Consiglio di Stato, V, 19 febbraio 2004, n. 677
EDILIZIA Abusi inerzia della p.a. nell’adottare misure repressive edilizie.
REPUBBLICA
ITALIANA
IN
NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione, ha pronunciato la
seguente
DECISIONE
sul
ricorso n. 10617/02, proposto da Haus Sand di Mairhofer Maria Luisa & Co. O.H.G.
, rappresentata
e difesa
dagli avv.ti Cristoph
Baur e Giuliano Berruti
, ed elettivamente
domiciliata
presso il secondo in
Roma, via Bocca di Leone 78,
contro
il
Comune di Campo Tures, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e
difeso dagli avv.ti Jurgen Kollensperger e Luigi Manzi, ed elettivamente
domiciliato nello studio del secondo in Roma, via F. Confalonieri 5,
e nei confronti
di
Ausserhofer Walter e Thaler Ausserhofer Helga, non costituiti in
giudizio,
per
l’esecuzione,
con
nomina di un commissario ad acta,
della decisione della Sezione 10 aprile 2002, n. 1970, resa inter
partes, con la quale è stato accolto
l’appello proposto dall’attuale istante avverso
la sentenza del T.R.G.A. di
Bolzano n. 11/2001, in tema di
silenzio rifiuto sulla richiesta di adozione di provvedimenti repressivi di
abusi edilizi, e per l’effetto è stato ordinato al Comune intimato di
provvedere.
Visto
il ricorso con i relativi allegati;
Visto
l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Campo Tures;
Viste
le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti
gli atti tutti della causa;
Relatore
alla camera di consiglio del 2 dicembre 2003 il Consigliere Gerardo Mastrandrea;
uditi per le parti gli avv.ti Berruti e L. Manzi;
Ritenuto
e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO
E DIRITTO
1. Con sentenza del T.R.G.A. di Bolzano del 15 gennaio 2001, n. 11,
veniva dichiarato inammissibile il ricorso proposto dall’odierna ricorrente
avverso il silenzio rifiuto serbato dal Comune di Campo Tures sulla diffida,
notificata dalla medesima il 4 novembre 1998, tendente a:
a)
conoscere i provvedimenti eventualmente rilasciati ai signori Ausserhofer,
proprietari del terreno confinante verso valle, per l’esecuzione di opere di
contenimento del terreno a monte, di proprietà della ricorrente,
consistenti nella posa in opera di pali ancorati mediante tiranti infissi
nel predetto terreno;
b)
sollecitare la verifica della legittimità delle predette opere edili, e
l’eventuale adozione dei provvedimenti amministrativi repressivi di
competenza.
La
sentenza di prime cure affermava che, con riguardo alla prima richiesta, il
Comune intimato aveva comunicato le concessioni rilasciate ai signori
Ausserhofer per la realizzazione di un edificio di abitazione sul loro terreno,
e pertanto non sussisteva il lamentato silenzio; quanto al secondo punto,
invece, si riteneva che, non essendo state impugnate le predette concessioni,
non sussisteva alcun obbligo del Comune di prendere in esame la richiesta della
odierna appellante.
2.
Con appello al
Consiglio di Stato la Haus Sand denunciava l’erroneità della sentenza e ne
chiedeva la riforma, con conseguente dichiarazione dell’obbligo del Comune di
Campo Tures, che si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto del gravame, di
provvedere sull’istanza relativa all’accertamento della legittimità delle
opere di cui sopra.
3.
Con la
decisione di cui si chiede l’esecuzione (n. 1970/02), la Sezione ha ritenuto
di dover accogliere l’appello, sussistendo le condizioni per poter accertare
l’obbligo dell’Amministrazione di provvedere sull’istanza del soggetto
privato tendente a sollecitare l’esercizio di un pubblico potere, nonché,
correlativamente, la violazione dell’obbligo medesimo.
In
particolare, la legislazione statale e provinciale conforta circa l’obbligo
del sindaco di esercitare la vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia e
di assicurarne la rispondenza alle norme, adottando i necessari provvedimenti
repressivi in caso di accertata inosservanza.
In
secondo luogo, l’appellante Haus Sand, nella qualità di proprietaria
dell’edificio sito sul terreno confinante verso monte con quello dei signori
Thaler-Ausserhofer, sul quale è stata eseguita la costruzione di una nuova
abitazione, ha rappresentato al Comune che, in relazione a tale attività
edilizia, sono state eseguite opere non autorizzate. In particolare, ai fini del
contenimento del terreno a monte, è stata realizzata una palizzata, i cui
elementi sono stati ancorati mediante tiranti infissi orizzontalmente nel
terreno di proprietà dell’appellante, così determinando un asserito
pregiudizio alla statica dell’edificio e l’asservimento del fondo di
pertinenza al fondo confinante.
E’
apparso, dunque, indubbio che l’istante fosse titolare di una posizione
giuridicamente qualificata, e differenziata da quella degli altri privati
cittadini, consistente nell’interesse legittimo al rispetto della normativa
edilizia da parte degli autori dell’opera, e quindi fosse titolata a
sollecitare l’esercizio dei ricordati poteri di vigilanza del Comune
sull’esecuzione delle opere denunciate.
Anche
il procedimento preordinato alla formazione del silenzio è stato ritualmente
posto in essere, né il Comune ha contestato tale circostanza; ciò nonostante
l’istanza, almeno inizialmente, è rimasta senza seguito.
A
tale riguardo, è stata ritenuta dalla Sezione priva di pregio
l’argomentazione, avanzata dalla difesa del Comune, secondo cui l’istanza
poteva considerarsi evasa, essendo stato comunicato l’elenco dei provvedimenti
concessori adottati in favore dei signori Ausserhofer, attesa l’impossibilità,
tra l’altro, di verificare se la denunciata opera di contenimento, invasiva
della proprietà altrui, fosse stata specificamente autorizzata.
Sono
risultati egualmente irrilevanti i rilievi della parte resistente circa
l’eventuale esistenza di un’autorizzazione implicita, ovvero in ordine
all’inesistenza di un obbligo di ottenere la concessione per la realizzazione
di interventi del genere, non potendosi dimenticare, peraltro, che la
concessione edilizia, e la successiva variante, sono state rilasciate a
condizione che non fossero violati i diritti dei terzi.
In
definitiva, con l’emarginata decisione, il Consiglio di Stato ha dichiarato
l’obbligo del Comune di Campo Tures di prendere in esame l’istanza
della ricorrente volta ad ottenere
la verifica della legittimità delle opere denunciate, e, espletata la doverosa
istruttoria, di adottare in merito un provvedimento
espresso.
4.
Con
l’istanza in trattazione, la Haus Sand, lamentando che l’obbligo di
provvedere è rimasto a tutt’oggi inevaso e che l’atteggiamento
defatigatorio dell’Amministrazione comunale è culminato in una nota, in data
16 maggio 2002, di carattere meramente elusivo e del tutto inidonea ad assumere
le sembianze della doverosa, e in questa sede nuovamente pretesa, esecuzione del
richiamato giudicato della Sezione sul silenzio-rifiuto, viene a chiedere la
nomina di un Commissario ad acta che
provveda in via sostitutiva in luogo dell’Amministrazione inadempiente.
5.
Il Comune di
Campo Tures, costituitosi in giudizio per resistere alla richiesta di misure
esecutive, ha chiesto la reiezione dell’istanza, avendo il Comune pienamente
assolto agli obblighi di verifica e
di risposta con la predetta nota
del 16 maggio 2002.
6.
L’istanza di
esecuzione e nomina di un Commissario ad
acta non può, in effetti, essere accolta.
Aziona
in questa sede la ricorrente la c.d. fase extra
iudicium del rito speciale acceleratorio delineato ad
hoc dalla l. 205/00 in tema di silenzio rifiuto (art. 21-bis l. 1034/71), e quindi la richiesta di nomina di un organo
giurisdizionale ausiliario che provveda in luogo dell’Amministrazione, la
quale sarebbe rimasta inadempiente nonostante l’ordine impartitole dal Giudice
d’appello.
Orbene,
costituisce, quindi, oggetto di discussione non tanto la sussistenza di un
obbligo di provvedere in capo all’Amministrazione comunale, titolare di poteri
di vigilanza sul legittimo esplicarsi delle facoltà consentite dal regime
urbanistico vigente, quanto la portata concreta
dello stesso obbligo di provvedere, per come riconosciuto e sancito dal
Giudice. Occorre, pertanto, verificare se l’Amministrazione
vi abbia dato seguito con l’atto del maggio 2002, ovvero se sia effettivamente
necessario, come preteso dall’istante, l’apprestamento
di ulteriori misure esecutive, con l’intervento di un organo ausiliario del
giudice che agisca in via sostitutiva.
7.
La Sezione ha
avuto modo, recentemente, di ribadire alcuni capisaldi in ordine all’inerzia
della Pubblica Amministrazione nell’adozione di sanzioni e misure repressive
edilizie, e questo in disparte i nuovi ambiti conquistati nella materia de
qua dalla giurisdizione del giudice amministrativo
in sede esclusiva (in tema, ad esempio, di “comportamenti” della
P.A.) e l’aggiornamento degli strumenti processuali
contro il “silenzio-rifiuto” (cfr. Cons. Stato, V, 7 novembre 2003,
n. 7132).
E’
risultato evidente, così, a questo Giudice d’appello che quando
l’Amministrazione competente ometta di adottare, secondo i suoi doveri di
ufficio, i necessari provvedimenti di ripristino dello stato dei luoghi e di
difesa del pubblico interesse, in relazione a costruzioni abusive, ovvero li
ritardi senza giustificazione, il terzo interessato - come il proprietario
limitrofo, che nei confronti del potere amministrativo di repressione degli
abusi edilizi è tra l’altro sempre titolare di un interesse qualificato al
mantenimento delle caratteristiche urbanistiche assegnate alla zona - può non
solo spiegare le azioni civili di demolizione e, se ciò non sia possibile,
quelle risarcitorie, ma è al tempo stesso legittimato a impugnare la mancata
adozione di misure ripristinatorie, e quindi l’inerzia formalizzata degli
Organi comunali preposti, ovvero finanche l’illegittima comminatoria di una
sanzione pecuniaria anziché demolitoria.
In
altre parole, poiché la P.A. ha il dovere di provvedere sugli abusi accertati,
anche se talora ha la facoltà – piuttosto limitata – di scegliere le
sanzioni da applicare e deve valutare situazioni particolari di fatto specie in
relazione al tempo trascorso, sussiste un interesse del privato leso da opere
abusive all’adozione delle sanzioni di legge.
Conseguentemente,
e il concetto va in questa sede particolarmente rimarcato, egli può pretendere
quanto meno un provvedimento espresso sull’abuso circostanziatamente
denunziato, in difetto del quale può costituire nei modi ordinari, come
avvenuto nella fattispecie, un silenzio-rifiuto di provvedere che è
impugnabile, fino a costringere l’Amministrazione comunale all’emissione di
un provvedimento espresso, che a sua volta sarà impugnabile ove ritenuto
illegittimo.
L’ampia
sfera dei poteri di polizia urbana attribuiti in materia urbanistica
all’Amministrazione comunale non esclude che rispetto ai singoli provvedimenti gli interessati siano
portatori di un interesse legittimo: pertanto il proprietario di un’area o di
un fabbricato, nella cui sfera giuridica incide dannosamente il mancato
esercizio dei poteri ripristinatori e repressivi da parte dell’Organo
preposto, è titolare di un interesse legittimo all’esercizio di detti poteri
e può pretendere, se non vengono adottate le misure richieste, un provvedimento
che ne spieghi esplicitamente le ragioni, con la definitiva conseguenza che il
silenzio serbato sull’istanza e sulla successiva diffida dell’interessato
integra gli estremi del silenzio-rifiuto sindacabile in sede giurisdizionale
quanto al mancato adempimento dell’obbligo di provvedere espressamente
(secondo i recenti dettami di Cons. Stato, A.P., 9 gennaio 2002, n. 1).
In
ogni caso, sotto il profilo processuale, l’esistenza dell’obbligo di
provvedere va accertata, in relazione alla singola fattispecie, con riferimento
al già accennato interesse specifico del ricorrente (qui accertato) ad ottenere
una pronuncia esplicita che consenta di rimuovere l’inerzia
dell’Amministrazione.
Si
può dunque concludere, sul punto, che in materia edilizia l’obbligo del
Comune di provvedere sulle richieste dei cittadini non sussiste soltanto nel
caso in cui essi chiedano un atto positivo in loro favore (concessione,
autorizzazione ecc.), ma anche quando chiedano l’eliminazione di abusi edilizi
o, comunque, il rispetto della normativa edilizia o di piani convenzionati,
allorché abbiano a trovarsi in un rapporto diretto (proprietà o stabile
dimora) con l’area sulla quale si realizza
l’ intervento.
8.
Tanto
premesso, non può sfuggire come nella fattispecie in trattazione il Comune
intimato, dopo opportuna istruttoria e riesaminati gli atti della pratica
edilizia, abbia dato dettagliata contezza alla ricorrente, con la nota n. 5255
del 16 maggio 2002, delle persistenti ragioni alla base del mancato intervento
repressivo-ripristinatorio.
In
questo modo non può negarsi che l’Amministrazione, con il provvedimento
espresso in questione, contestabile nell’ordinaria sede cognitiva della
legittimità, abbia comunque
assolto, per quanto sopra osservato, al
dovere di provvedere individuato a suo carico da questo Giudice di appello,
investito dell’impugnativa del silenzio-rifiuto.
E
il tutto in un’ottica rispettosa dei dettami della pronunzia dell’Adunanza
Plenaria n. 1/02, secondo cui la
cognizione del giudice amministrativo adito con il ricorso avverso il silenzio
è limitata all’accertamento dell’illegittimità dell’inerzia
dell’Amministrazione, senza estendersi all’esame della
fondatezza della pretesa sostanziale del privato.
9.
In definitiva,
la reclamante, senza dubbio
titolare di una posizione qualificata e differenziata, non ha titolo per
lamentarsi del fatto che a fronte delle sue circostanziate denunzie
l’Amministrazione non si sia in alcun modo espressa, né abbia dato conto di
aver espletato, almeno, un’attività istruttoria volta a verificare
l’effettiva sussistenza degli abusi lamentati.
Del
resto, la stessa decisione n. 1970/02, di cui si lamenta la mancata esecuzione,
non si è avventurata oltre il riconoscimento dell’interesse legittimo
dell’appellante “al rispetto della normativa edilizia da parte degli autori
dell’opera, e quindi a sollecitare l’esercizio dei ricordati poteri di
vigilanza del Comune sull’esecuzione delle opere denunciate”, nonché
del relativo obbligo di provvedere del Comune nel senso “di prendere in
esame l’istanza dell’appellante circa la verifica della legittimità delle
opere denunziate, e, svolta la doverosa istruttoria, di adottare in merito un
provvedimento espresso”, obbligo che nella fattispecie risulta adempiuto. Né
all’interessata, ampiamente edotta della situazione,
è consentito pretendere che il Giudice,
in questa sede, entri nel merito del provvedimento adottato
dall’Amministrazione in correlazione alle sue pretese di ordine sostanziale,
trattandosi, come sopra accennato, di valutazioni necessariamente estranee al
giudizio sul silenzio dell’Amministrazione ex art. 21-bis
della l. 1034/71.
10.
Alla stregua
del complesso delle considerazioni che precedono, l’istanza interposta, in
definitiva, va rigettata.
Sussistono,
nondimeno, i presupposti per compensare tra le parti le spese della presente
fase di giudizio.
P.Q.M.
Il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente
pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo rigetta.
Spese
compensate.
Ordina
che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, il 2 dicembre 2003, dal Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale (Sezione Quinta), in camera di consiglio, con l’intervento dei
seguenti Magistrati:
Agostino
Elefante
Presidente
Corrado
Allegretta
Consigliere
Roland
Ernst Bernabè
Consigliere
Aldo
Fera
Consigliere
Gerardo
Mastrandrea
Consigliere est.