Cass. Sez. III n.38717 del 21 agosto 2018 (CC 10 mag 2018)
Pres. Savani Est. Di Nicola Ric. Rizzuti
Urbanistica.Violazione disciplina antisimica e sequestro
In materia di sequestro preventivo, ove venga in considerazione il pericolo di aggravamento del reato con riguardo al perdurante utilizzo di un immobile la cui realizzazione sia soggetta al rispetto della normativa antisismica, la nozione di concreta possibilità del pericolo, che va scrutinata in ragione della natura del bene e di tutte le circostanze che connotino il fatto, è insita nella violazione della normativa di settore perché, nel carattere non prevedibile dei terremoti, la regola tecnica di edificazione è ispirata alla finalità di contenimento del rischio di verificazione dell’evento che va apprezzato in chiave generale su tutto il territorio nazionale, classificato per zone con indicazione, per ciascuna, della percentuale di esposizione all’evento sismico, attività che si traduce nella mappatura dell’intero patrimonio immobiliare con attribuzione alle singole costruzioni di un indicatore del “rischio di collasso”, calcolato in ragione dell’esposizione al rischio sismico di zona, cosicché l’inosservanza della regola tecnica di edificazione proporzionata al rischio sismico di zona, anche ove quest’ultimo si attesti su percentuali basse di verificabilità, integra pur sempre la violazione di una norma di aggravamento del pericolo e come tale va indagata ed assume perciò rilevanza ai fini dell’applicabilità del sequestro preventivo
RITENUTO IN FATTO
1. Norma Rizzuti e Francesco Falcone ricorrono per cassazione impugnando l’ordinanza indicata in epigrafe con la quale il tribunale del riesame di Cosenza ha confermato il decreto di sequestro preventivo emesso in data 3 ottobre 2017 dal GIP presso il Tribunale di Paola che disponeva il sequestro preventivo delle coperture realizzate nell’area di corte antistante l’attività commerciale all’insegna “Dal Brigante”, con struttura portante mista in legno/metallo, delle dimensioni totali di mq. 530,00, con altezza media di circa metri 3,60, site a Praia a Mare, per i reati di cui agli articoli 110 del codice penale e 44, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 6 giugno 2001, n. 380 e 181, comma 1, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, punito secondo le sanzioni previste dall’articolo 44, comma 1, lettera c) DPR 380 del 2001 nonché dagli articoli 110 del codice penale e 95 DPR 380 del 2001, per fatti accertati in Praia a Mare (CS) il 22.05.2017.
2. Per l’annullamento dell’impugnato provvedimento i ricorrenti, tramite il comune difensore, articolano due motivi di gravame, qui enunciati, ai sensi dell’articolo 173 delle disposizioni di attuazione al codice di procedura penale, nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
2.1. Con il primo motivo i ricorrenti censurano l’ordinanza impugnata per aver ritenuto sussistenti le esigenze cautelari (concretezza e attualità del periculum in mora) giustificanti il mantenimento del sequestro a fini preventivi in assenza di motivazione o, comunque, attraverso una motivazione meramente apparente ed apodittica (articolo 606, comma 1, lettera e), del codice di procedura penale), sul rilievo che il Tribunale del Riesame si sarebbe limitato a riportare semplici formule di stile, senza dare conto nella trama giustificativa delle ragioni in forza delle quali eventualmente desumere i requisiti della concretezza ed attualità del pericolo, secondo i principi fissati dalla giurisprudenza di legittimità.
In buona sostanza, il tribunale cautelare avrebbe limitato la sua cognizione alla semplice constatazione della realizzazione dell’opera abusiva dalla quale avrebbe fatto derivare, ex se, la violazione del bene paesaggio senza affrontare l'argomento della disponibilità e dell’uso su cui invece avrebbe dovuto focalizzare la sua attenzione.
Né il tribunale cautelare avrebbe motivato con riferimento alle conseguenze antigiuridiche ed ulteriori rispetto alla consumazione del reato, derivanti dalla libera disponibilità nonché dal libero utilizzo della struttura ritenuta abusiva, che la misura cautelare intende inibire, né tanto meno avrebbe motivato relativamente agli effetti pregiudizievoli che ciò potrebbe comportare in termini di assetto urbanistico e paesaggistico del territorio (c.d. carico urbanistico).
2.2. Con il secondo motivo i ricorrenti deducono violazione di legge in relazione agli articoli 321, 324, del codice di procedura penale e articoli 44, comma 1, lettera c), d.lgs. 380 del 2001; 181, comma 1, d.lgs. 42 del 2004; 95 dpr 380 del 2001 nonché la carenza, l’illogicità e/o la contraddittorietà della motivazione (articolo 606, comma 1, lettere b) ed e), del codice di procedura penale).
Sostengono che, nel caso di sequestro preventivo di opera ultimata, il giudice deve ritenere o escludere l’ulteriore lesione del bene protetto a seconda che accerti, in concreto, l’incompatibilità o l’assoluta compatibilità di tale uso con gli interessi tutelati dal vincolo.
Nel caso di reati edilizi in zona vincolata (articoli 44, comma 1, lettera c), D. Lgs. 380 del 2001; 181, comma 1, D.Lgs 42 del 2004), oggetto di tutela è il bene paesaggio.
Il Tribunale del Riesame, con la motivazione illogica, ha sostenuto la lesione del bene protetto dal le incriminazioni non già dalla violazione della normativa di riferimento, posta a protezione di tale specifico vincolo, ma dall’asserita violazione della normativa antisismica che, come noto, presenta oggettività giuridica differente, incorrendo nel vizio di violazione di legge denunciato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono infondati per le ragioni di seguito indicate.
2. Le doglianze, essendo tra loro strettamente connesse, possono essere congiuntamente esaminate.
Con esse, infatti, i ricorrenti lamentano che i Giudici cautelari abbiano ritenuto sussistenti le esigenze cautelari sulla base di una motivazione meramente apparente ed in violazione della legge penale.
3. Non essendo in discussione la natura e la consistenza delle opere abusive realizzate, è sufficiente considerare come il Tribunale cautelare abbia affermato, ai fini dell’integrazione del periculum in mora, che l’accertata violazione della normativa antisismica, in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, consente di ipotizzare possibili conseguenze sull’incolumità di terzi, incidendo direttamente sulla pianificazione territoriale cagionando un vulnus al bene paesaggio e ritenendo perciò la sussistenza delle esigenze cautelari ed indifferente il fatto che le opere fossero ultimate.
4. Sintetizzata in tal modo la vicenda processuale, la Corte è chiamata a stabilire se, in materia di reati edilizi, la violazione della normativa antisismica, che integri una delle fattispecie contravvenzionali tipizzate dal testo unico sull’edilizia (d.p.r. 380 del 2001), consenta di ritenere sussistenti le esigenze cautelari cosiddette “impeditive”, di cui al primo comma dell’articolo 321 del codice di procedura penale, in considerazione del fatto che l’uso dell’opera abusiva, ultimata o meno, possa costituire pericolo per l’incolumità pubblica.
4.1. Sul punto la giurisprudenza di legittimità si è già espressa in senso affermativo sul rilievo che il periculum in mora che, ai sensi del primo comma dell’art. 321 cod. proc. pen., legittima il sequestro preventivo, deve intendersi come concreta possibilità che il bene assuma carattere strumentale rispetto all’aggravamento o alla protrazione delle conseguenze del reato ipotizzato o all’agevolazione della commissione di altri reati e, in forza di tale principio, è stato ritenuto sussistente il presupposto per l’adozione della misura cautelare nella realizzazione di opere (nel caso di specie si trattava di cartelloni pubblicitari) eseguite in violazione della normativa antisismica, atteso che la libera disponibilità del bene avrebbe potuto determinare un aggravamento del reato (Sez. 3, n. 43249 del 22/10/2010, Barbagallo, non mass.; Sez. 4, n. 6382 del 18/01/2007, Gagliano, Rv. 236104).
Su questa scia, è stato recentemente precisato che, in tema di sequestro preventivo di un immobile la cui realizzazione sia soggetta al rispetto della normativa antisismica, il pericolo di aggravamento del reato, con riferimento al suo perdurante utilizzo, è insito nella violazione della disciplina antisismica (Sez. 6, n. 190 del 14/11/2017, dep. 2018, Limatola, Rv. 271845).
4.2. Si tratta di un orientamento che il Collegio condivide ed al quale occorre dare continuità per le ragioni in forza delle quali l’indirizzo nomofilattico è stato espresso.
E’ stato infatti affermato che – se è vero che il sequestro preventivo di cosa pertinente al reato è consentito anche nel caso di ipotesi criminosa già perfezionatasi ma esige, in tal caso, che il pericolo della libera disponibilità della cosa stessa, che va accertato dal giudice con adeguata motivazione, presenti i requisiti della concretezza e dell’attualità, perché la legge ha inteso contenere il sacrificio dei diritti patrimoniali dei cittadini nei ristretti limiti dettati dalle effettive esigenze di prevenzione connesse al processo penale – la sussistenza del periculum in mora può essere legittimamente sostenuta quando dalla violazione della normativa antisismica derivino conseguenze dannose o pericolose sull’incolumità di terzi (Sez. 4, n. 6382 del 18/01/2007, cit., in motiv.).
Ne consegue che, in materia di sequestro preventivo, ove venga in considerazione il pericolo di aggravamento del reato con riguardo al perdurante utilizzo di un immobile la cui realizzazione sia soggetta al rispetto della normativa antisismica, la nozione di concreta possibilità del pericolo, che va scrutinata in ragione della natura del bene e di tutte le circostanze che connotino il fatto, è insita nella violazione della normativa di settore perché, nel carattere non prevedibile dei terremoti, la regola tecnica di edificazione è ispirata alla finalità di contenimento del rischio di verificazione dell’evento che va apprezzato in chiave generale su tutto il territorio nazionale, classificato per zone con indicazione, per ciascuna, della percentuale di esposizione all’evento sismico, attività che si traduce nella mappatura dell’intero patrimonio immobiliare con attribuzione alle singole costruzioni di un indicatore del “rischio di collasso”, calcolato in ragione dell’esposizione al rischio sismico di zona, cosicché l’inosservanza della regola tecnica di edificazione proporzionata al rischio sismico di zona, anche ove quest’ultimo si attesti su percentuali basse di verificabilità, integra pur sempre la violazione di una norma di aggravamento del pericolo e come tale va indagata ed assume perciò rilevanza ai fini dell’applicabilità del sequestro preventivo (Sez. 6, n. 190 del 14/11/2017, dep. 2018, cit., in motiv.).
5. La Corte, come è stato sottolineato dalla dottrina che si è occupata della materia, ha già eseguito una ricognizione del quadro normativo in tema di costruzioni nelle zone sismiche (Sez. 3, n. 50624 del 17/09/2014, Baldolini, non mass.), premettendo come l’articolo 93 T.U.E. prescriva, tra l’altro, che nelle zone sismiche, di cui all’articolo 83 T.U.E., chiunque intenda procedere a costruzioni, riparazioni e sopraelevazioni è tenuto a darne preavviso scritto allo sportello unico, che provvede a trasmettere al competente ufficio tecnico della regione copia della domanda e del progetto che ad esso deve essere allegato.
L’articolo 94 T.U.E. prescrive poi che nelle località sismiche non si possono iniziare lavori senza la preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione.
L'inosservanza delle predette disposizioni è appunto sanzionata dall’articolo 95 T.U.E., contestato nel caso in esame.
Il preavviso allo sportello unico (cui va depositato il progetto) adempie, infatti, ad una funzione informativa, in relazione all’attività da intraprendere, in modo da assicurare la vigilanza sulle costruzioni in zone sismiche e garantire la cooperazione fra le amministrazioni, coinvolte nel procedimento, e gli interessati. La giurisprudenza della Corte di cassazione ha avuto modo di precisare che, nelle zone sismiche, l’obbligo di informativa e di produzione degli atti progettuali non è limitato in relazione alle dimensioni e alle caratteristiche dell’opera, ma riguarda tutte le opere indicate dalla disposizione normativa, nessuna esclusa e dunque anche le opere c.d. “minori”, perché diversamente verrebbe frustrato il fine di rendere possibile il controllo preventivo e documentale dell’attività edilizia nelle zone sismiche (Sez. 3, n. 8140 del 06/07/1992, Di Scala, Rv. 191390).
Sul punto, è stato anche affermato che le prescrizioni per le costruzioni in zona sismica si applicano a qualsiasi manufatto indipendentemente dai materiali impiegati e dalle relative strutture in quanto nelle zone dichiarate sismiche ricorre l’esigenza di maggiore rigore e proprio l’eventuale impiego di materiali strutturali meno solidi rende ancor più necessari i controlli e le cautele prescritte (Sez. 3, n. 38142 del 26/09/2001, Tucci R., Rv. 220269) sicché ricorre il reato antisismico nel caso di opere realizzate nelle zone sismiche senza adempimento dell’obbligo di denuncia e di presentazione dei progetti allo sportello unico (art. 94 T.U.E.) e senza la preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione (art. 94 T.U.E.), a nulla rilevando la natura dei materiali impiegati e delle relative strutture (Sez. 3, n. 30224 del 21/06/2011, Floridia, Rv. 251284).
Siccome gli obblighi previsti dagli artt. 93 e 94 T.U.E. sono finalizzati a consentire il controllo preventivo della pubblica amministrazione, non rileva, ai fini della sussistenza del reato, l'effettiva pericolosità o meno della costruzione realizzata, in violazione degli adempimenti e in assenza delle prescritte autorizzazioni, perché le contravvenzioni previste dalla normativa antisismica, rientrando nel novero dei reati di pericolo presunto, puniscono inosservanze formali, con la conseguenza che neppure la verifica postuma dell’assenza del pericolo ed il rilascio del provvedimento abilitativo incidono sulla illiceità della condotta, in quanto gli illeciti sussistono in relazione al momento di inizio dell’attività (Sez. 3, n. 5738 del 13/05/1997, Petroni, Rv. 208299).
E’ stato in quella sede ricordato che la normativa antisismica è ispirata a preservare la pubblica incolumità in zone particolarmente soggette al verificarsi di movimenti tellurici, prescrivendo, da un lato, necessari obblighi burocratici e particolari prescrizioni tecniche costruttive e costituendo, dall'altro, un’anticipazione della tutela dell’interesse cui la norma incriminatrice appresta protezione (pubblica incolumità).
In definitiva, la ratio della normativa antisismica fonda sulla necessità, rivolta a tutela dell’incolumità pubblica, di dettare i criteri che devono essere obbligatoriamente seguiti per la costruzione di qualsiasi struttura realizzata nelle parti del territorio nazionale individuate dalla normativa di settore come zone a rischio sismico, in modo da ridurre la tendenza della costruzione a subire un danno cui, a seguito di un evento sismico, la costruzione stessa, secondo un giudizio prognostico ex ante, rischierebbe comunque di essere sottoposta.
Da ciò consegue che detto rischio, nel caso di mancata conformazione delle costruzioni alle norme di settore, è destinato ad ampliarsi perché, a causa delle ricadute che dalla violazione della normativa antisismica scaturiscono, aumenta il pericolo di danno sulla incolumità delle persone che usano il bene o che, con esso, si trovino in contatto.
Perciò da questa breve ricognizione del dettato legislativo, il quale va necessariamente completato con la normativa, anche secondaria, di settore che definisce compiutamente gli obblighi cui sono soggetti coloro che eseguono costruzioni (anche cd. minori) in zone sismiche, si desume pienamente il fondamento dell’indirizzo giurisprudenziale in precedenza richiamato, derivando da ciò l’infondatezza dei ricorsi perché, in siffatti casi, non occorre verificare, qualora si sia in presenza di un’opera ultimata, se dall’opera stessa derivi o meno un aggravio del carico urbanistico, in quanto il pericolo, collegato all’uso della cosa, non è stato individuato dai Giudici cautelari esclusivamente sulla base delle violazioni urbanistiche e/o paesaggistiche (valutazione che, sotto tale specifico profilo, sarebbe, come fondatamente lamentano i ricorrenti, errata) ma è stato anche e soprattutto sostenuto sulla base dei reati edilizi collegati alla violazione della normativa antisismica, rispetto alla quale la motivazione del Tribunale, quantunque stringata, deve ritenersi sussistente e sufficiente a rendere comprensibile l’iter argomentativo posto a fondamento della conferma del vincolo cautelare.
Sotto tale ultimo aspetto, è il caso di evidenziare come l’ordinanza impugnata si sia fatta carico di motivare che la struttura, ultimata alla data del sopralluogo, era di una certa consistenza ed interessava un’area di circa mq. 530,00 con un'altezza media all’intradosso di circa metri 1,30 ed era stata realizzata zona sottoposta a vincolo sismico, dandosi pertanto conto, sia pure implicitamente, della concretezza ed attualità del pericolo, che pertanto i ricorrenti solo assertivamente contestano, e dovendosi solo ricordare che, in tema di misure cautelari reali, non sono deducibili mediante ricorso per cassazione vizi motivazionali del provvedimento impugnato, ad eccezione del caso, nella specie non ricorrente, di inesistenza o di mera apparenza della motivazione (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov, Rv. 239692).
6. Sulla base delle precedenti considerazioni, i ricorsi devono essere rigettati e ciò comporta l’onere per i ricorrenti, ai sensi dell’articolo 616 del codice di procedura penale, di sostenere le spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 10/05/2018.