Cons. Stato Sez. IV sent. 1606 dell'11 aprile 2007
Urbanistica. Zone terremotate
L’art. 28 della l. n. 219 del 1981 stabilisce che i piani in questione possono prevedere non solo il mero recupero ma anche l’abbattimento e le modificazioni urbanistiche necessarie al più consono assetto del territorio.

R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso iscritto al NRG 92462000, proposto dai signori Pisapia Alfredo e Pisapia Roberto, rappresentati e difesi dagli avvocati Alfredo Pisapia e Aldo Corbo ed elettivamente domiciliati presso lo studio Grez in Roma, Lungotevere Flaminio n. 46;
contro
il Comune di Piano di Sorrento, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Antonio Sasso domiciliato presso lo studio Grez in Roma, Lungotevere Flaminio n. 46;
e nei confronti di
della Ditta Carillo Paolo, non costituita.
per l'annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, sezione V, n. 782 del 17 marzo 2000 e per l’accoglimento del ricorso di primo grado.
Visto il ricorso in appello;
visto l'atto di costituzione in giudizio del comune di Piano di Sorrento;
viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
visti gli atti tutti della causa;
data per letta alla pubblica udienza del 30 gennaio 2007 la relazione del consigliere Vito Poli, uditi gli avv.ti Pafundi su delega dell’avv. Corbo;
ritenuto e considerato quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. Con decreto del sindaco di Piano di Sorrento del 7 luglio 1994 – pubblicato sul b.u.r. Campania del 25 luglio 1994 – veniva approvato definitivamente il piano di recupero di via S. Michele e di via S. Margherita, adottato con delibera consiliare n. 78 del 18 novembre 1993 da valere come dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza delle opere in esso previste.
1. 2. Seguivano: la delibera consiliare n. 77 del 13 novembre 1996 – recante l’approvazione del progetto definitivo dell’intervento di recupero -; la deliberazione di giunta n. 131 del 27 marzo 1998 – recante l’approvazione del progetto esecutivo per l’importo di Lire 2.343.000.000 -; la determinazione comunale n. 220 del 27 aprile 1999 – recante l’aggiudicazione definitiva dell’appalto di lavori in favore della ditta Carillo Francesco Paolo; i decreti nn. 1 e 2 del 27 gennaio 2000 – recanti l’occupazione d’urgenza - in favore della Ditta Carillo consegnataria dei lavori - delle aree interessate all’intervento di recupero.
1.3. I signori Roberto e Alfredo Pisapia - rispettivamente proprietario e usufruttuario di un appartamento con giardino ubicato nel centro storico, in catasto F.5, p. 120 – insorgevano avverso i decreti d’occupazione d’urgenza, l’approvazione del progetto esecutivo e l’aggiudicazione dell’appalto, articolando le seguenti censure:
a) violazione, sotto plurimi profili, della l.r. n. 35 del 1987 approvata per la tutela dei valori paesistici ed ambientali nonché per il restauro ed il risanamento conservativo degli insediamenti antichi, nella parte in cui sarebbe di ostacolo all’approvazione del progetto di recupero che tende a distruggere un giardino antico;
b) eccesso di potere per errore nei presupposti e difetto assoluto di motivazione, sotto il profilo che la scelta sottesa all’approvazione del piano sarebbe sbagliata ed inopportuna perché finalizzata alla distruzione di un antico giardino.
2. L’impugnata sentenza – T.a.r. della Campania, sezione V, n. 782 del 17 marzo 2000 -:
a) ha dichiarato inammissibili le censure imperniate sulla violazione della l.r. n. 35 del 1987 per omessa impugnativa del piano di recupero e perché non viene in contestazione la difformità del progetto esecutivo con le prescrizioni di piano;
b) ha dichiarati inammissibili, perché impingenti il merito della scelta amministrativa, le censure di eccesso di potere;
c) ha condannato i ricorrenti al pagamento delle spese di lite.
3. Con ricorso notificato al solo comune il 6 ottobre 2000, e depositato il successivo 21 ottobre, i signori Pisapia proponevano appello avverso la su menzionata sentenza:
a) riproponendo tutti i motivi dedotti in prime cure;
b) contestando la violazione della l. r. n. 35 del 1987, che non consentirebbe la distruzione dei vecchi tessuti urbani, bensì la loro conservazione e nel caso di specie del giardino di cui alla particella 120 F.5 di sicuro pregio architettonico, storico e ambientale;
c) deducendo l’irrilevanza, ai fini dell’esecuzione del piano di recupero, dell’area in questione che avrebbe potuto essere stralciata senza recare danno all’interesse pubblico, verificandosi al contrario un eccessivo ingiusto sacrificio dell’edificio cui è asservito il giardino; il difetto di motivazione dell’interesse pubblico all’inclusione di tale particella nel piano di recupero; la carenza di istruttoria processuale; l’omessa impugnativa della delibera n. 131 del 1998 per mancanza di notifica; l’impossibilità per il sindaco di emette il decreto del 7 luglio 1994 in mancanza del nulla osta dell’amministrazione dei BB. AA. e del visto della provincia, non essendo consentito adottare, in materia ambientale, il visto per silentium ex art. 14, l. n. 241 del 1990;
d) lamentando, infine, la violazione del divieto di ultrapetizione, sancito dall’art. 112 c.p.c., avendo il T.a.r. pronunciato condanna al pagamento delle spese di lite senza che il comune avesse formulato apposita domanda in tal senso.
4. Si costituiva il comune di Piano di Sorrento, deducendo l’inammissibilità e l'infondatezza del gravame in fatto e diritto.
5. La causa è passata in decisione all’udienza pubblica del 30 gennaio 2007.
6. Può prescindersi dalle questioni riguardanti l’eventuale esigenza di integrazione del contraddittorio nei confronti della ditta aggiudicataria dei lavori, quale litisconsorte necessario non evocato in questo grado, attesa la manifesta infondatezza del gravame.
6.1. In via preliminare, la sezione osserva che il thema decidendum del presente giudizio è circoscritto alle censure articolate in prime cure, disattese dall’impugnata sentenza e criticamente riproposte in questo grado con l’atto di appello.
Sono pertanto inammissibili, perché violative del divieto sancito dall’art. 345 c.p.c., le censure nuove sviluppate nell’atto di appello e nelle tre note di udienza (depositate il 13 luglio 2001, il 6 agosto 2003 ed il 12 gennaio 2007) anche in considerazione della loro natura meramente illustrativa.
Del pari è inammissibile in sede di gravame la mera riproposizione delle doglianze articolate in prime cure (cfr. fra le tante, Cons. Stato, sez. IV, n. 3614 del 2004).
6.2. Scendendo, comunque, all’esame del merito del gravame, la sezione deve confermare la correttezza delle statuizioni dell’impugnata sentenza.
Effettivamente i ricorrenti non hanno impugnato né il piano di recupero né l’approvazione definitiva del progetto; inoltre, quand’anche si volessero ritenere gravati tali atti, il ricorso sarebbe sicuramente irricevibile per intempestività, risultando per tabulas l’avvenuta pubblicazione – nel lontano 1994 - del piano di recupero, strumento urbanistico previsto dalla speciale legislazione in materia di sostegno alle zone colpite dal terremoto del 1980.
In particolare, sovviene l’art. 28 della l. n. 219 del 1981 (come interpretato dalla giurisprudenza di questo Consiglio, cfr. sez. IV, n. 1027 del 1993), in forza del quale i piani in questione possono prevedere non solo il mero recupero ma anche l’abbattimento e le modificazioni urbanistiche necessarie al più consono assetto del territorio.
Ciò che si vuol evidenziare, in buona sostanza, è che la volontà provvedimentale dell’amministrazione in ordine alla realizzazione del parco pubblico, cui è strumentale l’ablazione del giardino in questione, si è cristallizzata nel piano del 1994.
Sicuramente inammissibili risultano anche le censure con cui si contesta il merito della scelta progettuale.
6.3. Parimenti infondati risultano i mezzi con cui si attacca l’impugnata sentenza per difetto di istruttoria e violazione del principio della domanda.
Quanto al primo profilo, la sezione rileva la completezza del quadro probatorio in relazione alle censure in concreto dedotte ed alla assorbente inammissibilità del ricorso di primo grado.
Quanto al secondo profilo, è appena il caso di ricordare che a mente dell’art. 91, comma 1, c.p.c. la condanna nelle spese a carico del soccombente, in quanto pronuncia consequenziale ed accessoria alla definizione del giudizio, può essere emessa dal giudice anche d’ufficio senza che ciò integri un’ipotesi di ultrapetizione (cfr. Cass., sez. un., n. 9859 del 1997), con l’unica eccezione (non ricorrente nel caso di specie) che la parte vincitrice abbia rinunciato preventivamente al rimborso (cfr. Cass., sez. I, n. 12542 del 2003).
7. In conclusione l’appello deve essere respinto nella sua globalità.
Le spese di giudizio, regolamentate secondo l’ordinario criterio della soccombenza, sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso meglio specificato in epigrafe:
- respinge l’appello e per l’effetto conferma la sentenza impugnata;
- condanna gli appellanti in solido fra loro a rifondere in favore del comune di Piano di Sorrento le spese del presente grado di giudizio, che liquida in complessivi euro tremila;
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, presso la sede del Consiglio di Stato, Palazzo Spada, nella camera di consiglio del 30 gennaio 2007, con la partecipazione di:
Luigi Maruotti - Presidente, f.f.
Pier Luigi Lodi - Consigliere
Antonino Anastasi - Consigliere
Vito Poli Rel. Estensore - Consigliere
Eugenio Mele - Consigliere
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE, f.f.
Vito Poli Luigi Maruotti

IL SEGRETARIO
Rosario Giorgio Carnabuci

Depositata in Segreteria
Il 11/04/2007….
(Art. 55, L. 27.4.1982, n. 186)
Il Dirigente
Dott. Antonio Serrao