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Nuovo “condono edilizio” – note sugli effetti penali
(con particolare riferimento alla disciplina della Regione Lombardia)
di Marco Comelli Commissario Aggiunto di Polizia Locale, applicato alla Sezione di Polizia Giudiziaria – Aliquota Ambiente della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Vigevano
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Normativa di riferimento:

Art. 32 del D.L. 30 settembre 2003, n° 269

[Suppl. Ord. G.U. n° 229 del 2 ottobre 2003]

come convertito, con modificazioni, dalla Legge 24 novembre 2003, n° 326

[Suppl. Ord. G.U. n° 274 del 25 novembre 2003]

Termini aggiornati a quanto disposto dall’art. 5 del D.L. 12 luglio 2004, n° 168

[Suppl. Ord. G.U. n° 122 del 12 luglio 2004]

come convertito, con modificazioni, dalla Legge 30 luglio 2004, n° 191

[Suppl. Ord. G.U. n° 178 del 31 luglio 2004]

REGIONE LOMBARDIA – L.R. 3 novembre 2004, n° 31
[B.U.R.L. n° 45 del 5 novembre 2004 - 1° S.O.]









1. La domanda relativa alla definizione dell’illecito edilizio, con l’attestazione del pagamento dell’oblazione e dell’anticipazione degli oneri concessori, deve essere presentata al Comune entro il 10 dicembre 2004 (comma 32 dell’art. 32 del D.L. 269/03 in oggetto [1]).

Ai sensi dell’art. 31 della Legge 47/85 (vedasi successivo punto 2), sono legittimati a presentare domanda di sanatoria edilizia:

a) i proprietari delle costruzioni e delle altre opere abusive;

b) i soggetti che hanno titolo a chiedere il titolo abilitativo ai sensi dell’art. 11 del T.U. dell’edilizia (D.P.R. 380/01);

c) qualsiasi altro soggetto interessato al conseguimento della sanatoria, cioè a beneficiare dei suoi effetti.

A titolo esemplificativo, tra i soggetti compresi ai punti b) e c) possono essere individuati:

- titolare del diritto di superficie (art. 952 c.c.);

- enfiteuta, solo nell’ambito dei limiti del contratto;

- usufruttuario;

- locatario, per la manutenzione straordinaria urgente (art. 1577 c.c.);

- titolari di diritti reale di servitù prediali coattive o volontarie, come elettrodotti, funicolari, scarichi, acquedotti, ecc., per lavori di manutenzione straordinaria o di trasformazione inerenti il loro titolo;

- affittuario agrario e concessionario di terre incolte, per miglioramenti dei fabbricati rurali e della casa di abitazione;

- titolari in base a negozio giuridico di diritto privato, cioè delega, procura o mandato da parte del proprietario;

- titolari di diritti derivanti da provvedimenti autoritativi quali, ad esempio, il beneficiario, l’assegnatario di terre incolte, il concessionario di miniere e di beni demaniali, nonché colui che, in adempimento ad obblighi di fare, sia a ciò autorizzata per ordine del giudice;

- titolare di diritto derivante da speciali situazioni previste dalla legge quali, ad esempio, tutore e curatore.

2. Il comma 25 dell’art. 32 del D.L. 269/03 ha previsto che “Le disposizioni di cui ai Capi IV e V della legge 28 febbraio 1985, n. 47 [artt. da 31 a 52], … si applicano alle opere abusive che risultino ultimate entro il 31 marzo 2003 e che non abbiano comportato ampliamento del manufatto superiore al 30 per cento della volumetria della costruzione originaria o, in alternativa, un ampliamento superiore a 750 mc. Le suddette disposizioni trovano altresì applicazione alle opere abusive realizzate nel termine di cui sopra relative a nuove costruzioni residenziali non superiori a 750 mc per singola richiesta di titolo abilitativi edilizio in sanatoria, a condizione che la nuova costruzione non superi complessivamente i 3.000 metri cubi.”

Ricordiamo che, ai sensi dell’art. 31 della Legge 47/85, il concetto di ultimazione va distinto a seconda che debba riferirsi a immobili residenziali o non residenziali. Secondo la norma citata, infatti,“…si intendono ultimati gli edifici dei quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura, ovvero, quanto alle opere interne agli edifici già esistenti e a quelle non destinate alla residenza, quando esse siano state completate funzionalmente”.

Ai sensi dell’art. 43 della Legge 47/85, possono ottenere la sanatoria anche le opere non ultimate per effetto di provvedimenti amministrativi o giurisdizionali (ad esempio, per ottemperanza all’ordine di sospensione dei lavori), “…limitatamente alle strutture realizzate e ai lavori che siano strettamente necessari alla loro funzionalità”. Per prevalente giurisprudenza, la suddetta facoltà è stata estesa anche alle opere non ultimate a seguito di provvedimenti cautelari di natura penale.

3. La conseguenza immediata è che dalla data di entrata in vigore del D.L. (2 ottobre 2003) e fino alla scadenza dei termini per presentare la domanda di condono (10 dicembre 2004), sono automaticamente sospesi tutti i procedimenti amministrativi, giurisdizionali e penali (ex art. 44 legge 47/85). Dopo il 10 dicembre 2004, il singolo procedimento penale dovrà essere sospeso a seguito dell’accertamento della corretta presentazione della domanda di condono (ex art. 38 legge 47/85). Ovviamente tali ipotesi di sospensione del procedimento (e quindi anche del processo) determinano anche la sospensione, ex art. 159 c.p., dei termini di prescrizione. Sulla base del combinato disposto degli artt. 12 c.p.p. e 161 c.p., la sospensione e l’interruzione della prescrizione operano anche per i reati connessi per i quali si proceda congiuntamente.

4. Dalla deduzione logica “in negativo” di quanto disposto dal comma 25, si ricava quindi che le disposizioni relative al “condono edilizio” di cui ai Capi IV e V della legge 28 febbraio 1985, n. 47, non si applicano a:

־ opere abusive tuttora in corso d’esecuzione o ultimate dopo il 31 marzo 2003;

־ opere abusive su fabbricati già esistenti che abbiano comportato un ampliamento del manufatto superiore al 30 per cento della volumetria della costruzione originaria o un ampliamento superiore a 750 mc;

־ nuove costruzioni non residenziali (qualunque sia la loro dimensione);

־ nuove costruzioni residenziali superiori a 750 mc per singola richiesta ed a 3.000 mc complessivi.

Dopo la sentenza della Corte Costituzionale n° 196 dell’11 maggio 2004, l’emanazione del D.L. 168/04 e la sua conversione, con modificazioni, nella Legge 191/04, i casi di esclusione ed i limiti alla sanatoria edilizia devono essere integrati e corretti sulla base di quanto disposto dalle diverse normative regionali successivamente intervenute.

La presente trattazione farà riferimento alla disciplina della Regione Lombardia, di cui alla L.R. 3 novembre 2004, n° 31. In merito, fatti comunque salvi gli effetti penali ed amministrativi relativi alla definizione delle domande già presentate alla data di entrata in vigore della legge 191/04 (cioè fino al 31 luglio 2004), per la definizione delle domande presentate in data successiva devono invece applicarsi le diverse disposizioni previste dall’art. 2 della L.R. 31/04, in base alle quali devono intendersi escluse dalla possibilità di “sanatoria” :

־ opere abusive su fabbricati già esistenti che abbiano comportato un ampliamento del manufatto superiore al 20 per cento della volumetria della costruzione originaria o, in alternativa, un ampliamento superiore a 500 mc;

־ nuove costruzioni (residenziali e non, qualunque sia la loro dimensione, ma fatte salve le opere pertinenziali prive di funzionalità autonome) realizzate in assenza del titolo abilitativo edilizio e non conformi agli strumenti urbanistici vigenti alla data di entrata in vigore della legge regionale (6 novembre 2004);

־ i mutamenti di destinazione d’uso superiori a 500 mc per singola unità immobiliare e non conformi agli strumenti urbanistici vigenti alla data di entrata in vigore della legge regionale (6 novembre 2004);

־ nelle aree demaniali e nelle aree a parco regionale, fatte salve le zone di rinvio alla pianificazione comunale (le c.d. “zone I.C.”): tutte le opere abusive diverse da quelle di manutenzione straordinaria e dalle opere o modalità di esecuzione non valutabili in termini di superficie o di volume;

־ nelle aree a parco naturale, nelle riserve naturali e nei monumenti naturali: tutte le opere abusive diverse da quelle di manutenzione straordinaria;

־ nell’ambito dei complessi ricettivi all’aria aperta: i pre-ingressi[2] e gli allestimenti di pernottamento che abbiano perso i requisiti di mobilità fissati dalla L.R. 7/01 e dal R.R. 2/03.

5. Nel primo condono edilizio (art. 31 Legge 47/85, per le opere ultimate entro il 1° ottobre 1983) non erano stati previsti limiti dimensionali delle opere sanabili. Rispetto alla disciplina del secondo condono (art. 39, comma 1, Legge 724/94, per le opere ultimate entro il 31 dicembre 1993), nelle disposizioni statali previste dall’art. 32 cit. si rilevano due novità significative e cioè:

־ la specificazione di “nuove costruzioni residenziali”, per le quali sono espressamente indicati i limiti dimensionali; precisazione che apre conseguentemente la differenziazione delle nuove costruzioni non residenziali, per le quali non sarebbe quindi possibile il ricorso alla disciplina del “condono edilizio” prevista dalla Legge 47/85;

־ il limite di volume complessivo (3.000 mc) per le nuove costruzioni (residenziali).

La prima novità è giunta inaspettata e presumibilmente solleverà notevoli controversie nell’applicazione ai casi concreti. Commentando la disciplina del nuovo condono edilizio, l’Associazione Nazionale Costruttori Edili (A.N.C.E.), ad esempio, ha già ritenuto che “…la soluzione preferibile è quella di ammettere la sanatoria delle nuove costruzioni non residenziali senza (e quindi anche oltre) i limiti volumetrici previsti per le residenze, come nei precedenti condoni”, in quanto “…il quadro di riferimento è sempre riconducibile all’art. 31 della legge n. 47/1985 che ammette la sanatoria di ambedue le tipologie (nuove costruzioni residenziali e non residenziali)”. In realtà, il significato letterale della norma appare chiaro e non dovrebbero esserci dubbi sul fatto che il richiamo alla disciplina del condono, prevista dai Capi IV e V della legge n. 47/85, è possibile unicamente per le opere espressamente indicate dal comma 25 dell’art. 32 del D.L. in oggetto, ed è escluso per quelle omesse. Tale orientamento è stato peraltro già confermato dalla stessa Cassazione [“I procedimenti penali per violazioni edilizie relative a nuove costruzioni non residenziali non possono essere sottoposti, durante la pendenza dei termini di presentazione del cd. Condono edilizio, alla sospensione prevista dall’art. 44 delle legge 28 febbraio 1985 n. 47, cui rinviano le disposizioni di cui al decreto legge 30 settembre 2003 n. 269, convertito con legge 24 novembre 2003 n. 326, atteso che l’art. 32 del citato decreto n. 269 limita l’applicabilità del condono edilizio alle sole nuove costruzioni residenziali” – Cass. Pen., Sez. III, sentenza n° 14436 del 24/03/2004, Imp. Longo, Rv. 227959].

La seconda novità, invece, introdotta nella legge di conversione, appare un aggiustamento tecnico frutto della precedente esperienza del 1994; si era infatti verificato che attraverso il frazionamento in diverse e singole domande di condono, ognuna relativa a volumetrie inferiori ai 750 mc, era stato in pratica possibile ottenere la sanatoria di fabbricati di qualunque dimensione.

Le successive disposizioni regionali paiono però complicare non poco la questione, soprattutto in ordine alla disciplina relativa alla possibilità di sanatoria delle nuove costruzioni, per le quali la L.R. 31/04 non prevede né limiti dimensionali né differenziazione tra uso residenziali e non residenziale, ma solo la conformità agli strumenti urbanistici.

Si dovrà dunque intendere che le norme regionali abbiano soltanto integrato le norme statali, senza sostituirsi completamente ad esse (e quindi che permane l’esclusione per le nuove costruzioni residenziali superiori a 750 mc per singola richiesta ed a 3.000 mc complessivi), oppure che tali limiti dimensionali siano decaduti? E per le nuove costruzioni non residenziali?

Una possibile risposta potrebbe essere la seguente:

־ il comma 25 dell’art. 32 cit. (norma statale) indica letteralmente le tipologie di abusi edilizi per le quali si applicano le disposizioni di cui ai Capi IV e V della legge 28 febbraio 1985, n° 47, con tutto quello che consegue soprattutto in materia di oblazione ed estinzione del reato anche per le opere che, sebbene ricomprese tra le tipologie indicate, non possano conseguire la sanatoria (cfr. art. 39 legge 47/85 ed i successivi punti 9 e 10 della presente nota);

־ la L.R. 31/04 specifica invece le opere abusive che sono suscettibili di sanatoria.

Pur tenendo conto delle differenti formulazioni delle norme locali, la suddetta argomentazione dovrebbe potersi applicare anche alle diverse discipline adottate dalle altre Regioni dopo la sentenza della Corte Costituzionale n° 196 dell’11 maggio 2004.

6. Il comma 36 dell’art. 32 cit. prevede che la presentazione nei termini della domanda di definizione dell’illecito edilizio, l’oblazione interamente corrisposta nonché il decorso di trentasei mesi dalla data da cui risulta il suddetto pagamento, “…producono gli effetti di cui all’art. 38, comma 2, della legge 28 febbraio 1985, n. 47”, cioè l’estinzione di tutti i reati di natura edilizia ed urbanistica (ivi comprese le violazioni relative alla disciplina delle opere in cemento armato). Sono comunque esclusi dall’estinzione gli eventuali reati connessi di diversa natura.

Per quanto riguarda il reato di “lottizzazione abusiva”, la giurisprudenza formatasi sui precedenti condoni edilizi ha invece escluso che lo stesso possa essere suscettibile di remissione: può essere sanata la costruzione dei manufatti abusivamente realizzati, ma l’effetto estintivo non si estenderebbe al reato integrato dall’attività lottizzatoria (mancando pure ogni previsione nella tabella predisposta per il calcolo dell’oblazione).

7. Il comma 37 disciplina invece i (diversi) termini per il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria da parte del Comune. Il pagamento degli oneri di concessione e la presentazione di tutta la documentazione richiesta entro il 30 giugno 2005 [3], nonché il decorso del termine di ventiquattro mesi da tale data senza l’adozione di un provvedimento negativo del comune, equivalgono all’ottenimento del titolo edilizio in sanatoria.

8. Non vanno dunque confusi gli oneri di concessione che devono essere versati per ottenere il titolo edilizio in sanatoria, con l’oblazione che deve essere corrisposta per poter beneficiare degli effetti estintivi penali.

Qualora l’immobile appartenga a più proprietari, l’oblazione versata da uno di essi estingue il reato anche nei confronti degli altri comproprietari (art. 38, comma 2, Legge 47/85). Per condividere i benefici dell’estinzione del reato, tutti gli altri soggetti comunque penalmente responsabili dell’abuso edilizio (cioè l’eventuale committente non proprietario, il costruttore e/o il direttore dei lavori) devono invece presentare un’autonoma domanda di condono e corrispondere ciascuno un’oblazione pari al 30% di quella dovuta dal proprietario (art. 38, comma 5, cit.). E’ evidente che l’oblazione non deve essere corrisposta nel caso di abusi edilizi che non costituiscano reato ovvero per fatti penalmente rilevanti che siano però già caduti in prescrizione.

Nel caso di reati per i quali sia già intervenuta sentenza definitiva di condanna, il versamento dell’oblazione dovrà essere annotato nel casellario giudiziale e consentirà di non tener conto della condanna ai fini dell’eventuale successiva applicazione della recidiva e della sospensione condizionale della pena (art. 38, comma 3, Legge 47/85).

9. Il comma 43 dell’art. 32 cit. sostituisce l’intero art. 32 della legge 47/85 (“Opere costruite su aree sottoposte a vincolo”). Il nuovo articolo stabilisce al comma 1 che il rilascio del titolo abilitativo edilizio (in sanatoria) estingue anche il reato per la violazione del vincolo. Il rilascio del titolo in sanatoria è però subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo, che deve essere formulato entro 180 giorni dalla richiesta; la mancata risposta dell’amministrazione competente equivale a silenzio-rifiuto.

10. L’art. 39 della Legge 47/85 (compreso tra gli articoli richiamati dal comma 25 del D.L. in oggetto) prevede che l’effettuazione dell’oblazione estingue tutti i reati di natura edilizia ed urbanistica anche qualora le opere non possano conseguire la sanatoria (quindi, anche nel caso in cui il Comune esprima il diniego al condono edilizio ovvero le opere non rientrino nei casi e nei limiti previsti dalla normativa regionale).

E per le opere abusive alle quali non si debbano applicare le disposizioni di cui ai Capi IV e V della legge 28 febbraio 1985, n. 47, ovvero le opere che non rispondano ai requisiti temporali e dimensionali indicati dal comma 25 dell’art. 32 del D.L. 269/03? Al momento, la giurisprudenza relativa all’art. 39 della Legge 47/85, maturata a seguito dei precedenti condoni, pare essersi espressa unicamente in merito all’inderogabilità del termine temporale fissato per l’ultimazione delle opere[4]. Secondo l’interpretazione logica e letterale del comma 25, comunque, anche per le opere ultimate entro il termine fissato, ma non conformi ai requisiti dimensionali richiesti, non dovrebbero applicarsi le disposizioni di cui ai capi IV e V della legge 47/85, e quindi neanche l’art. 39 citato. Per tali opere, dunque, non sarebbe possibile addivenire all’estinzione del reato mediante le procedure previste dal presente condono edilizio.

11. Dal combinato disposto delle norme indicate ai punti precedenti, si ricava dunque che:

־ per l’estinzione dei reati di natura edilizia ed urbanistica non è necessario il rilascio di un provvedimento a sanatoria da parte del Comune;

־ per dichiarare l’estinzione dei suddetti reati il giudice deve però quantomeno verificare sia il rispetto dei termini temporali prescritti, sia che l’oblazione sia stata corrisposta in modo corretto e completo. Il comma 37 dell’art. 32 D.L. 269/03 conferma infatti che “Se nei termini previsti l’oblazione dovuta non è stata interamente corrisposta o è stata determinata in forma dolosamente inesatta, le costruzioni realizzate senza titolo abilitativi edilizio sono assoggettate alle sanzioni richiamate all’art. 40 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 [sanzioni penali e amministrative di cui al Capo I della legge cit.], e all’articolo 48 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 [sanzioni amministrative a carico delle aziende erogatrici di servizi pubblici]”. Numerose sentenze della III Sezione della Cassazione penale hanno anzi stabilito che, prima di dichiarare l’estinzione del reato, il controllo del giudice deve estendersi anche alla verifica dei requisiti qualitativi e dimensionali dell’opera abusiva;

־ per ottenere l’estinzione di eventuali reati per la violazione di vincoli ambientali o culturali, deve essere invece necessariamente ottenuto il titolo abilitativo in sanatoria.

12. Per quanto riguarda in particolare le opere abusive su immobili soggetti a vincoli istituiti prima della loro esecuzione:

a) l’art. 33 della Legge 47/85 prevede che le suddette opere non siano suscettibili di sanatoria qualora i vincoli (di qualunque natura essi siano) comportino inedificabilità; il concetto è sostanzialmente ripreso dall’art. 3 della L.R. 31/04, che precisa debba trattarsi di vincoli idrogeologici, delle falde acquifere, ambientali e paesaggistici, che comportino inedificabilità assoluta. In questi casi, lo stesso art. 33 cit. dispone che si applichino le sanzioni penali normalmente previste.

b) il comma 27, lett. d), dell’art. 32 del D.L. in oggetto disponeva che le suddette opere abusive, fermo restando quanto previsto dagli articoli 32 e 33 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, non fossero comunque suscettibili di sanatoria, qualora fossero state realizzate su immobili soggetti a vincoli [5], in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici. La norma locale introdotta con L.R. 31/04 appare ancora più restrittiva in quanto ritiene suscettibili di sanatoria solo le opere di manutenzione ordinaria e, in alcune aree, anche le opere o le modalità di esecuzione non valutabili in termini di superficie o di volume (cfr. precedente punto 4). In questi casi, però, il versamento completo e corretto dell’oblazione estinguerebbe comunque l’illecito edilizio ai sensi dell’art. 39 Legge 47/85; rimarrebbero in piedi i soli reati ambientali (art. 163 D.L.vo 490/99).

13. Nel caso di opere abusive insistenti su aree vincolate dopo la loro esecuzione, le condizioni della loro sanatoria sono indicate al comma 2 dell’art. 32 della Legge 47/85, come sostituito dal comma 43 del D.L. in oggetto.

14. Altre clausole di impossibilità della sanatoria sono indicate sempre dal comma 27 del D.L. 269/03. Le stesse, che avranno un’influenza sicuramente marginale rispetto alla quantità complessiva degli abusi edilizi per i quali si richiederà il rilascio del titolo in sanatoria, sono riferite a:

־ condizioni soggettive del proprietario o dell’avente causa, condannati con sentenza definitiva per i delitti di cui agli artt. 416-bis, 648-bis e 648-ter del Codice penale;

־ impossibilità ad effettuare interventi per l’adeguamento antisismico;

־ opere realizzate su aree pubbliche, qualora non ne venga conseguita la disponibilità mediante concessione onerosa da parte dello Stato o di altri enti pubblici territoriali;

־ opere realizzate su immobili dichiarati monumento nazionale o di interesse particolarmente rilevante ai sensi degli artt. 6 e 7 del T.U. sui beni ambientali e culturali (D.L.vo 490/99);

־ opere abusive eseguite su aree percorse da incendi boschivi nell’ultimo decennio;

־ opere abusive realizzate nei porti e nelle aree del demanio marittimo di preminente interesse per la sicurezza nazionale e per le esigenze della navigazione.

15. Per costante orientamento della Cassazione, la sospensione del procedimento penale prevista dagli artt. 38 e 44 della Legge 47/85 in tema di condono edilizio (cfr. precedente punto 3) non impedisce l’adozione dei provvedimenti cautelari (quali il sequestro preventivo), che proprio per loro natura mirano a mantenere fermo lo stato delle cose e ad impedire che alle stesse vengano apportate modifiche, e che potranno essere revocati quando, al verificarsi di tutte le condizioni occorrenti, il giudice dichiarerà l’estinzione del reato.

16. Collegate al nuovo condono edilizio, si evidenziano infine tre modifiche particolarmente significative del T.U. dell’edilizia (D.P.R. 380/01):

־ Le sanzioni pecuniarie di cui all’art. 44 del D.P.R. 380/01 sono state raddoppiate (comma 47 del D.L. in oggetto). Le nuove sanzioni devono quindi applicarsi ai reati commessi dopo l’entrata in vigore del D.L. 30 settembre 2003, n° 269 (quindi dal 2 ottobre 2003).

־ L’art. 41 del D.P.R. 380/01 (“Demolizione di opere abusive”) era stato sostituito dal comma 49-ter dell’art. 32 del D.L. 269/03, introdotto dalla legge di conversione. La nuova disciplina prevedeva che fosse il Prefetto (e non più il Comune) a procedere nel caso in cui il responsabile dell’abuso edilizio non sanabile non avesse provveduto entro il termine prescritto alla demolizione ed al ripristino dello stato dei luoghi. Con sentenza n° 196/2004, la Corte Costituzionale ha però dichiarato l’illegittimità costituzionale del comma 49-ter introdotto dalla legge di conversione e quindi l’art. 41 del D.P.R. 380/01 è ora tornato alla precedente formulazione.

־ All’art. 48 del D.P.R. 380/01 è stato aggiunto un comma 3-ter (vedasi comma 49-quater del D.L. 269/03, introdotto dalla legge di conversione), che prevede nuove e pesanti sanzioni amministrative a carico delle aziende erogatrici di servizi pubblici e dei funzionari responsabili dei relativi contratti di somministrazione che non comunichino al Comune le richieste di allaccio ai pubblici servizi con l’indicazione del titolo abilitativo edilizio del fabbricato. In questo caso, le nuove sanzioni devono applicarsi ai fatti commessi dopo l’entrata in vigore della legge di conversione 24 novembre 2003, n° 326 (quindi dal 26 novembre 2003).





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[1] Come modificato dal D.L. 12 luglio 2004, n° 168, che ha ulteriormente prorogato i termini che il D.L. 31 marzo 2004, n° 82, convertito dalla Legge 28 maggio 2004, n° 141, aveva precedentemente fissato al 31 luglio 2004.

[2] La definizione di pre-ingressi è ricavabile dall’art. 4 del R.R. 3/03: “Sui mezzi mobili di pernottamento possono essere installati, senza preventiva richiesta di concessione o autorizzazione edilizia, pre-ingressi in materiale rigido, smontabile e trasportabile, purché non coprano una superficie superiore a mq. 12 e non superino di oltre 25 cm. il mezzo di cui costituiscono pertinenza. Non sono considerati pre-ingressi le tende o le verande parasole in tela o in altro materiale rimovibile.”

[3] Come modificato dal D.L. 12 luglio 2004, n° 168, che ha ulteriormente prorogato i termini che il D.L. 31 marzo 2004, n° 82, convertito dalla Legge 28 maggio 2004, n° 141, aveva precedentemente fissato al 30 settembre 2004.

[4] Cfr.: Cass. Pen., Sez. III, 26 maggio 1988, n. 6289; Cass. Pen., Sez. III, 23 giugno 1988, n° 7251.

[5] Imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali.