TAR Puglia (LE) SEz. III sent. 2854 del 26 novembre 2009
Urbanistica. Ordine di demolizione e sequestro penale
L’esistenza di un sequestro penale non rende di per sé illegittima l’ordinanza di demolizione, sul presupposto che la eventuale manomissione dell’immobile configurerebbe il reato di cui all’art. 349 c.p., essendo fatto divieto a chicchessia di alterare o distruggere il “corpo del reato”. In tali casi, infatti, ben può il soggetto interessato chiedere all'Autorità giudiziaria l'autorizzazione ad effettuare la demolizione e, in caso di diniego (connesso a necessità di carattere probatorio nel procedimento penale), potrà addurre l'impossibilità giuridica di adempiere all'ingiunzione di demolizione per escludere le ulteriori conseguenze della mancata demolizione . Pertanto, solo tale ultimo evento, ossia istanza di dissequestro negata, può rilevare come scriminante nei riguardi dell’autore dell’abuso edilizio che non ottemperi all’ordine del Comune, per il noto principio “ad impossibilia nemo tenetur”.
Urbanistica. Ordine di demolizione e sequestro penale
L’esistenza di un sequestro penale non rende di per sé illegittima l’ordinanza di demolizione, sul presupposto che la eventuale manomissione dell’immobile configurerebbe il reato di cui all’art. 349 c.p., essendo fatto divieto a chicchessia di alterare o distruggere il “corpo del reato”. In tali casi, infatti, ben può il soggetto interessato chiedere all'Autorità giudiziaria l'autorizzazione ad effettuare la demolizione e, in caso di diniego (connesso a necessità di carattere probatorio nel procedimento penale), potrà addurre l'impossibilità giuridica di adempiere all'ingiunzione di demolizione per escludere le ulteriori conseguenze della mancata demolizione . Pertanto, solo tale ultimo evento, ossia istanza di dissequestro negata, può rilevare come scriminante nei riguardi dell’autore dell’abuso edilizio che non ottemperi all’ordine del Comune, per il noto principio “ad impossibilia nemo tenetur”.
N. 02854/2009 REG.SEN.
N. 00581/2003 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce - Sezione Terza
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 581 del 2003, proposto da:
De Simone Antonio, rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Bonsegna, con domicilio eletto presso Giuseppe Vaglio Massa Stampacchia in Lecce, piazza Mazzini n. 72;
contro
Comune di Nardo';
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
dell’ordinanza di demolizione n.235, prot. 51415, emessa dal responsabile del Settore Urbanistica Ambiente del comune di Nardò, in data 26.11.2002 e notificata il giorno 8.01.2003, nonché di ogni ulteriore provvedimento presupposto, connesso e/o consequenziale.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12/11/2009 la dott.ssa Gabriella Caprini e udito per la parte l’avv. Michele Bonsegna, in sostituzione dell’avv. Giuseppe Bonsegna;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Il ricorrente ha realizzato, in qualità di proprietario – committente, in agro di Nardò, in contrada “Fiume”, una costruzione per abitazione civile di mq. 93.00 circa ed una veranda coperta di mq. 20, senza munirsi della prescritta concessione edilizia. Il Dirigente del Settore Urbanistica del comune di Nardò, con il provvedimento impugnato, ne ha ordinato la demolizione, riservandosi di adottare gli ulteriori provvedimenti, di cui alla legge 47/85, in caso di mancato adempimento. Il ricorrente impugna il suddetto provvedimento, ritenendolo illegittimamente lesivo dei propri interessi.
Alla udienza del 12.11.2009 la causa è stata chiamata e trattenuta in decisione.
DIRITTO
Con i motivi di ricorso, parte ricorrente deduce la violazione di legge, ed in particolare, la violazione dell’art. 7 della l. n. 47/’85, l’eccesso di potere e l’irragionevolezza dell’azione amministrativa.
Tali motivi sono fondati nei termini che seguono.
Sostiene, in primo luogo, il ricorrente di trovarsi nell’impossibilità di eseguire l’ingiunzione di demolizione delle opere abusive, essendo l’edificio sottoposto a sequestro giudiziario.
A tal proposito, osserva il Collegio che l’esistenza di un sequestro penale non rende di per sé illegittima l’ordinanza di demolizione, sul presupposto che la eventuale manomissione dell’immobile configurerebbe il reato di cui all’art. 349 c.p., essendo fatto divieto a chicchessia di alterare o distruggere il “corpo del reato”.
In tali casi, infatti, ben può il soggetto interessato chiedere all'Autorità giudiziaria l'autorizzazione ad effettuare la demolizione e, in caso di diniego (connesso a necessità di carattere probatorio nel procedimento penale), potrà addurre l'impossibilità giuridica di adempiere all'ingiunzione di demolizione per escludere le ulteriori conseguenze della mancata demolizione (T.A.R. Sardegna Cagliari, sez. I, 09 novembre 2007, n. 2040).
Pertanto, solo tale ultimo evento, ossia istanza di dissequestro negata, può rilevare come scriminante nei riguardi dell’autore dell’abuso edilizio che non ottemperi all’ordine del Comune, per il noto principio “ad impossibilia nemo tenetur”.
Deve, invece, ritenersi fondata la censura relativa alla violazione dell’art. 7 della l. n. 47/’85, ora art. 31 del d.P.R. 380/2001, in quanto l’ordinanza non indicherebbe, con esattezza, i beni da acquisirsi in caso di inottemperanza all’ordine di demolizione. Tale provvedimento contiene esclusivamente la generica riserva, da parte dell’Amministrazione comunale, della adozione degli “ulteriori provvedimenti previsti dalla citata l. n. 47/‘85” (ossia, l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell’area su cui sorge l’immobile abusivo e quella necessaria, in base ai vigenti strumenti urbanistici, alla realizzazione di opere analoghe a quella abusiva), nonché l’avvertimento che l’inottemperanza costituisce “titolo per l’immissione nel possesso e la trascrizione nei registri immobiliari”, senza, però, che sia ivi esattamente indicata la superficie dell’area che, in caso di inottemperanza all’ordine di demolizione, verrebbe acquisita di diritto.
Tale omissione, lungi dall’atteggiarsi a vizio meramente formale, è tale da pregiudicare dal punto di vista sostanziale gli interessi del ricorrente, il quale, in primo luogo, deve essere messo in condizione di valutare, in termini di “costo-beneficio”, l’opportunità di adempiere o meno all’ordine di demolizione.
L’esatta indicazione appare, inoltre, necessaria, posto che l’effetto ablatorio si verifica immediatamente ed “ope legis” alla scadenza del termine legale o a quello prorogato dall’autorità competente per ottemperare all’ingiunzione a demolire, con acquisto a titolo originario della proprietà libera da eventuali pesi e vincoli preesistenti. L’atto di accertamento dell’inottemperanza e la trascrizione hanno allora solo natura dichiarativa: il primo, per opporre il trasferimento al proprietario responsabile dell’abuso ed immettersi nel possesso, il secondo, per opporre il trasferimento ai terzi (ex multis Tar Puglia Bari, sez. III, n. 538/2006, Cass. Pen. Sez. pen. n. 33297/2003).
Nel caso di omessa indicazione nell’ordine di demolizione dell’area di sedime e di quella necessaria, in base ai vigenti strumenti urbanistici, alla realizzazione di opere analoghe a quella abusiva,l’effetto traslativo conseguente ope legis all’inottemperanza all’ordine non potrà ovviamente verificarsi,né sarà possibile un atto di accertamento di ciò che non si è verificato .
Pertanto, non appare sufficiente al Collegio il mero richiamo alla formula dell’art. 7, ora art. 31, citato.
In questo senso, una ordinanza priva di una completa e precisa individuazione del bene, dell’area di sedime e delle eventuali cd. pertinenze urbanistiche - vale a dire delle aree necessarie alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive - deve considerarsi atipica illegittima sia perchè differente dal modello legale previsto,sia perché inidonea a determinare il corretto svolgersi del procedimento.
Sulla base delle sovra esposte considerazioni, il ricorso merita accoglimento, con assorbimento delle ulteriori censure dedotte.
Spese irripetibili.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Puglia – Lecce - sezione terza accoglie il ricorso indicato in epigrafe.
Spese irripetibili.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 12/11/2009 con l'intervento dei Magistrati:
Antonio Cavallari, Presidente
Ettore Manca, Primo Referendario
Gabriella Caprini, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 26/11/2009
N. 00581/2003 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce - Sezione Terza
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 581 del 2003, proposto da:
De Simone Antonio, rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Bonsegna, con domicilio eletto presso Giuseppe Vaglio Massa Stampacchia in Lecce, piazza Mazzini n. 72;
contro
Comune di Nardo';
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
dell’ordinanza di demolizione n.235, prot. 51415, emessa dal responsabile del Settore Urbanistica Ambiente del comune di Nardò, in data 26.11.2002 e notificata il giorno 8.01.2003, nonché di ogni ulteriore provvedimento presupposto, connesso e/o consequenziale.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12/11/2009 la dott.ssa Gabriella Caprini e udito per la parte l’avv. Michele Bonsegna, in sostituzione dell’avv. Giuseppe Bonsegna;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Il ricorrente ha realizzato, in qualità di proprietario – committente, in agro di Nardò, in contrada “Fiume”, una costruzione per abitazione civile di mq. 93.00 circa ed una veranda coperta di mq. 20, senza munirsi della prescritta concessione edilizia. Il Dirigente del Settore Urbanistica del comune di Nardò, con il provvedimento impugnato, ne ha ordinato la demolizione, riservandosi di adottare gli ulteriori provvedimenti, di cui alla legge 47/85, in caso di mancato adempimento. Il ricorrente impugna il suddetto provvedimento, ritenendolo illegittimamente lesivo dei propri interessi.
Alla udienza del 12.11.2009 la causa è stata chiamata e trattenuta in decisione.
DIRITTO
Con i motivi di ricorso, parte ricorrente deduce la violazione di legge, ed in particolare, la violazione dell’art. 7 della l. n. 47/’85, l’eccesso di potere e l’irragionevolezza dell’azione amministrativa.
Tali motivi sono fondati nei termini che seguono.
Sostiene, in primo luogo, il ricorrente di trovarsi nell’impossibilità di eseguire l’ingiunzione di demolizione delle opere abusive, essendo l’edificio sottoposto a sequestro giudiziario.
A tal proposito, osserva il Collegio che l’esistenza di un sequestro penale non rende di per sé illegittima l’ordinanza di demolizione, sul presupposto che la eventuale manomissione dell’immobile configurerebbe il reato di cui all’art. 349 c.p., essendo fatto divieto a chicchessia di alterare o distruggere il “corpo del reato”.
In tali casi, infatti, ben può il soggetto interessato chiedere all'Autorità giudiziaria l'autorizzazione ad effettuare la demolizione e, in caso di diniego (connesso a necessità di carattere probatorio nel procedimento penale), potrà addurre l'impossibilità giuridica di adempiere all'ingiunzione di demolizione per escludere le ulteriori conseguenze della mancata demolizione (T.A.R. Sardegna Cagliari, sez. I, 09 novembre 2007, n. 2040).
Pertanto, solo tale ultimo evento, ossia istanza di dissequestro negata, può rilevare come scriminante nei riguardi dell’autore dell’abuso edilizio che non ottemperi all’ordine del Comune, per il noto principio “ad impossibilia nemo tenetur”.
Deve, invece, ritenersi fondata la censura relativa alla violazione dell’art. 7 della l. n. 47/’85, ora art. 31 del d.P.R. 380/2001, in quanto l’ordinanza non indicherebbe, con esattezza, i beni da acquisirsi in caso di inottemperanza all’ordine di demolizione. Tale provvedimento contiene esclusivamente la generica riserva, da parte dell’Amministrazione comunale, della adozione degli “ulteriori provvedimenti previsti dalla citata l. n. 47/‘85” (ossia, l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell’area su cui sorge l’immobile abusivo e quella necessaria, in base ai vigenti strumenti urbanistici, alla realizzazione di opere analoghe a quella abusiva), nonché l’avvertimento che l’inottemperanza costituisce “titolo per l’immissione nel possesso e la trascrizione nei registri immobiliari”, senza, però, che sia ivi esattamente indicata la superficie dell’area che, in caso di inottemperanza all’ordine di demolizione, verrebbe acquisita di diritto.
Tale omissione, lungi dall’atteggiarsi a vizio meramente formale, è tale da pregiudicare dal punto di vista sostanziale gli interessi del ricorrente, il quale, in primo luogo, deve essere messo in condizione di valutare, in termini di “costo-beneficio”, l’opportunità di adempiere o meno all’ordine di demolizione.
L’esatta indicazione appare, inoltre, necessaria, posto che l’effetto ablatorio si verifica immediatamente ed “ope legis” alla scadenza del termine legale o a quello prorogato dall’autorità competente per ottemperare all’ingiunzione a demolire, con acquisto a titolo originario della proprietà libera da eventuali pesi e vincoli preesistenti. L’atto di accertamento dell’inottemperanza e la trascrizione hanno allora solo natura dichiarativa: il primo, per opporre il trasferimento al proprietario responsabile dell’abuso ed immettersi nel possesso, il secondo, per opporre il trasferimento ai terzi (ex multis Tar Puglia Bari, sez. III, n. 538/2006, Cass. Pen. Sez. pen. n. 33297/2003).
Nel caso di omessa indicazione nell’ordine di demolizione dell’area di sedime e di quella necessaria, in base ai vigenti strumenti urbanistici, alla realizzazione di opere analoghe a quella abusiva,l’effetto traslativo conseguente ope legis all’inottemperanza all’ordine non potrà ovviamente verificarsi,né sarà possibile un atto di accertamento di ciò che non si è verificato .
Pertanto, non appare sufficiente al Collegio il mero richiamo alla formula dell’art. 7, ora art. 31, citato.
In questo senso, una ordinanza priva di una completa e precisa individuazione del bene, dell’area di sedime e delle eventuali cd. pertinenze urbanistiche - vale a dire delle aree necessarie alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive - deve considerarsi atipica illegittima sia perchè differente dal modello legale previsto,sia perché inidonea a determinare il corretto svolgersi del procedimento.
Sulla base delle sovra esposte considerazioni, il ricorso merita accoglimento, con assorbimento delle ulteriori censure dedotte.
Spese irripetibili.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Puglia – Lecce - sezione terza accoglie il ricorso indicato in epigrafe.
Spese irripetibili.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 12/11/2009 con l'intervento dei Magistrati:
Antonio Cavallari, Presidente
Ettore Manca, Primo Referendario
Gabriella Caprini, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 26/11/2009