Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 3119, del 16 giugno 2014
Urbanistica.Jus aedificandi.

L’art. 9 del dpr n. 380/2001, disciplinando l’utilizzo delle aree per le quali non risulta intervenuta l’approvazione di uno strumento attuativo, si limita a trarne una restrizione consequenziale sul tipo di interventi realizzabili in assenza del medesimo, ma non smentisce il principio emergente della non subordinabilità dello “ius aedificandi” a future scelte urbanistiche di dettaglio e completamento pianificatorio. Questo orientamento resta ancora valido, quale principio generale a tutela dello “ius aedificandi”, ma nella sua effettiva e limitata portata di non consentire che l’assenza dello strumento attuativo possa prolungarsi “sine die”; ma tale portata non può certamente essere estesa sino a configurare un dovere per l’amministrazione, nelle more della pianificazione attuativa, di rilasciare il permesso di costruzione in zone sostanzialmente carenti delle opere in questione. La giurisprudenza ha da tempo affermato che non è sufficiente un qualunque stadio di urbanizzazione, anche di fatto, per eludere l’obbligo della previa redazione dello strumento attuativo. Per contro, nella predetta situazione, l’ordinamento (che peraltro offre rimedi sollecitatori delle potestà pianificatorie) pone a carico del soggetto che chiede il permesso l’onere di documentare l’esistenza di sufficienti opere di urbanizzazione primaria e secondaria o, può aggiungersi, di indicare ed accollarsi, ma sempre nelle forme di legge, il compimento di quelle opere risultanti carenti. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 03119/2014REG.PROV.COLL.

N. 06830/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6830 del 2009, proposto da: 
Comune di Terracina, rappresentato e difeso dall'avv. Alessandro Ambrifi, con domicilio eletto presso Massimo Rosati in Terracina, via Isacco Newton, 6;

contro

Carla Benedetta Biondi, Mario Biondi, Artelio Biondi, Katia Biondi e Fabiana Biondi, rappresentati e difesi dall'avv. Francesco Di Ciollo, con domicilio eletto presso Pierluigi Panici in Roma, via Germanico, 172;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - SEZ. STACCATA DI LATINA: SEZIONE I n. 00591/2009, resa tra le parti, concernente DINIEGO PERMESSO DI COSTRUIRE COMPLESSO RESIDENZIALE.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Carla Benedetta Biondi, di Mario Biondi, di Artelio Biondi, di Katia Biondi e di Fabiana Biondi;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 aprile 2014 il Cons. Raffaele Potenza; nessuno è presente per le parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

1.- Con ricorso al TAR del Lazio, sezione di Latina, i signori Carla Benedetta, Mario, Artelio, Katia e Fabiana Biondi, proprietari di terreno in comune di Latina (distinto in catasto al foglio 132, particella 1886) ubicato nella fascia costiera oltre Porto Badino, in zona residenziale, esponevano di aver avanzato domanda di permesso di costruire quattro villini ad uso residenziale, precisando come la zona comprendente l’area interessata dall’istanza risultasse quasi totalmente edificata ed urbanizzata, oltre che caratterizzata da una specifica funzione residenziale, essendo classificata nel vigente PRG di Terracina, quale zona omogenea C4, di espansione e ristrutturazione residenziale. Il Comune, tuttavia respingeva la domanda, rilevando la necessità di un preventivo strumento urbanistico attuativo e di completare la realizzazione delle necessarie infrastrutture previste dal PRG.

1.1- Con la sentenza epigrafata il Tribunale amministrativo accoglieva il ricorso.

2. Di qui l’appello proposto dal Comune di Terracina, che ha chiesto a questo Consesso la riforma della sentenza, deducendo motivi riassunti nella successiva trattazione in diritto del gravame.

2.1. Si sono costituiti nel giudizio i ricorrenti in primo grado, resistendo all’appello ed esponendo in contestuale successiva memoria (11.9.2009) le proprie argomentazioni difensive, che si intendono qui riportate.

2.2. -Con ordinanza n. 4887/2009 il Consiglio ha disposto l’accoglimento della istanza di sospensione della sentenza impugnata, avanzata da parte appellante.

2.3.- Il Comune ha riepilogato in memoria le proprie tesi e, alla pubblica udienza del 15 aprile 2014, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1.- E’ controversa la legittimità di un diniego di permesso di costruzione (chiesto dagli odierni appellati) su area compresa in zona del Comune di Latina quale zona omogenea C4, di espansione e ristrutturazione residenziale, diniego reso dal Comune appellante in ragione della ritenuta insufficiente urbanizzazione della zona ed annullato dal TAR, in ragione di un orientamento del tutto opposto. In particolare, ed in sintesi, il primo giudice ha ritenuto che:

- per giurisprudenza consolidata (C.d.S. Ad.Plen. 12/1992, C.d.S. 2562/2000) allorchè, come nella specie, “un lotto si trova in area a destinazione residenziale totalmente o quasi totalmente edificata ed urbanizzata, l'eventuale disposizione contenuta in PRG, che preveda di subordinare il rilascio dei titoli abilitativi alla futura adozione di piani particolareggiati, perde qualunque forza cogente, essendo oramai del tutto inutile, oltre che impossibile, qualunque ulteriore pianificazione di dettaglio”;

- va evidenziato inoltre che “il lotto di terreno in oggetto è intercluso tra altri lotti già edificati e come tale l'area è dotata di idonee e adeguate infrastrutture primarie”;

- “l’art. 9 del d.P.R. 380/2001 non è applicabile al caso di specie in quanto il terreno in esame non ricade, come previsto dalla norma citata, in area nella quale non sono stati approvati gli strumenti urbanistici attuativi previsti dagli strumenti urbanistici generali come presupposto per l'edificazione, sia perché…………. l’art. 6 delle NTA del PRG del comune di Terracina è risultato illegittimo (Cons. di Stato, sez. V, n.122/1982) nella parte in cui rinvia e subordina sine die il rilascio delle licenze edilizie alla futura adozione dei piani particolareggiati, sia perché trattandosi di area già edificata ed urbanizzata l'adozione di un ulteriore strumento attuativo risulta del tutto impossibile ed inutile”.

2.- L’orientamento testé riassunto è contestato dall’appellante Comune mediante la formulazione di una serie di critiche.

a)- In primo luogo non avrebbe rilievo l’annullamento giurisdizionale dell’art. 6 delle NTA del PRG (Cons. di Stato, sez. V, n.122/1982) nella parte ove subordinava il rilascio delle licenze edilizie alla futura adozione dei piani particolareggiati; successivamente a detta pronuncia la fattispecie sarebbe infatti disciplinata dalla codificazione (art. 9 del DPR n. 380/2001) del principio per cui nella aree nelle quali non risulta approvato alcuno strumento urbanistico attuativo sono consentiti soltanto interventi di manutenzione, restauro e risanamento, ristrutturazione. In base alla normativa, pertanto, era onere degli interessati documentare l’esistenza di sufficienti opere di urbanizzazione primaria e secondaria, o indicare ed accollarsi il compimento di quelle opere risultanti carenti; ma, al contrario di quanto sostenuto, dagli istanti dagli atti del Comune emerge l’assenza delle opere in questione.

b)- Né, infine il lotto poteva essere considerato intercluso in senso urbanistico (caratteristica invece riconosciuta dal TAR, a supporto dell’accoglimento del ricorso) e quindi sottratto alla esigenza di una pianificazione di dettaglio, mancando la necessari prospettiva di un accesso ad una via pubblica.

L’appello è fondato.

2.1.- L’art. 9 del dpr n. 380/2001, disciplinando l’utilizzo delle aree per le quali non risulta intervenuta l’approvazione di uno strumento attuativo, si limita a trarne una restrizione consequenziale sul tipo di interventi realizzabili in assenza del medesimo, ma non smentisce il principio emergente da Cons. di Stato , a.p., n.12/1992 della non subordinabilità dello “ius aedificandi” a future scelte urbanistiche di dettaglio e completamento pianificatorio. Questo orientamento resta ancora valido, quale principio generale a tutela dello “ius aedificandi”, ma nella sua effettiva e limitata portata di non consentire che l’assenza dello strumento attuativo possa prolungarsi “sine die”; ma tale portata non può certamente essere estesa sino a configurare un dovere per l’amministrazione, nelle more della pianificazione attuativa, di rilasciare il permesso di costruzione in zone sostanzialmente carenti delle opere in questione. Del resto, la giurisprudenza ha da tempo affermato che non è sufficiente un qualunque stadio di urbanizzazione, anche di fatto, per eludere l’obbligo della previa redazione dello strumento attuativo. Per contro, nella predetta situazione, l’ordinamento [che peraltro offre rimedi sollecitatori delle potestà pianificatorie (cfr. Cons. St., sez. IV, n. 6625/2008)] pone a carico del soggetto che chiede il permesso l’onere di documentare l’esistenza di sufficienti opere di urbanizzazione primaria e secondaria (v. Cons. di Stato, sez.V, n.790/2001) o, può aggiungersi, di indicare ed accollarsi, ma sempre nelle forme di legge, il compimento di quelle opere risultanti carenti. Nella fattispecie, la prima situazione (assenza di opere sufficienti) risulta da una specifica certificazione dell’autorità comunale che attesta di non aver mai provveduto alla realizzazione delle opere in parola. Cionodimeno, lo “ius aedificandi” del proprietario, che pur non ha documentalmente smentito l’insufficienza delle opere, non risulta irrimediabilmente precluso ma solo subordinato, nella possibilità di espansione, alla seconda opzione, che cioè le opere mancanti (o insufficienti) siano realizzate mediante uno strumento consensuale tra parte pubblica e privata (ad es. accordi di pianificazione, piano di iniziativa privata, regolante i rispettivi oneri economici).

Certo è che non è praticabile la terza via, chiesta dai ricorrenti, la quale darebbe luogo ad un permesso di costruzione che rappresenterebbe un uso del territorio inammissibile in quanto avulso da ordinati ed effettivamente attuati parametri di sviluppo urbanistico. Che poi la zona sia stata interessata da un elevato livello di urbanizzazione in punto di fatto, come avvenuto per molte zone del territorio italiano, è situazione del tutto esterna alla legalità urbanistica quanto al presente contenzioso.

Sotto il profilo giuridico, dunque, l’art. 9 del dpr n.380/2001 non permetteva il rilascio del permesso in questione. Del resto la Sezione, ad estrinsecazione della predetta norma, ha già avuto occasione di affermare (Cons. di Stato, n.3699/2010) , confermando una sentenza del TAR Campania (sezione II, n. 6669/2007):

- che quando lo strumento urbanistico generale prevede che la sua attuazione debba aver luogo mediante un piano di livello inferiore, il rilascio del titolo edilizio può essere legittimamente disposto solo dopo che lo strumento esecutivo” sia venuto ad esistenza giuridica (cfr. Cons. St., sez. V, n. 300/1997);

- “che in presenza di una normativa urbanistica generale che preveda per il rilascio del titolo edilizio in una determinata zona l’esistenza di un piano attuativo, non è consentito superare tale prescrizione facendo leva sulla situazione di sufficiente urbanizzazione della zona stessa (cfr. Cons. St., sez. IV, 3 novembre 2008, n. 5471)”;

- che “la valutazione circa la congruità del grado di urbanizzazione” è rimessa all’esclusivo apprezzamento discrezionale del Comune (cfr. Cons. St., sez. IV, n. 4276/2007).

2.2.- Né muta la situazione giuridica evidenziata la posizione dell’area, erroneamente qualificata dal TAR “lotto intercluso”. Premesso che tale nozione riveste natura eccezionalmente derogatoria dei principi sopra richiamati, anche su questo punto la giurisprudenza d’appello (cfr. sez.IV, n. 3699/2010, cit. ) ne ha focalizzato le condizioni costitutive, vale a dire che l’area edificabile di proprietà del richiedente:

a) sia l’unica a non essere stata ancora edificata;

b) si trovi in una zona integralmente interessata da costruzioni;

c) sia dotata di tutte le opere di urbanizzazione (primarie e secondarie), previste dagli strumenti urbanistici;

d) sia valorizzata da un progetto edilizio del tutto conforme al p.r.g.

Nel caso in esame, invece, oltre a non ravvisarsi alcuna di dette connotazioni, dall’esposizione in fatto recepita dalla sentenza emerge che la posizione di lotto intercluso è stata sostenuta, ed accolta dal TAR, sulla base della mera classificazione di zona urbanizzata recata dal PRG e che l’area trovasi di fatto in zona “quasi totalmente urbanizzata”, elementi dichiarativi palesemente insufficienti (oltre che a smentire le carenze sostenute dal Comune) a configurare un lotto intercluso.

3.- Conclusivamente l’appello deve essere accolto con conseguente riforma della sentenza impugnata e reiezione del ricorso di primo grado.

Restano assorbiti ulteriori motivi ed eccezioni, che il Collegio non ritiene rilevanti ai fini della presente decisione.

4.- Sussistono giuste ragioni per disporre la compensazione delle spese del presente grado di giudizio, attesa la sufficiente complessità delle questioni sollevate e trattate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione IV), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, accoglie l’appello e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado.

Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 aprile 2014 con l'intervento dei magistrati:

Paolo Numerico, Presidente

Sandro Aureli, Consigliere

Raffaele Greco, Consigliere

Raffaele Potenza, Consigliere, Estensore

Andrea Migliozzi, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 19/06/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)