Consiglio di Stato Sez, VI n. 7046 del 16 ottobre 2019
Urbanistica.Intervento qualificabile come ristrutturazione edilizia
Affinché un intervento sia di ristrutturazione edilizia deve potersi procedere, con sufficiente grado di certezza, alla ricognizione degli elementi strutturali dell'edificio (da ristrutturare), in modo tale che, seppur in parte diruto, ovvero non abitato o abitabile, esso possa essere comunque individuato nei suoi connotati essenziali, come identità strutturale in relazione anche alla sua destinazione
Pubblicato il 16/10/2019
N. 07046/2019REG.PROV.COLL.
N. 05607/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5607 del 2016, proposto da
Ministero per i Beni e le Attività Culturali e Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio per le Province di Salerno e Avellino, in persona dei rispettivi rappresentanti legali pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, sono domiciliati ex lege;
contro
Gennaro Di Crescenzo, rappresentato e difeso dagli avvocati Costantino Antonio Montesanto e Raffaella Di Blasi, con domicilio eletto presso lo studio Giuseppe Criscuolo, in Roma, via Cosseria, n. 2;
nei confronti
Comune di Cetara, in persona del legale rappresentante in carica, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Campania – Salerno, Sezione II n. 00796/2016, resa tra le parti, concernente il diniego di un’autorizzazione paesaggistica.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del sig. Gennaro Di Crescenzo;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 ottobre 2019 il Cons. Alessandro Maggio e udito per la parte l’avvocato dello Stato Davide Di Giorgio;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il sig. Gennaro Di Crescenzo ha chiesto al Comune di Cetara il permesso di costruire per l’esecuzione di lavori di consolidamento statico e adeguamento funzionale di un fabbricato a destinazione abitativa ubicato in area soggetta a vincolo paesaggistico in base al P.U.T. dell’area sorrentina e amalfitana.
Il Comune, valutata positivamente la conformità del progetto alla normativa urbanistica, ha trasmesso la pratica alla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le Province di Salerno e Avellino (ora Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le Province di Salerno e Avellino) per il rilascio del parere di cui all’art. 146 del D. Lgs. 2004 n. 42.
Con nota 7/7/2013 n. 20511 la Soprintendenza ha espresso parere negativo sul presupposto che l’intervento, riguardando un immobile diruto e privo dei suoi elementi strutturali, non sarebbe stato ammissibile in quanto avrebbe dato luogo a una nuova costruzione non consentita sull’area interessata dai programmati lavori.
Ritenendo l’atto illegittimo il sig. Di Crescenzo lo ha impugnato con ricorso al T.A.R. Campania – Salerno il quale, con sentenza 4/4/2016, n. 796, lo ha accolto, ritenendo l’immobile individuabile nelle sue caratteristiche originarie e quindi essenziali, malgrado lo stato precario.
Per il primo giudice, in sintesi, il fabbricato presenta (presentava) intatta la sua struttura originaria, il suo volume, gran parte delle mura perimetrali e parte della copertura; conseguentemente, l’intervento in questione consisterebbe in un intervento di recupero.
Avverso la sentenza hanno proposto appello il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e la Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio per le Province di Salerno e Avellino.
Per resistere al ricorso si è costituito in giudizio il sig. Di Crescenzo.
Con successive memorie le parti hanno meglio illustrato le rispettive tesi difensive.
Alla pubblica udienza del 3/10/2019 la causa è passata in decisione.
Con un unico motivo di gravame la parte appellante deduce l’errore in cui sarebbe incorso il Tribunale nel ritenere che, malgrado il precario stato manutentivo, il fabbricato mostrasse “intatta la sua struttura originaria ed il suo volume” mantenendo “le mura sui tre lati perimetrali e parte della volta di copertura”.
E invero, diversamente da quanto opinato dal giudice di prime cure l’immobile di che trattasi avrebbe le caratteristiche di un rudere privo di sostanziale identità, essendo costituito da semplici brandelli delle mura perimetrali relative a tre lati (semisepolti da folata vegetazione), dalla totale assenza della muratura del lato sud e dalla sostanziale mancanza della copertura.
Il motivo è infondato.
Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale che il Collegio condivide e che trae conforto dall’art. 3, comma 1, lett. d), del D.P.R. 6/6/2001, n. 380, la ristrutturazione edilizia presuppone, come elemento indispensabile, la preesistenza di un fabbricato ben identificabile nella sua consistenza e nelle sue caratteristiche planivolumetriche e architettoniche.
Perché un intervento possa essere qualificato di ristrutturazione edilizia occorre, dunque, che sussista la possibilità di procedere, con sufficiente grado di certezza, alla ricognizione degli elementi strutturali dell'edificio, in modo tale che, seppur in parte diruto, ovvero non “abitato” o “abitabile”, esso possa essere comunque individuato nei suoi connotati essenziali, come identità strutturale in relazione anche alla sua destinazione (Cons. Stato, Sez. VI, 5/12/2016, n. 5106; 12/4/2013, n. 1995; Sez. IV, 19/3/2018, n. 1725).
Nel caso di specie, il manufatto del sig. Di Crescenzo presentava le caratteristiche essenziali minime per poter essere oggetto di un intervento di ristrutturazione.
Infatti, come si ricava incontrovertibilmente dagli allegati fotografici depositati in giudizio (si fa riferimento alle foto. nn. 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18 e 19 depositate nel giudizio di primo grado), su cui si è basato anche l’iter motivazionale del primo giudice, il fabbricato, seppur in precarie condizioni, era perfettamente identificabile nella sua struttura originaria e nel suo volume, essendo presenti le mura su tre lati e parte della volta di copertura, con conseguente qualificazione dell’intervento come di mero recupero.
L’appello va, pertanto, respinto.
Restano assorbiti tutti gli argomenti di doglianza, motivi od eccezioni non espressamente esaminati che il Collegio ha ritenuto non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
Spese e onorari di giudizio, liquidati come in dispositivo, seguono la soccombenza nei confronti dell’amministrazione statale, mentre nulla va disposto nei riguardi del Comune non costituitosi in giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante al pagamento delle spese processuali in favore del sig. Di Crescenzo, liquidandole forfettariamente in complessivi € 2.000/00 (duemila), oltre accessori di legge.
Nulla per le spese nei confronti del Comune di Cetara.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 ottobre 2019 con l'intervento dei magistrati:
Sergio De Felice, Presidente
Alessandro Maggio, Consigliere, Estensore
Francesco Mele, Consigliere
Oreste Mario Caputo, Consigliere
Stefano Toschei, Consigliere