Cass. Sez. III n. 14644 del 9 aprile 2024 (CC13 mar 2024)
Pres. Ramacci Est. Scarcella Ric. Sessa 
Urbanistica.Permesso di costruire in deroga

Il permesso di costruire in deroga non è un atto dovuto, ma costituisce oggetto di esercizio di poteri discrezionali, che devono comparare l'interesse alla realizzazione dell'opera con molteplici altri interessi, quali quello urbanistico, edilizio, paesistico, ambientale. Questo significa che l'eventuale sussistenza dei presupposti di cui all'art. 14 d.P.R. 380 del 2001 per il rilascio del titolo edilizio in deroga, costituisce condizione minima necessaria ma non certo sufficiente al fine dell'assentibilità del richiesto intervento, permanendo in capo al Comune - in una situazione diversa dalla sanatoria - un'ampia discrezionalità circa l'an stesso ed il quomodo della prestazione dell'eventuale assenso. L'art. 14 citato non consente, invero, di ipotizzare alcuna abdicazione del Comune alla sua istituzionale potestà pianificatoria, sì da rendere l'approvazione della deroga, ove pure ammissibile (ciò che qui non è), pressoché obbligatoria, spettando al contrario all'amministrazione comunale la valutazione - autonoma e largamente discrezionale - necessaria a giustificare sul piano urbanistico la deroga, per il caso singolo, alle regole poste dallo strumento vigente. 


RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 5 ottobre 2023, il Tribunale del riesame di Salerno rigettava l’appello cautelare proposto nell’interesse di SESSA GIOVANNI quale legale rappresentante della società SESSA GROUP UNIPERSONALE s.r.l. avverso l’ordinanza di rigetto dell’istanza di revoca del sequestro preventivo emessa dal GIP del Tribunale di Nocera Inferiore in data 21 luglio 2023, avente ad oggetto l’area sita in via Aldo Moro del Comune di Mercato San Severino e delle opere ivi esistenti realizzate dalla predetta società in virtù di permesso di costruire in deroga n. 15 del 28/03/2022, ipotizzando il fumus dei reati di cui agli artt. 323 e 110, cod. pen., 31 e 44, lett. b), d.P.R. n. 380 del 2001, contestati secondo le modalità esecutive e spazio – temporali meglio descritte nei capi di imputazione, nonché il periculum richiesto per il sequestro impeditivo, atteso che, essendo le opere ancora in corso di ultimazione, il vincolo cautelare si imponeva per evitare che i reati venissero portati a conseguenze ulteriori attraverso il completamento dei lavori ed anche la successiva vendita delle unità immobiliari realizzate in violazione della normativa edilizia/urbanistica. 

2. Avverso l’ordinanza impugnata nel presente procedimento, il predetto ha proposto ricorso per cassazione tramite il proprio difensore di fiducia, munito di procura speciale, deducendo due motivi, di seguito sommariamente indicati. 

2.1. Deduce, con il primo motivo, il vizio di violazione di legge in relazione all’art. 14, Tu Edilizia in relazione agli artt. 323, cod. pen. e 44, Tu Edilizia.
In sintesi, si duole il ricorrente per aver il giudice dell'appello cautelare ritenuto l'edificio in sequestro non come un edificio pubblico o di interesse pubblico, di tal che non poteva essere assentito in deroga agli strumenti urbanistici generali a norma dell'articolo 14 del testo unico dell'edilizia, aggiungendo come l'indiscutibile interesse pubblico che investe il complessivo intervento urbanistico programmato con il project financing sull'intera area ARC 6, di cui la particella 2474 fa parte, potesse permeare per osmosi l'intervento di natura esclusivamente privatistica afferente la realizzazione su tale particella di un edificio per civile abitazione ed attività commerciali, il quale andava pertanto assentito nel rispetto, e non in deroga, della strumentazione urbanistica vigente. Si contesta, pertanto, l'affermazione del Tribunale secondo cui emergerebbe una macroscopica illegittimità del permesso di costruire che apparirebbe dirimente ai fini del mantenimento del vincolo. Secondo la difesa, tali conclusioni non potrebbero essere condivise fondandosi su un'errata applicazione delle norme di legge, e ciò sotto un duplice profilo: anzitutto, poiché la qualificazione di interesse pubblico di cui all'articolo 14 del testo unico dell'edilizia può applicarsi anche all'edilizia privata a prescindere dall'adozione dello strumento del project financing; in secondo luogo, perché l'indiscutibile interesse pubblico del complessivo intervento urbanistico programmato con il project financing costituisce una scelta amministrativa ampiamente discrezionale che investe l'intero progetto dal quale l'opera sotto sequestro non può essere scorporata. Richiamato il disposto dell'articolo 14 del testo unico dell'edilizia nonché una prima circolare interpretativa del Ministero dei lavori pubblici, la n. 3210 del 28 ottobre 1967 che aveva operato una prima estensione del concetto di interesse pubblico, si contesta l'affermazione del Tribunale del riesame che, basandosi su tale dato normativo, sarebbe pervenuta alla conclusione per la quale l'edificio in sequestro non è un edificio pubblico o di interesse pubblico, atteso che l'edilizia privata non viene citata nell'elenco esemplificativo richiamato dalla circolare. Tale conclusione, tuttavia, sostiene la difesa, muoverebbe in realtà da una lettura parziale e ormai superata del disposto del citato articolo 14, essendo infatti mutato il quadro normativo e giurisprudenziale in oltre cinquant'anni dalla circolare richiamata. Si cita a tal proposito una successiva circolare, la n. 25/M del 25 febbraio 1970 in cui, specificando il concetto di interesse pubblico, si osserva come lo stesso non dovesse essere inteso come interesse collettivo o generale ma come interesse qualificato dalla sua rispondenza a fini perseguiti dall'amministrazione stessa. In altri termini, l'interpretazione diretta a considerare la corrispondenza tra lo specifico scopo perseguito con l'opera da edificare in deroga agli strumenti urbanistici con un interesse assunto come proprio dalla Pubblica Amministrazione, secondo la difesa, avrebbe orientato negli anni successivi la giurisprudenza largamente prevalente in materia. Si citano in ricorso, a titolo esemplificativo, alcune decisioni della giurisprudenza amministrativa che hanno evidenziato la necessità di un nesso tra la destinazione dell'edificio e l'interesse pubblico specifico perseguito dalla pubblica amministrazione, con specifico riferimento alla situazione del singolo oggetto della richiesta di deroga, dovendosi pertanto in tale prospettiva ermeneutica ritenere come edificio di interesse pubblico ogni manufatto edilizio idoneo per caratteristiche intrinseche o per destinazione funzionale a soddisfare interessi di rilevanza pubblica. Analogamente, una ulteriore decisione del Tar Piemonte, che ha chiarito alcuni aspetti relativi al rilascio del permesso di costruire in deroga per gli edifici privati disciplinato dal cosiddetto decreto sviluppo, sconfesserebbe la tesi secondo cui un edificio residenziale, come quello che è stato realizzato e che si trova attualmente sotto sequestro, non sia né possa essere di interesse pubblico, tesi che risulta contrastante con il quadro normativo vigente. Proprio richiamando l'articolo 5, commi da 9 a 14 del cosiddetto Decreto sviluppo, si osserva come il Legislatore abbia voluto ampliare la portata dell'articolo 14 del testo unico dell'edilizia sia sotto il profilo oggettivo, atteso che tra i limiti derogabili sono ricomprese anche le destinazioni d'uso, sia sotto il profilo soggettivo, attesa la deroga non solo per gli edifici e impianti pubblici, ma anche per gli interventi di riqualificazione urbana realizzati da privati in quanto considerati di interesse generale per il perseguimento di obiettivi urbanistici. Ne discenderebbe, pertanto, che anche un intervento funzionale al raggiungimento di scopi di carattere lucrativo potrebbe astrattamente soddisfare esigenze di carattere pubblico o di pubblica utilità. Richiamata a tal proposito giurisprudenza amministrativa, si ribadisce in ricorso come il permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanistici può essere rilasciato per qualsivoglia tipologia di edificio anche privato purché soddisfi anche solo indirettamente o funzionalmente un interesse pubblico, con la conseguenza che può essere rilasciato un permesso di costruire in deroga per edifici privati quando esista un bilanciamento tra interessi pubblici e la convenienza del privato a riqualificare, come sostenuto da giurisprudenza amministrativa richiamata in ricorso. 

2.2. Deduce, con il secondo motivo, il vizio di violazione di legge in relazione all’art. 14, Tu Edilizia in relazione agli artt. 183, d. lgs. n. 50 del 2016 e 323, cod. pen. e 44, Tu Edilizia.
In sintesi, si sostiene che il giudice dell'appello cautelare avrebbe errato nel sostenere che l'interesse pubblico che pacificamente investe il complessivo intervento urbanistico, programmato con il project financing sull’intera area ACR 6, non includa anche l'intervento edilizio in fieri che insiste su una parte di quella stessa area corrispondente alla particella 2474. Richiamata la delibera n. 10 del 2019 con la quale il Consiglio comunale ha dichiarato l'intero progetto di pubblico interesse, comprendendovi dunque l'intervento a destinazione residenziale insistente sulla particella 2474, e sottolineato come solo a seguito della predetta delibera è stato rilasciato il permesso di costruire n. 15 del 2022 in deroga sulla particella 2474 facente parte di quel medesimo progetto di pubblico interesse, si osserva come, nel caso di specie, non vi sarebbe stata – come invece sostenuto dal Tribunale del riesame - una operazione osmotica tesa ad estendere il pubblico interesse ad un intervento edilizio privato esterno, quanto piuttosto una dichiarazione di pubblico interesse che già in origine, ed antecedentemente al rilascio del permesso di costruire in deroga, comprendeva all'interno di quel progetto anche l'opera attualmente in sequestro. In sostanza, secondo la difesa, vi sarebbe un errore di fondo che vizia la decisione impugnata, ossia l’aver valutato le opere di cui al permesso di costruire in deroga in modo atomistico e non quale parte essenziale di un più grande progetto di finanza, senza considerare che la mancata realizzazione delle opere di cui al permesso di costruire in deroga avrebbe un effetto caducante sull'intero project financing. Richiamata a tal proposito giurisprudenza amministrativa, si sottolinea come la struttura complessa della procedura di project financing enuclea due serie procedimentali strutturalmente autonome ma univocamente interdipendenti sotto il profilo funzionale, ossia una prima, di selezione del progetto di pubblico interesse, e, una seconda, di gara di evidenza pubblica sulla base del progetto dichiarato di pubblica utilità. In tale contesto, la fase preliminare sarebbe connotata da un'amplissima discrezionalità amministrativa intesa alla valutazione di un interesse pubblico che giustifichi alla stregua della programmazione delle opere pubbliche l'accoglimento della proposta formulata dal promotore, come sostenuto dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato. Ne consegue, quindi, che la dichiarazione di pubblico interesse sarebbe stata correttamente adottata con una delibera di Consiglio comunale in conformità alla disciplina degli articoli 183, comma 15 del D.lgs. n. 50 del 2016 e dell'articolo 14 del Testo Unico dell'Edilizia. Erroneamente invece i giudici del riesame avrebbero proceduto motu proprio ad uno scorporo di una parte del progetto destinato all'edilizia privata non previsto e non consentito dalle norme che regolano il project financing, per giungere ad una definizione di pubblico interesse non conforme alla legge.

3. Il Procuratore Generale presso questa Corte, con requisitoria scritta del 2 febbraio 2024, cui si è richiamato in sede di discussione orale, ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
In particolare, richiamata la giurisprudenza di questa Corte in tema di misure cautelari reali, il PG ritiene che alla luce dei principi giurisprudenziali, non sussistono dubbi sulla pertinenza del bene e sulla astratta sussumibilità dei reati ipotizzati nei confronti degli indagati (reato di cui agli artt. 81, 110 e 323 c.p. e reato di cui agli artt. 110 c.p., 31 e 44 lett. b) DPR 380/2001) né vizi motivazionali rilevabili in questa sede. Nel ricorso si lamenta il mancato riconoscimento dell’interesse pubblico dell’edificio sequestrato, seppur facente parte dell’intervento urbanistico approvato in deroga ai vincoli urbanistici ai sensi dell’articolo 14 DPR 380/01. Orbene, nel caso di specie è necessario premettere alcune considerazioni sul significato di “interesse pubblico” ai sensi del citato articolo 14. La disposizione in esame prevede che possano essere realizzati in deroga ai “vincoli urbanistici vigenti” gli edifici pubblici, ovvero gli edifici e gli impianti di interesse pubblico. Per quanto riguarda gli edifici e gli impianti di interesse pubblico, ai fini dell’applicazione della deroga, si intendono quegli edifici che, indipendentemente dalla qualità dei soggetti che li realizzano, sono destinati a soddisfare finalità di carattere generale. Tuttavia, l’interesse pubblico non deve essere inteso in senso figurativo come interesse collettivo o generale. La giurisprudenza ha optato per un’interpretazione più ristretta. Invero, per interesse pubblico, ai fini della deroga, si intende quell’intervento che per caratteristiche intrinseche o per la sua destinazione funzionale, è designato a soddisfare uno specifico e qualificato interesse dell'amministrazione pubblica. È possibile quindi che un intervento privato possa ritenersi realizzabile “in deroga”, tuttavia, si richiederà che l’opera da realizzare soddisfi un interesse pubblico. Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 2761/15, del 5 giugno 2015, ha stabilito che la nozione di interesse pubblico prescinde dalla natura pubblica o privata del bene ed ha a riferimento l'esistenza di una "fruibilità collettiva" compatibile anche con la destinazione commerciale degli edifici. E' pertanto legittimo un permesso di costruire in deroga alla pianificazione vigente qualora il "sacrificio" delle previsioni pianificatorie abbia un peso comparativamente minimo rispetto ai miglioramenti che ne derivano in relazione ad una serie di interessi pubblici anch'essi affidati alla cura dell'amministrazione locale, quali: il recupero di un edificio storico, l'accessibilità e fruibilità al pubblico del medesimo, l'entrata di notevoli risorse finanziarie straordinarie per il Comune, l'attivazione di investimenti privati con incremento occupazionale, il consolidamento dei servizi offerti al mercato internazionale. Ha poi chiarito che: “Non è necessario che l’interesse pubblico attenga al carattere pubblico dell’edificio o del suo utilizzo, ma è sufficiente che coincida con gli effetti benefici per la collettività che dalla deroga potenzialmente derivano, in una logica di ponderazione e contemperamento calibrata sulle specificità del caso, ed esulante da considerazioni meramente finanziarie”. Con sentenza n. 616 del 28 gennaio 2022, ha più di recente stabilito il seguente principio: “ll permesso di costruire in deroga di cui all’art. 14 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 è un istituto di carattere eccezionale rispetto all’ordinario titolo edilizio e rappresenta l’espressione di un potere ampiamente discrezionale che si concretizza in una decisione di natura urbanistica, da cui trova giustificazione la necessità di una previa delibera del Consiglio comunale; in particolare, in tale procedimento il Consiglio comunale è chiamato ad operare una comparazione tra l’interesse pubblico al rispetto della pianificazione urbanistica e quello del privato ad attuare l’interesse costruttivo; peraltro, come ogni altra scelta pianificatoria, la valutazione di interesse pubblico della realizzazione di un intervento in deroga alle previsioni dello strumento urbanistico è espressione dell’ampia discrezionalità tecnica di cui l’Amministrazione dispone in materia e dalla quale discende la sua sindacabilità in sede giurisdizionale solo nei ristretti limiti costituiti dalla manifesta illogicità e dall’evidente travisamento dei fatti”. Secondo la giurisprudenza amministrativa, pertanto, la Pubblica Amministrazione deve effettuare una valutazione che, sia pur svincolata da precise linee guida nell’acclarare la sussistenza di un interesse pubblico, dovrà allinearsi, giocoforza, agli specifici scopi e progetti dell’amministrazione comunale. Nel caso di richiesta di un permesso di costruire in deroga per un manufatto privato, tale allineamento dell’interesse pubblico, con gli scopi istituzionali locali, dovrà con tutta evidenza essere valutato con maggiore rigore, atteso il carattere eccezionale della deroga. Detta valutazione, rientrante nella discrezionalità tecnica dell’Amministrazione, potrà essere sindacata in sede giurisdizionale in caso sia manifestamente illogica o basata su un evidente travisamento dei fatti. L’articolo 14 co. 1 bis DPR 380/01 prevede, poi, l’attività di ristrutturazione in deroga agli strumenti urbanistici “limitatamente alle finalità di rigenerazione urbana, di contenimento del consumo del suolo e recupero urbano e sociale ed urbano dell’insediamento fermo restando, nel caso di insediamenti commerciali, [a] quanto disposto dall’articolo 31, comma 2, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214”. Infine, si sottolinea che il mero interesse pubblico dell’opera non implica sic et simpliciter l’applicazione della deroga prevista ai sensi dell’art. 14 DPR 380/01, posto che presuppone l’esistenza di una impossibilità oggettiva per rispettare i vincoli urbanistici vigenti. Definito concisamente l’ambito di applicazione della nozione di “interesse pubblico” di cui all’art. 14 DPR 380/01, si evidenzia come l’ordinanza del Tribunale di Salerno non si presta a censure di illegittimità, allorché sostiene che la realizzazione di una costruzione a “destinazione residenziale” non può essere considerata di pubblico interesse sol per essere ricompresa nel progetto della ditta appaltatrice, in mancanza di una concreta esplicitazione di tale interesse, nei limiti di cui si è detto, nel provvedimento amministrativo, e che non rileva il fatto, affermato dalla difesa, che la realizzazione dell’edificio destinato a civile abitazione sarebbe servito a finalizzare il progetto del palazzetto sportivo con l’impiego dei proventi delle vendite delle unità immobiliari nell’acquisto del materiale e nella realizzazione di tutti i lavori connessi. Di conseguenza, non assume rilievo in questa sede la doglianza del ricorrente circa la valutazione atomistica fatta dal Tribunale dell’ampio progetto di finanza, posto che nell’ordinanza impugnata si rappresenta che la costruzione dell’opera di edilizia privata non poteva essere asseverata, dato il palese contrasto con la normativa di settore, senza l’individuazione, da parte dell’Amministrazione di un effettivo interesse per la collettività, che nella specie non risulta emergere in maniera puntuale e conforme ai principi giurisprudenziali enunciati, in relazione alla realizzazione dell’edificio oggetto di sequestro nei provvedimenti amministrativi di autorizzazione in deroga ai sensi dell’art. 14 DPR 380/01. Nell’ordinanza si richiamano, peraltro, le riserve circa la concessione dell’opera privata emerse anche in sede di Commissione Urbanistica. Dall’istruttoria del Tribunale [pagina 4 dell’ordinanza] si legge come l’Ing. Fimiani, anch’egli indagato nel presente procedimento, rassicurò la Commissione circa la fattibilità dell’opera privata, nonostante alcuni consiglieri avessero esplicitamente sottolineato l’illegittimità dell’operazione di realizzazione su suolo pubblico una struttura privata. Si ricorda, infine che la giurisprudenza di legittimità ha stabilito che “ai fini della configurabilità del reato di esecuzione di lavori "sine titulo" di cui all'art. 44, comma 1, d.P.R. n. 380 del 2001, non può ritenersi sufficiente che il permesso di costruire in base al quale sono state realizzate le opere sia stato successivamente revocato o annullato, in sede amministrativa o giurisdizionale, dovendosi invece accertare se quel titolo fosse già in origine illegittimo per il contrasto con la disciplina normativa e di pianificazione del territorio” (Sez. 3, Sentenza n. 37475 del 13/06/2019, Rv. 277672 – 01). La Corte in tale occasione ha ribadito che la “macroscopica illegittimità” del permesso di costruire, pur non costituendo una condizione essenziale perché sia integrato il reato sul piano oggettivo, rappresenta un significativo indice sintomatico della sussistenza dell’elemento soggettivo dell'illecito. Nella specie nell’ordinanza impugnata si ribadisce che la chiara destinazione ad edilizia privata della struttura contrasta con la deroga di cui all’articolo 14 DPR 380/01 e che in quanto tale non poteva essere in origine asseverata risultando così ab origine illegittimo sul punto il permesso a costruire. Alla luce delle superiori considerazioni non si ritiene che l’ordinanza impugnata presenti vizi di legittimità o lacune e/o illogicità motivazionali tali da avere ingresso in questa sede.

4. L’avv. Fabio Picarella, in replica alla requisitoria del PG, in sede di discussione orale si è richiamato alla memoria depositata in data 29 febbraio 2024, cui è allegata la delibera del Consiglio Comunale di Mercato S. Severino n. 10 del 27.02.2019, insistendo nell’accoglimento del ricorso. 

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso, trattato oralmente a seguito della richiesta del 23 gennaio 2024 di discussione orale ai sensi dell’art. 24, d.l. n. 137 del 2020 e successive modifiche ed integrazioni, deve essere rigettato.  

2. I motivi, da trattarsi congiuntamente attesa l’intima connessione dei profili di doglianza ad essi sottesa, sono invero complessivamente infondati. 
La questione giuridica posta dal ricorso attiene alla possibilità di applicare, nel caso in esame, la disciplina del c.d. permesso di costruire in deroga, previsto dall’art. 14, TU Edilizia. 
L’intervento edilizio di cui si discute concerne i lavori di edificazione del nuovo Palazzetto dello Sport del Comune di Mercato San Severino (SA). Segnatamente, secondo l’imputazione provvisoria, l’abuso edilizio sarebbe consistito nella realizzazione di un immobile destinato a edilizia privata, realizzato nella zona ARC-6, assentito in base a permesso di costruire in deroga n. 15 del 28.03.2022. Secondo la difesa, in sintesi, tale permesso di costruire ben avrebbe potuto essere rilasciato in quanto la qualificazione di interesse pubblico di cui all’art. 14 citato potrebbe applicarsi anche all’edilizia privata a prescindere dall’adozione dello strumento di project financing, e, in secondo luogo, perché è lo stesso tribunale ad aver affermato l’indiscutibile interesse pubblico del complessivo intervento urbanistico programmato con il project financing, che costituisce una scelta amministrativa ampiamente discrezionale che investe l’intero progetto, dal quale l’opera sequestrata non potrebbe essere scorporata. Anche un intervento funzionale al raggiungimento di scopi di carattere lucrativo può astrattamente soddisfare esigenze di carattere pubblico e/o di pubblica utilità. 

3. La tesi sostenuta dalla difesa, pur suggestiva, non ha tuttavia pregio. 
Ed invero, va premesso che in relazione alla qualifica di edificio di interesse pubblico di cui all'art. 14 Tu edilizia si è discusso, soprattutto in passato, se vi rientrassero unicamente edifici ed impianti realizzati dalla stessa Amministrazione o anche opere eseguite da parte di privati, purché comunque soddisfacessero il requisito dell'interesse generale. Ad un iniziale orientamento restrittivo (Cons. Stato, Sez. V, 12 marzo 1988 n. 2) è seguita una tendenziale “apertura” estesasi fino a ricomprendere tra gli edifici di interesse pubblico tutte le strutture atte a soddisfare — per caratteristiche intrinseche o per destinazione funzionale — bisogni di rilevanza collettiva, anche se realizzate da privati (cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 20 dicembre 2013 n. 6163). La giurisprudenza amministrativa è orientata nel senso di ritenere che ai fini dell'adozione di un permesso di costruire in deroga ex art. 14 t.u. edilizia non è necessario che l'interesse pubblico attenga al carattere pubblico dell'edificio o del suo utilizzo, ma è sufficiente che coincida con gli effetti benefici per la collettività che dalla deroga potenzialmente derivano, in una logica di ponderazione e contemperamento calibrata sulle specificità del caso (Cons. St., sez. IV, 05/06/2015, n.2761). 

4. Il problema posto dalla vicenda in esame, tuttavia, riguarda una questione ben precisa, ossia se “un edificio per civile abitazione ed attività commerciali”, qual è quello oggetto del permesso di costruire in deroga di cui si discute, possa essere assentito in deroga attraverso l’utilizzo dello strumento normativo di cui all’art. 14, Tu edilizia. 
È ben vero che la deliberazione del consiglio comunale n. 10 del 27.02.2019, ha approvato la proposta di deliberazione dell’Ing. Fimiani redatta in data 21.02.2019, in cui veniva dichiarata la sussistenza dell’interesse pubblico del progetto presentato dalla società. E’ tuttavia altrettanto vero che la tesi del ricorrente circa l'applicabilità dell'istituto al caso di specie muove da una distorsione prospettica, sol se si valuti che: a) si tratta di un istituto di natura eccezionale, in quanto la disciplina generale (d.P.R. n. 380 del 2001, art. 12, comma 1) stabilisce che il permesso di costruire sia rilasciato "in conformità alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico - edilizia vigente" e l'esercizio della deroga viene quindi ad incidere sull'uniforme applicazione della disciplina urbanistica nella zona dove si prevede l'intervento; b) "la particolarità dell'istituto, la sua natura sostanzialmente discrezionale e le possibili conseguenze che il suo utilizzo può determinare sul programmato assetto del territorio hanno indotto il legislatore a prevederne l'applicazione solo in casi eccezionali, delimitandone in modo puntuale l'ambito di operatività allo scopo evidente di evitare che un uso poco accorto dell'istituto (in realtà spesso verificatosi) si risolvesse, nella pratica, in un surrettizio aggiramento della pianificazione" (Sez. 3, n. 16591 del 31/03/2011, Rv. 250153 – 01). 
Da ultimo, risulta pure del tutto dequotata la questione della natura pubblica (o di interesse pubblico) dell'immobile in argomento in considerazione che ove pure così fosse, la concessione in deroga non è un atto dovuto, ma costituisce oggetto di esercizio di poteri discrezionali, che devono comparare l'interesse alla realizzazione dell'opera con molteplici altri interessi, quali quello urbanistico, edilizio, paesistico, ambientale (T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. II, 3/11/2022, n.3096). Questo significa che l'eventuale sussistenza dei presupposti di cui all'art. 14 d.P.R. 380 del 2001 per il rilascio del titolo edilizio in deroga, costituisce condizione minima necessaria ma non certo sufficiente al fine dell'assentibilità del richiesto intervento, permanendo in capo al Comune - in una situazione diversa dalla sanatoria - un'ampia discrezionalità circa l'an stesso ed il quomodo della prestazione dell'eventuale assenso. L'art. 14 citato non consente, invero, di ipotizzare alcuna abdicazione del Comune alla sua istituzionale potestà pianificatoria, sì da rendere l'approvazione della deroga, ove pure ammissibile (ciò che qui non è), pressoché obbligatoria, spettando al contrario all'amministrazione comunale la valutazione - autonoma e largamente discrezionale - necessaria a giustificare sul piano urbanistico la deroga, per il caso singolo, alle regole poste dallo strumento vigente. 

5. Tanto premesso in linea generale, l'art. 14 del d.P.R. n. 380 del 2001 riferisce la deroga esclusivamente ai limiti di densità edilizia, di altezza e di distanza tra i fabbricati di cui alle norme di attuazione degli strumenti urbanistici generali ed esecutivi; da qui il corollario che, fuori dei limiti indicati dall'art. 14, viene a configurarsi un'ipotesi di variante urbanistica, la cui approvazione è soggetta a specifica disciplina (cfr. Sez. 3, cit., rimarcando che "la deroga non può incidere sulle scelte di tipo urbanistico e Cons. Stato, sez. IV, 28.9.2009, n. 5847, che, con riferimento alle disposizioni poi confluite nell'art. 14 cit., ha affermato che gli articoli "che disciplinano la possibilità di rilasciare concessioni edilizie in deroga ai piani regolatori ed alle norme di regolamento edilizio, vanno interpretati restrittivamente, nel senso che tali deroghe non possono travolgere le esigenze di ordine urbanistico a suo tempo recepite nel piano, con la conseguenza che non possono essere oggetto di deroga le destinazioni di zona che attengono all'impostazione stessa del piano regolatore generale e ne costituiscono le norme direttrici")" (T.a.r. Sicilia, sez. st. Catania, sez. II, n. 2890 del 2015 e giurisprudenza ivi citata). 

6. In tale contesto – esclusa la rilevanza delle denunciate violazioni del codice degli appalti riguardanti il contratto di concessione in favore della società ricorrente, che, come ricorda il Tribunale, non è stato sequestrato e che non rivestono dunque direttamente la realizzazione dell’edificio in esame, e fatti ulteriormente salvi gli accertamenti nella sede di merito finalizzati all’effettiva verifica delle violazioni delle disposizioni di cui agli artt. 7, 8 e 9 DM 2 aprile 1968, n. 1444, che, come evidenzia ilTtribunale, a fronte delle opposte prospettazioni di natura esclusivamente tecnica delle parti necessitano di accertamenti peritali, non esperibile in fase cautelare, ma che, se provati, confermerebbero l’illegittimità del ricorso allo strumento in deroga, tenuto conto della chiara previsione dell’art. 14, comma 3 citato “La deroga, nel rispetto delle norme igieniche, sanitarie e di sicurezza, può riguardare esclusivamente i limiti di densità edilizia, di altezza e di distanza tra i fabbricati di cui alle norme di attuazione degli strumenti urbanistici generali ed esecutivi, nonché le destinazioni d'uso ammissibili, fermo restando in ogni caso il rispetto delle disposizioni di cui agli articoli 7, 8 e 9 del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444” – non può ritenersi erronea in diritto l’affermazione del giudice collegiale della cautela che ha ritenuto non assentibile in deroga agli strumenti urbanistici generali né finalizzato a soddisfare un pubblico interesse, l’edificio per civile abitazione di cui si discute, ancorché inserito in un complessivo intervento urbanistico programmato con il project financing sull’intera area ARC 6, di cui la p.lla 2474 fa parte. 
I giudici di merito, assai opportunamente, ritengono che l’interesse pubblico riguardante il complessivo intervento urbanistico di cui si discute non potesse permeare per osmosi l’intervento di natura esclusivamente privatistica afferente alla realizzazione sulla predetta particella di “un edificio per civile abitazione ed attività commerciali”, che andava quindi assentito nel rispetto e non in deroga della strumentazione urbanistica vigente, trattandosi di edificio, aggiunge questa Corte, finalizzato a soddisfare esclusivamente un interesse privato (edificio a destinazione residenziale), interesse dunque distonico rispetto a quello “pubblico” che solo consente il rilascio di un permesso di costruire in deroga, la cui ricomprensione nel project financing non vale ad alterarne la natura privatistica.  
Si è quindi in presenza di quella “macroscopica illegittimità del permesso di costruire in deroga” che rappresenta, come evidenzia il Tribunale e come ritiene anche il PG nella sua requisitoria (osservando assai opportunamente come “Nel caso di richiesta di un permesso di costruire in deroga per un manufatto privato, tale allineamento dell’interesse pubblico, con gli scopi istituzionali locali, dovrà con tutta evidenza essere valutato con maggiore rigore, atteso il carattere eccezionale della deroga”), un indice sintomatico della sussistenza dell’elemento soggettivo dell’illecito in capo sia ai pubblici funzionari che in capo alla società, che – si legge nell’ordinanza impugnata – certamente non poteva rivendicare la propria buona fede ed un incolpevole affidamento nella realizzazione di un edificio privato assentito in deroga agli strumenti urbanistici generali in quanto ritenuto di pubblico interesse (Sez. 3, n. 37475 del 13/06/2019, Rv. 277672 – 01).

7. Da ultimo, infine, non meno rilevante è la circostanza – che dovrà essere oggetto di approfondimento nella naturale sede di merito – secondo cui l’art. 14 TU edilizia, impone una particolare limitazione in merito alla concessione del permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanistici generali. Tale limitazione impone, in particolare, al Consiglio Comunale di osservare quanto statuito dalle disposizioni contenute nel d. lgs n. 42/04 (codice dei beni culturali e del paesaggio), che ha abrogato il d. lgs n. 490/99 richiamato dal primo comma del Testo Unico dell’edilizia. 
Orbene, nel caso in esame, risulta pacificamente dalla delibera del Consiglio Comunale di Mercato S. Severino n. 10 del 27.02.2019, prodotta in allegato dalla difesa, che “la realizzazione dell’opera necessita di autorizzazione paesaggistica, in quanto parte di essa ricade in aree tutelate per legge, ai sensi dell’art. 142 lettera c) del citato D. Lgs. 42/2004”, questione su cui la difesa non si è soffermata in ricorso e che, pertanto, costituirebbe un ulteriore ostacolo alla praticabilità della procedura seguita, non risultando dagli atti valutabili da questa Corte se sia stata rilasciata l’autorizzazione paesaggistica, come pure nella delibera citata era stato specificato. Quanto sopra, pertanto, quantomeno allo stato, in difetto di elementi conoscitivi da parte di questa Corte, costituisce un ulteriore elemento ostativo alla legittimità del titolo abilitativo in deroga, rafforzativo della correttezza dell’approdo cui sono pervenuti i giudici del riesame laddove hanno qualificato in termini di macroscopica illegittimità l’intervento edilizio di cui si discute. 
Da quanto sopra, pertanto, consegue la attuale configurabilità – rebus sic stantibus - del fumus degli ipotizzati illeciti penali oggetto dell’imputazione cautelare. 

8. Il ricorso deve essere pertanto rigettato, con condanna della società ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, il 13 marzo 2024