Cass. Sez. III n. 5912 del 7 febbraio 2014 (Ud. 22 gen. 2014)
Pres. Squassoni Est. Marini Ric. Moretti ed altri
Urbanistica. Ristrutturazione mediante demolizione e costruzione ed accertamento della preesistente consistenza del manufatto

La previsione contenuta nell' art.30 legge 98\2013 consente di procedere a ristrutturazione di edificio crollato o demolito a condizione che "sia possibile accertarne la preesistente consistenza". La norma non chiarisce attraverso quali strumenti detto accertamento possa o debba essere compiuto, ma la Corte considera indubitabile che il sistema in vigore escluda si possa ricorrere a fonti non documentali o comunque prive dei caratteri di certezza e verificabilità. Depone per questa conclusione tutta la disciplina che regola il procedimento che conduce al permesso di costruire

RITENUTO IN FATTO

1. La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Lanciano promosse l'azione penale nei confronti degli odierni ricorrenti perchè rispondessero: i sigg. C. quali originari proprietari del terreno e sottoscrittori della D.i.a. depositata il 2/9/2004;

P.N. quale progettista e direttore dei lavori;

P.A.M. quale acquirente del terreno,titolare della D.i.a. e del permesso di costruire n. 47 del 27/4/2005;

D.G. quale proprietario del terreno a far data dal 19/9/2006 e titolare del permesso di costruire trasferito col terreno, nonchè esecutore delle opere;

M.G. quale responsabile del procedimento e tecnico che ha concorso al rilascio del permesso di costruire;

D.P.G. quale responsabile del 4 settore dell'ente territoriale e quale tecnico che ha concorso al rilascio del permesso di costruire;

dei seguenti reati: tutti:

A) art. 110 c.p. e del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, lett. a), in relazione alla illecita realizzazione (art. 67 e art. 28 dei P.R.G.) di un immobile di 570 mc in area soggetta a vincolo paesaggistico e ambientale; nell'ottobre 2007, con permanenza;

M. e D.P.;

B) art. 110 c.p. e art. 323 c.p..

In relazione al rilascio del permesso di costruire n. 44 del 24/4/2005 avente ad oggetto la "ristrutturazione" di un fabbricato in realtà inesistente su area soggetta a vincolo;

P.N.;

C) art. 481 c.p., in relazione alla falsa attestazione dello stato dei luoghi contenuta nella relazione tecnica descrittiva da lui redatta.

2. Con sentenza in data 17/11/2010 emessa al termine di rito abbreviato, previa effettuazione di perizia in ordine al procedimento amministrativo di rilascio del permesso di costruire e al suo iter, il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Lanciano ha dichiarato:

i sigg. C. e P.A.M. colpevoli del reato contestato al capo A;

i sigg. M. e D.P. colpevoli dei reati contestati ai capi A e B, uniti dal vincolo della continuazione;

il sig. P.N. colpevole dei reati contestati ai capi A e C, unti dal vincolo della continuazione;

la falsità della relazione tecnica descrittiva e dello sviluppo planimetrico allegati alla richiesta di concessione edilizia proposta dai sigg. C.;

3. Con sentenza del 30/11/2012 la Corte di appello di L'Aquila, in parziale riforma della sentenza emessa dal Giudice dell'udienza preliminare, ha:

Dichiarato non doversi procedere in ordine al capo C nei confronti di P.N. per essere il reato estinto per prescrizione;

Rideterminato la pena nei confronti del medesimo in ordine al capo A nella misura, concesse le circostanze attenuanti generiche, di un mese e dieci giorni di arresto e 20.000,00 Euro di ammenda;

Confermato nel resto la sentenza di primo grado e condannato i rimanenti imputati al pagamento delle spese processuali.

4. Avverso tale decisione hanno proposto ricorso i sigg. M., D.P., P.N., i sigg. C., la sig.ra P.A.M..

4.1 - Con atto sottoscritto dall'avv. Sisti Nicola Antonio i sigg.

M. e D.P. in sintesi lamentano:

a. errata applicazione di legge ai sensi dell'art. 606 c.p.p., lett. b) degli artt. 157 e 158 c.p., in relazione al reato del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, ex art. 44: contrariamente all'assunto della Corte di appello che fissa all'ottobre 2007 la data di consumazione della contravvenzione e le attribuisce natura permanente, è palese che le condotte dei due tecnici si esaurirono col rilascio del permesso, e dunque in data 27/4/2005 e che solo per gli latri imputati si può ipotizzare una permanenza nel reato fino al momento del sequestro penale, con la conseguenza che alla data del 30/11/2012 il reato risulta prescritto almeno nella parte contestata ai due ricorrenti;

b. errata applicazione di legge ai sensi dell'art. 606 c.p.p., lett. b) con riferimento al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 3, comma 1, lett. d), e art. 44, e delle disposizioni contenute nelle N.T.A. al P.R.G. In particolare i ricorrenti evidenziano: 1) hanno sempre sostenuto di avere perseguito una condotta attenta e prudente, sollecitando pareri e consulenze degli organi tecnici regionali e di esperti legali prima di accedere alla interpretazione del testo introdotto con del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 3, lett. d), in tema di ristrutturazione e di modificare la valutazione negativa espressa in data 8/3/2002 rispetto all'originaria richiesta dell'8/10/2001 di rilascio di concessione edilizia; a fronte di tutto questo la sentenza della Corte di appello (pagg. 17 e 18) offre una motivazione illogica che non risponde alle censure difensive nella parte in cui sottolineano come la richiesta di pareri e il successivo mutamento di indirizzo da parte degli indagati siano indicativi di scrupolo e di buona fede e di come sia pienamente giustificato detto mutamento di indirizzo; 2) difetta, poi, qualsiasi motivazione in ordine all'elemento oggettivo del reato e agli elementi probatori che impongono di ritenere preesistente un edificio rurale con caratteristiche tali da rientrare nella previsione della ristrutturazione mediante demolizione e ricostruzione;

c. errata applicazione di legge ai sensi dell'art. 606 c.p.p., lett. b) con riferimento all'art. 323 c.p. e vizio motivazionale ai sensi dell'art. 606 c.p.p., lett. e): la Corte di appello ha erroneamente qualificato il permesso di costruire come un atto "macroscopicamente illecito" e altrettanto erroneamente ha addebitato ai ricorrenti un spasmodica ricerca di soluzione favorevole ai richiedenti, cioè due elementi in fatto assenti e travisati e neppure "orientati" rispetto a una soluzione per la quale i ricorrenti si sarebbero spesi senza alcun apparente motivo, motivo che la Corte di appello non individua.

4.2 - Con atto a firma del ricorrente dell'avv. Di Domenico Marco M., il sig. P.N., dopo ampia ricostruzione della vicenda processuale (pagg. 1 - 15) nel corso della quale si insiste sul concetto di "preesistenza giuridica" del rudere; si evidenzia che non vi fu alcuna falsa rappresentazione della realtà in quanto la relazione tecnica comprende sia le fotografie storiche rappresentanti l'immobile ancora integro sia quelle riproducenti la situazione esistente al momento dell'avvio della procedura; si ribadisce che la sig.ra P., che si è avvalsa dell'ausilio tecnico del ricorrente, è divenuta proprietaria del fondo nell'anno 2004 e ha alienato la proprietà il 19/9/2006 e non ha avuto alcun ruolo (e con lei il ricorrente) nella condotta edificatoria; in sintesi lamenta:

a. errata applicazione di legge ai sensi dell'art. 606 c.p.p., lett. b) in relazione al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44 e vizio motivazionale ai sensi dell'art. 606 c.p.p., lett. e) per avvenuto travisamento della prova. Premesso che non vi è stata contestazione di concorso nel reato contestato al capo Bai pubblici funzionari e che nessun ruolo egli ha avuto nell'attività di edificazione, che fu realizzata successivamente alla cessione della proprietà da parte della sig.ra P., costituisce travisamento della prova la conclusione della Corte di appello in ordine alla falsa rappresentazione dei luoghi che il ricorrente avrebbe offerto nella propria relazione, e ciò per i profili di fatto esposti alle pagg.

21 e 22 del ricorso, non potendo tali circostanze essere superate mediante il richiamo alla decisione che la Suprema Corte ha adottato nel 2007 in sede di controllo sulla misura cautelare e che risulta superata dagli accertamenti dibattimentali. Così accertato che il rudere esistente poteva essere ricondotto alle precedenti condizioni sulla base della documentazioni fotografica e catastale esistente, viene in luce l'art. 35 delle N.T.A., citate, che autorizza espressamente tale operazione in ipotesi che un edificio sia "fatiscente o distrutto da eventi bellici": si tratta di previsione non in contrasto con la disciplina contenuta nel D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 3, lett. d);

b. errata applicazione di legge ai sensi dell'art. 606 c.p.p., lett. b) e vizio motivazionale ai sensi dell'art. 606 c.p.p., lett. e), con riferimento all'asserito concorso del ricorrente nel reato e alla ritenuta esistenza dell'elemento soggettivo.

Posto che durante la fase di proprietà della sig.ra P. (25/10/2004-19/9/2006) non furono eseguiti interventi edificatori, avviati solo all'inizio dell'anno 2007 dagli acquirenti del terreno e nuovi titolari del permesso di costruire, così che il ricorrente non ha mai svolto attività di direttore dei lavori, il ricorrente esclude di avere in alcun modo concorso alla realizzazione del reato sub A e lamenta come su tale profilo la Corte di appello abbia omesso qualsiasi motivazione sulle ragioni di corresponsabilità nel fatto altrui;

c. errata applicazione di legge ai sensi dell'art. 606 c.p.p., lett. b) e violazione dell'art. 157 c.p. e art. 529 c.p.p., a seguito di errata individuazione della consumazione del reato; posto che il ricorrente concorse alla presentazione della D.i.a. del 2/9/2004 e ha operato successivamente solo fino alla cessione dell'area da parte della sig.ra P. (19/9/2006), l'eventuale reato contestato al capo deve essere considerato prescritto alla data del 30/11/2012: anche volendo applicare la disciplina attuale in tema di prescrizione e calcolando il periodo di sospensione dei termini, fissato dai giudici di merito in nove mesi e cinque giorni, il reato si è prescritto il 24/6/2012;

d. vizio motivazionale ai sensi dell'art. 606 c.p.p., lett. e) in relazione alla determinazione della pena.

4.3 - Con atto a firma dell'avv. Codognone Tito i sigg. C. A. e C.G. in sintesi lamentano:

a. errata applicazione di legge ai sensi dell'art. 606 c.p.p., lett. b) con riferimento agli artt. 157 e 158 c.p., in relazione al reato sub A, per avere i giudici di appello omesso di considerare che i ricorrenti, originari proprietari del terreno, non hanno dato corso ad alcuna opera edilizia, in ciò rispettando l'ingiunzione dell'ente territoriale, e hanno quindi ceduto alla sig.ra P. il terreno prima che il Comune rilasciasse il permesso di costruire, con la conseguenza che ogni condotta rilevante può dirsi cessata per i ricorrenti alla data del 28/10/2004;

b. errata applicazione di legge ai sensi dell'art. 606 c.p.p., lett. b) e vizio motivazionale ai sensi dell'art. 606 c.p.p., lett. e) in relazione all'elemento soggettivo del reato e alla sussistenza dei presupposti del concorso di persone nel reato, posto che la sentenza collega la responsabilità dei ricorrenti al solo elemento della loro originaria titolarità del terreno e nessun contributo causale è stato individuato a loro carico rispetto alla violazione edilizia.

4.4 - Con atto a firma dell'avv. Milia Giuliano la sig.ra P. A.M., dopo ampia esposizione della vicenda processuale (pagg.1- 17 del ricorso) in sintesi lamenta:

a. errata applicazione di legge ai sensi dell'art. 606 c.p.p., lett. b) e vizio motivazionale ai sensi dell'art. 606 c.p.p., lett. e), nonchè travisamento della prova on riferimento all'elemento oggettivo del reato sub A. Difettano tanto la falsa rappresentazione della realtà ad opera della relazione tecnica dell'archi.

P., che ha allegato sia le fotografie storiche rappresentanti l'immobile ancora integro sia quelle riproducenti la situazione esistente al momento dell'avvio della procedura, quanto la violazione dell'art. 35 delle N.T.A. al P.R.G. e del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 3, lett. d), quanto, infine, ogni irregolarità nel rilascio del permesso di costruire;

b. errata applicazione di legge ai sensi dell'art. 606 c.p.p., lett. b) e vizio motivazionale ai sensi dell'art. 606 c.p.p., lett. e), con riferimento all'elemento soggettivo del reato e del concorso nel reato altrui che, per il capo A, ha avuto eventualmente avvio nel mese di febbraio 2007 e, dunque successivamente alla cessione del terreno;

c. errata applicazione di legge ai sensi dell'art. 606 c.p.p., lett. b), dell'art. 157 c.p. e art. 529 c.p.p..

Si tratta di motivo di contenuto identico al terzo motivo del sig. P.;

d. vizio motivazionale ai sensi dell'art. 606 c.p.p., lett. e), con riferimento alla determinazione della pena.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. L'esame degli articolati motivi di ricorso deve prendere le mosse dalla ricostruzione operata in sede processuale dei pochi passaggi essenziali della vicenda storica. Può sul punto ritenersi provato che:

a) i sigg. C., quali eredi del terreno interessato dalla contestazione, nel mese di ottobre 2001 chiesero il rilascio di concessione per la fedele ricostruzione di un fabbricato rurale in stato di abbandono; l'istanza era corredata dai pareri favorevoli in relazione al vincolo gravante sulla zona e da relazione tecnica dell'archi. P. corredata da materiale fotografico;

b) tale istanza fu rigettata nel corso dell'anno 2002 dai responsabili del Comune di Fossacesia, sigg. D.P. e M.;

c) in data 2/9/2004 (nel frattempo entrata in vigore la disciplina del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380) i sigg. C. depositarono D.i.a. con la quale riproponevano l'intervento edificatorio non approvato due anni prima;

d) con note del settembre e dicembre 2004 il Comune ha richiesto i pareri della Regione Abruzzo e dell'Unione dei Comuni;

e) nelle more, in data 25/10/2004 i sigg. C. hanno ceduto il terreno alla sig.ra P.;

f) in data 27/4/2005 il Comune, alla luce dei pareri ricevuti, ha ritenuto di autorizzare l'intervento mediante rilascio di permesso di costruire in favore della nuova proprietaria;

g) in data 19/9/2006 la sig.ra P. ha ceduto il terreno, corredato di permesso di costruire, alla "Edilizia Generale D'Amico S.r.l.", e tale trasferimento è stato comunicato al Comune in data 22/2/2007;

h) in data 28/2/2007 la nuova proprietà ha comunicato al Comune il mutamento della ditta incaricata di eseguire le opere; i) in data 14/12/2007 il cantiere è stato sottoposto a sequestro.

2. Muovendo da tali premesse in fatto, la Corte ritiene di poter fissare alcuni principi relativi all'applicazione della disciplina al caso in esame.

In particolare:

I. Il vincolo apposto sull'area interessata dall'intervento edilizio aveva caratteristiche tali da precludere nuove costruzioni, con la conseguenza che l'unica possibilità di realizzare un immobile sul terreno di proprietà C. era quella di prospettare la ristrutturazione integrale di un edificio esistente o, come sostengono le difese, già esistente; prospettiva che fu oggetto della istanza avanzata dai proprietari nell'anno 2001 e motivatamente (e fondatamente aggiunge la Corte) rigettata nell'anno 2002;

2. La disciplina introdotta col D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e successive modifiche non risulta, quanto alle procedure di ristrutturazione, più favorevole di quanto lo fosse la disciplina previgente per i richiedenti che sollecitassero la edificazione integrale di un edificio;

3. Detta disciplina, tra l'altro, all'art. 10 include gli interventi di ristrutturazione fra quelli che necessitano di permesso di costruire e che non possono essere realizzati mediante semplice dichiarazione di inizio attività, a dimostrazione della necessità di preventiva verifica da parte dell'ente autorizzante (non a caso alla iniziale D.i.a. presentata dai sigg. C. fece seguito il rilascio di permesso di costruire in favore della sig.ra P.);

4. Va, poi, rilevato che la dell'art. 3, lett. d), ricomprende nella categoria della ristrutturazione sia le modifiche parziali apportate a un edificio in essere sia la "demolizione e ricostruzione" di un edificio esistente, ponendo però il limite che l'edificio risultante dall'intervento abbia la stessa volumetria e la stessa sagoma di quello preesistente (fatti salvi gli adeguamenti antisismici);

5. Si tratta, con ogni evidenza, di una tipologia di intervento non applicabile alla situazione che caratterizzava il terreno dei sigg. C., ove è stata accertata la presenza di una sola porzione assai ridotta delle mura perimetrali;

6. La conferma di questa valutazione può rinvenirsi nella circostanza, accertata dai giudici di merito e non soggetta a concreta contestazione in sede di impugnazione, che il tecnico della parte privata fece ricorso a indicazioni fattuali non rispondenti al vero, in particolare riferendo falsamente della presenza di tre porzioni di mura perimetrali (osservando la Corte che si tratta di numero sufficiente per ricostruire la pianta dell'edificio, la sua superficie in proiezione e, dunque, per porre le basi di un eventuale calcolo volumetrico) e allegando la fotografia di un diverso edificio agricolo dell'epoca (potenzialmente interpretabile come fotografia dell'edificio specifico non più esistente), quale riferimento che poteva prestarsi a definire le caratteristiche anche volumetriche dell'opera da realizzare;

7. Solo con la recente modifica apportata al citato D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 3, dalla L. n. 98 del 2013, art. 30 è stata introdotta la possibilità di qualificare come ristrutturazione anche interventi che modifichino la sagoma dell'edificio esistente o che comportino attraverso la loro ricostruzione il "ripristino" di edifici "eventualmente crollati o demoliti";

8. Si tratta di disposizione che, diversamente da quanto sostenuto dai ricorrenti con le memorie depositate a far data dal mese di luglio 2013, la Corte non ritiene applicabile al caso in esame. La previsione contenuta nel citato art. 30, infatti, consente di procedere a ristrutturazione di edificio crollato o demolito a condizione che "sia possibile accertarne la preesistente consistenza". La norma non chiarisce attraverso quali strumenti detto accertamento possa o debba essere compiuto, ma la Corte considera indubitabile che il sistema in vigore escluda si possa ricorrere a fonti non documentali o comunque prive dei caratteri di certezza e verificabilità. Depone per questa conclusione tutta la disciplina che regola il procedimento che conduce al permesso di costruire. E' comunque evidente, nel nostro caso, che non sussistono i presupposti affinchè possa ricostruirsi la consistenza di superficie e volumetria dell'immobile che si assume gravante sulla proprietà originariamente in capo ai sigg. C.. Se tale ricostruzione fosse stata possibile, gli elementi fondanti sarebbero stati certamente allegati alle istanze dei privati e non si sarebbe fatto ricorso ad attestazioni non rispondenti al vero come quelle fondanti la contestazione di reato sub C), della quale i giudici di merito hanno ritenuto provata la sussistenza e per la quale è stata pronunciata sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato. Del resto, la presenza della porzione di una soltanto delle mura perimetrali e l'assenza di documentazione circa la base e le dimensioni dell'immobile ormai crollato da tempo non lasciano dubbi sull'assenza dei presupposti del necessario accertamento richiesto dalla legge.

3. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene di poter pervenire a due conclusioni.

3.1. In primo luogo, vanno respinti i motivi di ricorso nella parte in cui sostengono che il permesso di costruire fu rilasciato in modo legittimo e che l'intervento edificatorio era consentito dalla disciplina entrata in vigore nell'anno 2003. Sul punto giova ricordare, ad abundantiam, che proprio le argomentazioni introdotte con riferimento alla L. n. 98 del 2013, art. 30, dimostrano come la modifica apportata al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 3 e la retroattività della nuova disciplina siano oggi invocate dai ricorrente perchè in grado di escludere dalla sfera dell'illecito amministrativo e penale le condotte oggetto dei capi di imputazione.

3.2. In secondo luogo, vanno respinti i motivi di ricorso che tendono a escludere la consapevolezza dell'illecito in capo ai richiedenti l'autorizzazione e a coloro che gestirono la vicenda per conto dell'ente comunale. Tale giudizio negativo si impone alla Corte in presenza di normativa del 2001 non certo più favorevole e di una richiesta di autorizzazione coincidente con quella già rigettata; in presenza, altresì, di una prospettazione della realtà da parte del tecnico di parte che è stata accertata infedele e che ha trovato, invece, accoglimento nel permesso di costruire rilasciato.

4. Così fissate le ragioni che conducono a ritenere corretta e non censurabile la sentenza impugnata nella parte in cui individua i profili di responsabilità dei sigg. P.N., M. D. e D.P.G., debbono essere affrontate le censure mosse alla sentenza dai sigg. C. e dalla sig.ra P. A.M..

Sul punto giova premettere che il sig. P.N. operò come tecnico di parte sia in favore dei sigg. C. sia in favore della sig.ra P., mentre non risulta avere svolto attività professionali in favore dei successivi acquirenti.

5. Quanto ai sigg. C. si afferma in ricorso che ogni loro eventuale responsabilità cesserebbe con la cessione del terreno, munito di pratica edilizia in corso, e analoga impostazione è seguita dalla difesa di P.A.M..

Si tratta di affermazione che la Corte non condivide.

6. Come già la Corte ha avuto modo di considerare (Sez. 3^, n. 23646 del 27/2/2013, Russo e altro), "le condotte di abusiva edificazione di un immobile hanno carattere di permanenza che viene meno, in sintesi, o quando le condotte cessano spontaneamente, o quando le opere edili vengono portate a ultimazione o, infine, quando, si è in presenza di un provvedimento di sequestro che interrompe effettivamente il rapporto di disponibilità del bene da parte dell'autore delle condotte".

Il tema oggetto della decisione era rappresentato dall'incidenza dell'atto di sequestro sulla cessazione della permanenza dell'edificazione e con riferimento a tale profilo la Corte ha esposto alcuni argomenti che appaiono rilevanti anche per la presente decisione; in particolare la motivazione affermava: "... Ciò significa che la sola circostanza che sia dia corso al sequestro delle opere in atto non interrompe inevitabilmente il continuum edificatorio e che l'eventuale violazione del sequestro al fine di proseguire nella realizzazione delle opere può costituire sviluppo del progetto criminoso e porsi in permanenza con quanto già realizzato. La natura permanente di un processo edificatorio trova conferma nei principi fissati da Sez. 3^, n. 25503 del 23/4/2009, Baldassarri e altro .... Nel caso in esame sussistono condotte edificatorie che la contestazione provvisoria pone in continuità con quelle già oggetto d'indagine e di provvedimento di sequestro, così che la continuità edificatoria consente di ritenere sussistente una "permanenza" non cessata alla data del sequestro del 2007; a ciò consegue che le opere ulteriori accertate nel mese di novembre del 2011, dopo che nel maggio dello stesso anno risulta rilasciata una autorizzazione che viene ritenuta illegittima, potrebbero allo stato essere considerate in via di principio come prosecuzione del processo edificatorio che insiste sul medesimo immobile e non come condotte autonome (sul punto si rinvia per le diverse articolazioni a Sez. 3^, n. 41079 del 20/09/2011, Latone, e n. 340/2007, ud. 26/09/2006, P.M. in proc. Pagliuca)".

7. L'adesione a tali principi conduce a ritenere che sussista una progressione nella realizzazione dell'illecito, che muove dalla presentazione della istanza di autorizzazione (nel caso in esame sotto forma di D.i.a.) e prosegue fino al momento in cui non si verifica uno degli atti interruttivi che sono stati sopra specificati e che, nel caso in esame, ha avuto luogo con l'atto di sequestro che ha comportato la cessazione delle condotte di edificazione.

8. L'applicazione dei principi ricordati non presenta particolari problemi nell'ipotesi di reato monosoggettivo o di contestazione di una diretta e contestuale cooperazione tra soggetti (ad esempio, nell'ipotesi di contestazione a titolo di concorso di persone o di cooperazione colposa mossa a committente, direttore lavori ed esecutori dei medesimi); merita, invece, un ulteriore passaggio argomentativo allorchè, come nel caso in esame, le condotte non siano contestuali e si presentino possibili momenti di cesura.

9. Ebbene, la Corte ritiene che il caso in esame costituisca un chiaro esempio di come nelle violazioni del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, ex art. 44, la perdita del rapporto diretto con la cosa non comporti la cessazione di ogni profilo di responsabilità. E' circostanza di comune esperienza che la presenza di un'autorizzazione o l'esistenza di una pratica volta a ottenerla, soprattutto se ragionevole è la possibilità di successo, costituiscono circostanze rilevanti anche sul piano patrimoniale allorchè si procede a fissare il valore del terreno come edificabile in sede di compravendita.

Sotto diverso profilo, deve ritenersi indiscutibile che il trasferimento di un terreno edificabile su cui si sta ottenendo, o si è ottenuto, il rilascio di permesso di costruire costituisce la premessa in fatto e la condizione giuridica affinchè l'acquirente possa procedere alla realizzazione delle opere oggetto della procedura autorizzatoria. Il che conduce a ritenere che nell'ipotesi di gestione di una pratica edilizia viziata da illegittimità, quale quella in esame, sussiste un "continuum" storico e giuridico nel percorso che conduce dalla richiesta di autorizzazione alla realizzazione delle opere; e tale "continuum" chiama in causa l'originario dante causa anche per le condotte poste in essere dal successivo acquirente allorchè queste costituiscono il prolungamento e la realizzazione operativa dell'originario progetto.

10. Può cosi affermarsi che gli atti di compravendita immobiliare intervenuti il 25 ottobre 2004 e il 19 settembre 2006 non costituiscono ai nostri fini momenti effettivi di cesura nella progressione dell'intervento abusivo che si sviluppa tra le condotte dei sigg. C. e la realizzazione delle opere.

11. Così fissati i principi interpretativi della disciplina del concorso di persone e della cooperazione colposa in tema di realizzazione di opere abusive con riferimento a persone che hanno posto in essere solo una frazione delle condotte illecite, la Corte ritiene di dover differenziare le posizioni C. da quella della sig.ra P..

12. Le censure mosse dai primi alla sentenza impugnata devono essere rigettate alla luce dell'accertata presentazione di una D.i.a. sostenuta da attestazioni non rispondenti al vero, fatto di cui il solo P.N. è stato chiamato a rispondere al capo C) ma che costituisce premessa essenziale della contestazione contenuta anche per i due ricorrenti al capo A; sulla base di quella istanza e della documentazione allegata e grazie alla condotta oggetto del capo B della rubrica, venne rilasciato il permesso di costruire illegittimo che ha giustificato l'inizio delle attività edificatorie.

13. Merita, invece, di essere riconsiderata la posizione di P. A.M.. La motivazione della sentenza impugnata, infatti, non appare completa e logicamente coerente nella parte in cui esamina il contesto in cui ella acquistò e poi rivendette il terreno, mancando una valutazione delle relazioni esistenti col tecnico che aveva redatto la D.i.a. ed ebbe ad assisterla, nonchè dell'utilizzo che ella fece del permesso di costruire; su quest'ultimo punto si osserva che, mentre la ricostruzione dei fatti in sentenza sembra escludere che la ricorrente abbia avviato i lavori prima di trasferire la proprietà al sig. D., a pag. 22 della motivazione si legge che deve condividesi l'assunto che la titolare del permesso "era tenuta a informarsi, prima dell'avvio dei lavori, sulla normativa urbanistica esistente...".

14. Osserva, infine, la Corte che i reati residui non sono attinti dalla maturazione dei termini prescrizionali. Come correttamente rilevato a pag. 23 della motivazione, per il reato contravvenzionale il termine decorre dalla data del sequestro (14 dicembre 2007) e per il delitto dalla data del 24 maggio 2005; detti termini hanno conosciuto nei gradi di merito periodi di sospensione pari a mesi nove e giorni quindici che conducevano alla individuazione delle date del 19 settembre e del 29 luglio 2013 quali momenti di estinzione dei reati. In data 10 luglio 2013 il dibattimento avanti questa Corte è stato sospeso per adesione dei Difensori all'astensione proclamata dall'organismo di categoria, con conseguente ulteriore sospensione dei termini prescrizionali fino alla data odierna.

15. Alla luce delle considerazioni fin qui esposte i ricorsi dei sigg. C.A. e C.G., M., D. P. e P.N. devono essere respinti e i ricorrenti condannati, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio. La sentenza deve, invece, essere annullata nei confronti di P.A.M. con rinvio al giudice competente affinchè, alla luce dei principi fissati con la presente decisione, proceda a nuovo esame.


P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente al ricorso di P. A.M. e rinvia alla Corte di appello di Perugia. Rigetta i restanti ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 22 gennaio 2014.