TAR Campania, (NA), Sez. IV, n. 4058, del 5 agosto 2013
Urbanistica.Tettoie o di altre strutture apposte a parti di edifici preesistenti

Gli interventi consistenti nell’installazione di tettoie o di altre strutture che siano comunque apposte a parti di preesistenti edifici e non compresi entro coperture volumetriche previste in un progetto assentito, possono ritenersi sottratti al regime della concessione edilizia (oggi permesso di costruire) soltanto ove la loro conformazione e le loro ridotte dimensioni rendono evidente e riconoscibile la loro finalità di arredo o di riparo e protezione (anche da agenti atmosferici) dell’immobile cui accedono. Tali strutture non possono viceversa ritenersi installabili senza concessione edilizia (oggi permesso di costruire) allorquando le loro dimensioni sono di entità tale da arrecare una visibile alterazione all'edificio o alle parti dello stesso su cui vengono inserite; quando quindi per la loro consistenza dimensionale non possono più ritenersi assorbite, ovvero ricomprese in ragione della accessorietà, nell'edificio principale o della parte dello stesso cui accedono.  (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

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N. 04058/2013 REG.PROV.COLL.

N. 06576/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6576 del 2009, proposto da: 
Maria Marano, rappresentato e difeso dall'avv. Maurizio Russo, con domicilio eletto presso Maurizio Russo in Napoli, via S.Teresa al Museo, 8;

contro

Comune di Napoli in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Municipale, domiciliata in Napoli, piazza Municipio palazzo San Giacomo

per l'annullamento

del provvedimento con cui si ingiunge il ripristino dello stato dei luoghi - provv. n. 534/2009 alla via A. Rocco n. 24 per opere abusive consistenti in vano in muratura di 25 mq sul lastrico solare collegato all’appartamento sottostante mediante scala, in aderenza a vano tettoia di mq 20 con struttura in ferro e copertura in pannelli di plastica; accesso al terrazzo restante costruito con muretto e sovrastante veranda in alluminio per mq 7, e chiusura in muratura del torrino scala.



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Napoli;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 giugno 2013 il Cons. Anna Pappalardo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

Il Comune di Napoli, con l’ordinanza di demolizione in epigrafe , ha contestato alla ricorrente l’abusiva edificazione, alla via alla via A. Rocco n. 24 di opere abusive consistenti in vano in muratura di 25 mq sul lastrico solare collegato all’appartamento sottostante mediante scala, in aderenza a vano tettoia di mq 20 con struttura in ferro e copertura in pannelli di plastica; accesso al terrazzo restante costruito con muretto e sovrastante veranda in alluminio per mq 7, e chiusura in muratura del torrino scala.

La ricorrente articola le seguenti censure:

violazione art. 3 legge 241/90 per difetto di motivazione e di istruttoria e per mancata considerazione del lungo lasso di tempo decorso tra la commissione dell’abuso e la sua contestazione;

violazione dell’art. 34 DPR 380/01, per non avere l’amministrazione valutato il danno alla parte conforme dell’edificio derivante dalla ingiunta demolizione;.

illegittimità della demolizione quantomeno con riferimento alla tettoia di 20 mq, costituendo la stessa mera opera pertinenziale; mancata concessione del termine di 90 gg. per la demolizione spontanea, risultando intimato l’abbattimento in 30 gg.

Il Comune di Napoli si è costituito in giudizio ed ha sostenuto la infondatezza della domanda.

Alla udienza pubblica del 26.6.2013 il ricorso è stato ritenuto in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è infondato e va respinto.

Giusta quanto anticipato nella premessa in fatto il presente ricorso verte sulla legittimità dell’ordine di demolizione spedito dal Comune di Napoli per opere abusive eseguite alla via A. Rocco n. 24 , consistenti in vano in muratura di 25 mq sul lastrico solare collegato all’appartamento sottostante mediante scala, in aderenza a vano tettoia di mq 20 con struttura in ferro e copertura in pannelli di plastica; accesso al terrazzo restante costruito con muretto e sovrastante veranda in alluminio per mq 7, e chiusura in muratura del torrino scala.

Parte ricorrente contesta che la tipologia dell’opera eseguita era tale da escludere la necessità del titolo edilizio. La tesi non merita favorevole considerazione.

Per giurisprudenza costante di questo TAR (T.A.R. Campania Napoli, sez. IV, n. 897 del 18 febbraio 2003, n. 12962 del 20 ottobre 2003, n. 4107 del 16 luglio 2002; TAR Napoli, Sez. IV, 21 novembre 2006, n. 10122 ), gli interventi consistenti nella installazione di tettoie o di altre strutture che siano comunque apposte a parti di preesistenti edifici e non compresi entro coperture volumetriche previste in un progetto assentito, possono ritenersi sottratti al regime della concessione edilizia (oggi permesso di costruire) soltanto ove la loro conformazione e le loro ridotte dimensioni rendono evidente e riconoscibile la loro finalità di arredo o di riparo e protezione (anche da agenti atmosferici) dell’immobile cui accedono. Tali strutture non possono viceversa ritenersi installabili senza concessione edilizia (oggi permesso di costruire) allorquando le loro dimensioni sono di entità tale da arrecare una visibile alterazione all'edificio o alle parti dello stesso su cui vengono inserite; quando quindi per la loro consistenza dimensionale non possono più ritenersi assorbite, ovvero ricomprese in ragione della accessorietà, nell'edificio principale o della parte dello stesso cui accedono (in termini Consiglio di Stato, Sez. V^, 13 marzo 2001 n. 1442, sez. II^, 5 febbraio 1997, n. 336, TAR Lazio, Sez. II^ n. 1055 del 15 febbraio 2002, TAR Parma n. 114 del 6 marzo 2003).

Le opere di cui si verte infatti – in relazione alle dimensioni ed alla modalità di realizzazione- devono senz’altro considerarsi una “costruzione” che, oltre a richiedere per la sua realizzazione l’esistenza di un titolo abilitativo, determina indubbiamente un aumento volumetrico.

Pertanto, correttamente nel caso in esame – trattandosi di una sopraelevazione sul lastrico solare, consistente in una struttura di 25 mq tompagnata collegata all’appartamento sottostante mediante scala, in aderenza a vano tettoia di mq 20 con struttura in ferro e copertura in pannelli di plastica; accesso al terrazzo restante costruito con muretto e sovrastante veranda in alluminio per mq 7, e chiusura in muratura del torrino scala – l’opera è stata qualificata come costruzione senza titolo dall’amministrazione comunale che ne ha ingiunto la demolizione.

Peraltro i provvedimenti sanzionatori in materia edilizia, salvo ipotesi particolari delle quali non ricorrono gli estremi nella fattispecie in esame, non necessitano di alcuna motivazione in ordine alla prevalenza dell’interesse pubblico, perché la repressione degli abusi edilizi costituisce un preciso obbligo dell’Amministrazione, che non gode di alcuna discrezionalità al riguardo (Consiglio di Stato, Sezione IV, 1.10.2007 numero 5049).

Né può rilevare la non recente esecuzione delle opere in questione: in tal senso, parte ricorrente richiama un filone giurisprudenziale secondo cui la repressione dell'abuso edilizio, disposta a distanza di tempo ragguardevole, richiede una puntuale motivazione sull'interesse pubblico al ripristino dei luoghi (per tutti Consiglio Stato, Sez. V, 29 maggio 2006, n. 3270; Consiglio Stato, Sez. V, 25 giugno 2002, n. 3443).

In punto di diritto, in ogni caso, la risalenza del manufatto al 1996 , come sostenuto da parte ricorrente ancorchè priva di precisi riscontri probatori, non appare comunque al Collegio tale da integrare gli estremi del passaggio di un notevole lasso di tempo ai fini della possibile applicazione di quel filone giurisprudenziale richiamato, dalla parte ricorrente, basato sull’ingenerarsi di una condizione di affidamento da parte del privato.

Sempre in punto di diritto poi, il Collegio ritiene, con argomentazione dirimente, di non dover comunque seguire l’orientamento giurisprudenziale suggerito dal ricorrente, a cui pure alcune volte questa sezione ha aderito (cfr TAR Campania – Napoli, Sez. IV, 28 dicembre 2009, n. 9620 del; TAR Campania – Napoli, Sez. IV, 5 maggio 2009, n. 2357), a fronte dell’orientamento giurisprudenziale prevalente ormai volto in senso contrario e della rilevanza delle argomentazioni che depongono in tal senso.

La giurisprudenza più recente si è espressa, difatti, nel senso che il provvedimento di demolizione di una costruzione abusiva, al pari di tutti i provvedimenti sanzionatori in materia edilizia, è atto vincolato che non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest'ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né, ancora, alcuna motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione, non potendo neppure ammettersi l'esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può giammai legittimare (Cons. Stato Sez. IV, 27 ottobre 2011, n. 5758; Cons. Stato Sez. IV, 20 luglio 2011, n. 4403; Cons. Stato Sez. V, 27 aprile 2011, dalla n. 2497 alla n. 2527; Cons. Stato Sez. V, 11 gennaio 2011, n. 79; T.A.R. Lombardia Milano Sez. II, 8 settembre 2011, n. 2183; T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, 23 giugno 2011, n. 5582;; T.A.R. Campania Napoli Sez. III, 16 giugno 2011, n. 3211; T.A.R. Campania Napoli Sez. VIII, 9 giugno 2011, n. 3029; Cons. Stato Sez. V, 9 febbraio 2010, n. 628) e non potendo l'interessato dolersi del fatto che l'Amministrazione non abbia emanato in data antecedente i dovuti atti repressivi (Cons. Stato Sez. VI, 11 maggio 2011, n.2781).

Al riguardo il Collegio rileva come di affidamento meritevole di tutela si possa parlare solo ove il privato, il quale abbia correttamente ed in senso compiuto reso nota la propria posizione all’Amministrazione, venga indotto da un provvedimento della stessa Amministrazione a ritenere come legittimo il suo operato non già nel caso, come quello di specie, in cui si commetta un illecito a tutta insaputa della stessa (Cons. Stato Sez. IV, 15 settembre 2009, n. 5509).

Inoltre, l’abuso edilizio rappresenta un illecito permanente integrato dalla violazione dell’obbligo, perdurante nel tempo, di ripristinare in conformità a diritto lo stato dei luoghi, di talché ogni provvedimento repressivo dell’Amministrazione non è emanato a distanza di tempo da un illecito ormai esaurito, bensì interviene su una situazione antigiuridica che perdura sino a quel momento (T.A.R. Brescia, Sez. I, 22 febbraio 2010, n. 860).

E’ inoltre priva di fondamento la censura basata sulla mancata applicazione dell’art. 34 D.P.R. 380/01.

In primo luogo l’impossibilità di porre in essere il ripristino senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, di cui all’art. 34, comma 2, D.P.R. 380/01, può essere rilevata d'ufficio o fatta valere dall'interessato solo nella fase esecutiva, e, non come nel caso di specie in relazione all'ingiunzione, a carattere diffidatorio contenuta nel provvedimento gravato, che precede l'ordine di demolizione (Consiglio Stato, sez. V, 21 maggio 1999 , n. 587; T.A.R. Campania Napoli, sez. VII, 05 giugno 2008, n. 5244).

La valutazione della possibilità o meno del ripristino deve infatti essere compiuta, ad opera dell’ufficio tecnico comunale, in sede di esecuzione dell’ingiunzione di demolizione.

Detta conclusione risulta condivisa dalla giurisprudenza, sia in relazione all’applicazione dell’art. 33, comma 2, D.P.R. 380/01 (cfr T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 17 aprile 2007, n. 3327 secondo cui “la sanzione pecuniaria per interventi ristrutturativi risulta essere misura eccezionale, alternativa alla demolizione solo ove risulti l'impossibilità del ripristino. Detta impossibilità può essere rilevata d'ufficio o fatta valere dall'interessato, ma comunque in una fase successiva all'ingiunzione, a carattere diffidatorio, che precede l'ordine di demolizione - quest'ultimo da emettere sulla base di specifici accertamenti dell'ufficio tecnico comunale, chiamato ad intervenire nella fase esecutiva - cfr. in tal senso TAR Lombardia, Brescia, 9.12.2002, n. 2213”), sia in relazione all’applicazione dell’art. 34, comma 2, D.P.R. 380/01 (Consiglio Stato, sez. V, 21 maggio 1999 , n. 587; T.A.R. Campania Napoli, sez. VII, 05 giugno 2008, n. 5244).

Pertanto l’ordine di demolizione adottato nei confronti del responsabile dell’opera abusiva, affinchè provveda spontaneamente alla eliminazione della situazione illegittima nel termine prefissato nell’ordinanza sindacale – ora dirigenziale – ha natura di atto di diffida, prodromico alle valutazioni e alle determinazioni che la p.a. dovrà adottare nell’eventualità che il destinatario non ottemperi spontaneamente (C.d.S, sez. VI, 28 febbraio 2000, n. 1055; T.A.R. Calabria, 2 giugno 1999, n. 735; T.A.R. Sardegna, 10 giugno 1999, n. 767).

In secondo luogo l’impossibilità di ripristino dello stato dei luoghi non può assumere alcuna valenza per le opere oggetto dell’ingiunzione di demolizione in questione, in quanto la stessa ( T.A.R. Campania Napoli, sez. VII, 5 giugno 2008, n. 5244) non può trovare applicazione rispetto agli interventi, come quello in esame, caratterizzato dalla mancanza del permesso di costruire (T.A.R. Campania Napoli, sez. VII, 4 aprile 2008 , n. 1883; T.A.R. Campania Napoli, sez. VII, 28 dicembre 2007 , n. 16550).

L’invocato art. 34 del D.P.R. n. 380/01 si riferisce difatti esclusivamente alla differente situazione di opere realizzate in parziale difformità dal permesso di costruire.

In terzo luogo, la censura è stata formulata in modo del tutto generico non specificando in alcun modo le ragioni per cui la demolizione non può avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, né tantomeno quale sarebbe la parte eseguita in conformità, non avendo quindi in alcun caso la parte non ha assolto in modo idoneo all’onere di allegazione.

Infine la diffida a demolire , in quanto spedita ai sensi dell’art. 33 DPR 380/01, e quindi relativa ad

interventi di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire o in totale difformita',è legittimamente emessa con riferimento ad un “ congruo termine stabilito dal dirigente o del responsabile del competente ufficio comunale “come disposto dall’art. 33 comma 1. Inoltre, per altro verso, l'assegnazione di un termine inferiore a novanta giorni per l'ottemperanza all'ordine di demolizione è inidonea a determinarne l'illegittimità, risolvendosi in una violazione meramente formale non lesiva per l'interessato, il quale conserva comunque un termine non inferiore a quello di legge per ottemperare all'ingiunzione (cfr.Cons. St., Sez. VI, 8 luglio 2011 n. 4102; Sez. V, 24 febbraio 2003 n. 986).

Il ricorso va conclusivamente respinto.

Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, respinge la domanda e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite in favore del Comune resistente,liquidate in complessivi Euro 2000,00; contributo unificato a carico di parte ricorrente.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 26 giugno 2013 con l'intervento dei magistrati:

Luigi Domenico Nappi, Presidente

Anna Pappalardo, Consigliere, Estensore

Achille Sinatra, Primo Referendario

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 05/08/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)