Trib. Cosenza Sez. II ord. 41 del 20 aprile 2006
Pres. Gallo Est. Pappalardo Ric. Pizzimenti
il soggetto che impugna in sede di riesame un decreto di sequestro probatorio deve dimostrare il titolo alla restituzione del bene (nel caso di specie, trattavasi di struttura alberghiera insistente su terreno patrimoniale dello Stato. Annullato il sequestro, per difetto di esigenze probatorie, il Tribunale ha restituito il bene non agli occupanti (abusivi), ma allo Stato, che, in base al principio dell'accessione, è proprietario dell'albergo, situato abusivamente su suolo pubblico.
N. 1394/05 R.G.N.R
N. 41/06 R.G.T.L.
TRIBUNALE
ORDINARIO DI COSENZA
II SEZIONE
PENALE
RIESAME
DEI PROVVEDIMENTI DI SEQUESTRO
Il Tribunale di Cosenza,
composto dai Magistrati:
dott. Antonia Gallo |
Presidente |
dott. Piero Santese |
Giudice |
dott. Carlo Pappalardo |
Giudice relatore |
§
sull’istanza di riesame
promossa in data 29.3.06 nell’interesse di PIZZIMENTI Bruno e PIZZIMENTI
Domenico, al fine di ottenere l’annullamento del decreto, emanato dal Pubblico
Ministero presso il Tribunale di Paola il 25.3.06, con il quale è stato
disposto il sequestro probatorio del complesso turistico – ricettivo
denominato “Summer Day”, sito in località Granata agro di Santa Maria del
Cedro (Cs), ed in particolare delle seguenti opere:
ü
fabbricato posto a due
livelli ove vi sono ubicati, al piano terra: reception, lavanderia, market; al
piano primo: locali ad uso deposito ed altro (porzione di questo sul lato ovest
ricade su demanio marittimo);
ü
fabbricato a forma di
“L” posto sul lato mare ad un livello e sul lato est su due livelli, adibito
sul lato mare ad alloggi per i clienti, mentre sul lato est sono ubicati al
piano terra: ristorante ed annesse cucine; al piano primo: locale pizzeria;
ü
n. 10 fabbricati ad un
livello con copertura a falde tipo villette a schiera trifamiliare;
ü
n. 2 fabbricati ad un
livello con copertura a falde tipo villette a schiera quadrifamiliare;
ü
n. 8 fabbricati ad un
livello con copertura a falde tipo villette a schiera bifamiliare;
ü
n. 1 fabbricato ad un
livello con copertura a falde tipo villette;
ü
n. 3 fabbricati ad un
livello con copertura a falde tipo villette a schiera trifamiliare;
ü
n. 1 fabbricato a due
livelli con copertura a falde adibito a più unità abitative;
ü
n. 1 fabbricato a due
livelli con copertura a falde adibito a più unità abitative;
ü
impianto composto da una piscina per adulti e una per bambini
con annessi locali docce e wc e con piccolo locale destinato alla consolle dj a
servizio della pista discoteca antistante, quest’ultima ricadente su demanio
marittimo;
ü rimanente area scoperta, asservita al villaggio con destinazione parcheggi, con sovrastante struttura metallica e rete ombreggiale.
§ letti gli atti;
§ sentiti i difensori, all’udienza camerale del 20.4.06, che concludevano come da verbale;
- riunito in camera di consiglio, ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
Nell’ambito del procedimento
penale n. 1394/05 R.G.N.R. il PM presso il Tribunale di Paola chiedeva al
G.I.P., con provvedimento del 12.12.05, l’emissione del decreto di sequestro
preventivo di un’area patrimoniale di circa 20.000 mq., sulla quale insisteva
un complesso turistico denominato “Summer Day”.
Il 15.12.05 il G.I.P. accoglieva
la richiesta ed emetteva il decreto di sequestro.
Il 25.1.06 il difensore
dell’indagato avanzava istanza di dissequestro.
Il 27.1.06 il PM esprimeva
parere contrario all’accoglimento dell’istanza.
Il 31.1.06 il G.I.P. di Paola
accoglieva l’istanza e disponeva la revoca del sequestro.
Quest’ultimo provvedimento era
impugnato dal Pubblico Ministero il 6.2.06, con un’articolata motivazione.
Il Tribunale di Cosenza
accoglieva l’appello, pronunciando il 27.2.06, la seguente ordinanza:
“letto l’art. 324 (rectius,
322 bis c.p.p.),
-
accoglie il gravame;
-
annulla
il decreto di dissequestro emesso dal G.I.P. di Paola il 31.1.06;
-
ordina il ripristino
del sequestro preventivo emesso il 15.12.05 dal G.I.P. di Paola su un’area del
patrimonio dello Stato di circa mq. 20.000, recintata da muro in cls – rete
metallica e annessi cancelli in ferro, in località Granata agro di S. Maria del
cedro – fg. di mappa nr. 9 part. 1 (parte) del NCT, dettagliatamente
individuato e descritto nell’allegata planimetria redatta dal geom. Salvatore
Barillà – funzionario dell’Agenzia del Demanio – Filiale Calabria;
-
motivi riservati;
-
manda alla cancelleria
per gli adempimenti di competenza.”
Nella stessa data, il PM
ordinava l’esecuzione dell’ordinanza. L’1.3.06 la Polizia Giudiziaria
redigeva verbale di sequestro a carico di PIZZIMENTI Bruno.
Il 3.3.06 i difensori
dell’indagato promuovevano incidente di esecuzione, lamentando
l’illegittimità dell’operato della Procura della Repubblica.
Il 7.3.06 era depositata la
motivazione dell’ordinanza del Tribunale del Riesame.
Il
23.3.06 il Tribunale di Cosenza, decidendo sull’incidente di esecuzione, si
pronunciava nei seguenti termini:
“letto l’art. 666 c.p.p.,
-
accoglie il ricorso;
-
annulla l’ordine di
esecuzione del PM di Paola del 27.2.06, con il quale era disposta l’esecuzione
dell’ordinanza del Tribunale di Cosenza emanata lo stesso giorno;
-
ordina la restituzione
temporanea a PIZZIMENTI Bruno dei beni in sequestro;
-
manda alla cancelleria
per gli adempimenti di competenza”.
Il
25.3.06 il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Paola emanava decreto di
sequestro probatorio dei medesimi beni.
Avverso
quest’ultimo provvedimento proponevano istanza di riesame i difensori degli
indagati, riservandosi l’articolazione dei motivi all’udienza camerale.
Le
doglianze difensive attengono a due profili:
ü
l’assenza del “fumus
commissi delicti”;
ü
l’assenza di esigenze
probatorie.
Il
ricorso è fondato.
Quanto
al primo profilo, il Tribunale si è già pronunciato il 27.2.06 (motivazione
depositata il 7.3.06), anche se in diversa composizione collegiale. Questo
Collegio è giunto alle medesime conclusioni. Pertanto, si richiama, sul punto,
il precedente provvedimento:
“Nell’ambito del procedimento penale n. 1394/05 R.G.N.R. il PM presso il Tribunale di Paola chiedeva al G.I.P., con provvedimento del 12.12.05, l’emissione del decreto di sequestro preventivo di un’area patrimoniale di circa 20.000 mq., sulla quale insisteva un complesso turistico denominato “Summer Day”.
Il 15.12.05 il G.I.P.
accoglieva la richiesta ed emetteva il decreto di sequestro.
Il 25.1.06 il difensore
dell’indagato avanzava istanza di dissequestro.
Il 27.1.06 il PM esprimeva
parere contrario all’accoglimento dell’istanza.
Il 31.1.06 il G.I.P. di Paola
accoglieva l’istanza e disponeva la revoca del sequestro.
Quest’ultimo provvedimento
era impugnato dal Pubblico Ministero il 6.2.06, con un’articolata motivazione.
L’Appello è fondato.
Bisogna premettere che
nell’originario decreto di sequestro era stato ravvisato il fumus del delitto
di cui agli artt. 633 e 639 bis c.p. (invasione di terreni pubblici), sulla base
degli atti di indagine, dai quali era emerso che su un area di circa 20.000 mq.
, in località Granata di Santa Maria del Cedro (Cs), insistevano le seguenti
opere:
ü
fabbricato posto a
due livelli ove vi sono ubicati, al piano terra: reception, lavanderia, market;
al piano primo: locali ad uso deposito ed altro (porzione di questo sul lato
ovest ricade su demanio marittimo);
ü
fabbricato a forma
di “L” posto sul lato mare ad un livello e sul lato est su due livelli,
adibito sul lato mare ad alloggi per i clienti, mentre sul lato est sono ubicati
al piano terra: ristorante ed annesse cucine; al piano primo: locale pizzeria;
ü
n. 10 fabbricati ad
un livello con copertura a falde tipo villette a schiera trifamiliare;
ü
n. 2 fabbricati ad
un livello con copertura a falde tipo villette a schiera quadrifamiliare;
ü
n. 8 fabbricati ad
un livello con copertura a falde tipo villette a schiera bifamiliare;
ü
n. 1 fabbricato ad
un livello con copertura a falde tipo villette;
ü
n. 3 fabbricati ad
un livello con copertura a falde tipo villette a schiera trifamiliare;
ü
n. 1 fabbricato a
due livelli con copertura a falde adibito a più unità abitative;
ü
n. 1 fabbricato a
due livelli con copertura a falde adibito a più unità abitative;
ü
impianto composto da
una piscina per adulti e una per bambini con annessi locali docce e wc e con
piccolo locale destinato alla consolle dj a servizio della pista discoteca
antistante, quest’ultima ricadente su demanio marittimo;
ü
rimanente area
scoperta, asservita al villaggio con destinazione parcheggi, con sovrastante
struttura metallica e rete ombreggiale.
Il
terreno su cui insistevano le predette opere era censito come appartenente al
patrimonio dello Stato, registrato alla scheda n. 743. A sostegno dell’ipotesi
accusatoria vi erano:
Ø
missiva n. 355/99 del
1.2.99, del Dirigente della Direzione Compartimentale del Territorio per le
Regioni Campania e Calabria – Sezione Staccata di Cosenza;
Ø
nota n. 11591 del
15.11.99 dell’Agenzia del Demanio – Filiale Calabria, a firma del dott.
Giuseppe MERLINO;
Ø
verbale di sommarie
informazioni rese dal geom. Salvatore BARILLA’, funzionario dell’Agenzia del
Demanio, il 18.11.05.
L’insieme
di questi atti investigativi evidenziava che l’occupazione del terreno adibito
a complesso turistico era abusiva, poiché non era mai stata assentita da alcun
titolo concessorio.
L’istanza
di revoca del sequestro era fondata sul principio del “ne bis in idem”,
essendo stato già il fratello dell’attuale indagato, PIZZIMENTI Domenico,
assolto da analoghe accuse con tre sentenze irrevocabili, quali:
- sentenza n. 311/90 del Pretore di Paola, che assolve l’imputato
dal reato di cui agli artt. 54 e 1161 cod. nav., “perché il fatto non
sussiste”, ed ordina la trasmissione degli atti al PM;
- sentenza n. 1/92 del Pretore di Paola, che assolve l’imputato
perché il fatto non sussiste, in relazione all’imputazione di invasione
di terreni;
- sentenza n. 108/93 del G.I.P. di Paola, che dichiara non doversi
procedere nei confronti dell’imputato in relazione ai reati di
ricettazione e di cui agli artt. 54 e 1161 cod. nav.
Il
geom Roberto PRATICO’ attestava, in una relazione di consulenza tecnica di
parte che il terreno oggetto del sequestro preventivo corrispondeva a quello già
oggetto dei procedimenti definiti con le tre, richiamate, pronunce assolutorie.
Il
G.I.P. di Paola, sulla base di quest’istanza, disponeva la revoca del
sequestro, sottolinenando che “trattandosi del medesimo bene patrimoniale
dello Stato, oggetto di occupazione, le sentenze richiamate e prodotte dalla
difesa sono certamente idonee, in assenza di altri elementi, ad escludere il
reato di occupazione abusiva della medesima area, già appartenente al demanio
marittimo e sclassificata in data 25.9.1967 (cfr. sentenza n. 1/92 in atti)”.
Si
deve osservare, innanzitutto, che le pronunce richiamate hanno riguardato la
persona di PIZZIMENTI Domenico, persona diversa dall’attuale indagato.
Pertanto, non opera, a rigore, il principio del “ne bis in idem”. Inoltre,
tale principio varrebbe, a rigore, solo per le prime due sentenze, emesse a
seguito di dibattimento, e non per l’ultima, pronunciata in sede di udienza
preliminare (e, come tale, sempre revocabile).
Il
Tribunale non nega, peraltro, che il decisum dei precedenti Giudici possa avere
rilievo, ai fini della valutazione del “fumus commissi delicti”.
In
primis, la sentenza del 1990 afferma che il terreno non è demaniale, ma
patrimoniale, essendo intervenuto in epoca remota provvedimento di
sclassificazione. Tanto è vero che il Giudice assolve l’imputato per il reato
di cui al codice marittimo, ma ordina la trasmissione degli atti al PM perché
proceda per gli altri reati evincibili dagli atti.
La
seconda pronuncia assolve l’imputato dal delitto per cui si procede
odiernamente, ritenendo che la Pubblica Amministrazione è sempre rimasta inerte
e che, pertanto, ben possono essersi prodotti gli effetti dell’usucapione:
l’occupazione non sarebbe abusiva, ma giustificata da un titolo originario di
proprietà.
La
terza assolveva, sulla base del “ne bis in idem”, l’imputato dal reato di
cui agli artt. 54 e 1161 cod. nav., e anche dal delitto di ricettazione, per
aver acquistato un immobile di provenienza delittuosa.
Va
detto che queste sentenze non consentono, sicuramente, per il tenore della
formula assolutoria (perché il fatto non sussiste, che esclude il fatto
materiale di reato), di ritenere configurabile il “fumus” del delitto
contestato fino alla data della pronuncia.
Questo
Tribunale ritiene, invece, di avere piena giurisdizione sulla condotta succesiva
(dal 1993, data dell’ultima pronuncia), per la quale non opera alcuna
preclusione. Insomma, se l’Autorità Giudiziaria si è pronunciata, con
sentenza irrevocabile, sull’occupazione del terreno in questione fino al 1993
(escludendo la sussistenza del reato), questo Tribunale può comunque ritenere,
anche attraverso una rivisitazione critica delle motivazioni di queste pronunce,
che, dal 1993 ad oggi, il reato risulti acclarato, in termini di “fumus”.
Sotto
questo profilo appare pienamente convincente l’Appello del Pubblico Ministero,
che ha sottolineato come, dal 1967, data della sdemanializzazione del terreno,
la Pubblica Amministrazione non è affatto rimasta inerte (v. elencazione degli
atti dell’U.T.E. di Cosenza e censimento di PIZZIMENTI Bruno tra gli
occupatori abusivi della scheda n. 743).
Il
Tribunale di Catanzaro, con sentenza n. 258/2003, emessa in data 11.2.2003
condannava PIZZIMENTI Domenico al pagamento della somma complessiva di £
782.367.160: è evidente che tale condanna mal si concilia con un acquisto per
usucapione, per come affermato in precedenza dal Pretore di Paola – sezione
distaccata di Scalea.
Gli
stessi germani PIZZIMENTI (Bruno, Demetrio e Domenico), in data 11.2.1982,
avanzavano istanza all’Intendenza di Finanza di Cosenza per l’acquisto o, in
subordine, la concessione dell’area patrimoniale di cui alla scheda n. 743
(corrispondente a quella oggetto dell’attuale sequestro).
Questo
solo atto basterebbe a smentire la possibilità di un acquisto per usucapione,
che trova il suo indefettibile presupposto in un pregresso, costante,
comportamento “uti dominus”: e chi si rivolge alla P.A. per acquistare un
terreno non si comporta, certo, come se fosse proprietario (v. art. 1140 c.c.).
Sulla
base di queste argomentazioni, bisogna ritenere che il G.I.P. abbia errato
nell’escludere la sussistenza del “fumus””.
Occorre
solo aggiungere che l’iscrizione di PIZZIMENTI Domenico nell’attuale
procedimento comporta il rispetto, nei suoi confronti del principio del “ne
bis in idem”. Questi, infatti è stato già assolto da analoghe accuse con
due sentenze irrevocabili. Resta, però, nei suoi confronti, la valutazione
della condotta successiva al 1993, sulla quale questo Tribunale ritiene di non
essere vincolato ai due precedenti giudicati. A questo secondo indagato,
pertanto, si estendono le considerazioni già espresse, ed in particolare la
valutazione dell’atto dell’11.2.1982, con il quale costui (insieme agli
altri due fratelli, Bruno e Demetrio) chiedeva di acquistare o di ricevere in
concessione l’area.
Il
Tribunale ribadisce in questa sede che tale atto è assolutamente inconciliabile
con la possibilità di un’acquisto per usucapione, siccome frettolosamente
ritenuta dal Pretore di Paola. L’usucapione presuppone il possesso, ed il
possesso consiste nel comportamento “uti dominus”. E’ logico,
pertanto, concludere che il comportamento di chi domanda di acquistare un bene
non possa essere qualificato in termini di possesso (del medesimo bene).
Inoltre,
i ricorrenti non sono stati in grado di produrre alcuna sentenza del giudice
civile che dichiari l’avvenuto acquisto per usucapione del terreno. E’
certo, quindi, che il terreno appartenga ancora allo Stato e che la sua
occupazione da parte dei fratelli PIZZIMENTI sia illegittima.
Ciò
detto, va valutato il secondo profilo, quello attinente alle esigenze
probatorie.
La
motivazione del PM è censurabile, non sussistendo alcun pericolo di poter
alterare lo stato dei luoghi, ossia di rimuovere un intero complesso
alberghiero.
La
prova dell’esistenza di tale complesso turistico si è ormai formata, essendo
ammessa dagli stessi indagati, che in ragione di ciò ne chiedono la
restituzione.
Il
procedimento penale verterà, unicamente, sulla natura giuridica del terreno,
sulla sua appartenenza (allo Stato, piuttosto che agli indagati), sull’abusività
o meno dell’occupazione. Rispetto a questi
temi di prova, la permanenza del vincolo cautelare è assolutamente ininfluente.
Essendo
illogica e contraddittoria la motivazione del sequestro, quest’ultimo va
annullato.
Occorre,
infine, occuparsi di un profilo non trascurabile, relativo all’individuazione
del soggetto legittimato alla restituzione del bene.
Per
quanto detto in precedenza, l’area su cui insiste il complesso turistico è di
proprietà statale. Sulla stessa gli indagati non hanno dimostrato di poter
vantare alcun titolo per occuparla (concessione, superficie, locazione).
Pertanto,
in base al principio dell’accessione, gli immobili insistenti sul terreno sono
di proprietà dello Stato. “Quidquid inaedificatur solo cedit”,
secondo il noto brocardo latino, confluito nella previsione dell’art. 934 c.c.
Le
opere non possono essere restituite ai ricorrenti, sulla scorta degli
orientamenti della Suprema Corte (Cass., 28.1.94, Panzani[1]; Cass., 24.3.94, Angelillo,
SS.UU., 3.7.96, Chabni), bensì allo Stato italiano.
P.Q.M.
accoglie
l’istanza e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato, disponendo
il dissequestro e la restituzione, in favore dello Stato, dei beni come indicati
nello stesso provvedimento di sequestro.
Manda
alla Cancelleria per gli adempimenti di competenza.
Deciso in Cosenza,
il 20 aprile 2006
Il Giudice
estensore dott. Carlo
Pappalardo |
Il Presidente dott.ssa Antonia
Gallo |
[1] “I soggetti legittimati a ottenere la restituzione delle cose sequestrate non possono essere individuati negli stessi che hanno proposto la richiesta di riesame, perché chi è legittimato ad esperire tale mezzo processuale non è necessariamnete la persona che ha diritto a rientrare in possesso delle cose sequestrate”.