Cass. Sez. III n. 34879 del 9 settembre 2009 (Ud. 23 giu 2009)
Pres. Lupo Est. Marmo Ric. Buracchi
Urbanistica. Responsabilità del direttore dei lavori
In tema di responsabilità del direttore dei lavori, l\'art. 29 del TU edilizia con il riferimento al fatto che la comunicazione deve essere motivata, impone la forma scritta. Del resto la ratio della norma che impone la forma scritta della comunicazione delle violazioni e della rinuncia al fine di evitare equivoci e di chiarire la definitiva dissociazione del Direttore dei lavori, garante della regolare esecuzione dei lavori, dalle violazioni edilizie, viene evidenziata proprio in fattispecie come quella in esame, dove la successiva richiesta di approvazione di varianti e la domanda di concessione in sanatoria è stata motivatamente interpretata dalla Corte di merito come una conferma sostanziale dell’incarico ricevuto con il superamento delle pregresse generiche contestazioni verbali
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. LUPO Ernesto - Presidente - del 23/06/2009
Dott. TERESI Alfredo - Consigliere - SENTENZA
Dott. FIALE Aldo - Consigliere - N. 1349
Dott. MARMO Margherita - rel. Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. SENSINI Maria Silvia - Consigliere - N. 10043/2009
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) BURACCHI CARLO N. il 07/04/1963;
avverso la SENTENZA del 16/10/2008 della CORTE APPELLO di FIRENZE;
Visti gli atti, la sentenza denunziata e il ricorso;
Udita in pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARMO Margherita;
Udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PASSACANTANDO Guglielmo che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
Udito il difensore avvocato MANNESCHI Marco in sostituzione dell'avvocato PAOLINI Paolo Emilio che ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza pronunciata il 16 ottobre 2008 la Corte di Appello di Firenze confermava la sentenza pronunciata il 16 gennaio 2008 con la quale Carlo Buracchi era dichiarato responsabile della contravvenzione di cui all'art. 110 c.p. e D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44 per avere, quale direttore dei lavori, in concorso con il legale rappresentante della Grillo di Gaspero Giovanni & Company, proprietaria committente, e con il legale rappresentante dell'impresa edile Marco Costruzioni s.r.l. realizzato una serie di opere in totale difformità dalla concessione edilizia n. 41/04, con specifico riferimento alle partiture architettoniche, alla sagoma dell'edificio, all'aumento di volume e di superficie. Ha proposto ricorso per cassazione l'imputato chiedendo l'annullamento dell'impugnata sentenza per i motivi che saranno nel prosieguo esaminati.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Deduce il ricorrente che nel corso del giudizio si era difeso adducendo l'insussistenza della propria responsabilità D.P.R. n. 380 del 2001, ex art. 29, comma 2.
Aveva infatti denunciato l'abuso edilizio ai competenti organi dell'Amministrazione Comunale ed aveva rinunciato all'incarico. Più precisamente, resosi conto, nell'ottobre - novembre 2005, delle difformità dell'opera, l'aveva contestata al committente rendendolo edotto di essere costretto a riferirne all'amministrazione ed a dimettersi dall'incarico.
Si era quindi recato dall'architetto Lunghini, dirigente del Comune, per sapere se tali difformità erano o meno sanabili e, su indicazione di quest'ultimo, aveva presentato la domanda di sanatoria in data 3 aprile 2006, respinta il 19 luglio 2009. Successivamente, quando i dubbi circa la sanabilità dell'abuso erano divenuti più gravi, aveva rinunciato all'incarico dandone comunicazione, per conoscenza, al Comune.
Il giudice di primo grado, pur dando atto della circostanza che esso imputato aveva fatto presente ai responsabili del Comune le difformità dell'opera e richiesto informazioni in ordine all'eventuale sanabilità delle varianti dichiarando al responsabile del Comune che avrebbe rinunciato all'incarico, aveva affermato la responsabilità di esso imputato in quanto la rinuncia all'incarico non era stata adottata con atto formale ed era stata contraddetta dalla successiva richiesta di variante sottoscritta dal medesimo direttore dei lavori.
A sua volta la Corte di Appello, pur riconoscendo che era provato per testi che il Buracchi aveva informato il responsabile dell'ufficio tecnico chiedendogli un consiglio ed aveva annunciato al committente di rinunciare all'incarico dandone comunicazione verbale al Sindaco, aveva condiviso l'impostazione del primo giudice, ritenendo che fosse necessaria una vera e propria formalizzazione della denuncia. Rileva il ricorrente che la sua condotta era conforme al dettato normativo contenuto nel D.P.R. n. 380 del 2001, art. 29, comma 2. Egli aveva infatti prontamente provveduto a contestare al committente le violazioni alle prescrizioni del permesso di costruire, aveva denunciato tempestivamente gli abusi al dirigente del competente ufficio comunale ed aveva rinunciato all'incarico non appena era divenuto fondato il dubbio circa la natura essenziale delle difformità e dunque circa la insanabilità delle stesse. La mancata adozione di un atto formale che consacrasse la rinuncia all'incarico non poteva ritenersi sufficiente ad integrare una contravvenzione agli obblighi gravanti sul direttore dei lavori. Questi aveva infatti improntato la propria condotta ad un atteggiamento sincero e trasparente, sia nei confronti della committenza che dell'amministrazione comunale.
Ritiene il ricorrente che la necessità che la rinuncia all'incarico debba avvenire mediante adozione di un atto formale non è suffragata dalla legge che non prescrive alcuna modalità formale di tale rinuncia, così come non è prevista alcuna formalità in ordine alla comunicazione della violazione all'ufficio comunale. Nel caso in esame la rinuncia all'incarico e la comunicazione all'Ufficio Tecnico del Comune era stata provata attraverso la deposizione dei testi. Nè, d'altro canto, poteva ritenersi che con la successiva presentazione di una richiesta di variante e di sanatoria egli avesse proseguito nella propria veste professionale di direttore dei lavori in quanto la richiesta di sanatoria afferiva ai lavori già eseguiti e la richiesta di variante, contestuale alla domanda di sanatoria, era stata sottoscitta dal progettista Corsi e non da esso ricorrente.
Rileva il Collegio che il motivo è infondato.
Secondo consolidata giurisprudenza di questa Corte (v. per tutte Cass. pen. sez. 3^ sent. 24 febbraio 2004, n. 15283, rv 227962) "in tema di costruzioni edilizie abusive sul direttore dei lavori grava una posizione di garanzia circa la regolare esecuzione dei lavori, con la conseguente responsabilità per le ipotesi di reato configurate e dalle quali questi può andare esente soltanto ottemperando agli obblighi di comunicazione e rinuncia all'incarico prima previsti dalla L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 6 ed ora dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 29".
Il D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 29, comma prevede che "il direttore dei lavori non è responsabile qualora abbia contestato agli altri soggetti la violazione delle prescrizioni del permesso di costruire, con esclusione delle varianti in corso d'opera, fornendo al dirigente o responsabile del competente ufficio comunale contemporanea e motivata comunicazione della violazione stessa. Nei casi di totale difformità o di variazione essenziale rispetto al permesso di costruire il direttore dei lavori deve inoltre rinunziare all'incarico contestualmente alla comunicazione res al dirigente". L'art. 29 cit. prevede una serie di prescrizioni formali e precisamente una contestazione contestuale e motivata della violazione al Dirigente dell' Ufficio Tecnico Comunale e una contestuale rinuncia all'incarico.
Diversamente da quanto ritiene il ricorrente la formulazione della norma, con il riferimento al fatto che la comunicazione deve essere motivata, impone la forma scritta.
Del resto la ratio della norma che impone la forma scritta della comunicazione delle violazioni e della rinuncia al fine di evitare equivoci e chiarire la definitiva dissociazione del Direttore dei Lavori, garante della regolare esecuzione dei lavori, dalle violazioni edilizie, viene evidenziata proprio in fattispecie come quella in esame, dove la successiva richiesta di approvazione di varianti e la domanda di concessione in sanatoria è stata motivatamente interpretata dalla Corte di merito come una conferma sostanziale dell'incarico ricevuto con il superamento delle pregresse generiche contestazioni verbali.
Va quindi respinto il ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 23 giugno 2009.
Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2009