Consiglio di Stato Sez. VI n. 167 del 4 gennaio 2023
Urbanistica.Destinazione a parcheggio di uno spazio verde
La destinazione a parcheggio di uno spazio verde, comporta, anche se attuata senza opere edilizie, una trasformazione del territorio urbanisticamente rilevante, in quanto determina un aumento del carico urbanistico, dato dal continuo passaggio, gli scarichi delle auto, e quindi il connesso disturbo alla fauna del bosco e alla proliferazione della vegetazione nei punti di passaggio. Il mutamento di destinazione d’uso integra, dunque, un cambio – di destinazione d’uso – tra categoria funzionali differenti, e per tale ragione necessita di apposito titolo edilizio
Pubblicato il 04/01/2023
N. 00167/2023REG.PROV.COLL.
N. 01195/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1195 del 2017, proposto da
Angela Viscardis, rappresentata e difesa dall'avvocato Roberto Paviotti, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Canina, n. 6;
contro
Comune di Lignano Sabbiadoro, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avvocato Filippo Pesce, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia (Sezione Prima) n. 337/2016, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Lignano Sabbiadoro;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;
Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 14 novembre 2022 il Cons. Roberta Ravasio e uditi per le parti gli avvocati Filippo Pesce e Angelica Citossi in sostituzione dell'avv. Roberto Paviotti in collegamento da remoto attraverso videoconferenza, con l'utilizzo della piattaforma "Microsoft Teams";
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. La signora Angela Viscardis è proprietaria di un fondo sito nel Comune di Lignano Sabbiadoro in via Millefiori, indentificato catastalmente al foglio 43, mappale 982, da molti anni utilizzato quale parcheggio degli autoveicoli di proprietà degli utenti della adiacente struttura ricettiva “Hotel Pelikan”, sempre di proprietà della signora Viscardis.
2. Con l’ordinanza n. 37/2015 prot. n. 36685 del 29/9/2015 il Responsabile del Settore Urbanistica – Edilizia Privata del Comune di Lignano Sabbiadoro ha ordinato alla appellante la remissione in pristino dello stato dei luoghi, vietando di utilizzare l’area a parcheggio, ritenendo tale utilizzo in contrasto con le disposizioni di cui all’art. 20, lett. A, comma 1.c) delle NTA, della vigente variante n. 40 al PRGC, nonché in violazione dell’art. 42 della L.R. 9/2007.
3. Con successiva ordinanza n. 38/2015 prot. n. 36928 dell’1/10/lo stesso dirigente del Comune ha ordinato di rimettere in pristino lo stato dei luoghi vietando di utilizzare l’area a parcheggio per assenza dell’autorizzazione paesaggistica prevista dall’art. 146 del d.lgs. n. 42/2004.
4. La signora Viscardis ha impugnato i suddetti provvedimenti innanzi al TAR Friuli Venezia Giulia.
5. Il Comune di Lignano Sabbiadoro ha resistito in giudizio.
6. Con sentenza n. 337/2016, del cui appello si tratta, il TAR ha respinto il ricorso.
7. La signora Viscardis ha quindi interposto appello, con l’atto introduttivo del presente giudizio.
8. Il Comune di Lignano Sabbiadoro si è costituito, insistendo per il rigetto del gravame.
9. La causa è stata chiamata per la decisione in occasione dell’udienza straordinaria del 14.11.2022, a seguito della quale è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
1. Con il primo motivo d’appello si contesta la statuizione del TAR che ha ritenuto irrilevante la circostanza che l’appellante utilizzasse l’area in questione come parcheggio fin dagli anni ’70, cioè da prima dell’entrata in vigore del D.lgs. n. 42 del 2004 e della Variante generale al PRGC n. 37 del 09.11.2004 che ha classificato tale fondo come “zona per servizi ed attrezzature collettive S5c—bosco”: il TAR ha fondato tale affermazione sul rilievo che, in ogni caso, la destinazione dell’area a parcheggio era avvenuta in assenza di permesso di costruire ed aveva comportato un mutamento rilevante ai fini della normativa urbanistica ed edilizia., come tale necessitante di titolo edilizio.
1.1 Ad avviso dell’appellante tale statuizione implicherebbe la violazione dell’art 11 delle preleggi nonché travisamento dei fatti e difetto di motivazione. La destinazione dell’area a parcheggio – attuata in epoca precedente alla entrata in vigore dell’attuale strumento urbanistico e del D.lgs. 42/04 – non avrebbe comportato alcun mutamento urbanistico e pertanto non necessitava di alcun permesso di costruire. A riprova di ciò l’appellante richiama la comunicazione del 14.06.1995 della Direzione Regionale delle Foreste Ispettorato Ripartimentale delle Foreste di Udine, ove si legge che “ai fini forestali nulla osta al parcheggio delle autovetture considerato che sulla stessa superficie sussistono soltanto sporadiche essenze arboree non considerate formazione boschiva”, nonché la nota con cui, nel 1987, il Questore della Provincia di Udine aveva autorizzato la gestione di un parcheggio diurno.
1.2 Il motivo non è fondato.
1.2.1. Come rilevato dal TAR la destinazione a parcheggio di uno spazio verde, comporta, anche se attuata senza opere edilizie, una trasformazione del territorio urbanisticamente rilevante, in quanto determina un aumento del carico urbanistico, dato dal continuo passaggio, gli scarichi delle auto, e quindi il connesso disturbo alla fauna del bosco e alla proliferazione della vegetazione nei punti di passaggio. Il mutamento di destinazione d’uso in argomento integra, dunque, un cambio – di destinazione d’uso – tra categoria funzionali differenti, e per tale ragione necessitava di apposito titolo edilizio: si veda, tra le molte decisione, la recente pronuncia della Sezione di cui alla sentenza 04/03/2021, n.1857, secondo cui “Il mutamento della destinazione d'uso tra categorie funzionali ontologicamente diverse, anche senza opere edilizie, ove realizzato senza permesso di costruire, è sanzionabile con la misura ripristinatoria.” .
1.2.2. In assenza del necessario titolo edilizio, dunque, l’utilizzazione del terreno quale parcheggio non era legittimata nel momento in cui entrava in vigore l’attuale strumento urbanistico, rendendo le previsioni di quest’ultimo opponibili alla signora Viscardis, in coerenza con il principio generale secondo cui l’entrata in vigore di nuove previsione urbanistiche è opponibile persino al titolare di un titolo edilizio rilasciato sulla base della previgente disciplina urbanistica, a meno che le relative opere non abbiano già avuto inizio art. 15, comma 4, del D.P.R. n. 380/2001).
2. Con il secondo motivo d’appello si denuncia l’erroneità della sentenza di primo grado, per non avere il T.A.R. considerato che, a causa del comportamento del Comune, era maturato in capo alla signora Viscardis un affidamento legittimo circa la possibilità di utilizzare il terreno come parcheggio privato.
2.1 In particolare, il TAR ha ritenuto che la circostanza che il Comune avesse autorizzato la ricorrente a mantenere in esercizio un passo carrabile non equivalesse ad assenso all’utilizzo del mappale stesso a parcheggio, in quanto il passo carrabile potrebbe essere funzionale anche a mere esigenze manutentive del verde.
2.2 L’appellante sostiene che il Comune era a conoscenza dell’adibizione dell’area a parcheggio, avendo autorizzato la signora Viscardis a mantenere in esercizio il passo carrabile ed avendo incassato per molti anni la tassa comunale di pubblicità sul cartello “Parcheggio Hotel Pelikan” presente all'entrata del terreno: proprio tale comportamento avrebbe ingenerato un affidamento sulla possibilità di adibire l’area a parcheggio, successivamente tradito dalle ordinanze di remissione in pristino oggetto del presente procedimento.
2.3 Il motivo non è fondato. L’autorizzazione a mantenere in esercizio un passo carrabile non comporta necessariamente l’utilizzabilità dell’area in questione come parcheggio, ma è compatibile anche con ulteriori utilizzi del territorio, dovendosene presumere, al contrario, l’utilizzo per consentire l’accesso al fondo con mezzi della proprietà. Tale circostanza, pertanto, non è idonea a fondare un affidamento circa la possibilità di utilizzare il terreno come parcheggio.
2.4. Anche la riscossione della tassa comunale per il cartello “Parcheggio Hotel Pelikan” presente all'entrata del terreno non è idonea a far sorgere alcun affidamento in quanto la tassa è dovuta per il semplice fatto di affissione del cartello, a prescindere da ogni verifica circa il contenuto dello stesso e circa la destinazione dell’area.
3. Con il terzo motivo d’appello si denuncia l’erroneità della sentenza di primo grado per avere escluso che il divieto di utilizzo del terreno potesse essere lesivo del diritto di proprietà.
3.1 Il TAR ha ritenuto, in particolare, che la destinazione dell’area a verde privato avesse natura conformativa e non ablatoria in quanto “la destinazione a verde privato di un’area rientra (…) tra le ipotesi di qualificazione delle zone territoriali omogenee di cui lo strumento urbanistico primario si compone e, anche se pone preclusione all’edificazione implicando l’esclusione della possibilità di realizzare qualsiasi opera edilizia incidente sulla destinazione a verde (così, ex plurimis, Cons. Stato, Sez. IV, 5 ottobre 1995 n. 781), rimane, comunque, espressione delle funzioni di ripartizione in zone del territorio, senza determinare vincoli tali da escludere potenzialmente il diritto di proprietà nella sua interezza (così Cons. Stato, Sez. IV, 24 luglio 1985 n. 290)”. Tale destinazione, pertanto, non soggiace al regime di decadenza contemplato per i vincoli ablatori dall'art. 9 del T.U. approvato con D.P.R. 6 giugno 2001, n. 327.
3.2 Ad avviso dell’appellante la natura del vincolo deve essere rapportata alla situazione concreta e al contesto ambientale; nel caso di specie tale destinazione avrebbe, invece, comportato la totale inutilizzabilità del mappale e pertanto il vincolo deve essere considerato espropriativo.
3.3 Il motivo non è fondato.
3.3.1. Questo Consiglio di Stato ha in più occasioni affermato che la destinazione a verde privato grava il terreno di un vincolo che non svuota il diritto di proprietà e ha natura conformativa e non ablatoria: si veda, in tal senso, la pronuncia di cui alla sentenza della Sez. IV, n. 4976 del 6 ottobre 2014, secondo cui “Il vincolo a verde privato appartiene alla categoria dei vincoli conformativi, poiché deve considerarsi connaturato a tale destinazione urbanistica l’imposizione di un vincolo particolare prescritto in funzione della localizzazione di un’opera pubblica la cui realizzazione non è compatibile con la proprietà privata. La classificazione a verde privato, quindi, deve farsi rientrare tra quelle prescrizioni che regolano la proprietà privata alla realizzazione di obiettivi generali di pianificazione del territorio ai quali non può attribuirsi una natura ablatoria e/o sostanzialmente espropriativa.”; nello stesso senso Cons. Stato, Sez. IV, n. 2919 del 18 maggio 2012: “La destinazione urbanistica di un'area a verde privato, operata dalle previsioni dello strumento urbanistico primario, non assume la natura di vincolo ablatorio o assimilabile, ma rientra nell'ambito della normale conformazione della proprietà privata, espressione del potere di pianificazione del territorio comunale e, di conseguenza, non soggiace alla decadenza conseguente all'inutile decorso del termine quinquennale previsto dall'art. 9, t.u. dell'edilizia approvato con d.P.R. 6 giugno 2001 n. 327, come modificato dall'art. 1 d.lg. 27 dicembre 2002 n. 302.”.
3.3.2. Trattandosi di vincolo meramente conformativo, lo stesso non è sottoposto a limiti temporali e non soggiace al regime di decadenza previsto dall'art. 9 del T.U. approvato con D.P.R. 6 giugno 2001, n. 327, oltre a non essere indennizzabile.
4. Con il quarto motivo di appello si denuncia l’erroneità della sentenza per aver il T.A.R. affermato che il quarto motivo articolato nel ricorso originario, con il quale si deduceva la violazione dell’art. 42 della L.R. n. 9/2007, fosse inammissibile per carenza di interesse a ricorrere.
4.1 Il TAR ha ritenuto che la mancata “trasformazione del bosco”, consentita dalla citata norma a talune condizioni, fosse irrilevante in quanto, a prescindere da tale profilo, i provvedimenti impugnati erano comunque sufficientemente sorretti, sotto il profilo motivazionale, dal contrasto tra il cambio di destinazione d’uso impresso al mappale in questione e le disposizioni di cui all’art. 20, lett. A), comma 1, pt. c), delle NTA della vigente variante 40 al PRGC. Questa motivazione sarebbe da sola idonea a sorreggere la legittimità dei provvedimenti impugnati.
4.2 Ad avviso dell’appellante, invece, una simile conclusione sarebbe errata in quanto non sussisterebbe alcun contrasto tra l'asserito cambio di destinazione d'uso e le disposizioni di cui all'art. 20, lettera a, comma 1, punto c), delle N.T.A. della Variante 40 al PRGC. La citata disposizione, infatti, vieterebbe esclusivamente la realizzazione di opere per il parcheggio e non la mera destinazione dell’area a parcheggio. Il provvedimento impugnato sarebbe pertanto illegittimo in quanto il parcheggio, oltre a non essere vietato dalle NTA della variante n. 40 al PRG, non avrebbe comportato alcuna trasformazione del bosco e pertanto non si porrebbe in contrasto con l'art. 42 della L.R. 9/2007.
4.3 Il motivo non è fondato.
4.3.1 Per quanto riguarda la compatibilità del parcheggio con l'art. 20, lettera a, comma 1, punto c), delle N.T.A. della Variante 40 al PRGC, la norma elenca le destinazioni possibili per l’area in questione e l’utilizzo a parcheggio è consentito in caso di destinazione a Pineta e Riviera in fascia demaniale “entro uno spazio di m 20 dalla viabilità, rispettandosi i criteri seguenti: 2.2.1) entro lo spazio di m 6 dalla viabilità: con pavimentazione eventuale filtrante; 2.2.2) oltre lo spazio di m 6 dalla viabilità: senza rimozione di alberi e senza pavimentazione”.
4.3.2. Non trovandosi il terreno di proprietà dell’appellante in fascia demaniale, una utilizzazione a parcheggio non può ritenersi consentita dallo strumento urbanistico, dovendosi precisare che ciò che la norma intende precludere è la sosta sistematica di numerose autovetture, in quanto il continuo battuto del terreno ostacola la vegetazione spontanea, può cagionare disturbo alla fauna del bosco e, pertanto, può ritenersi idoneo a compromettere la vitalità del bosco. A diversa conclusione si potrebbe giungere con riferimento alla sosta del veicolo del proprietario e dei suoi famigliari, oppure per con riferimento a circostanze del tutto occasionali, ma chiaramente non è questo l’uso rivendicato dall’appellante.
4.3.2 Stante il contrasto con le NTA al PRG, sono corrette le considerazioni del TAR circa la carenza di interesse a ricorrere in quanto il contrasto con gli strumenti urbanistici sussiste e costituisce una ragione da sola sufficiente a giustificare l’ordine di ripristino, trattandosi di atto plurimotivato: al riguardo si richiama la sentenza di questa Sezione del 17/02/2022, n.1200, la quale ha ribadito il principio secondo cui “Se il provvedimento gravato risulti sorretto da più ragioni giustificatrici tra loro autonome, logicamente indipendenti e non contraddittorie, il giudice ove ritenga infondate le censure indirizzate nei confronti di uno dei motivi assunti a base dell'atto controverso, idoneo di per sé a sostenerne e a comprovarne la legittimità, ha potestà di respingere il ricorso sulla sola scorta di tale rilievo, con assorbimento delle censure dedotte nei confronti degli altri capi del provvedimento, indipendentemente dall'ordine con cui i motivi sono stati articolati, in quanto la conservazione dell'atto implica la perdita di interesse del ricorrente all'esame delle altre doglianze.”.
4.4. In ogni caso, anche ammettendo che l’art. 42 della L.R. n. 9/2007, consentisse la “trasformazione del bosco” per l’utilizzazione a parcheggio, un’autorizzazione sarebbe stata comunque necessaria ai sensi del comma 2 della norma, non ricorrendo alcune delle situazioni - previste nei commi successivi – in presenza delle quali l’autorizzazione non è richiesta. E nel caso di specie la signora Viscardis non risulta aver ottenuto l’autorizzazione richiesta dalla norma in questione.
5. Con il quinto motivo d’appello si denuncia l’erroneità della sentenza per avere il T.A.R. ritenuto che la signora Viscardis ha posto in essere modificazioni pregiudizievoli dei valori paesaggistici protetti.
5.1 Il TAR ha ritenuto le censure dell’appellante prive di pregio atteso che “gli artt. 146 e 167 del d.lgs n. 42 del 06/07/2002 n. 137, posti a fondamento dell'ordinanza n. 38/2015 oggetto di gravame, prevedono l'irrogazione di sanzioni (anche di ripristino – cfr. art. 167 cit.) a fronte di violazioni atte non solo a distruggere ma anche ad apporre «modificazioni che rechino pregiudizio ai valori paesaggistici oggetto di protezione» (art. 146 d.lgs. cit.), come nel caso di specie è all'evidenza avvenuto”.
5.2 L’appellante sostiene che la destinazione dell’area a parcheggio non abbia comportato alcuna distruzione, né modificazioni che rechino pregiudizio all'area, come emergerebbe dalla documentazione fotografica in atti. Lo stesso Comune, del resto, avrebbe accertato in data 15.07.2014 che “l'area in oggetto non sia stata interessata da una trasformazione in via permanente del suolo inedificato, in quanto il fondo è rimasto naturale”.
15.3 Il motivo non è fondato.
5.3.1. L’ordinanza n. 37/2015 è motivata esclusivamente alla luce dell’assenza dell’autorizzazione paesaggistica ai sensi dell’art 146 D.lgs. 42/04. Tale autorizzazione è richiesta al fine di evitare la realizzazione di qualsiasi pregiudizio ai valori paesaggistici oggetto di protezione, ed è pertanto necessaria per qualsiasi intervento che possa comportare una modificazione dell’area al fine di verificare in via preventiva se tali interventi possano essere pregiudizievoli. L’assenza dell’autorizzazione paesaggistica, pertanto, è da sola sufficiente a giustificare l’ordine di demolizione/ripristino, senza che sia necessario per l’amministrazione provare che l’intervento ha effettivamente arrecato un pregiudizio ai beni ambientali protetti.
6. L’appello, conclusivamente, deve essere respinto perché infondato.
7. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante al pagamento, in favore del Comune di Lignano Sabbiadoro, delle spese della presente fase di giudizio, che si liquidano in € 4.000,00 (quattromila), oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 novembre 2022, celebrata in videoconferenza ai sensi del combinato disposto degli artt. 87, comma 4 bis, c.p.a. e 13 quater disp. att. c.p.a., aggiunti dall’art. 17, comma 7, d.l. 9 giugno 2021, n. 80, recante “Misure urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni funzionale all'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per l'efficienza della giustizia”, convertito, con modificazioni, dalla l. 6 agosto 2021, n. 113, con l'intervento dei magistrati:
Luigi Massimiliano Tarantino, Presidente FF
Giovanni Sabbato, Consigliere
Davide Ponte, Consigliere
Roberta Ravasio, Consigliere, Estensore
Annamaria Fasano, Consigliere