Cass. Sez. III n. 43594 del 17 novembre 2022 (UD 4 ott 2022)
Pres. Andreazza Est. Corbetta Ric. Fanale
Urbanistica.Responsabilità di un coniuge per il reato edilizio materialmente commesso dall'altro

La responsabilità di un coniuge per il reato edilizio materialmente commesso dall'altro può essere rilevata sulla base di oggettivi elementi di valutazione, quali il comune interesse all'edificazione, il regime di comunione dei beni, l'acquiescenza all'esecuzione dell'intervento, la presenza sul luogo di esecuzione dei lavori, l'espletamento di attività di controllo sull'esecuzione dei lavori, la presentazione di istanze o richieste concernenti l'immobile o l'esecuzione di attività indicative di una partecipazione all'attività illecita.


RITENUTO IN FATTO

1. Con l’impugnata sentenza, la Corte di appello di Palermo confermava la pronuncia emessa dal Tribunale di Palermo e appellata dall’imputato, la quale aveva condannato  Salvatore Fanale alla pena ritenuta di giustizia, subordinando la sospensione condizionale della pena all’adempimento dell’impartito ordine di demolizione, per una serie di violazioni al d.P.R. n. 380 del 2001, come contestate ai capi A), B) e C) dell’editto accusatorio, accertate il 9 febbraio 2015.

2. Avverso l’indicata sentenza, l’imputato, tramite il difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.
2.1. Con il primo motivo si deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. in relazione agli artt. 40 cpv., 110 cod. pen., 3, lett. e), 10, 29, 31, 44, lett. b), d.P.R. n. 380 del 2001. Lamenta il difensore che la Corte di merito avrebbe confermato la sentenza di primo grado con motivazione insufficiente, valorizzando unicamente il fatto che il Fanale fosse il comproprietario dell’immobile e che egli non ha provato di non essere a conoscenza dei lavori. Aggiunge il ricorrente che l’art. 29 d.P.R. n. 380 del 2001, tra i soggetti titolari di una posizione di garanzia rispetto alla corretta edificazione dell’opera, non ricomprende anche la figura del proprietario.
2.2. Con il secondo motivo si eccepisce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. Evidenzia il difensore che la motivazione sarebbe intrinsecamente contraddittoria laddove, per un verso, ha confermato la penale responsabilità del Fanale, e, dall’altra, ha assolto la moglie del ricorrente, che pure era comproprietaria, sul presupposto che tale status non è sufficiente per l’affermazione della penale responsabilità.
2.3. Con il terzo motivo si censura la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. in relazione all’art. 192, comma 2, cod. proc. pen. Nel riprendere le argomentazioni dei motivi precedenti, il difensore ribadisce che la qualità di proprietario, unitamente alla mancanza di prova circa la non conoscenza dei lavori, non è sufficiente per l’affermazione della penale responsabilità, perché ciò comporta un’inammissibile inversione dell’onere della prova; oltre a ciò, ad avviso del difensore l’affermazione di responsabilità sarebbe contraddittoria rispetto a quanto emerso dall’istruttoria di primo grado.
2.4. Con il quarto motivo si lamenta la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. in relazione all’art. 165 cod. pen., per avere i giudici di merito subordinato la sospensione condizionale della pena all’esecuzione dell’ordine di demolizione, posto che il lastrico solare è in comunione pro indiviso con la famiglia Boccone.


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

2. I primi tre motivi, afferenti all’affermazione della penale responsabilità, sono inammissibili perché fattuali e generici.

3. Occorre ricordare che, in tema di responsabilità per abuso edilizio del proprietario (o comproprietario) dell'area non formalmente committente, la costante giurisprudenza di questa Corte richiede la disponibilità di indizi e presunzioni gravi, precise e concordanti che sono stati individuati, ad esempio, nella piena disponibilità, giuridica e di fatto, della superficie edificata e dell'interesse specifico ad effettuare la nuova costruzione (principio del cui prodest); nei rapporti di parentela o di affinità tra l'esecutore dell'opera abusiva ed il proprietario; nell'eventuale presenza in loco del proprietario dell'area durante l'effettuazione dei lavori; nello svolgimento di attività di materiale vigilanza sull'esecuzione dei lavori; nella richiesta di provvedimenti abilitativi anche in sanatoria; nel particolare regime patrimoniale fra coniugi o comproprietari; nella fruizione dell'opera secondo le norme civilistiche dell'accessione ed in tutte quelle situazioni e quei comportamenti, positivi o negativi, da cui possano trarsi elementi integrativi della colpa e prove circa la compartecipazione, anche morale, all'esecuzione delle opere, tenendo presente pure la destinazione finale della stessa.
Si è precisato, inoltre, che grava sull'interessato l'onere di allegare circostanze utili a convalidare la tesi che si tratti di opere realizzate da terzi a sua insaputa e senza la sua volontà (così Sez. 3 n. 35907 del 29/05/2008, Calicchia, non massimata, che riporta anche gran parte degli esempi sopra indicati e ampi richiami a precedenti pronunce; in senso conforme Sez. 3, n. 38492 del 19/5/2016, Avanzato, Rv. 268014; Sez. 3, n. 52040 del 11/11/2014, Langella e altro, Rv. 261522; Sez. 3, n. 44202 del 10/10/2013, Menditto, Rv. 257625; Sez. 3, n. 25669 del 30/5/2012, Zeno, Rv. 253065).

4. Con specifico riferimento al rapporto di coniugio, se è vero che la compartecipazione di un coniuge nel reato materialmente commesso dall'altro non può essere desunta dalla mera qualità di comproprietario, ai sensi dell’art. 192 cod. proc. pen., ai fini di una responsabilità concorsuale possono rilevare i seguenti elementi: il fatto che entrambi i coniugi siano proprietari del suolo su cui è stato realizzato l'edificio abusivo e che entrambi abbiano interesse alla violazione dei sigilli per completare l'opera al fine di trasferire la loro residenza (Sez. 3 n. 28526 del 30/5/2007, Mele, non massimata); l'abitare nel luogo ove si è svolta l'attività illecita di costruzione; l'assenza di manifestazioni di dissenso; il comune interesse alla realizzazione dell'opera (Sez. 3 n. 23074 del 16/4/2008, Di Meglio, non massimata); la comunione dei beni, quale regime patrimoniale dei coniugi; lo svolgimento di attività di vigilanza dell'esecuzione dei lavori; la richiesta di provvedimenti abilitativi in sanatoria e la presenza in loco all'atto dell'accertamento (Sez. 3 n. 40014 del 18/9/2008, Mangione, non massimata).

5. Tali principi sono stati ribaditi in pronunce più recenti (Sez. 3, n. 49719 del 25/09/2019, Campagna, Rv. 277469, Sez. 3, n. 51489 del 18/9/2018, Bellu, Rv. 274108, non massimata sul punto), in cui si è affermato che la responsabilità di un coniuge per il reato edilizio materialmente commesso dall'altro può essere rilevata sulla base di oggettivi elementi di valutazione, quali il comune interesse all'edificazione, il regime di comunione dei beni, l'acquiescenza all'esecuzione dell'intervento, la presenza sul luogo di esecuzione dei lavori, l'espletamento di attività di controllo sull'esecuzione dei lavori, la presentazione di istanze o richieste concernenti l'immobile o l'esecuzione di attività indicative di una partecipazione all'attività illecita.

6. Ciò posto, deve rilevarsi che la sentenza impugnata risulta perfettamente allineata ai principi dinanzi menzionati, avendo fondato l'affermazione di responsabilità penale del ricorrente sulla base di elementi fattuali, opportunamente valorizzati, perfettamente coincidenti a quelli indizianti individuati dalla giurisprudenza di questa Corte.
Diversamente da quanto opinato dal difensore, i giudici di merito, in maniera convergente, hanno affermato la penale responsabilità del Fanale valorizzando non solo lo status di proprietario delle opere, ma una serie di elementi fattuali puntualmente indicati, ossia: la presenza del Fanale, al momento del sopralluogo, unitamente agli operai intenti nei lavori e, nell’occasione, l’imputato non fu in grado di esibire il permesso di costruire o altra documentazione di tipo autorizzato in relazione all’opera realizzata, che, pertanto, venne sequestrata e affidata in custodia al Fanale stesso; la circostanza, riferita dal teste Alamia - uno degli operari che effettuarono i lavori abusivi – peraltro emerge dalla sentenza di primo grado (cfr. p. 5), che era stato proprio l’imputato a commissionargli la sostituzione di una tettoia per conto della di lui suocera e di una zia e che l’acconto per la realizzazione dell’opera gli era stato consegnato proprio dal Fanale.
Sulla base di questi elementi di fatto, congiuntamente valutati, la Corte di merito, in maniera non certo implausibile, ha correttamente ravvisato, ai sensi dell’art. 110 cod. pen., la diretta e consapevole compartecipazione dell’imputato nella realizzazione dell’opera abusiva.

7. Il quarto motivo è manifestamente infondato.
7.1. La Corte di appello, nel pervenire alla gravata conclusione, si è attenuta ai principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui, in tema di violazioni urbanistiche, il giudice può subordinare la sospensione condizionale della pena inflitta alla demolizione dell'opera eseguita, avendo tale ordine, alla stregua di quanto previsto dall'art. 165 cod. pen., la funzione di eliminare le conseguenze dannose del reato (ex multis, Sez. 3, n. 3685 del 11/12/2013, dep. 2014, Russo, Rv. 258517).
In ogni caso, allorquando il giudice del merito subordina la concessione della sospensione condizionale della pena alla demolizione dell'opera abusiva, egli non fa altro che rafforzare il contenuto della statuizione accessoria, esaltando contemporaneamente la funzione sottesa alla ratio dell'art. 165 cod. pen., finalizzata all'eliminazione delle conseguenze dannose del reato, persistenti nel caso di ostinata inottemperanza all'esecuzione dell'ordine di demolizione, circostanza che rende perciò il condannato immeritevole della sospensione condizionale della pena (Sez. 7, n. 9847 del 25/11/2016 - dep. 28/02/2017, Palma, Rv. 269208).
7.2. Nel caso di specie, la Corte di merito ha confermato la sottoposizione della sospensione condizionale della pena alla demolizione delle opere abusiva avuto riguardo alla tipologia degli interventi abusivi effettuati e alle loro rilevanti dimensioni; a fronte di tale motivazione, il ricorrente si è limitato ad asserire che alla demolizione osterebbe la comproprietà del lastrico solare, circostanza che però non appare dirimente, proprio perché tale qualifica permette di dare esecuzione all’ordine di demolizione delle opere che sono state  abusivamente realizzate sopra l’indicato lastrico solare.

8. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo.
Va, infine, rilevato che l'inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare la prescrizione del reato maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso (Sez. U, n. 32 del 22/11/2000 - dep. 21/12/2000, D. L, Rv. 217266).


P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 04/10/2022.