TAR Lazio (RM) Sez. II-bis n.12322 del 23 novembre 2020
Urbanistica.Carattere alternativo e non cumulativo delle sanzioni ripristinatoria e pecuniaria per abusi su immobili in zona A

In relazione ad abusi che interessano, come nella fattispecie, immobili situati nella “zona A”, il tenore testuale dell’articolo 33, comma 4, del Testo unico dell’edilizia - proprio in quanto impone una specifica valutazione in ordine alla sanzione da irrogare - statuisce il carattere alternativo e non cumulativo delle sanzioni de quibus; in particolare, se viene richiesto alla Sovrintendenza di esprimere una valutazione sull’opportunità della demolizione, in alternativa alla sanzione pecuniaria, una scelta tra demolizione e sanzione pecuniaria deve comunque essere operata, innanzitutto dall’amministrazione dei beni culturali e, solo in caso di inerzia della stessa, da parte dell’amministrazione comunale, sicché l’eventuale applicazione cumulativa della sanzione ripristinatoria e di quella pecuniaria non può che rivelarsi illegittima


Pubblicato il 23/11/2020

N. 12322/2020 REG.PROV.COLL.

N. 07030/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 7030 del 2020, proposto da
Luca Maria Terranova ed Arianna Muccione, rappresentati e difesi dagli avvocati Paolo Pittori, Guido Paoli e Michela Urbani, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Paolo Pittori in Roma, Lungotevere dei Mellini 24;

contro

Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Barbara Battistella, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

previa sospensiva

della D.D. prot. CQ/31756/2020 del 21/4/2020, notificata il successivo 27/5/2020, contenente ingiunzione a rimuovere o demolire gli interventi abusivi in via Ambrogio Traversari n. 26 int. 13, nonché applicazione della sanzione pecuniaria nella misura di € 2.500,00; occorrendo, della Deliberazione dell'Assemblea Capitolina n. 44/11 contenente criteri per la determinazione delle sanzioni pecuniarie edilizie; di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguenziale.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 28 ottobre 2020 la dott.ssa Ofelia Fratamico e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;


Rilevato che

- i ricorrenti hanno chiesto al Tribunale di annullare, previa sospensione dell’efficacia, la determina dirigenziale di Roma Capitale prot. CQ/31756/2020 del 21.04.2020 di ingiunzione a rimuovere o demolire gli interventi abusivamente realizzati in via Ambrogio Traversari n. 26 int. 13 e di applicazione della sanzione pecuniaria nella misura di € 2.500,00, nonché ove necessario, la deliberazione dell’Assemblea Capitolina n. 44/2011 contenente i criteri per la determinazione delle sanzioni pecuniarie edilizie ed ogni altro atto presupposto, connesso o consequenziale;

- a sostegno della loro domanda, i ricorrenti, proprietari dell’immobile sito in via Ambrogio Traversari n. 26, int. 13, ricompreso all’interno della Città Storica, Tessuti di espansione novecentesca a lottizzazione edilizia puntiforme - T7, e dunque in zona “A” ex DM 1444/68, hanno dedotto a) di essersi visti inaspettatamente contestare dall’Amministrazione, con un’ordinanza di sospensione lavori emessa in seguito ad un sopralluogo ispettivo presso il loro immobile, l’abusività della chiusura di alcuni balconi e terrazzi del loro appartamento che si affacciavano su via Traversari, sul lato ingresso e sul lato scale del palazzo, b) di aver immediatamente rilevato, attraverso apposite memorie, l’erroneità della misurazione delle difformità accertate, che non arrivavano affatto, come ritenuto dall’Amministrazione, a 41 mq e la propria completa estraneità alla vicenda, essendo le opere in difformità, comunque rientranti nel limite di tolleranza del 2%, state eseguite dal costruttore all’epoca di realizzazione della palazzina, c) di essersi visti irrogare per i suddetti abusi, pur riconosciuti anche dall’Amministrazione pari a soli mq 24,7 e realizzati fin dal momento della costruzione dell’edificio, la sanzione demolitoria e quella pecuniaria;

- i ricorrenti hanno, dunque, lamentato l’illegittimità della determina impugnata con cui Roma Capitale avrebbe sanzionato uno scostamento dai parametri che, se rapportato alla volumetria dell’intero palazzo, (autorizzato con un titolo unitario, in base ad un unico progetto) risultava così contenuto da non poter essere neppure considerato un illecito edilizio;

- secondo parte ricorrente tali modeste difformità rispetto al progetto assentito, risalenti all’epoca di realizzazione dell’edificio, costruito negli anni ’50, non avevano impedito il rilascio del certificato di abitabilità dell’immobile, ed erano state evidentemente ritenute già all’epoca del tutto ininfluenti sulla regolarità del palazzo, con conseguente maturazione, visto il tempo trascorso dall’edificazione, anche di un legittimo affidamento al riguardo, consolidato dall’omesso rilievo di qualsiasi problematica da parte dell’Amministrazione, neppure in tempi più recenti, in occasione della DIA presentata in data 16.04.1998 dai precedenti proprietari;

- i ricorrenti hanno, infine, dedotto, in via subordinata, anche la violazione e falsa applicazione dell’art. 33 c. 4 DPR n. 380/2001 per l’illegittimo cumulo, nel provvedimento impugnato, della sanzione demolitoria e di quella pecuniaria, configurate, invece, alternative dal legislatore nelle ipotesi come quella di specie;

- si è costituita Roma Capitale, chiedendo il rigetto del ricorso, in quanto infondato;

- alla camera di consiglio del 28.10.2020, fissata per esame della sospensiva, la causa è stata trattenuta in decisione ex art. 60 c.p.a., sussistendone i presupposti;

Ritenuto che

- alla luce dei documenti in atti, non possano essere accolte le censure proposte in via principale dai ricorrenti in relazione alla illegittimità del provvedimento impugnato per insufficiente considerazione da parte dell’Amministrazione della riconducibilità degli abusi al momento della realizzazione del palazzo, della minima rilevanza degli stessi e dell’affidamento ingenerato circa la regolarità delle opere dal lungo tempo trascorso;

- infatti, le opere in difformità della concessione edilizia rilasciata sul progetto originario, pur se realizzate dal costruttore nel 1951, avrebbero dovuto essere comunque legittimate da un titolo edilizio, poiché, come evidenziato dalla costante giurisprudenza amministrativa, nel Comune di Roma sin dal 1934 il Regolamento Edilizio imponeva il rilascio dell’autorizzazione sindacale per le trasformazioni edilizie (cfr. Cons. St. n. 5283/2017; Cons. St. 5264/2013);

- gli aumenti di superficie e volumetria predetti, derivanti dalla abusiva chiusura di balconi e terrazzi, con modifica dei prospetti, non possano essere considerati irrilevanti, non essendo gli elementi addotti dai ricorrenti idonei a supportare la tesi della possibilità di rapportare, ai fini della verifica del rispetto della soglia del 2%, l’aumento di superficie e di volume realizzato all’intera palazzina e non alla singola unità immobiliare;

- come evidenziato dalla costante giurisprudenza amministrativa, la mera inerzia da parte dell'Amministrazione nell'esercizio di un potere-dovere finalizzato alla tutela di rilevanti finalità di interesse pubblico — qual è, per l'appunto, quella del ripristino della legalità violata nelle attività di trasformazione edilizia del territorio — non sia per certo idonea a far divenire legittimo ciò che è sin dall'origine illegittimo, ossia l'edificazione sine titulo ed, allo stesso modo, tale inerzia non possa certamente radicare un affidamento di carattere “legittimo” in capo al proprietario che ha realizzato l'abuso, o se ne è avvantaggiato, giammai destinatario di un atto amministrativo favorevole idoneo a ingenerare un'aspettativa giuridicamente qualificata;

- la sanzione repressiva in materia edilizia costituisca, in verità, atto dovuto della pubblica Amministrazione, riconducibile ad esercizio di potere vincolato, in mera dipendenza dall'accertamento dell'abuso, con la conseguenza che il provvedimento sanzionatorio non richiede una particolare motivazione, essendo sufficiente la mera rappresentazione del carattere illecito dell'opera realizzata; né tale necessaria previa comparazione dell'interesse pubblico alla repressione dell'abuso — che è in re ipsa — con l'interesse del privato proprietario del manufatto si imponga, quand'anche l'intervento repressivo avvenga a distanza di tempo dalla commissione dell'abuso (cfr. Cons. Stato Sez. VI, 10.01.2020, n. 254);

- il ricorso debba essere, invece, accolto con riguardo all’ultima censura, proposta in via subordinata, avverso il cumulo tra ordine di demolizione e sanzione pecuniaria, poichè “secondo l’orientamento ormai consolidato della Sezione (cfr. sentenze n. 5071/208, n. 3702/2017, n. 4451/2017, n. 4448/2017), da cui il Collegio non ravvisa motivi per discostarsi, in relazione ad abusi che interessano, come nella fattispecie, immobili situati nella “zona A”, il tenore testuale dell’articolo 33, comma 4, del Testo unico dell’edilizia - proprio in quanto impone una specifica valutazione in ordine alla sanzione da irrogare - statuisce il carattere alternativo e non cumulativo delle sanzioni de quibus;

- in particolare, “se viene richiesto alla Sovrintendenza di esprimere una valutazione sull’opportunità della demolizione, in alternativa alla sanzione pecuniaria, una scelta tra demolizione e sanzione pecuniaria debba comunque essere operata, innanzitutto dall’amministrazione dei beni culturali e, solo in caso di inerzia della stessa, da parte dell’amministrazione comunale, sicché l’eventuale applicazione cumulativa della sanzione ripristinatoria e di quella pecuniaria non può che rivelarsi illegittima” (cfr. ex multis TAR Lazio, Roma, Sez. II bis, 10.09.2018 n. 9220);

- in conclusione, per la fondatezza delle suddette censure, il ricorso avverso la determina di demolizione e di ingiunzione della sanzione pecuniaria debba essere accolto, con annullamento del predetto provvedimento;

- le spese debbano seguire la soccombenza;

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis),

definitivamente pronunciando,

- accoglie il ricorso ai sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato;

- condanna Roma Capitale alla rifusione, in favore dei ricorrenti, delle spese di lite, liquidate in complessivi € 1.500,00 oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 ottobre 2020 con l'intervento dei magistrati:

Elena Stanizzi, Presidente

Brunella Bruno, Consigliere

Ofelia Fratamico, Consigliere, Estensore