TAR Veneto, Sez. II, n. 930, del 8 luglio 2013
Urbanistica.La modifica della destinazione d’uso da vasca per fiori a piscina necessita di permesso a costruire

La modifica della destinazione d’uso da vasca per fiori a piscina necessita di una trasformazione fisica non puramente funzionale bensì realizzata attraverso opere strutturali volte a costituire un organismo edilizio del tutto diverso da quello autorizzato. Ne consegue che l’intervento, essendo qualificabile di ristrutturazione edilizia richiede il permesso di costruire. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 00930/2013 REG.PROV.COLL.

N. 02256/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2256 del 2011, proposto da: 
Simone Rossi, rappresentato e difeso dagli avv. Marco Brighenti, Vittorio Pomari, Franco Zambelli, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Venezia-Mestre, via Cavallotti, 22;

contro

Comune di Valeggio sul Mincio, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

dell'ordinanza di demolizione di opere abusive n. 2622 in data 30.8.2011 a firma del Responsabile del Servizio Edilizia Privata-Urbanistica del Comune di Valeggio sul Mincio e del verbale di sopralluogo del 29.8,2011 n. 15035/G/2011, redatto dal Comando di Polizia Locale.



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 giugno 2013 il dott. Nicola Fenicia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

Il ricorrente, Rossi Simone, è titolare di un’azienda agricola in località Valle Molini, ricadente in parte nel Comune di Valeggio sul Mincio, in provincia di Verona.

In forza di DIA del 9 giugno 2004 il ricorrente aveva effettuato, nella porzione di terreno posta tra l’edificio e la pubblica via, uno scavo all’interno del quale aveva poi realizzato un manufatto in cemento armato di circa 11 metri di lunghezza e circa mt. 3,5 di larghezza, destinato ad accogliere i meccanismi di una pesa totalmente interrata.

Successivamente, il ricorrente aveva eliminato la strumentazione meccanica destinata alla pesatura, conservando la vasca che era stata impermeabilizzata con un apposito telo e riempita d’acqua allo scopo di realizzare una piscina ad uso degli ospiti dell’agriturismo.

Quindi, il 4 febbraio 2010, il sig. Rossi aveva presentato un’istanza per la sanatoria di tale intervento, nella quale, su indirizzo dell’amministrazione, era stata indicata la destinazione del manufatto a “vasca per i fiori” anziché a piscina.

A fronte di tale istanza, il Comune di Valeggio aveva rilasciato il permesso di costruire in sanatoria del 1 febbraio 2011 in relazione (fra le altre opere), appunto, ad una vasca per i fiori realizzata senza titolo abilitativo.

Tuttavia, il ricorrente aveva continuato ad utilizzare la vasca in questione come piscina.

Quindi, in data 29 agosto 2011 la Polizia locale di Valeggio sul Mincio, in esito a sopralluogo, aveva rilevato che il permesso di costruire in sanatoria non era stato rispettato, essendo stata realizzata una piscina piena d’acqua non stagnante per uso dei clienti dell’attività.

Pertanto, il 30 agosto 2011, il responsabile del servizio edilizia privata del Comune di Valeggio sul Mincio aveva emesso l’ordinanza di demolizione di opere abusive n. 2622, ordinando al ricorrente di effettuare la demolizione del manufatto in questione e il ripristino dello stato dei luoghi entro il termine di 90 giorni.

Tale provvedimento è stato impugnato da Rossi Simone con il presente ricorso, a fondamento del quale sono stati articolati cinque motivi.

Il Comune di Valeggio sul Mincio non si è costituito in giudizio.

All’esito della camera di consiglio del 19 gennaio 2012, il Tribunale ha accolto la domanda cautelare di sospensione dell’ordine di demolizione.

Con ordinanza emessa all’esito della camera di consiglio del 28 febbraio 2013, il Tribunale ha incaricato l’amministrazione resistente di produrre il verbale della Polizia Locale del 29 agosto 2011, nonché una relazione in ordine all’esistenza di eventuali opere realizzate per trasformare la vasca per fiori in piscina.

All’udienza del 26 giugno 2013 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Con il primo motivo il ricorrente ha lamentato la mancata comunicazione dell’avvio del procedimento amministrativo conclusosi con l’ordine di demolizione.

Con il secondo e il terzo motivo ha dedotto la violazione degli artt. 3 e 10 del D.P.R. n. 380/2001, 48 L.R. n. 11/2004, posto che l’intervento realizzato non era qualificabile, come invece ritenuto dall’amministrazione, come un nuovo intervento edilizio, né come un intervento di ristrutturazione edilizia, necessitante, in quanto tale, di un permesso di costruire, poiché il manufatto in cemento era stato già autorizzato, prima con DIA nel 2004, e poi, nel 2011, con il permesso di costruire in sanatoria; trattandosi, piuttosto, di un mero cambio di destinazione d’uso della vasca, avvenuto, senza opere, all’interno della stessa categoria omogenea, in zona rurale.

Pertanto (quarto e quinto motivo) la sanzione applicabile, ai sensi degli artt. 36 e 37 del D.P.R. n. 380/2001, doveva essere esclusivamente quella pecuniaria.

Il ricorso è infondato.

Preliminarmente, quanto all’omessa comunicazione dell’avvio del procedimento, si osserva che la giurisprudenza del Consiglio di Stato, da cui non vi è ragione di discostarsi, ritiene che l’esercizio del potere repressivo degli abusi edilizi costituisce manifestazione di attività amministrativa doverosa, con la conseguenza che i relativi provvedimenti, quali l’ordinanza di demolizione, costituiscono atti vincolati per la cui adozione non è necessario l’invio della comunicazione di avvio del procedimento, non essendovi spazio per momenti partecipativi del destinatario dell’atto (tra gli altri, Cons. Stato, VI, 31 maggio 2013 n. 3010; IV, 10 agosto 2011, n. 4764; IV, 20 luglio 2011, n. 4403; VI, 24 settembre 2010, n. 7129).

Quanto ai restanti motivi di ricorso, si osserva, innanzitutto, che il Comune, con il provvedimento impugnato, ha inteso sanzionare l’abusiva realizzazione di una piscina, laddove, con il permesso di costruire in sanatoria del 1° febbraio 2011, era stata autorizzata la sanatoria di una vasca per fiori.

Invero, la Commissione Edilizia, nella seduta del 30 dicembre 2010, aveva espresso parere negativo alla realizzazione della piscina e prescritto che la fioriera venisse riempita completamente con la terra.

Nella fattispecie in esame, dunque, è pacifico che sia stata effettuata una modifica della destinazione d’uso da vasca per fiori a piscina.

Inoltre, va tenuto conto che la natura della diversa destinazione implica anche che la stessa avvenga, normalmente, mediante opere.

Ed infatti, è evidente che, pur se le dimensioni dell’opera sono rimaste invariate rispetto allo stato autorizzato, un grande vaso per fiori sia un manufatto strutturalmente e funzionalmente diverso da una piscina, e che il passaggio dall’ una all’altra categoria non possa avvenire senza l’opera dell’uomo: senza ad esempio - a parte il riempimento con l’acqua - la realizzazione di un’adeguata impermeabilizzazione della vasca e di un impianto per il filtraggio, l’igienizzazione ed il ricambio dell’acqua.

Si tratta, dunque, di una trasformazione fisica non puramente funzionale bensì realizzata attraverso opere strutturali volte a costituire un organismo edilizio del tutto diverso da quello autorizzato.

Ne consegue che l’intervento, essendo qualificabile di ristrutturazione edilizia, richiedeva il permesso di costruire, con conseguente applicabilità, in mancanza, dell’obbligo di demolizione previsto dall’art. 33, D.P.R. n. 380/2001, da intendersi, tuttavia, nel caso di specie, come obbligo di ripristino della vasca per fiori (riempita completamente di terra, come prescritto dalla Commissione Edilizia) e non come obbligo di demolizione della struttura in cemento che è stata autorizzata con DIA e successivamente sanata con il permesso del 1.02.2011.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

Non essendosi costituita l’amministrazione, le spese di lite restano a carico del ricorrente.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Nulla sulle spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 26 giugno 2013 con l'intervento dei magistrati:

Amedeo Urbano, Presidente

Alessandra Farina, Consigliere

Nicola Fenicia, Referendario, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 08/07/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)