TAR Lombardia (MI) Sez. IV n. 2488 del 5 novembre 2018
Urbanistica.Pertinenza urbanistico-edilizia
La qualifica di pertinenza urbanistico-edilizia è applicabile soltanto a opere di modestissima entità e accessorie rispetto a un'opera principale, quali ad esempio i piccoli manufatti per il contenimento di impianti tecnologici e simili, ma non anche a opere che, dal punto di vista delle dimensioni e della funzione, si caratterizzano per una propria autonomia rispetto all'opera cosiddetta principale e non sono coessenziali alla stessa, sì da risultarne possibile una diversa e autonoma utilizzazione economica.
Pubblicato il 05/11/2018
N. 02488/2018 REG.PROV.COLL.
N. 02971/2010 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2971 del 2010, proposto da
Franco Fabiani e Kilngate Enterprises Ldt, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentati e difesi dall'avvocato Silvio Colombo, domiciliato come da PEC da Reginde;
contro
Comune di Gironico, in persona del Sindaco, legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Mario Lavatelli, Vincenzo Latorraca e Micaela Chiesa, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Micaela Chiesa in Milano, via dei Piatti, 11;
per l'annullamento
a) del provvedimento del 27 luglio 2007, notificato in data 3 agosto 2010, denominato “richiesta di permesso di costruire in sanatoria – diniego” e recante il parere negativo - diniego al rilascio del permesso di costruire in sanatoria, presentata in data 19 maggio 2009;
b) del provvedimento del 30 luglio 2007, notificato in data 6 agosto 2010, denominato “Ingiunzione per la demolizione di opere edilizie eseguite in assenza di permesso di costruire, in totale difformità ovvero con variazioni essenziali” e recante l'ingiunzione di demolire entro il termine di 90 giorni dalla notifica l'opera abusiva rappresentata dal “locale accessorio in corpo staccato adibito a deposito”.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Gironico;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 settembre 2018 la dott.ssa Concetta Plantamura e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1) Il ricorrente è comodatario di un immobile ad uso residenziale sito nel Comune di Gironico e costituito da una villa circondata da un ampio giardino, ricadente in ambito R.N.P. “Riqualificazione Naturale Paesistica” del Piano di Governo del Territorio.
2) Il 13 aprile 2010 egli riceveva dal predetto Comune la comunicazione di avvio del procedimento per presunta violazione urbanistico - edilizia in ordine alla costruzione di un manufatto in muratura realizzato all’interno del citato compendio immobiliare.
3) Con istanza depositata in data 19 maggio 2010 il ricorrente, quale delegatario del legale rappresentante della società proprietaria dell'immobile e quale comodatario dello stesso, chiedeva al Comune di Gironico il rilascio del “permesso di costruire in sanatoria” relativamente al sopraindicato manufatto, precisando che si trattava di un locale accessorio destinato a deposito.
4) Con provvedimento del 25 maggio 2010, notificato il 31 maggio 2010, il Responsabile dell'Ufficio Tecnico del Comune di Gironico ordinava al ricorrente, nella sua qualità di esecutore, committente e comodatario dell'immobile, l'immediata sospensione dei lavori di costruzione del fabbricato oggetto dell'istanza di sanatoria, da considerarsi abusivo.
5) Indi, con lettera raccomandata datata 26 maggio 2010, sempre a firma del Responsabile dell'Ufficio Tecnico, indirizzata all'odierno ricorrente, si chiedeva la produzione, entro il termine di 30 giorni dal ricevimento della missiva, di documentazione integrativa a supporto dell'istanza di sanatoria, fra cui una relazione geologico-tecnica e idrogeologica di compatibilità dell'intervento.
6) Il ricorrente presentava quanto richiesto in data 3 luglio 2010, tre giorni dopo la scadenza del termine assegnato.
7) Nel frattempo il Comune, con nota del responsabile dell'Ufficio Tecnico datata 2 luglio 2010, dopo la scadenza del termine assegnato per produrre la documentazione, comunicava il preavviso di diniego della richiesta di sanatoria, "in quanto decaduta" per plurimi motivi (ovvero: a) mancato invio delle integrazioni richieste nel termine assegnato; b) contrasto dell'opera eseguita con l'articolo 19.2 R.N.P. – Riqualificazione naturale e paesaggistica; c) mancato rispetto della distanza dal confine di almeno 5 mt, in assenza della convenzione con il terzo confinante; d) incremento volumetrico non conteggiato nella proposta progettuale e in eccedenza rispetto alla volumetria disponibile in forza della disposizione dell'art. 19.2 delle N.T.A. vigenti).
8) Il ricorrente, con nota 13 luglio 2010, trasmessa il giorno seguente, presentava motivate osservazioni, ai sensi dell'art. 10 bis della Legge n. 241/2010.
9) In data 3 agosto 2010 veniva notificato il provvedimento, datato 27 luglio 2010, a firma del Responsabile dell'Ufficio Tecnico, recante parere negativo - diniego al rilascio del permesso di costruire in sanatoria.
10) Il 1° settembre 2010, infine, è stato notificato il provvedimento, datato 30.07.2010, recante l'ingiunzione per la demolizione dell'opera "locale accessorio in corpo staccato adibito a deposito”.
11) Contro i provvedimenti da ultimo indicati è stato interposto il ricorso in epigrafe, notificato il 15/11/2010 e depositato il 14/12/2010, per lamentare l’illegittimità degli stessi sotto più profili.
12) Vengono, in particolare, articolati quattro motivi, con cui si deduce quanto segue.
12.1) Con il primo, l’illegittimità del provvedimento di diniego per difetto di motivazione e per violazione e falsa applicazione dell'articolo 10 bis della legge n. 241/1990, con riferimento alla omessa motivazione in ordine alle deduzioni svolte dai ricorrenti.
12.2) Con il secondo motivo, si deduce l’illegittimità del provvedimento di diniego per violazione e falsa applicazione dell'art. 19.2, 19.1 e 3 delle N.T.A. del Piano delle Regole del P.G.T. del Comune di Gironico, nonché degli articoli 20 d.P.R. n. 380/2001 e 38 L.R. Lombardia n.12/2005.
Ad avviso degli istanti, in sostanza, il manufatto di cui è ingiunta la demolizione integrerebbe un sistema insediativo costituito da “villa-piscina- edificio accessorio”, contraddistinto come tale da una oggettiva continuità fisico-spaziale nell'impianto distributivo e nella concezione tipologica; detto manufatto, sempre ad avviso dei medesimi istanti, si configurerebbe, quindi, come un accrescimento dell'insediamento principale (villa-piscina), piuttosto che un volume indipendente, proprio perché costituirebbe un supporto tecnologico accessorio all'impianto edilizio principale; esso rappresenterebbe, dunque, un ampliamento dell'edificio esistente e non una nuova costruzione, come invece asserito dall'Amministrazione. L'ampliamento di un edificio esistente, puntualizzano ancora i ricorrenti, ben potrebbe realizzarsi attraverso un volume autonomo, purché contiguo e funzionale a quello esistente, qual è appunto l'intervento da essi realizzato, conforme, quindi, alle prescrizioni urbanistiche di cui all'art. 19.2 delle N.T.A. Sarebbe, aggiungono poi, erroneo il conteggio operato dall'Amministrazione, nell’affermare che il fabbricato avrebbe una consistenza di oltre 100 mc; l'istante sarebbe in ogni caso disponibile, per la denegata ipotesi in cui si dovesse ritenere superato tale limite volumetrico, a ricondurre la volumetria entro la consistenza dei 100 mc.
12.3) Con il terzo motivo, ancora, si deduce l’illegittimità del provvedimento di ingiunzione per la demolizione del manufatto per invalidità derivata dall'illegittimità del provvedimento di diniego al rilascio del permesso di costruire in sanatoria.
12.4) Con il quarto motivo, infine, si deduce l’illegittimità del provvedimento di ingiunzione per la demolizione del manufatto per violazione dell'art. 31, 2° comma, del T.U. n. 380/2001, poiché la motivazione fa leva sulla circostanza che l'opera realizzata rappresenterebbe un nuova costruzione, anziché "un ampliamento dell'edificio esistente", indicando peraltro una volumetria superiore a 100 mc mentre gli istanti avrebbero comunque il diritto di ricondurre l'intervento nell'ambito dei 100 mc. Da ciò l’ulteriore profilo di illegittimità del provvedimento di ingiunzione, laddove dispone la demolizione dell'intera opera realizzata anziché della sola parte di essa eccedente i 100 mc.
13. Si è costituito il Comune di Gironico, controdeducendo alle censure avversarie.
14. All’udienza pubblica del 27/9/2018, presenti gli avv. S. Colombo per la parte ricorrente e M. Luraghi, in sostituzione di Lavatelli per il Comune intimato, la causa è stata trattenuta in decisione.
15. E’ opportuno, ad avviso del Collegio, anticipare la trattazione del secondo motivo, avente carattere sostanziale e priorità logico-giuridica sui restanti.
15.1. Il motivo è infondato.
Il diniego impugnato concerne un’istanza di permesso di costruire in sanatoria, che, ai sensi dell’art. 36, co. 1 d.P.R. n. 380/2001, esige la conformità dell’intervento alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente, sia al tempo della realizzazione dell’intervento che a quello di presentazione della domanda.
Nel caso di specie, tale conformità non sussiste, avuto riguardo alle norme dello strumento urbanistico comunale richiamate nella motivazione del provvedimento impugnato. Per esse, nell’area di ubicazione dell’intervento in esame non sono ammessi nuovi manufatti e ampliamenti di edifici esistenti in misura eccedente una determinata cubatura (100mc).
Ebbene, dalla documentazione anche fotografica depositata in atti da entrambe le parti emerge chiaramente come, il manufatto oggetto della denegata istanza di permesso in sanatoria sia sussumibile fra le nuove costruzioni, come definite nell’art. 3, comma 1, lett. e.1) del d.P.R. n. 380/2001.
Né si può ritenere che il manufatto in questione possa affrancarsi dalla surriferita definizione in quanto attratto nell’orbita degli ampliamenti, ammessi entro una certa cubatura dalle stesse N.T.A. del P.G.T. del Comune di Gironico.
Intanto, l’ampliamento all’esterno della sagoma dell’edificio esistente è anch’esso riconducibile fra le nuove costruzioni, ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. e.1) citato (che fa salvi soltanto gli interventi pertinenziali, di cui alla lettera e.6).
Inoltre, il manufatto per cui è causa non presenta con l’edificio principale alcuna continuità fisica idonea, come tale, a rivelarne il necessario, diretto collegamento (cfr. Cons. Stato, VI, 11/6/2018, n. 3531; id., 9/3/2018, n. 1518, per cui: “… il manufatto in questione non è nemmeno configurabile quale ampliamento, posto che il concetto di “ampliamento” dev’essere riferito a una specifica opera preesistente rispetto alla quale la nuova opera mantiene uno stretto collegamento, modificandola in senso spaziale: il che, nel caso in esame, non è avvenuto. L’ampliamento di un manufatto comporta il mantenimento degli elementi fondamentali del fabbricato anteriore: ma i volumi e i ripostigli in questione non soddisfano questo, fondamentale, requisito”).
Sulla definizione dell’ampliamento si è espressa in senso analogo anche la Suprema Corte, che ha ripetutamente affermato come l'ampliamento di un fabbricato preesistente non possa essere considerato pertinenza, “diventando parte dell'edificio di cui completa, una volta realizzato, la struttura per meglio soddisfare i bisogni cui è destinato in quanto privo di autonomia rispetto all'edificio medesimo (Sez. 3, n. 20349 del 16/3/2010, Catania, Rv. 247108; Sez. 3, n. 28504 del 29/5/2007, Rossi, Rv. 237138; Sez. 3, n. 33657 del 12/7/2006, Rossi, Rv. 235382 ed altre prec. conf.)” (così, da ultimo, Cass. pen. Sez. III, Sent., 29-01-2018, n. 4139).
Per completezza, è utile notare come l’intervento in esame non potrebbe neppure sussumersi fra gli interventi pertinenziali diversi da quelli assoggettabili (ex art. 3, co. 1 citato, lett. e.6) al regime delle nuove costruzioni, in quanto, affinché un’opera possa rientrare nel regime delle pertinenze in senso edilizio e/o urbanistico, essa deve assumere un rilievo oggettivamente marginale, tale da comportare una pressoché irrilevante alterazione dello stato dei luoghi.
Per giurisprudenza consolidata (cfr., ex multis, Cons. St., Sez. VI, 9/3/2018, n. 1518; id., Sez. VI, 2.2.2017, n. 694; id., Sez. VI, 4.1.2016, n. 19; id., Sez. VI, 11.3.2014, n. 3952; id., Sez. V, n. 817 del 2013; id., Sez. IV, n. 615 del 2012), la qualifica di pertinenza urbanistico-edilizia è applicabile soltanto a opere di modestissima entità e accessorie rispetto a un'opera principale, quali ad esempio i piccoli manufatti per il contenimento di impianti tecnologici e simili, ma non anche a opere che, dal punto di vista delle dimensioni e della funzione, si caratterizzano per una propria autonomia rispetto all'opera cosiddetta principale e non sono coessenziali alla stessa, sì da risultarne possibile una diversa e autonoma utilizzazione economica.
La giurisprudenza è costante nel considerare che, a differenza della nozione civilistica di pertinenza, ai fini urbanistico - edilizi un manufatto può essere considerato una pertinenza quando è non solo preordinato a una esigenza oggettiva dell'edificio principale ed è inserito funzionalmente al suo servizio, ma è anche sfornito di un autonomo valore di mercato e non incidente sul "carico urbanistico" mediante la creazione di un "nuovo volume" (Cons. Stato, Sez. IV, 2.2.2012, n. 615, cit.).
Ebbene, tornando alla fattispecie in esame, qui, anche alla luce della documentazione in atti, il carattere pertinenziale del manufatto oggetto dell’impugnato diniego è da escludersi. Si tratta, a ben vedere, di manufatto che, anche per consistenza e tipologia, risulta nel suo complesso agevolmente utilizzabile in via autonoma e separata rispetto all’edificio residenziale, destinato a soddisfare esigenze durevoli nel tempo e implicante, in definitiva, un incremento del carico urbanistico.
Consegue, da quanto sin qui esposto, come la determinazione impugnata assuma carattere vincolato per l’amministrazione, stante la difformità dell’intervento dalla disciplina urbanistica vigente, ostativa - come tale - al rilascio del titolo, ex art. 36 d.P.R. n. 380/2001.
15.2. Non ha, dunque, fondamento la censura di natura formale e procedimentale formulata col primo motivo, a fronte di un’attività (“intervento di nuova costruzione”) risultata evidentemente sine titulo e in difformità della disciplina urbanistica vigente.
La stessa censura risulta in ogni caso infondata, atteso che, come già illustrato in sede di negativo scrutinio del motivo di carattere sostanziale, il contenuto dispositivo dell'impugnato provvedimento non avrebbe potuto essere diverso: la certazione giudiziale della legittimità della azione provvedimentale qui censurata rende irrilevante l’asserita pretermissione procedimentale, attesa la inidoneità di un qualsiasi apporto collaborativo a determinare una differente conclusione della vicenda (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. I, 26-09-2018, n. 2142; Cons. Stato, IV, 31 agosto 2018, n. 5128; id., VI, 5 marzo 2018, n. 1387; id., 27 febbraio 2018, n. 1161; TAR Campania, 10 aprile 2018, n. 2313).
15.3. Dalla riconosciuta infondatezza del secondo motivo discende anche quella degli ultimi due motivi, da esso strettamente dipendenti, in quanto contenenti censure di illegittimità derivata (il terzo) o, comunque, basate sul presupposto, rivelatosi infondato, che nella specie fosse ravvisabile un ampliamento anziché una nuova costruzione (il quarto motivo).
16. Per le considerazioni sin qui esposte, dunque, il ricorso in epigrafe va respinto.
17. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese di lite in favore del Comune di Gironico, liquidandole in complessivi euro 3.500,00, oltre accessori dovuti per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 27 settembre 2018 con l'intervento dei magistrati:
Salvatore Gatto Costantino, Presidente FF
Concetta Plantamura, Consigliere, Estensore
Giuseppe La Greca, Consigliere