Nozione di “ampliamento” ai sensi di NTC 2008-commento a Tar Lazio Roma, sezione seconda bis, sentenza n. 12785/2023, pubblicata il 27/07/2023
di Mauro FEDERICI
La sentenza in oggetto va attentamente scrutinata in quanto “risolve” una vexata quaestio circa interventi realizzati in copertura di edifici esistenti, anche in applicazione dei vari Piano Casa regionali.
Il TAR offre una indefettibile risposta tecnico giuridica, esemplare per molti casi simili.
Una società in Roma chiede al genio civile il permesso di realizzare una teca di cristallo nel solaio di copertura di un edificio.
Trattasi di realizzazione di tipo vetrata di circa mq 100 in copertura, asseritamente solo appoggiata al solaio piano di copertura. Esiste un ascensore interno e scala interna a salire. Detta realizzazione avrebbe dovuto essere uno spazio per pranzi in un locale panoramico.
La ricorrente e suoi tecnici in un primo tempo QUALIFICANO strutturalmente l’opera come quanto di cui al paragrafo 7.2.3 del DM 14/01/2008 (anche NTC 2008), cioè << elementi strutturali secondari>>.
Successivamente, alla reiezione dell’approvazione dal parte del Genio Civile adito (anche GC), si qualifica, in alternativa, l’intervento come a quanto di cui al paragrafo 8.4.3. sempre NTC 2008, <<riparazione o intervento locale>>.
La ricorrente palesa anche un alleggerimento dei pesi in quanto la teca trasparente in semplice appoggio sarebbe sostitutiva di pregressi pesi di maggiore carico sulla struttura sottostante.
Si rinvia alla lettura della sentenza per esteso sulle caratteristiche della teca di superficie circa mq. 100.
Il GC ordina la inibizione dell’inizio dei lavori in quanto qualifica l’intervento come “ampliamento” per cui va applicata la norma di cui al “capitolo 8.4.1, lettera b” delle NTC 2008.
Il TAR esclude tout court che si possa applicare il paragrafo o capitolo 7.2.3 perché questo riguarda le nuove costruzioni e non già interventi su immobili esistenti.
Afferma il TAR, in modo condivisibile, che si tratti di quanto al capitolo 8.
Sul ripiego alternativo della ricorrente che ci si trovi di fronte a quanto capitolo 8.4.3. NTC 2008, cioè <<riparazione o intervento locale>>, il TAR offre una valutazione tecnica giuridica INECCEPIBILE, per tipologia come avviene in molti casi dove una sopraelevazione leggera viene qualificata dall’agente come intervento locale e peggio assentita dal GC.
Il TAR esclude che la fattispecie sia invocabile quando “..siamo in presenza di una struttura nuova che viene collocata sul solaio preesistente”.
Peraltro nel caso esiste anche la costruzione di un nuovo cordolo in cemento armato cui vincolare i montanti in acciaio della teca.
Ne consegue che l’intervento vada qualificato ai sensi del capitolo 8.4.1. lettera b) delle NTC cioè AMPLIAMENTO DELLA COSTRUZIONE ESISTENTE “mediante opere strutturalmente connesse alla costruzione”.
Ne deriva pertanto che occorre eseguire “l’adeguamento sismico” dell’intero edificio sottostante in un unico con la teca soprastante.
Motiva il TAR sulla detta decisione in quanto afferma che “ Proprio la bozza di revisione delle norme tecniche,…omissis…, laddove richiama il caso di ampliamento della costruzione <<mediante opere ad essa strutturalmente connesse e tali da alterare significativamente la risposta>>, conferma, tramite l’aggiunta di tale ultimo requisito, la correttezza dell’interpretazione seguita dall’amministrazione ( i.e. GC), dal momento che il D.M. 14/01/2008 ritiene sufficiente la connessione strutturale dell’ampliamento senza alcuna specificazione in ordine agli effetti della stessa.”.
Ogni ipotesi di “ semplice appoggio” va quindi denegata.
Il TAR conferma il rigetto da parte del GC e quindi afferma che debba trattarsi di “ampliamento” di cui al capitolo 8.4.1. lettera b) delle NTC 2008, con conseguente obbligo di intervento di adeguamento sismico e non certo intervento locale.
Il TAR indica anche di rifuggire da “pareri amministrativi” ed aggiungo, come scrivente, anche di delibere di regioni, divergenti sul punto, DGR recessive, per principi costituzionali, dalla legge sismica statale.
Credo che occorra che molti geni civili rivedano ipotesi di sopraelevazioni leggere qualificabili come “intervento locale”.
N. 05948/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5948 del 2016, proposto da
VALLE GIULIA REAL ESTATE S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t., con domicilio digitale presso l’indirizzo di posta elettronica certificata, come risultante dai registri di giustizia, dell’avv. Alvise Vergerio Di Cesana che la rappresenta e difende nel presente giudizio
contro
- REGIONE LAZIO, in persona del Presidente p.t., con domicilio digitale presso l’indirizzo di posta elettronica certificata, come risultante dai registri di giustizia, dell’avv. Elisa Caprio che la rappresenta e difende nel presente giudizio;
- ROMA CAPITALE, in persona del Sindaco p.t., con domicilio digitale presso l’indirizzo di posta elettronica certificata, come risultante dai registri di giustizia, dell’avv. Umberto Garofoli che la rappresenta e difende nel presente giudizio;
nei confronti
FRATELLI VITA S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t. - non costituito in giudizio
per l'annullamento
dei seguenti atti:
- provvedimento prot. n. 2015 – 0000641866 del 17/03/16 posizione n. 32154/C con cui la Regione Lazio non ha autorizzato la ricorrente “ad iniziare i lavori di manufatto vetrato sul corpo B, in zona sismica del Comune di Roma – ex Municipio XV – ora Municipio IX (Rm) foglio n. 761 particella n. 85, in conformità al progetto esecutivo” a tal fine presentato;
- verbale del 09/03/16 della Commissione Sismica dell’Area Genio Civile Roma Città Metropolitana della Regione Lazio;
- nota della Regione Lazio del 15/07/15;
- note della Regione Lazio prot. n. 2015-0000384506 del 07/08/15 e n. 2015-0000470491 del 30/09/15;
- verbale della Commissione Sismica n. 42 del 30/09/15;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Lazio e di Roma Capitale;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 giugno 2023 il dott. Michelangelo Francavilla;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso spedito per la notifica a mezzo posta il 14/05/16 e depositato il 17/05/16 la Valle Giulia Real Estate s.r.l. ha impugnato il provvedimento prot. n. 2015 – 0000641866 del 17/03/16 posizione n. 32154/C, con cui la Regione Lazio non ha autorizzato la ricorrente “ad iniziare i lavori di manufatto vetrato sul corpo B, in zona sismica del Comune di Roma – ex Municipio XV – ora Municipio IX (Rm) foglio n. 761 particella n. 85, in conformità al progetto esecutivo” a tal fine presentato, il verbale del 09/03/16 della Commissione Sismica dell’Area Genio Civile Roma Città Metropolitana della Regione Lazio, la nota della Regione Lazio del 15/07/15, le note della Regione Lazio prot. n. 2015-0000384506 del 07/08/15 e n. 2015-0000470491 del 30/09/15, il verbale della Commissione Sismica n. 42 del 30/09/15.
Roma Capitale e la Regione Lazio, costituitesi in giudizio con comparse depositate rispettivamente in date 26/05/16 e 28/06/16, hanno concluso per l’infondatezza del gravame.
Con ordinanza n. 5912/16 il Tribunale ha respinto l’istanza cautelare proposta dalla ricorrente.
Alla pubblica udienza del 13/06/23 il Tribunale, ai sensi dell’art. 73 comma 3 c.p.a., ha dato avviso alle parti della possibile intervenuta perenzione del giudizio assegnando alle stesse termine di giorni dieci per depositare memorie in proposito; in data 16/06/23 parte ricorrente ha depositato memoria.
All’esito, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
In via pregiudiziale il Tribunale ritiene che non debba essere dichiarata la perenzione del ricorso.
Nella fattispecie, con atto comunicato a mezzo posta elettronica certificata il 20/05/21, la Segreteria ha avvisato la ricorrente della necessità di presentare istanza ai sensi dell’art. 82 comma 1 c.p.a. entro il termine di centottanta giorni.
Successivamente, in sede di conversione del decreto legge n. 80/21, la legge n. 113/21, entrata in vigore l’08/08/21, ha ridotto da centottanta a centoventi giorni il termine che l’art. 82 comma 1 c.p.a. concede alle parti per presentare l’istanza di fissazione necessaria per evitare la perenzione del giudizio.
La ricorrente ha presentato tale istanza il giorno 29/10/21 ovvero dopo il termine di 120 giorni ma prima della scadenza del termine di 180 giorni.
Il Tribunale ritiene che nella fattispecie il termine per la perenzione sia 180 giorni.
In proposito, la giurisprudenza di legittimità richiamata dalla ricorrente nella memoria depositata il 16/06/23 (Cass. SS. UU. n. 8091/21) ha ritenuto, in generale, applicabile il principio stabilito dall’art. 11 delle preleggi (secondo cui “la legge non dispone che per l'avvenire: essa non ha effetto retroattivo”) alle ipotesi di successione di termini processuali non regolata da specifica disciplina transitoria, in cui si verte circa le modalità di proposizione di un atto processuale; in particolare, secondo la Corte di Cassazione “considerato che il dies a quo di un termine processuale costituisce… elemento della fattispecie di decadenza per inosservanza di detto termine, deve ritenersi che la nuova norma - che ha modificato, riducendolo, tale termine - in mancanza di una espressa norma transitoria, dispone solo per l'avvenire” e, quindi, calando il discorso in riferimento alla presente fattispecie, poiché è il dies a quo il momento in cui va individuata la disciplina applicabile, ne consegue il termine per la presentazione dell’istanza di fissazione dell’istanza preclusiva della perenzione è quello di 180 giorni vigente alla data (20/05/21) in cui sono stati spediti gli avvisi ex art. 82 comma 1 c.p.a..
Solo per esigenza di completezza, il Tribunale rileva che proprio la non univocità del quadro normativo imporrebbe, comunque, di concedere alla parte ricorrente il beneficio dell’errore scusabile previsto dall’art. 37 c.p.a..
Sempre in via pregiudiziale, va respinta l’eccezione con cui la Regione ha prospettato l’inammissibilità del ricorso perché l’atto impugnato non sarebbe definitivo; infatti, secondo la disciplina applicabile alla fattispecie l’accesso alla tutela giurisdizionale non è subordinato alla definitività dell’atto impugnato.
In via preliminare, poi, deve essere disattesa l’istanza istruttoria formulata dalla ricorrente nella memoria depositata il 30/09/16 ed avente ad oggetto l’accertamento della non riconducibilità del manufatto al capitolo 8.4.1. del d.m. 14/01/08; spetta, infatti, al Collegio la qualificazione giuridica dell’intervento i cui contorni fattuali sono compiutamente desumibili dagli atti di causa.
Nel merito, il ricorso è infondato e deve essere respinto.
La Valle Giulia Real Estate s.r.l. impugna il provvedimento prot. n. 2015 – 0000641866 del 17/03/16 posizione n. 32154/C, con cui la Regione Lazio non ha autorizzato la ricorrente “ad iniziare i lavori di manufatto vetrato sul corpo B, in zona sismica del Comune di Roma – ex Municipio XV – ora Municipio IX (Rm) foglio n. 761 particella n. 85, in conformità al progetto esecutivo” a tal fine presentato, il verbale del 09/03/16 della Commissione Sismica dell’Area Genio Civile Roma Città Metropolitana della Regione Lazio, la nota della Regione Lazio del 15/07/15, le note della Regione Lazio prot. n. 2015-0000384506 del 07/08/15 e n. 2015-0000470491 del 30/09/15, il verbale della Commissione Sismica n. 42 del 30/09/15.
Con il provvedimento del 17/03/16 la Regione non ha concesso l’autorizzazione sismica perchè “l’intervento, così come proposto, non è conforme alla normativa vigente in quanto si configura come ampliamento [ai sensi del] Cap. 8.4.1. lettera b”.
La ricorrente espone di avere richiesto l’autorizzazione sismica in relazione a lavori di ristrutturazione di un complesso immobiliare di cui fa parte il c.d. “Corpo B”, censito in catasto al foglio 761, particella 85, nell’ambito dei quali era prevista la realizzazione di una teca di cristallo sul solaio a copertura di detto manufatto destinata allo svolgimento delle attività di bar/ristorante “la quale è da intendersi quale manufatto posto <in appoggio> sul medesimo solaio, a parziale recupero della s.u.l. perduta in esito all’adeguamento del complesso edilizio” (pag. 3 dell’atto introduttivo); “le analisi svolte in relazione alla quantificazione della diminuzione dei carichi imposti alle strutture e alla sussistenza della funzionalità del solaio di copertura in questione a seguito delle nuove configurazioni, hanno permesso di verificare che, al termine dell’intero processo,…vi fossero condizioni di impegno delle strutture in ogni caso migliorative rispetto a quelle di origine” (pag. 4 del ricorso).
La ricorrente prosegue precisando che nella relazione tecnica illustrativa e nella relazione di calcolo e nel fascicolo dei calcoli di stabilità, da essa allegati alla richiesta di autorizzazione sismica, è precisato che l’intervento, per le sue concrete caratteristiche (si tratterebbe di una teca vetrata poggiata sul solaio del fabbricato “B” senza connessioni alle strutture portanti dell’edificio e, pertanto, l’opera “non interagisce o interferisce con il comportamento strutturale dell’impianto portante del fabbricato” comportandosi “alla stregua degli elementi <portati>” ovvero elementi senza funzione strutturale sulla risposta sismica: paragrafo 7.2.3. del d.m. 14/01/08”: pag. 5 dell’atto introduttivo), sarebbe ascrivibile alle ipotesi del d.m. del 14/01/08 di cui ai punti 7.2.3. (elementi strutturali secondari) e 8.4.3. (riparazione o intervento locale).
Con una serie di censure tra loro connesse la ricorrente prospetta:
- la violazione dell’art. 10 bis l. n. 241/90 e del d.m. del 14/01/08 ed eccesso di potere per travisamento dei fatti e carenza dei presupposti perché la Regione, prima di emettere il gravato diniego, avrebbero dovuto comunicare il preavviso di rigetto (prima doglianza);
- la violazione degli artt. 41 e 97 Cost., del d.p.r. n. 380/01, del d.m. 14/01/08 e del Regolamento regionale n. 2 del 07/12/12 ed eccesso di potere sotto vari profili perchè la teca vetrata che la ricorrente chiede di realizzare costituirebbe un elemento strutturale secondario (“portato”), in quanto posto in semplice appoggio sul solaio di copertura del fabbricato senza connessione alle strutture portanti dell’edificio, e, quindi, non modificherebbe la risposta sismica del fabbricato esistente rientrando tra gli elementi disciplinati dal paragrafo 7.2.3. del d.m. 14/01/08 il quale prevede che la resistenza e rigidezza di tali manufatti non debba essere tenuta in considerazione nell’analisi della risposta sismica del fabbricato proprio perché essi non interferirebbero con la rigidezza degli elementi principali della struttura portante del fabbricato sottostante. La teca, pertanto, non sarebbe un “ampliamento” come erroneamente ritenuto dalla Regione. In alternativa, il progetto presentato dalla ricorrente potrebbe, al più, essere classificato come “riparazione o intervento locale” di cui al capitolo 8.4.3. del d.m. 14/01/08 (seconda doglianza);
- la violazione e falsa applicazione del d.m. del 14/01/08 ed eccesso di potere sotto vari profili. In particolare, l’illogicità dell’interpretazione seguita dall’amministrazione sarebbe confermata dall’omessa considerazione, da parte della Regione, del miglioramento della risposta sismica dell’edificio esistente conseguente all’alleggerimento dei carichi derivante dalla realizzazione dell’intervento (terza doglianza);
- la violazione degli artt. 3 e 10 l. n. 241/90 e del d.m. del 14/01/12 ed eccesso di potere sotto vari profili in quanto il provvedimento impugnato non indicherebbe, con la necessaria esaustività, le ragioni poste a fondamento della decisione dell’amministrazione. Il difetto motivazionale sarebbe vieppiù rimarchevole se si considera che la Regione avrebbe omesso di prendere posizione sulle puntuali osservazioni tecnico/giuridiche prodotte dalla ricorrente nel corso del procedimento, fermo restando che la qualificazione in termini di “ampliamento” dell’intervento non giustificherebbe, comunque, il rigetto dell’istanza.
I motivi sono infondati.
Va, innanzi tutto, rilevato che l’ipotetica violazione dell’art. 10 bis l. n. 241/90, prospettata con il primo motivo, non potrebbe mai comportare l’annullamento dell’atto impugnato, così come previsto dall’art. 21 octies comma 2 l. n. 241/90, in ragione della natura vincolata del provvedimento (la qualificazione dell’intervento, infatti, è effettuata sulla base delle norme tecniche di cui al d.m. 14/01/08 che, in proposito, non lasciano alcun margine valutativo alla Regione) e della sua correttezza sostanziale, profilo, quest’ultimo, in merito al quale si rinvia a quanto sarà in prosieguo evidenziato.
Con riferimento alle restanti censure il Collegio rileva quanto segue.
La qualificazione, ai fini dell’autorizzazione sismica, dell’intervento realizzato dalla ricorrente deve essere effettuata sulla base delle caratteristiche strutturali e tipologiche dello stesso e del suo rapporto con la struttura preesistente e non già del prospettato alleggerimento della struttura che costituisce un dato di fatto che il d.m. del 14/01/08 non prende in considerazione al fine di tale qualificazione.
Dalla relazione tecnica illustrativa, allegata dalla ricorrente all’istanza presentata alla Regione, si evince che “l’intervento consiste nella realizzazione di una teca vetrata posata sul solaio di copertura del fabbricato <B>, in semplice appoggio, senza connessioni alle strutture portanti dell’edificio, di dimensioni in pianta 8.95 x 10,80 m. che impegna una superficie di circa 97 mq. pari a circa l’8,6% della superficie totale della copertura (circa 1129 mq.). Il manufatto è composto da 22 montanti in acciaio, a sostegno delle vetrate di parete, costituiti da 4 angolari di acciaio L80x10, poggiati su un cordolo in cemento armato corrente lungo il perimetro vetrato, eseguito direttamente all’estradosso del solaio di copertura del fabbricato. Sui suddetti montanti trovano recapito delle travi reticolari in acciaio, tessute secondo un graticcio a maglie quadrate 1.80 x 1.80 m., sulle quali trovano appoggio i telai dei pannelli vetrati di copertura. Tali travi sono costituite da correnti superiori in profili UPN100, da aste di parete (puntoni verticali) in quadrello di acciaio 30 x 30 mm. e da tiranti in fune di acciaio inox, messe in tensione mediante appositi tenditori in acciaio inox. In corrispondenza dei montanti d’angolo del torrino del vano corsa dell’ascensore sporgente dal solaio di copertura, alla quota ove è previsto il graticcio delle suddette travi, si predisporranno delle mensole saldate sulle quali dare semplice appoggio all’estremità delle travi che vi convergono”.
Ciò posto, la ricorrente deduce che il manufatto che chiede di realizzare rientrerebbe tra quelli che il capitolo 7.2.3. del d.m. 14/01/08 definisce come “elementi strutturali secondari” “in quanto posto in semplice appoggio sul solaio di copertura del fabbricato denominato Corpo B senza connessione alle strutture portanti dell’edificio” (pag. 13 dell’atto introduttivo).
Senonché la fattispecie disciplinata dal punto 7.2.3. riguarda le nuove costruzioni e non già gli interventi sugli immobili esistenti, nei quali rientra indubbiamente quello oggetto di causa non potendo, per evidenti ragioni, lo stesso essere considerato in maniera avulsa dall’edificio su cui poggia.
Ne deriva che la presenza o meno di connessione alle strutture portanti dell’edificio costituisce elemento irrilevante ai fini della qualificazione della fattispecie.
Va, in proposito, evidenziato che la ricorrente, presumibilmente consapevole di ciò, nella domanda di autorizzazione sismica ha dichiarato, contrariamente al vero, che l’intervento rientrava nella tipologia edilizia di “nuova costruzione” (allegato 1 alla memoria depositata dalla Regione il 28/06/16).
La stretta connessione dell’intervento con l’edificio B induce, pertanto, a ritenere che il manufatto che la ricorrente ha chiesto di realizzare rientri nell’ambito applicativo del capitolo 8 il quale “definisce i criteri generali per la valutazione della sicurezza e per la progettazione, l'esecuzione ed il collaudo degli interventi sulle costruzioni esistenti. E' definita costruzione esistente quella che abbia, alla data della redazione della valutazione di sicurezza e/o del progetto di intervento, la struttura completamente realizzata”.
La stessa ricorrente, del resto, nell’atto introduttivo propone una qualificazione dell’intervento alternativa a quella prospettata nel corso del procedimento (come già detto la domanda faceva riferimento ad una “nuova costruzione”) richiamando, a tal fine, il capitolo 8.4.3. che disciplina le fattispecie di “riparazione o intervento locale”; nemmeno tale impostazione, però, può essere condivisa.
Infatti, secondo il capitolo 8.4.3. “gli interventi di questo tipo riguarderanno singole parti e/o elementi della struttura e interesseranno porzioni limitate della costruzione. Il progetto e la valutazione della sicurezza potranno essere riferiti alle sole parti e/o elementi interessati e documentare che, rispetto alla configurazione precedente al danno, al degrado o alla variante, non siano prodotte sostanziali modifiche al comportamento delle altre parti e della struttura nel suo insieme e che gli interventi comportino un miglioramento delle condizioni di sicurezza preesistenti”.
Tale definizione non si attaglia all’intervento richiesto dalla ricorrente per una serie di ragioni:
- innanzi tutto, l’ipotesi di cui al capitolo 8.4.3. è riferibile al ripristino o al miglioramento di porzioni ben definite e limitate della struttura preesistente mentre nella fattispecie siamo in presenza di una struttura nuova che viene collocata sul solaio dell’edificio preesistente;
- inoltre, il capitolo 8.4.3. disciplina ipotesi caratterizzate dal modesto impatto dell’intervento (proprio per questo la disposizione precisa che lo stesso deve riguardare “singole parti” e “porzioni limitate della costruzione”), requisito che non è possibile rinvenire nel manufatto proposto dalla ricorrente in ragione della sua significativa dimensione (si tratta di circa 100 mq.) e dei materiali con cui lo stesso è costruito (si prevede la realizzazione di un cordolo di cemento armato, di montanti in acciaio e travi reticolari in acciaio);
- a riprova del significativo impatto del nuovo manufatto deve essere evidenziato che la specifica destinazione a bar/ristorante della teca che poggia sul solaio dell’edificio comporta (come risulta dalla stessa relazione tecnica allegata dalla ricorrente all’istanza di autorizzazione) sul solaio stesso un carico variabile di 300 Kg/mq. maggiore del precedente (250 kg./Mq.), che, poi, nel progetto è compensato dall’utilizzazione di materiali meno pesanti e dalla riduzione della superficie ove è previsto il nuovo carico (“confinata dalla presenza di nuovi parapetti arretrati rispetto al bordo esterno del solaio di circa 2 m.”: pag. 6 della relazione tecnica).
Alla luce delle predette considerazioni deve, pertanto, ritenersi che il provvedimento impugnato abbia correttamente qualificato l’intervento ai sensi del capitolo 8.4.1. lettera b) che disciplina l’ampliamento della costruzione preesistente “mediante opere strutturalmente connesse alla costruzione”.
Parte ricorrente contesta tale qualificazione in quanto, a suo dire, la costruzione sarebbe in appoggio e, quindi, non sarebbe strutturalmente connessa alla costruzione.
Tale impostazione, ad avviso del Collegio, sconta un vizio prospettico in quanto identifica il concetto di “opera strutturalmente connessa”, prevista dal capitolo 8.4.1., con quello di “connessione alle strutture portanti dell’edificio”, prospettato nel gravame.
In realtà, la disposizione di cui all’art. 8.4.1. lettera b) parla di ampliamento la cui struttura sia connessa con quella dell’edificio preesistente senza richiedere che tale connessione debba influire sulle “strutture portanti” dell’edificio preesistente, termine (quello di “portante”) che non a caso non compare nella definizione ministeriale applicabile ratione temporis alla fattispecie.
Proprio la bozza di revisione delle norme tecniche, richiamata dalla ricorrente (pag. 16 dell’atto introduttivo), laddove richiama il caso di ampliamento della costruzione “mediante opere ad essa strutturalmente connesse e tali da alterarne significativamente la risposta”, conferma, tramite l’aggiunta di tale ultimo requisito, la correttezza dell’interpretazione seguita dall’amministrazione dal momento che il d.m. del 14/01/08 ritiene sufficiente la connessione strutturale dell’ampliamento senza alcuna specificazione in ordine agli effetti della stessa.
Se così è, deve ritenersi che il manufatto oggetto della richiesta di autorizzazione sia strutturalmente connesso alla costruzione esistente specie se si considera che, secondo la stessa relazione tecnica depositata dalla ricorrente:
- la teca di circa 100 mq. è composta da 22 montanti in acciaio “costituiti da 4 angolari di acciaio..poggiati su un cordolo di cemento armato corrente lungo il perimetro vetrato, eseguito direttamente all’estradosso del solaio di copertura del fabbricato”. Proprio tale cordolo di cemento armato comprova la connessione della struttura dell’ampliamento con la costruzione preesistente;
- sui montanti sono posizionate travi in acciaio;
- “in corrispondenza dei montanti d’angolo del torrino del vano corsa dell’ascensore sporgente dal solaio di copertura, alla quota ove è previsto il graticcio delle suddette travi, si predisporranno delle mensole saldate sulle quali dare semplice appoggio all’estremità delle travi che vi convergono” (pag. 3 della relazione). Tale elemento costituisce ulteriore comprova della connessione tra la struttura dell’ampliamento (le travi) e la costruzione su cui poggia (il torrino dell’ascensore) laddove il riferimento della relazione, che parla di “semplice appoggio”, si appalesa riduttivo e non coerente con le concrete caratteristiche di tale elemento che prevede la realizzazione di mensole saldate sul torrino per sostenere le travi;
- la difesa regionale evidenzia che il nuovo manufatto è collegato ai piani sottostanti con ascensore e scale come dichiarato dallo stesso progettista.
Quanto fin qui evidenziato induce il Tribunale a ritenere corretta la qualificazione dell’intervento ai sensi del capitolo 8.4.1. lettera b) operata dal provvedimento impugnato (a nulla rilevando, in contrario, i pareri amministrativi richiamati nel gravame la cui pertinenza alla presente fattispecie risulta indimostrata) il quale, attraverso il richiamo alla disposizione in esame, deve ritenersi congruamente motivato: da ciò deriva anche l’infondatezza della quarta censura che aveva prospettato una carenza motivazionale dell’atto impugnato.
Per questi motivi il ricorso è infondato e deve essere respinto.
La particolarità della normativa secondaria applicabile alla fattispecie giustifica la compensazione delle spese processuali sostenute dalle parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis), definendo il giudizio, così provvede:
1) respinge il ricorso;
2) dispone la compensazione delle spese processuali sostenute dalle parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nelle camere di consiglio dei giorni 13 giugno 2023 e 26 giugno 2023, con l'intervento dei magistrati:
Pietro Morabito, Presidente
Michelangelo Francavilla, Consigliere, Estensore
Giuseppe Licheri, Referendario