutivo della precedente diffida a rimuovere adottata dalla stessa amministrazione comunale in data 17 febbraio 2012 e ribadita con nota del 16 dicembre 2012 ricevuta dall’interessata il 3 gennaio 2013.
L’intimata, che non ha impugnato tali provvedimenti, non ritrarrebbe alcuna utilità da un eventuale annullamento dell’atto impugnato – adottato sulla scorta dei medesimi accertamenti istruttori e della medesima motivazione dell’atto presupposto - dal momento che anche in tale eventualità resterebbe pur sempre efficace nei suoi confronti il precedente atto di diffida, avente il medesimo contenuto precettivo e, allo stato, dotato del carattere di definitività proprio degli atti non impugnati nei termini di legge.
2. Peraltro, si può prescindere dalla declaratoria di inammissibilità del ricorso per carenza di interesse dal momento che il gravame, alla luce dei documentati chiarimenti resi dall’amministrazione comunale nella fase di merito del presente giudizio, è infondato sotto tutti i profili dedotti.
Si osserva quanto segue.
3. Il primo motivo di ricorso è articolato, come già detto, in quattro distinti profili di censura.
3.1. Sotto un primo profilo, viene dedotta l’incompetenza dell’ARPA ad eseguire una parte degli accertamenti istruttori prodromici all’ordinanza impugnata; secondo la ricorrente, la competenza ad emettere il parere necessario ai fini della valutazione della pericolosità dei materiali contenenti amianto, in base alla normativa richiamata in rubrica e recepita anche dalla D.G.R. 40-5094/2012, sarebbe delle Aziende Sanitarie Locali e non dell’ARPA, cui competerebbe soltanto l’esame tecnico-analitico dei campioni di amianto.
La censura è infondata.
Il riparto di competenze tra ASL e ARPA richiamato dalla ricorrente, in forza del quale compete all’ARPA solo la valutazione dell’”indice di degrado”della struttura, mentre “la valutazione complessiva” del rischio è demandata all’ASL, è stato introdotto soltanto con la D.G.R. n. 40-5094 del 18 dicembre 2012, la quale è successiva all’accertamento effettuato dall’ARPA nella fattispecie in esame, avvenuto in data 1 dicembre 2011.
All’epoca dell’accertamento, in forza della procedura di sistema “U.RP.T104” applicata dall’ARPA, competeva a quest’ultima sia la valutazione dell’indice di degrado delle coperture in cemento amianto, sia la valutazione complessiva del rischio.
Al riguardo, è noto che l’ordinamento si ispira al principio tempus regit actum, in forza del quale la legittimità di un provvedimento amministrativo va valutata alla luce dello stato di fatto e di diritto esistente alla data della sua adozione, con irrilevanza dello ius superveniens. Tale principio trova applicazione anche nel caso di sequenze procedimentali composte da atti dotati, ciascuno, di una propria autonomia funzionale, con la conseguenza che ciascuno di questi va valutato alla stregua del quadro normativo e fattuale vigente al momento della sua adozione.
Ne consegue che, nel caso di specie, ARPA ha proceduto correttamente sulla scorta dei protocolli tecnici comunemente applicati dall’amministrazione prima che entrasse in vigore la nuova disciplina di cui alla citata DGR del 18.12.2012, la quale ha distribuito tra ASL e ARPA le competenze prima affidate in via esclusiva a quest’ultima.
3.2. Con un secondo profilo di censura, la ricorrente ha sostenuto che le valutazioni svolte dall’ARPA sarebbero contraddittorie, dal momento che la copertura del fabbricato di proprietà della ricorrente è stata giudicata “friabile” benché la stessa Agenzia abbia riconosciuto che il materiale “si spezza a fatica con le pinze”, il che significa che esso non è friabile ma “compatto”, con la conseguenza che esso non necessita di alcuna bonifica in base alla normativa di settore.
Anche tale censura non può essere condivisa.
Le valutazioni svolte nel caso di specie dall’ARPA non appaiono affatto contraddittorie, ma perfettamente coerenti con la normativa tecnica applicata.
Risulta dagli atti di causa (ci si riferisce, in particolare, alla relazione di servizio ARPA prodotta in giudizio dalla difesa comunale sub doc. 9) che le condizioni di degrado della copertura sono state valutate dall’Agenzia con riferimento a tutti i parametri previsti dal protocollo tecnico operativo“U.RP.T104”: età, spessore, consistenza (friabile/compatto), trattamenti superficiali, muschi e licheni, sfaldamenti e/o crepe superficiali, residui (stalattiti) a bordo lastra, residui di canali di gronda, affioramenti superficiali di fibre.
A ciascuno di tali parametri, in relazione allo stato del manufatto, è stato attribuito un punteggio nell’ambito del range individuato dal protocollo.
La somma di tali punteggi (42) ha consentito di determinare l’”indice di degrado” della struttura (0,52) attraverso l’applicazione di un determinato algoritmo previsto dal protocollo.
Quindi, dall’indice di degrado così determinato, l’Agenzia è pervenuta a determinare, attraverso un altro algoritmo, “l’indice di valutazione complessiva”(0,78).
Quest’ultimo è ricompreso dal protocollo tecnico nella fascia “0,60-0.89” che individua uno stato di conservazione della struttura qualificato“scadente”, in relazione quale si prevedono i seguenti “provvedimenti da adottare”: “Necessaria la bonifica dei manufatti da programmare nell’arco di uno/due anni. Predisposizione del programma di manutenzione e custodia ex D.M. 6/9/94 ove applicabile”: esattamente quello il Comune ha imposto di fare alla ricorrente, sia con il provvedimento qui impugnato, sia con la precedente diffida del 17 febbraio 2012.
Tali provvedimenti sono dunque coerenti rispetto agli accertamenti e agli adempimenti successivi previsti dalla normativa tecnica applicata.
E vero, quindi, che la struttura è stata giudicata sostanzialmente “compatta” perché “si spezza a fatica con le pinze”, ma tale circostanza è stata valutata correttamente dall’ARPA con l’attribuzione del punteggio più basso (2 punti) previsto dal protocollo tecnico proprio con riferimento a tale ipotesi, laddove se il materiale fosse stato giudicato mediamente friabile (“si spezza facilmente con le pinze”) sarebbe stato valutato con 5 punti, ovvero con 10 punti laddove fosse stato giudicato friabile (“si può spezzare senza l’uso degli attrezzi”).
In altre parole, il carattere compatto o friabile della struttura in amianto non rileva ai fini di stabilire se la stessa debba o meno essere bonificata, ma solo al fine di stabilire entro quale termine e con quali modalità debba esserlo.
3.3. Con un terzo profilo di censura, la ricorrente ha dedotto che la motivazione del provvedimento impugnato sarebbe generica, dal momento che in essa non si farebbe alcun riferimento agli indici e alla metodologia di accertamento e determinazione quantitativa dell’amianto previste dalla normativa di settore.
La censura è palesemente infondata.
La motivazione dell’atto impugnato non è generica, ma diffusa e analitica.
L’espresso richiamo della relazione ARPA del 21 gennaio 2012 soddisfa pienamente, per relationem, l’esigenza di conoscibilità delle metodologie di accertamento applicate nella specie dall’Agenzia.
3.4. Infine, con un quarto profilo di censura, la ricorrente ha lamentato che non sarebbe stata valutata la particolare localizzazione dell’immobile, il quale, oltre a non essere più utilizzato, è posizionato in una zona industriale ove non vi sono complessi residenziali.
Anche tale censura è infondata.
La localizzazione dell’immobile è stata compiutamente valutata, anzi si può affermare che proprio tale localizzazione sia stata all’origine delle verifiche tecniche svolte dall’ARPA su sollecitazione del Comune.
L’intero procedimento è stato infatti avviato a seguito della segnalazione proveniente dalla ditta titolare di un’attività commerciale di esposizione e vendita di autovetture (quindi aperta al pubblico) ubicata nelle immediate vicinanze della copertura di proprietà della ricorrente.
Tale vicinanza, pari a pochi metri, è stata chiaramente documentata in giudizio dal Comune anche attraverso la produzione di rilievi fotografici.
Non risponde al vero, quindi, che il fabbricato di proprietà della ricorrente si trovi in una zona industriale “isolata” tale da rendere non giustificabile, secondo la ricorrente, l’intervento di bonifica del manufatto.
3.5. Alla luce di tali considerazioni, il primo motivo di gravame è infondato sotto tutti i profili dedotti e va quindi complessivamente disatteso.
4. Con il secondo motivo, la ricorrente ha lamentato la carenza di istruttoria e di motivazione dell’atto impugnato: secondo la ricorrente, la valutazione dell’ARPA circa il fatto che la copertura si troverebbe in “condizioni scadenti” sarebbe generica e non sarebbe supportata da concreti elementi istruttori, tanto più che secondo la normativa di settore la rimozione rappresenta una soluzione estrema a cui fare ricorso solo laddove non possa farsi ricorso all’incapsulamento o alla sovracopertura.
4.1. La censura è infondata alla stregua delle stesse considerazioni già svolte in relazione al primo motivo.
Lo stato di conservazione “scadente” del manufatto in amianto è stato desunto dall’ARPA facendo pedissequa applicazione dei parametri, dei punteggi e dei criteri di computo rigidamente previsti dal protocollo operativo in vigore all’epoca dell’accertamento.
L’istruttoria è stata congrua e rigorosa.
La rimozione del manufatto era prevista dallo stesso protocollo applicato nel caso di stato di conservazione giudicato “scadente”.
Le misure alternative invocate dalla ricorrente sono effettivamente previste dallo stesso protocollo, ma solo nelle more della rimozione, quali misure di manutenzione e custodia. Tali misure sono state imposte alla ricorrente con l’atto di diffida, ma la ricorrente non le ha eseguite.
5. Infine, con il terzo motivo, la ricorrente ha lamentato l’eccessiva onerosità della rimozione (perché implicherebbe una spesa di circa 40.00 Euro), nonché la disparità di trattamento rispetto a casi analoghi, dal momento nella stessa zona vi sarebbero altri edifici caratterizzati da coperture in cemento amianto, i quali, tuttavia, non sarebbero stati sanzionati dall’amministrazione.
Anche tale censura non può essere condivisa.
5.1. L’onerosità della rimozione – più presunta che provata, peraltro - non costituisce in ogni caso un vizio di legittimità dell’atto impugnato, tenuto altresì conto del lungo termine concesso alla ricorrente con l’atto di diffida del 2012 per provvedere all’incombente.
5.2. La disparità di trattamento è stata dedotta in ricorso in termini del tutto generici e apodittici. In ogni caso, l’eventuale esistenza di altri manufatti in analoghe condizioni non esonera la ricorrente dall’obbligo di bonifica del proprio manufatto, ma se mai l’autorizza a pretendere che il Comune si attivi in modo analogo anche in relazione a quei diversi manufatti.
6. In conclusione, alla stregua di tutte le considerazioni fin qui svolte, il ricorso va respinto.
7. Le spese di lite possono essere compensate tra le parti, avuto riguardo alla complessità tecnica delle questioni esaminate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 3 aprile 2014 con l'intervento dei magistrati:
Lanfranco Balucani, Presidente
Paola Malanetto, Primo Referendario
Ariberto Sabino Limongelli, Primo Referendario, Estensore
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/04/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)