Pres. De Maio Est. Fiale Ric. Consiglio
Urbanistica. Atto abilitativo edilizio e "disapplicazione"
Il giudice penale, allorquando accerta profili di illegittimità sostanziale di un titolo abilitativo edilizio, procede ad una identificazione in concreto della fattispecie sanzionata e non pone in essere alcuna “disapplicazzione" riconducibile all'art. 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E), né incide, con indebita ingerenza, sulla sfera riservata alla Pubblica Amministrazione, poiché esercita un potere che trova fondamento e giustificazione nella stessa previsione normativa incriminatrìce.
La non conformità dell'atto amministrativo alla normativa che ne regola l'emanazione, alle disposizioni legislative statali e regionali in materia urbanistico edilizia ed alle previsioni degli strumenti urbanistici può essere rilevata non soltanto se l'atto medesimo sia illecito, cioè frutto di attività criminosa ed a prescindere da eventuali collusioni dolose del soggetto privato interessato con organi dell'amministrazione. I1 sindacato del giudice penale, al contrario, è possibile tanto nelle ipotesi in cui l’emanazione dell'atto sia espressamente vietata in mancanza delle condizioni previste dalla legge, quanto in quella di mancato rispetto delle norme che regolano l'esercizio del potere.
Spetta in ogni caso ai giudice del merito, e non certo a quello del riesame di provvedimenti di sequestro, la individuazione, in concreto, di eventuali situazioni di buona fede e di affidamento incolpevole
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri
Magistrati: Camera di consiglio
Dott. DE MAIO Guido - Presidente - del 28/09/2006
Dott. TARDINO Vincenzo - Consigliere - SENTENZA
Dott. FIALE Aldo - Consigliere - N. 908
Dott. FRANCO Amedeo - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. SARNO Giulio - Consigliere - N. 21847/2006
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Consiglio Salvatore, n. a Cammarota il 2/02/1960;
avverso l'ordinanza 4/04/2006 del Tribunale per il riesame di Palermo;
Sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Aldo Fiale;
udito il Pubblico Ministero nella persona del Dott. FAVALLI Mario, che
ha concluso per l'annullamento senza rinvio della ordinanza impugnata
con restituzione dei beni all'avente diritto. In subordine:
annullamento con rinvio;
Uditi i difensori avv.ti Giannone Maurizio e Pitruzzella Giovanni, i
quali hanno concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso. FATTO E
DIRITTO
Il Tribunale di Palermo, con ordinanza del 4/04/2006, rigettava
l'istanza di riesame proposta da Consiglio Salvatore, legale
rappresentante della s.r.l. "IACEV", avverso il decreto 1/03/2006 con
il quale il G.I.P. di quel Tribunale aveva disposto il sequestro
preventivo di un'area di proprietà della società
anzidetta, sita nella località "Rocca Mezzomonreale" del
Comune di Palermo, e delle opere in corso di realizzazione sulla
stessa, in relazione all'ipotizzato reato di lottizzazione abusiva
(D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c).
Rilevava il Tribunale che:
- la s.r.l. "IACEV" aveva iniziato sull'area in questione lavori
finalizzati all'edificazione di un complesso di edilizia residenziale
pubblica costituito da 150 abitazioni;
- erano state già realizzate opere di spianamento e
sbancamento per complessivi mq. 9.000 di terreno, nonché
l'edificazione di due corpi di fabbrica; il primo con struttura di
fondazione ed una elevazione fuori terra in cemento armato della
superficie totale di mq. 330 ed il secondo, per analoga superficie, con
sola armatura metallica della fondazione;
- tutta l'attività anzidetta doveva considerarsi illecita,
poiché eseguita in relazione ad un programma costruttivo
dichiarato illegittimo dal TAR della Sicilia - Palermo con sentenza del
23 marzo 2005, "nonché attuata in specifico contrasto con le
previsioni di zonizzazione e/o di localizzazione dello strumento
generale di pianificazione non modificabili da piani urbanistici
attuativi". Avverso l'anzidetta ordinanza ha proposto ricorso il
Consiglio, il quale - sotto il profilo della violazione di legge - ha
lamentato l'incongrua disapplicazione di atti amministrativi legittimi,
alla quale il Tribunale sarebbe pervenuto sulla base di argomentazioni
che si porrebbero in contrasto con le disposizioni della L.R. Siciliana
n. 22 del 1996, art. 25, della L.R. n. 37 del 1985, art. 2, comma 3. Il
ricorso deve essere rigettato, perché infondato. 1. La
vicenda in esame è caratterizzata dalle seguenti scansioni
fattuali e procedimentali:
- La s.r.l. "IACEV" aveva richiesto al Comune di Palermo l'approvazione
di un progetto per la realizzazione di un programma costruttivo di 150
alloggi sociali, in quanto destinataria di un finanziamento ottenuto
(ai sensi della L. n. 457 del 1978) nell'ambito dell'edilizia
residenziale pubblica. - Il Comune di Palermo, con nota del 14/01/2002,
aveva comunicato a quella società "la necessità
di localizzare il programma edificatorio nelle zone individuate con la
delibera di indirizzo n. 225 adottata dal Consiglio comunale in data
3/08/1999", che escludeva la possibilità di realizzare
alloggi di edilizia sociale in zone destinate a verde agricolo.
- La s.r.l. "IACEV", con istanza presentata il 28/01/2002, richiedeva
all'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente la nomina di
un commissario ad acta, finalizzata all'approvazione del programma
costruttivo in via sostitutiva rispetto alla competenza comunale. - Il
commissario ad acta veniva nominato con decreto assessoriale n. 223 del
17/05/2002 e tale nomina veniva prorogata con decreti successivi: n.
674 del 28/08/2002, n. 1058 del 26/11/2002 e n. 246 del 27/02/2003.
- La medesima società presentava quindi (in data 31/10/2002)
un progetto ricadente interamente in zona agricola (E1) del vigente
P.R.G. altri tre progetti erano stati in precedenza respinti per la
demanialità ovvero per la destinazione a sede stradale di
alcune delle aree in essi ricomprese e lo stesso commissario, in
relazione a tale ultimo progetto, predisponeva la proposta n. 9 del
7/03/2003, avente ad oggetto l'approvazione dello stesso da parte del
Consiglio comunale in variazione dello strumento urbanistico generale.
- Il commissario, quindi, con delibera n. 108 del 23/04/2003, ritenuto
che il termine di 45 giorni assegnato al Consiglio comunale per
pronunciarsi sulla proposta fosse scaduto e che, pertanto, fosse
maturato il silenzio-assenso, dichiarava approvato il programma
costruttivo.
- Il Consiglio comunale di Palermo, con delibera adottata anch'essa in
data 23/04/2003, respingeva, invece, la proposta di deliberazione
inviata dal commissario, denegando la ritenuta maturazione del
silenzio-assenso, in quanto l'intervento progettato si poneva in
contrasto con una variante al piano regolatore generale, approvata con
delibera regionale n. 124 del 13/03/2002, che prevedeva nuovi
insediamenti abitativi nelle zone "C"; "B2" e "B3" e non invece in zona
"E1".
- Il Consiglio comunale di Palermo, con successiva delibera del
27/01/2004 (rettificata poi con nuova deliberazione del 6/10/2004),
annullava l'anzidetto provvedimento (la delibera n. 108 del 23/04/2003)
del commissario ad acta.
- L'Assessorato regionale, invece, con nota n. 4764 del 30/01/2004,
attestava che sul programma costruttivo si era formato il silenzio-
assenso, a causa della decorrenza dei termini prescritti dalla L.R. n.
22 del 1996, art. 25, comma 2.
- Alla stregua di tale attestazione, la stessa società, in
data 11/02/2004, formalizzava la D.I.A. per l'esecuzione dei lavori
sull'area assentita (D.I.A. alternativa alla concessione edilizia,
all'epoca prevista dalla L. n. 443 del 2001, art. 1, comma 6 - lett. c,
per "gli interventi sottoposti a concessione, se sono specificamente
disciplinati da piani attuativi che contengano precise disposizioni
plano-volumetriche, tipologiche, formali e costruttive, la cui
sussistenza sia stata dichiarata dal Consiglio comunale in sede di
approvazione degli stessi piani o di ricognizione di quelli vigenti)".
- Il settore urbanistica del Comune di Palermo, però, in
forza dell'intervenuto annullamento in via di autotutela dell'atto di
approvazione commissariale - con note del 19/03/2004 e del 27/04/2004 -
dichiarava la volontà dell'amministrazione comunale di non
sottoscrivere la convenzione urbanistica allegata al progetto
presentato dalla società.
- In data 28/05/2004 il Comune emanava un provvedimento di sospensione
dei lavori, sul rilievo che essi erano stati iniziati in assenza della
sottoscrizione della convenzione urbanistica. - Allo scadere del
termine di 60 giorni dalla notifica dell'ordine di sospensione dei
lavori, la s.r.l. "IACEV", ritenendo che quel provvedimento di
sospensione avesse perso efficacia a causa della mancata adozione di un
provvedimento sanzionatorio definitivo, riprendeva
l'attività di edificazione.
- La Regione Siciliana, con provvedimento dirigenziale del 3/08/2004
(adottato in conformità al voto 21/07/2004 del Consiglio
regionale dell'urbanistica), annullava la delibera 27/01/2004 con la
quale il Consiglio comunale di Palermo aveva annullato la delibera n.
108 del 23/04/2003 del commissario ad acta.
- Il TAR della Sicilia - sede di Palermo, con decisione del 7/10/2004
sospendeva l'esecutività di tutti i provvedimenti adottati
dal commissario ad acta la società, quindi sospendeva
nuovamente i lavori e poi, con sentenza del 23/03/2005, annullava tutti
gli atti relativi all'approvazione del programma costruttivo in
argomento e gli atti amministrativi consequenziali.
2. Quanto alla normativa applicata deve rilevarsi che:
La L.R. Siciliana 27 dicembre 1978, n. 71, art. 16 dispone che:
"1. I Comuni con popolazione superiore a 15 mila abitanti sono tenuti
entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge, all'adozione
di piani per l'edilizia economica e popolare ai sensi della L. 18
aprile 1962, n. 167, e successive modifiche ed integrazioni.
2. All'adozione di detti piani sono tenuti, altresì, i
Comuni indicati con decreto dell'assessore regionale per il territorio
e l'ambiente, allorché ricorrano le condizioni previste
dalla L. 18 aprile 1962, n. 167, art. 1, comma 3.
3. L'estensione delle zone da includere nei piani è
determinata in relazione alle esigenze dell'edilizia economica e
popolare per un decennio e non può essere inferiore al 40
per cento e superiore al 70 per cento di quella necessaria a soddisfare
il fabbisogno complessivo di edilizia abitativa del periodo
considerato. 4. Nei rimanenti Comuni i fabbisogni di edilizia
residenziale pubblica, convenzionata e agevolata, da realizzare a
favore dei soggetti previsti dalla L. 22 ottobre 1971, n. 865, art. 35
devono essere soddisfatti mediante programmi costruttivi da attuare con
la procedura di cui alla predetta L. 22 ottobre 1971, n. 865, art. 51
salvo quanto disposto dal comma seguente.
5. Nell'ambito della Regione Siciliana, la disposizione di cui alla L.
22 ottobre 1971, n. 865, art. 51, comma 3, è sostituita
dalla seguente:
"La deliberazione del Consiglio comunale è adottata entro
trenta giorni dalla richiesta formulata dagli aventi diritto e diventa
esecutiva dopo che sia stata riscontrata legittima da parte della
commissione provinciale di controllo".
6. I piani per l'edilizia economica e popolare redatti in
conformità delle previsioni degli strumenti urbanistici
generali, e salvi i casi previsti alle lettere a), b), c), d) del
precedente art. 12 sono approvati dai Comuni e diventano esecutivi dopo
il riscontro di legittimità della commissione provinciale di
controllo. 7. In tutti gli altri casi l'approvazione dei piani
è demandata all'assessorato regionale del territorio e
dell'ambiente, che provvede nel termine massimo di tre mesi dalla
presentazione dei piani.
La L.R. Siciliana 28 gennaio 1986, n. 1, art. 5 dispone a sua volta:
"1. I Comuni di cui all'art. 2, non dotati di strumenti necessari per
la localizzazione degli alloggi o sprovvisti di sufficienti aree
nell'ambito dei piani di zona adottati, sono tenuti all'approvazione di
programmi costruttivi ai sensi della L.R. 27 dicembre 1978, n. 71, art.
16 nei modi e nei termini previsti dai commi successivi. 2. La
delimitazione delle aree costituenti il programma costruttivo
è effettuata dal Comune a mezzo del proprio ufficio tecnico.
3. La deliberazione di approvazione del programma costruttivo
è pubblicata in un giorno festivo successivo alla data del
provvedimento e diviene esecutiva dopo il riscontro di
legittimità da parte della commissione provinciale di
controllo. 4. Qualora le aree comprese nei programmi costruttivi
ricadano in zone vincolate ai sensi della L. 29 giugno 1939, n. 1497,
il parere della competente Soprintendenza deve essere reso entro il
termine di due mesi dalla richiesta.
5. Trascorso infruttuosamente tale termine, il parere si intende
espresso favorevolmente.
6. I programmi costruttivi di cui al presente articolo sono adottati
dai Comuni, anche in variante degli strumenti urbanistici vigenti,
entro quattro mesi dall'entrata in vigore della presente legge ove
risultino esaurite le aree destinate all'espansione edilizia. 7. I
programmi di cui al precedente comma, anche se in variante, possono
essere redatti senza la preventiva autorizzazione dell'Assessorato
regionale del territorio e dell'ambiente. 8. I programmi costruttivi
sono dimensionati per un fabbisogno nel biennio successivo alla
adozione del piano pari al numero degli alloggi da costruire in ciascun
Comune.
9. L'approvazione dei programmi costruttivi comporta la dichiarazione
di pubblica utilità, urgenza e indifferibilità
delle opere in essi contenute.
10. I Comuni, entro novanta giorni dalla comunicazione del programma,
sono tenuti a localizzare le aree entro cui procedere alla costruzione
degli alloggi.
11. In caso di inosservanza dei termini previsti al comma 6 del
presente articolo, entro i trenta giorni successivi l'Assessore
regionale per il territorio e l'ambiente è tenuto a nominare
un commissario ad acta, che procederà agli adempimenti
relativi, entro i successivi sessanta giorni.
La L.R. Siciliana 6 aprile 1996, n. 22, art. 25 prescrive poi:
1. La L.R. 6 maggio 1981, n. 86, art. 2 è così
sostituito:
"Art. 2.
Snellimento di procedure per l'edilizia di tipo economico-popolare. 1.
Limitatamente all'utilizzazione dei finanziamenti assegnati per la
realizzazione di interventi di edilizia sovvenzionata, convenzionata e
convenzionata-agevolata, i Comuni che seppur obbligati a dotarsi di
piani di zona o programmi costruttivi ne siano ancora privi o non
dispongano di sufficienti aree all'interno degli stessi, sono tenuti ad
approvare i programmi costruttivi di cui alla L.R. 28 gennaio 1986, n.
1, art. 5 con le procedure, i termini e le modalità previste
dal medesimo articolo.
2. Il programma è sottoposto ad approvazione dell'Assessore
regionale per il territorio e per l'ambiente, che decide anche
prescindendo dal parere del Consiglio regionale dell'urbanistica.
Decorsi quarantacinque giorni dal ricevimento dell'istanza, in caso di
silenzio il programma si intende approvato.
3. Qualora risultino esaurite od insufficienti le zone residenziali di
espansione previste dagli strumenti urbanistici vigenti, limitatamente
all'utilizzazione delle risorse finanziarie in qualunque forma
destinate entro il 31 dicembre 1996 alla realizzazione di interventi di
edilizia sovvenzionata, convenzionata e convenzionata-agevolata, i
programmi costruttivi di cui al precedente comma 1 possono interessare
zone destinate a verde agricolo contigue ad insediamenti abitativi e
suscettibili di immediata urbanizzazione.
4. In presenza di piano di zona adottato, i programmi costruttivi di
cui al comma 1 devono allocarsi prioritariamente all'interno dello
stesso piano. Nel caso in cui lo schema di massima del Piano regolatore
generale approvato abbia individuato le aree relative alla formazione
del piano di zona, i programmi costruttivi devono essere allocati
prioritariamente all'interno delle stesse aree. 5. Gli enti ed i
soggetti interessati all'edilizia di cui al comma 1 possono presentare
al Comune programmi costruttivi muniti di studi geologici ai fini
dell'approvazione da parte del consiglio comunale, che vi provvede
entro il termine di quarantacinque giorni. 6. È abrogato,
della L.R. 19 giugno 1982, n. 55, art. 9, il comma 1. 3. Il TAR della
Sicilia - sede di Palermo, con l'anzidetta sentenza del 23/03/2005, di
annullamento degli atti relativi all'approvazione del programma
costruttivo in argomento e dei provvedimenti consequenziali, ha svolto
le seguenti argomentazioni:
a) "Il commissariamento regionale relativo all'approvazione dei
programmi costruttivi della L.R. n. 22 del 1996, ex art. 25 non
può spogliare i Comuni siciliani dei poteri propri in tema
di programmazione urbanistica fino al punto da rendere irrilevante il
contrasto di tali programmi con gli strumenti urbanistici vigenti e,
nella fattispecie, con le delibere consiliari nn. 187/96, 232/97 e
225/99 (del Comune di Palermo: n.d.r.) che prevedono l'allocazione di
detti programmi costruttivi nel centro storico, stante già
la riduzione oltre ogni limite del verde agricolo previsto dal piano
regolatore generale.
Pertanto, l'impugnato decreto assessoriale di nomina del commissario
adacta, al fine di proporre al Consiglio comunale l'approvazione del
programma costruttivo della società IACEV in area di verde
agricolo, o di approvare esso stesso il programma in caso di omessa
pronuncia dell'organo comunale, si appalesa illegittimo, laddove si
evince l'obbligo di approvare in ogni caso detto programma nell'area
scelta dalla nominata società secondo proprie soggettive
valutazioni, ritenute dal Consiglio comunale non compatibili con le
previsioni del P.R.G. e delle diverse linee programmatiche contenute
nelle delibere avanti citate nonché nella delibera n.
293/1992, con cui è stato previsto la redazione di un piano
di settore compatibile con le risorse del territorio nel rispetto di un
equilibrio tra aree verdi ed eventuali nuove aree di espansione
edilizia".
b) La L.R. n. 71 del 1978, art. 27 stabilisce che la durata in carica
del commissario ad acta non può eccedere il termine di tre
mesi, salvo proroga fino a dodici mesi per giustificati motivi in
rapporto alla complessità degli atti da compiere.
Nella specie il decreto di proroga n. 674 del 28/08/2002 è
intervenuto dopo la scadenza dei tre mesi dalla prima nomina
(coincidente con il 26 agosto), laddove non è giuridicamente
configurabile una proroga che intervenga su un atto ormai scaduto di
efficacia, poiché l'effetto di estendere il termine di
efficacia di un atto amministrativo deve intervenire nella piena
vigenza ed efficacia dell'atto su cui il provvedimento di proroga si
salda, costituendo con questo un unicum temporale.
Da ciò deriva "l'illegittimità del decreto
assessoriale n. 674/2002 e, per derivazione, anche dei successivi
decreti di proroga nonché degli atti adottati sulla base di
tali decreti".
c) La nomina del commissario ad acta, intervenuta con il primo decreto
assessoriale n. 223 del 17/05/2002, era finalizzata all'approvazione
del programma costruttivo ed all'assegnazione della relativa area di
impianto con riferimento alla domanda avanzata dalla s.r.l. "IACEV" il
28/01/2002. Il provvedimento del commissario, invece, è
stato emesso in seguito a successive istanze di localizzazione del
programma in area diversa.
Ciò integra il vizio di "eccesso di potere per sviamento",
in quanto al commissario non era stato conferito alcun potere per
l'adozione di un programma costruttivo da realizzarsi in area diversa
da quella in relazione alla quale era stato attivato e disposto
l'intervento commissariale medesimo.
d) Nella specie risultano violate sia la L.R. n. 22 del 1996 sia la
variante generale del P.R.G. del Comune di Palermo, approvata con
delibera regionale n. 124 del 13/03/2002, dal momento che detta
variante di piano ha specificamente previsto delle aree da destinare ad
edilizia sovvenzionata, sicché, alla data dell'adozione
della delibera commissariale di approvazione (23/04/2003), non
sussistevano i presupposti individuati dalla stessa L.R. n. 22 del
1996, art. 25, comma 3, per l'applicazione della normativa derogatoria
sulla cui base può essere consentita l'edificazione in area
destinata a verde agricolo (non risultavano, cioè, "esaurite
od insufficienti le zone residenziali di espansione previste dagli
strumenti urbanistici vigenti").
4. Tenuto anche conto delle anzidetto argomentazioni svolte dal giudice
amministrativo, il Tribunale del riesame, nell'ordinanza costituente
oggetto del presente ricorso, ha affermato che:
- l'attività edificatoria della s.r.l. "IACEV" è
stata intrapresa nella vigenza di uno strumento pianificatorio
attuativo e di atti amministrativi illegittimi, nonché
realizzata in specifico contrasto con le previsioni di zonizzazione e/o
di localizzazione dello strumento generale di pianificazione comunale;
- l'invalidazione degli atti amministrativi di approvazione del
programma costruttivo determina la carenza di un provvedimento
amministrativo legittimante l'attività di trasformazione del
terreno agricolo in zona destinata all'edilizia residenziale pubblica,
posta in essere dalla società "IACEV" in violazione delle
previsioni urbanistiche dello strumento di pianificazione generale del
Comune;
- sussiste, pertanto, il fumus dell'ipotizzato reato di lottizzazione
abusiva (che può realizzarsi sia quando manchi un
provvedimento di autorizzazione sia quando questo esista ma contrasti
con le prescrizioni degli strumenti urbanistici), legittimante il
mantenimento del vincolo reale e non può trovare ingresso,
in sede di valutazione del disposto sequestro preventivo, l'indagine
relativa all'elemento psicologico del reato di natura contravvenzionale
(la colpa), sottratta alla cognizione limitata del giudice del riesame
e devoluta alla pienezza dei poteri conoscitivi del giudice del merito;
- la situazione dianzi delineata rende superflua l'ulteriore
valutazione riferita alla mancata stipulazione della convenzione
prevista dalla L. n. 865 del 1971, art. 35 ed all'incidenza del non-
perfezionato convenzionamento sull'efficacia e
sull'esecutività dello stesso programma costruttivo.
5. Il ricorrente ha prospettato:
a) la piena legittimità ed efficacia del programma
costruttivo in oggetto, in seguito alla rituale formazione del
silenzio-assenso regionale sulla delibera commissariale, ai sensi della
L.R. n. 86 del 1981, art. 2, comma 2, come modificato dalla L.R. n. 22
del 1996, art. 25. Tale programma costruttivo legittimamente avrebbe
introdotto prescrizioni in variante allo strumento urbanistico generale;
b) l'incongrua "disapplicazione" del programma costruttivo medesimo, da
parte del Tribunale del riesame.
Secondo la prospettazione difensiva, l'atto amministrativo, pure quando
si ponga in contrasto diretto con la norma che lo regola,
può dare luogo a disapplicazione da parte del giudice
ordinario soltanto se sia frutto di attività criminosa. Il
sindacato del giudice penale è possibile soltanto
nell'ipotesi di "inesistenza" del potere dell'organo che ha emanato il
provvedimento amministrativo e tale ipotesi si configura
allorché l'emanazione dell'atto sia espressamente vietata in
mancanza delle condizioni formali e sostanziali previste dalla legge;
detto sindacato non è consentito, invece, nell'ipotesi di
mancato rispetto delle norme che, regolando l'esercizio del potere,
determinano solo invalidità. Nella specie, i vizi
evidenziati dal TAR "non hanno natura criminosa ma al più
possono rilevare in termini di invalidità". c) la legittima
ripresa dell'attività edilizia, da parte della s.r.l.
"IACEV", una volta scaduto il termine (60 giorni) di efficacia
dell'ordinanza di sospensione dei lavori senza che fosse stato adottato
un provvedimento di annullamento del titolo autorizzativo. 6. A fronte
di tali contestazioni difensive, va rilevato che - secondo la
giurisprudenza costante di questa Corte Suprema - nei procedimenti
incidentali aventi ad oggetto provvedimenti di sequestro:
- la verifica delle condizioni di legittimità della misura
da parte del Tribunale non può tradursi in una anticipata
decisione della questione di merito concernente la
responsabilità degli indagati in ordine al reato o ai reati
oggetto di investigazione, ma deve limitarsi al controllo di
compatibilita tra fattispecie concreta e fattispecie legale ipotizzata,
mediante una valutazione prioritaria ed attenta della
antigiuridicità penale del fatto (Cass. Sez. Unite,
7/11/1992, ric. Midolini);
- l'accertamento della sussistenza del "fumus commissi delicti" va
compiuto sotto il profilo della congruità degli elementi
rappresentati, che non possono essere censurati in punto di fatto, per
apprezzarne la coincidenza con le reali risultanze processuali, ma che
vanno valutati così come esposti, al fine di verificare se
essi consentono di sussumere l'ipotesi formulata in quella tipica. Il
Tribunale, dunque, non deve instaurare un processo nel processo, ma
svolgere l'indispensabile ruolo di garanzia, tenendo nel debito conto
le contestazioni difensive sull'esistenza della fattispecie dedotta ed
esaminando sotto ogni aspetto l'integralità dei presupposti
che legittimano il sequestro" (Cass., Sez. Un., 29/01/1997, n. 23, ric.
P.M. in proc. Bassi e altri).
6.1 Il Tribunale di Palermo, nella specie, si è attenuto ai
principi anzidetti e - con le argomentazioni razionali e coerenti di
cui si è dato conto dianzi - ha ravvisato correttamente il
fumus dell'ipotizzato reato di lottizzazione abusiva (quanto meno sotto
il profilo dell'esistenza di un provvedimento attuativo di
pianificazione inficiato da vizi genetici, contrastante con le
prescrizioni del P.R.G. ed inidoneo ad apportare ad esso varianti).
È vero che la L.R. Siciliana 28 gennaio 1986, n. 1, art. 5
prevede espressamente, al comma 6, la possibilità, per i
Comuni, di adottare i programmi costruttivi "anche in variante degli
strumenti urbanistici vigenti", ma il potere di variare le scelte
urbanistiche effettuate nel piano generale è limitata alle
sole situazioni (diverse da quella che ci occupa) in cui "risultino
esaurite le aree destinate all'espansione edilizia".
6.2 Ciò travolge anche la legittimità della
D.I.A. formalizzata in data 11/02/2004, in quanto l'attuale
formulazione del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 22, comma 3 come
sostituito dal D.Lgs. 27 dicembre 2002, n. 301, art. 1, comma 1 - lett.
a), che, in seguito alla delega conferita al Governo dalla L. n. 443
del 2001, art. 1, comma 14, ha provveduto ad introdurre nel T.U.
dell'edilizia "le modifiche strettamente necessarie" per adeguarlo alle
disposizioni di cui al medesimo art. 1 di quella legge, commi da 6 a 13
consente di fare ricorso alla DIA, alternativamente al permesso di
costruire ed in base alla scelta discrezionale dell'interessato, per
"gli interventi di nuova costruzione o di ristrutturazione urbanistica
qualora siano disciplinati da piani attuativi comunque denominati, ivi
compresi gli accordi negoziali aventi valore di piano attuativo, che
contengano precise disposizioni plano-volumetriche, tipologiche,
formali e costruttive, la cui sussistenza sia stata esplicitamente
dichiarata dal competente organo comunale in sede di approvazione degli
stessi piani o di ricognizione di quelli vigenti".
Nella specie, esclusa la ravvisabilità dell'esistenza di un
valido piano attuativo avente le caratteristiche dianzi enunciate, i
lavori risultano eseguiti, quindi, in assenza di qualsiasi titolo
abilitativo ed è inutile discettare circa la
legittimità della prosecuzione degli stessi una volta
scaduta l'efficacia temporale dell'ordinanza comunale di sospensione.
6.3 Quanto alla lamentata illegittimità della
"disapplicazione", da parte del giudice penale, di provvedimenti
amministrativi emessi in materia edilizia, può farsi rinvio
alle ampie argomentazioni svolte in proposito da questa Sezione con la
sentenza 21/03/2006, ric. Di Mauro ed altro, che il Collegio
integralmente condivide. Appare sufficiente ricordare al riguardo, per
esigenze di concisione, che le Sezioni Unite - con la sentenza
12/11/1993, ric. Borgia - hanno affermato che "al giudice penale non
è affidato alcun sindacato sull'atto amministrativo, ma
questi, nell'esercizio della potestà penale, è
tenuto ad accertare la conformità tra ipotesi di fatto
(opera eseguendo o eseguita) e fattispecie legale (identificata dalle
disposizioni legislative statali e regionali in materia
urbanistico-edilizia, dalle previsioni degli strumenti urbanistici e
dalle prescrizioni del regolamento edilizio).
Il complesso di tali disposizioni, previsioni e prescrizioni, tutte
insieme considerate, costituisce il parametro organico per
l'accertamento della liceità o dell'illiceità
dell'opera edilizia e ciò in quanto l'oggetto della tutela
penale apprestata dalla L. n. 47 del 1985, art. 20 oggi D.P.R. n. 380
del 2001, art. 44 non è più - come nella L. n.
1150 del 1942 - il bene strumentale del controllo e della disciplina
degli usi del territorio, bensì la salvaguardia degli usi
pubblici e sociali del territorio medesimo". In questa prospettiva,
nell'ipotesi di realizzazione di opere di trasformazione del territorio
in violazione dell'anzidetto parametro di legalità
urbanistica ed edilizia, il giudice non deve concludere per la mancanza
di illiceità penale solo perché siano stati
emanati titoli amministrativi abilitanti: titoli siffatti, invero, non
sono idonei "a definire esaurientemente lo statuto urbanistico ed
edilizio dell'opera realizzanda senza rinviare al quadro delle
prescrizioni degli strumenti urbanistici... Nè il limite al
potere di accertamento penale del giudice può essere posto
evocando l'enunciato della L. 20 marzo 1865, n. 2248, art. 5, allegato
E), in quanto tale potere non è volto ad incidere sulla
sfera dei poteri riservati alla Pubblica Amministrazione, e quindi ad
esercitare un'indebita ingerenza, ma trova fondamento e giustificazione
in una esplicita previsione normativa, la quale postula la
potestà del giudice di procedere ad un'identificazione in
concreto della fattispecie sanzionata".
In seguito a tale intervento delle Sezioni Unite ed alla successiva
evoluzione interpretativa, ritiene questo Collegio di dovere ribadire i
principi secondo i quali:
a) il giudice penale, allorquando accerta profili di
illegittimità sostanziale di un titolo abilitativo edilizio,
procede ad una identificazione in concreto della fattispecie sanzionata
e non pone in essere alcuna "disapplicazione" riconducibile alla L. 20
marzo 1865, n. 2248, art. 5, allegato E), ne' incide, con indebita
ingerenza, sulla sfera riservata alla Pubblica Amministrazione,
poiché esercita un potere che trova fondamento e
giustificazione nella stessa previsione normativa incriminatrice;
b) la non-conformità dell'atto amministrativo alla normativa
che ne regola l'emanazione, alle disposizioni legislative statali e
regionali in materia urbanistico-edilizia ed alle previsioni degli
strumenti urbanistici può essere rilevata non soltanto se
l'atto medesimo sia illecito, cioè frutto di
attività criminosa, ed a prescindere da eventuali collusioni
dolose del soggetto privato interessato con organi
dell'amministrazione. Il sindacato del giudice penale, al contrario,
è possibile tanto nelle ipotesi in cui l'emanazione
dell'atto sia espressamente vietata in mancanza delle condizioni
previste dalla legge quanto in quelle di mancato rispetto delle norme
che regolano l'esercizio del potere (e, nella specie, gli evidenziati
vizi del programma costruttivo riguardano, come si è detto,
gli stessi presupposti dell'esercizio del potere). c) spetta in ogni
caso al giudice del merito, e non certo a quello del riesame di
provvedimenti di sequestro, la individuazione, in concreto, di
eventuali situazioni di buona fede e di affidamento incolpevole.
7. L'ulteriore approfondimento e la compiuta verifica restano demandati
- in conclusione - ai giudici del merito ma, allo stato, a fronte dei
prospettati elementi, della cui sufficienza in sede cautelare non
può dubitarsi, le argomentazioni svolte dal ricorrente non
valgono certo ad escludere la legittimità della misura
adottata. Il ricorso, per tutte le argomentazioni dianzi svolte, deve
essere rigettato, con la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione;
visti gli artt. 607, 127 e 325 c.p.p.;
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 28
settembre 2006.
Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2006