Cass. Sez. III n. 18481 del 13 aprile 2017 (Ud 9 feb 2017)
Presidente: Savani Estensore: Rosi Imputato: Francesco
Urbanistica.Disciplina antisismica ed ordine di demolizione

Il potere-dovere del giudice di ordinare, ai sensi dell'art. 23 L. 2 febbraio 1974 n. 64, ora sostituito dall'art. 98 d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, la demolizione dell'immobile in caso di condanna per i reati previsti dalla stessa legge sussiste con riferimento alle violazioni sostanziali, ovvero per la inosservanza delle norme tecniche, e non anche per le violazioni meramente formali, quali l'omesso preavviso e la mancanza di autorizzazione preventiva


RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza pronunciata ai sensi dell'art.444 c.p.p. il Tribunale di Paola ha condannato Francesco Cairo alla pena, previa concessione delle attenuanti generiche ed applicata la diminuzione prevista dal rito, dell'ammenda di euro 400,00 con ordine di demolizione delle relative opere edilizie e rimessione in pristino dello stato dei luoghi a cura e spese dell'imputato, per aver realizzato in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, svariati manufatti in area sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale e sismico senza l'autorizzazione da parte del competente ufficio tecnico regionale prevista le zone sismiche in violazione dell'art.95 DPR 380/2001, nonchè senza la redazione di un progetto esecutivo, senza la direzione di un professionista abilitato e senza la preventiva denuncia all'Ufficio del Genio Civile in violazione degli artt. 53, 64, 65 comma 1°, 71 e 72 del medesimo DPR. Contestualmente alla suddetta pronuncia è stato, con separata ordinanza, disposto lo stralcio del procedimento relativo al reato di cui d.lgs. 42/2004 punito dall' art. 44 comma 1 lett. C DPR 380/1981 per aver realizzato le opere suddette in assenza dell'autorizzazione della competente autorità amministrativa. Avverso la sentenza l'imputato ha proposto ricorso in Cassazione svolgendo due ordini di motivi. Con il primo motivo deduce l'illegittimità dell'ordine di demolizione e di riduzione in pristino impartito dal giudice in quanto inapplicabile alle opere realizzate in cemento armato in assenza di progetto esecutivo e di direzione di un tecnico abilitato, tenuto peraltro conto dell'estinzione del reato di costruzione abusiva per intervenuto permesso di costruire. Deduce peraltro il ricorrente che con riferimento alla zona sismica su cui insistono i manufatti l'ordine di demolizione avrebbe potuto trovare applicazione solo in presenza di violazioni sostanziali, inerenti l'inosservanza di specifiche norme tecniche, non sussistenti nella fattispecie e comunque sanate dalla concessione in sanatoria rilasciata in data 3.7.2013 dal Servizio tecnico della Regione Calabria, ex Genio Civile, solo dopo aver acquisito l'autorizzazione dell'autorità regionale preposta alla tutela del vincolo ex L 64/74, e senza che il giudice abbia fatto applicazione dell'art.98 DPR 380/2001 che consente, in alternativa all'abbattimento, di impartire prescrizioni per rendere le opere conformi alle norme sismiche.

2. Con il secondo motivo di ricorso il Cairo lamenta l'abnormità del provvedimento impugnato nella parte in cui viene disposto lo stralcio dal procedimento del reato di cui al capo b) dell'imputazione relativo alla mancanza di autorizzazione da parte del competente ufficio amministrativo, nonostante il conseguito certificato di compatibilità paesaggistico-ambientale in assenza di nuove volumetrie, il quale imponeva, avendo determinato l'estinzione del reato, una pronuncia di proscioglimento.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo non può ritenersi fondato.
Ai sensi dell'art. 98, comma 3, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), per le opere realizzate in violazione della normativa antisismica di cui al Capo IV il giudice, con la sentenza di condanna, ordina la demolizione delle opere stesse, o in alternativa all'abbattimento, impartisce, qualora l'opera possa essere messa in sicurezza, prescrizioni per renderla conforme alle norme sismiche se ancora non sia stata altrimenti eseguita. Siccome l'art. 445, comma 1 bis, cod. proc. pen.  equipara la sentenza emessa a seguito di 'patteggiamento' alla sentenza di condanna, l'ordine di demolizione di un manufatto abusivo di cui all'art. 98, comma 3, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 va disposto anche in caso di applicazione della pena concordata dalle parti. In proposito questa Corte (ex plurimis, Sez. 3, n. 6128 del 20/01/2016 - dep. 15/02/2016, P.G. in proc. Apicella, Rv. 266285; Sez. 3, n. 44948 del 07/10/2009, P.G. in proc. Ascenzi e altro, Rv. 245212) ha precisato che non assume rilievo il fatto che l'ordine di demolizione non abbia formato oggetto dell'accordo intercorso tra le parti, in quanto esso costituisce atto dovuto per il giudice, non suscettibile di valutazioni discrezionali, sottratto alla disponibilità delle parti stesse e di cui l'imputato deve tenere conto nell'operare la scelta del patteggiamento; l'ordine di demolizione è un provvedimento dovuto, privo di contenuto discrezionale, se non il alternativa all'abbattimento, e necessariamente consequenziale alla sentenza di condanna o ad altra alla stessa equiparata; pertanto non è disponibile dalle parti in sede di patteggiamento. Conseguentemente detto ordine va disposto anche se mancante nella richiesta (Sez. 3, n. 64 del 14/01/1998, Corrado, Rv. 210128; Sez. 3, n. 24087 del 07/03/2008, Caccioppoli, Rv. 240539).
In applicazione dei principi ermeneutici univocamente fissati da questa Corte in tema di disciplina delle costruzioni in zona sismica, secondo cui il potere-dovere del giudice di ordinare, ai sensi dell'art. 23 L. 2 febbraio 1974 n. 64, ora sostituito dall'art. 98 d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, la demolizione dell'immobile in caso di condanna per i reati previsti dalla stessa legge sussiste con riferimento alle violazioni sostanziali, ovvero per la inosservanza delle norme tecniche, e non anche per le violazioni meramente formali, quali l'omesso preavviso e la mancanza di autorizzazione preventiva (Sez. 3, n. 6371 del 07/11/2013 - dep. 11/02/2014, De Cesare, Rv. 258899; Sez. 3, n. 40985 del 07/11/2006 - dep. 15/12/2006, Rigano, Rv. 235411), il Tribunale ha correttamente impartito l'ordine di demolizione in considerazione del fatto che, al di là dell'omessa denuncia dei lavori e successiva autorizzazione del competente ufficio tecnico della Regione, le opere in esame erano state comunque realizzate in assenza di un progetto esecutivo redatto da un tecnico abilitato, costituente a tutti gli effetti violazione incidente sulla realizzazione tecnica del manufatto.
Quanto all'ordine di riduzione in pristino, è evidente che si tratti di una superfetazione, ovverosia di un rafforzamento espresso in termini impropri dell'ordine di demolizione già impartito: essendo state infatti stralciate dal procedimento in esame le violazioni di natura paesaggistica, l'imputato non può essere passibile di ordine di riduzione in pristino stato.

2. In ordine al secondo motivo va rilevato che l'ordinanza con cui è stato disposto lo stralcio del procedimento relativo ad altro capo di imputazione non è ricorribile in Cassazione, non costituendo un provvedimento di natura decisoria.
Il motivo è pertanto inammissibile ai sensi dell'art. 591 c.p.p., comma 1, lett. b), essendo stato proposto avverso un provvedimento non impugnabile. Infatti, avverso l'ordinanza con la quale il Tribunale abbia disposto lo stralcio, e dunque la separazione dei procedimenti, non è previsto alcun mezzo di impugnazione, sicché la stessa non è ricorribile per cassazione, stante il principio di tassatività vigente in materia di impugnazioni ex art. 568 c.p.p., comma 1. Inoltre tale provvedimento, non può neppure essere qualificato quale atto abnorme, caratteristica che ne consentirebbe l'impugnazione anche al di fuori dei casi stabiliti dalla legge, trattandosi di un'ordinanza espressamente prevista dall'art. 521 cit., sicché la stessa non può essere considerata un provvedimento avulso dal sistema processuale, sebbene errato, ovvero espressione dell'esercizio da parte del giudice di un potere non riconosciutogli dall'ordinamento, condizioni necessarie perché il provvedimento possa configurarsi come abnorme (cfr. sez. Un. 26.3.2009 n. 25957, P.M. in proc. Toni, RV 243590).
Segue all'esito del ricorso la condanna del ricorrente, a norma dell'art.616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali e di una somma equitativannente liquidata in favore della Cassa delle Ammende

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2.000 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso il 2.2.2017