TAR Emilia Romagna (PR), Sez. I, n. 7 del 15 gennaio 2015
Urbanistica.Definizione di muro di cinta

Per muro di cinta, nella dizione contenuta nell'art. 4 comma 7 lett. c), D.L. 5 ottobre 1993 n. 398 e s.m.i. devono intendersi le opere di recinzione, non suscettibili di modificare o alterare sostanzialmente la conformazione del terreno, che assumono natura pertinenziale in quanto hanno esclusivamente la funzione di delimitare, proteggere o eventualmente abbellire la proprietà; ben diversa è invece la consistenza e la funzione dei cc.dd. “muri di contenimento”, i quali si differenziano sostanzialmente dalle mere recinzioni non solo per la funzione, ma anche perché servono a sostenere il terreno al fine di evitare movimenti franosi dello stesso e quindi devono necessariamente presentare una struttura a ciò idonea per consistenza e modalità costruttive. Di conseguenza il muro di contenimento, pur potendo assolvere, in rapporto alla situazione dei luoghi, anche una concomitante funzione di recinzione, sotto il profilo edilizio è un'opera ben più consistente di una recinzione in quanto non esclusivamente preordinata a recingere la proprietà e, soprattutto, è dotata di propria specificità ed autonomia, in relazione alla sua funzione principale; il che esclude la sua riconducibilità al concetto di pertinenza, conseguendone sia la necessità del suo assoggettamento al regime concessorio, sia la legittimità della sanzione della demolizione prevista per il caso di assenza di concessione. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese).

N. 00007/2015 REG.PROV.COLL.

N. 00134/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna

sezione staccata di Parma (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 134 del 2014, proposto da: 
Lorenzo Barba in proprio e quale titolare della ditta Lorinox di Barba Lorenzo, rappresentato e difeso dall'avv. Fabio Mezzadri, con domicilio eletto presso il suo studio in Parma, Via Farini, 37; 

contro

Unione Bassa Est Parmense, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Roberto Ollari, con domicilio eletto presso il suo studio in Parma, borgo Zaccagni, 1; 

nei confronti di

Giovanni Calzolari, non costituito in giudizio; 

per l'annullamento

del provvedimento dell'Unione Bassa Est Parmense prot. n. 398 del 16 gennaio 2014, portante ordine di demolizione di opere edilizie e ripristino dello stato dei luoghi entro novanta giorni dalla data di notifica;

di ogni altro atto presupposto, conseguente o comunque connesso,

nonchè per la condanna dell'Unione Bassa Est Parmense al risarcimento di tutti i danni patiti e patiendi dalla ricorrente.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Unione Bassa Est Parmense;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore la dott.ssa Laura Marzano;

Uditi, nell'udienza pubblica del giorno 16 dicembre 2014, i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso notificato in data 21 marzo 2014 e depositato il 22 aprile successivo, il ricorrente, anche in qualità di legale rappresentante della Lorinox, ha impugnato l’ordinanza notificata in data 20 gennaio 2014 con cui l’Unione Bassa Est Parmense gli ha ingiunto la demolizione delle opere abusive ivi individuate e il ripristino dello stato dei luoghi.

L’amministrazione intimata si è costituita in giudizio chiedendo la reiezione del ricorso.

Con ordinanza n. 51 del 16 maggio 2014 è stata accolta l’istanza cautelare e all’udienza pubblica del 16 dicembre 2014 la causa è stata trattenuta in decisione.

2. A seguito di ripetuta segnalazione da parte di Calzolari Giovanni di un presunto abuso edilizio - consistente nella realizzazione di un muro di sostegno in un lotto posto di terreno ubicato a Casale di Mezzani (individuato in catasto al fg. 16, mapp. 299) in corrispondenza del confine con la sua proprietà (in catasto fg. 16, mapp. 41) (doc. 2 del fascicolo dell’amministrazione) - l'Unione Bassa Est Parmense ha disposto un sopralluogo, in data 30 maggio 2012 (doc. 3 id.), nel corso del quale è stata verificata:

- l'esistenza di un muro lineare in c.a. di altezza di 1,70 mt. circa e di larghezza 0,20 ml., con sovrastante rete metallica, lungo linea di confine fra i terreni identificati al fg. 16, mapp. 299 ed i mappali 41 (ora 374), 35 e 314 (ora 350);

- la funzione, svolta dal predetto muro, di contenimento del terreno di riporto sul lotto costituito dai mappali 299 e 291 (in parte);

- la riduzione, ad opera del muro, della sezione del fosso di scolo presente sul confine.

Dagli accertamenti svolti è risultato che in data 21 maggio 2003 era stato rilasciato alla ditta SO.PR.IP S.p.a. un permesso di costruire per la realizzazione di un capannone sul predetto lotto e per la sistemazione della relativa area cortiliva, con previsione della realizzazione di una recinzione con rete metallica e fittoni.

Il permesso di costruire, in data 14 agosto 2003, era stato poi volturato in favore della Monte dei Paschi di Siena Leasing e Factoring, quindi era stata presentata DIA in variante in data 26 gennaio 2004, nella quale non vi è riferimento al muro.

Ritenuto che il manufatto non assentito, in quanto muro di contenimento fosse da considerarsi "nuova costruzione" e come tale assoggettato all’obbligo del rispetto delle distanze fra le costruzioni, l'Unione ha inviato, in data 15 giugno 2012, avviso di avvio del procedimento sanzionatorio (doc. 4 id.) a SO.PR.I.P S.p.a., in qualità di titolare dell'originario permesso di costruire, alla Monte dei Paschi di Siena Leasing e Factoring, in qualità di proprietaria dell'immobile, a Lorinox di Barba Lorenzo, in qualità di utilizzatrice dell'immobile e al geom. Ferrari, direttore dei lavori.

Esaminate le osservazioni di Ferrari (doc. 5 id.), di SO.PR.I.P S.p.a. (doc. 6) e di Lorinox (doc. 7 id.) e dato atto che non era stato possibile individuare l’autore dell’abuso, il responsabile del servizio ha convocato le parti per l'audizione (doc. 8 id.).

In data 30 maggio 2013, in occasione dell'audizione delle parti (doc. 10 id.), è emerso che la realizzazione dell'intervento era stata effettuata da SO.PR.I.P per conto di LORINOX.

Acquisita la documentazione prodotta dalle parti, l'Unione ha adottato l'ordinanza, notificata il 20 gennaio 2014, con cui è stata ingiunta la demolizione delle opere abusive e il ripristino dello stato dei luoghi.

3. Ritenendo illegittima la suddetta ordinanza il ricorrente l’ha impugnata formulando due motivi con i quali ha dedotto:

- violazione e falsa applicazione degli artt. 873 e 878 c.c., dell'art. 13 L.R. 23/04, dell'art. 3 L. 241/90 e del RUE, nonchè eccesso di potere per carenza e contraddittorietà della motivazione, ingiustizia manifesta per difetto dei presupposti di fatto e diritto, illogicità manifesta per carenza di istruttoria, per travisamento dei fatti, sviamento di potere: secondo il ricorrente l'opera realizzata sarebbe un semplice muro perimetrale realizzato a confine di terreni posti pressoché a livello, fatta eccezione per il confine con Calzolari dove, invece, vi sarebbe una leggera depressione naturale (e non già artificialmente aumentata), contenuta appunto dal muro realizzato, che culmina in un fossato privo di acqua, pertanto le conclusioni dell’amministrazione non sarebbero sorrette da dati tecnici corretti;

- violazione dell'art. 13 L.R. 23/04, eccesso di potere per difetto di motivazione, omesso accertamento del destinatario dell'atto, ingiustizia manifesta, illogicità, omessa o insufficiente istruttoria: la proprietà del muro abusivo sarebbe controversa tant’è che pende dinanzi al Tribunale di Parma il giudizio civile n. 527/2007 R.G. tra LORINOX e Calzolari per l’accertamento del confine, inoltre non risulterebbe dimostrato che LORINOX abbia dato incarico a SO.PR.I.P di realizzare il muro; infine e in subordine vi sarebbe evidente mancanza di proporzionalità atteso che, a tutto voler concedere, la recinzione sarebbe abusiva solo nel tratto confinante con la proprietà Calzolari, laddove invece l’Unione ha ingiunto la demolizione dell’intero muro realizzato sul lato nord.

L’amministrazione contesta tutti gli assunti del ricorrente allegando rilevi tecnici e fotografici.

4. Il ricorso è infondato.

4.1. Dalla documentazione versata in atti dall’Unione e, segnatamente, dalla planimetria di rilievo della lottizzazione (doc. 18 id.) risulta che la quota del fosso di scolo, da ricondursi a quella del Cavo Parmetta in cui defluisce, risulta a 24,48 mt. (battuta n. 335), mentre la quota dell'area esterna al capannone, nella parte in prossimità del confine, risulta pari a 25,91 mt. (battuta n. 225).

Inoltre alla battuta n. 304 (sul confine del terreno del ricorrente, in prossimità dell'arginatura del fosso di scolo), la quota era di 26,10 mt., pertanto rispetto alla quota del Cavo Parmetta esisteva un dislivello del terreno, quasi pari all'altezza del muro di contenimento, ossia 1,62 mt. (26,10 - 24,48). Vi era dunque un dislivello che attualmente non esiste più essendo stato riempito con riporto di terra.

Analogamente, dalla documentazione fotografica prodotta (docc. 3 e 17 id.), risulta che il muro di circa mt. 1,60, con sovrastante rete metallica, è stato realizzato non lambendo il fosso in modo da assecondare la pendenza naturale esistente bensì all’interno del fossato, colmando il dislivello mediante riporto di terreno.

Il ricorrente ha depositato una relazione datata 16 marzo 2014, a firma del geom. Claudio Violi (doc. 4 del fascicolo del ricorrente), in cui si afferma a pag. 2: "l'unica zona in cui si è probabilmente reso necessario ad opera dell'attuatore della convenzione intervenire sulla sistemazione del terreno per ottenere dei lotti idonei ad ospitare interventi edificatori pare essere il tratto a confine nord della lottizzazione ove presente una depressione in corrispondenza di un relitto di fosso scolatore che trova il naturale deflusso nell'adiacente canale Parmetta".

Il tecnico aggiunge che sono state realizzate “fondazioni profonde impostate ad una quota idonea a trasmettere i carichi sul terreno (sul fondo del fosso) in ottemperanza alle buone regole di costruzione, la parte fuori terra è stata costruita in elevazione fino al raggiungimento di una quota prossima a quella prevista sul lato verso strada”.

In altri termini il tecnico del ricorrente riferisce che esisteva un dislivello fra i due terreni: circostanza che trova conferma nelle foto n. 9 e n. 13 allegate alla relazione.

Risulta, dunque, documentata per tabulas la preesistenza del dislivello successivamente colmato con terreno di riporto fino a rendere pianeggiante la quota di calpestio del terreno del ricorrente.

Da ciò discende che il manufatto per cui è causa non può ricondursi alla nozione del muro di cinta, atteso che non assolve la mera funzione di delimitare la proprietà ma anche quella di contenimento del terreno, tale da consentire l'edificazione ad una quota diversa rispetto a quella naturale.

Invero, “per muro di cinta, nella dizione contenuta nell'art. 4 comma 7 lett. c), D.L. 5 ottobre 1993 n. 398, convertito con modificazioni in L. 4 dicembre 1993 n. 493, e sostituito per effetto dell'art. 2 comma 60, L. 23 dicembre 1996 n. 662, devono intendersi le opere di recinzione, non suscettibili di modificare o alterare sostanzialmente la conformazione del terreno, che assumono natura pertinenziale in quanto hanno esclusivamente la funzione di delimitare, proteggere o eventualmente abbellire la proprietà; ben diversa è invece la consistenza e la funzione dei cc.dd. “muri di contenimento”, i quali si differenziano sostanzialmente dalle mere recinzioni non solo per la funzione, ma anche perché servono a sostenere il terreno al fine di evitare movimenti franosi dello stesso e quindi devono necessariamente presentare una struttura a ciò idonea per consistenza e modalità costruttive. Di conseguenza il muro di contenimento, pur potendo assolvere, in rapporto alla situazione dei luoghi, anche una concomitante funzione di recinzione, sotto il profilo edilizio è un'opera ben più consistente di una recinzione in quanto non esclusivamente preordinata a recingere la proprietà e, soprattutto, è dotata di propria specificità ed autonomia, in relazione alla sua funzione principale; il che esclude la sua riconducibilità al concetto di pertinenza, conseguendone sia la necessità del suo assoggettamento al regime concessorio, sia la legittimità della sanzione della demolizione prevista per il caso di assenza di concessione” (Cons. Stato, sez. V, 8 aprile 2014, n. 1651; v. anche T.A.R. Abruzzo, L'Aquila, sez. I, 14 febbraio 2013, n. 145; T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 8 novembre 2012, n. 2687; T.A.R. Campania, Napoli, sez. IV, 26 ottobre 2012, n. 4275).

4.2. Da quanto fin qui esaminato risulta infondato anche il secondo motivo, con cui il ricorrente censura l’atto per difetto di istruttoria e di motivazione.

Quanto al difetto di istruttoria è documentato che l’amministrazione ha acquisito in sede procedimentale:

- una scrittura privata, priva di sottoscrizione, tra SO.PR.I.P e Calzolari con la quale quest'ultimo avrebbe accettato la realizzazione del muro (doc. 11 del fascicolo dell’amministrazione);

- un accordo tra SO.PR.I.P e LORINOX per la realizzazione della recinzione (doc. 12 id.);

- la comparsa di costituzione e risposta di SO.PR.I.P (doc. 9 id.), la relazione tecnica del CTU, geom. Caselli, nominato dal Tribunale, la relazione del CTP di SO.PR.I.P (doc.14 id.) e il verbale di sopralluogo del 26 novembre 2003 (doc. 15 id.), atti relativi al giudizio civile pendente fra le parti.

In particolare, dalla comparsa di costituzione e risposta di SO.PR.I.P si desume che oggetto del giudizio civile è la domanda, formulata dal Calzolari, di riconoscimento del proprio diritto di condurre le acque attraverso il fosso di scolo posto a confine tra le proprietà Calzolari e LORINOX, con conseguente richiesta di rimettere in pristino il fosso e di risarcimento dei danni.

Oggetto del giudizio non è, dunque, l'accertamento del confine di proprietà, non essendo quello pendente dinanzi al Tribunale di Parma un giudizio petitorio, sicchè la proprietà, contrariamente a quanto affermato dal ricorrente non è incerta, come risulta dalle relazioni peritali del CTU geom. Caselli e dello stesso CTP geom. Aimi.

D’altra parte, qualora il ricorrente non fosse l’effettivo proprietario del manufatto abusivo non avrebbe interesse a dolersi della mancata notifica dell’ordine di demolizione al proprietario.

In definitiva nessuna indagine ulteriore poteva esigersi dall’amministrazione in ordine all’individuazione della parte proprietaria del muro, che risulta oggettivamente realizzato sulla proprietà del ricorrente.

L'amministrazione, infatti, non è tenuta ad individuare l'effettivo proprietario dell'area sulla quale viene realizzato l'abuso edilizio perché, qualora tale soggetto non corrisponda con l'autore materiale dell'abuso, l'ordine di demolizione può essere notificato anche esclusivamente all'autore materiale dell'abuso, fermo restando che l'estraneità del proprietario dell'area alla realizzazione dell'abuso comporta che l'ordine di demolizione non può costituire titolo per l'acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell'area di sedime sulla quale insistono le opere abusive.

La mancata notifica dell'ordine di demolizione al proprietario del fondo — laddove questi sia un soggetto diverso dal responsabile dell'abuso — non incide dunque sulla legittimità dell'ordine di demolizione, posto che la notifica di un provvedimento al suo destinatario attiene alla c.d. fase integrativa dell'efficacia (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 5 novembre 2013, n. 9386).

In altri termini l’unica conseguenza della ipotetica mancata notifica dell'ordinanza all'effettivo proprietario sarebbe quella dell'impossibilità di immediata emanazione di un provvedimento di acquisizione gratuita al patrimonio del Comune del manufatto e della relativa area di sedime.

Quanto al dedotto difetto di motivazione il Collegio osserva che, una volta accertata la consistenza dell’abuso, l’obbligo di motivazione deve ritenersi assolto in re ipsa con l’adozione del provvedimento sanzionatorio il cui contenuto è rigorosamente vincolato.

Invero l'ordinanza di demolizione di opera edilizia abusivamente realizzata costituisce doveroso e imprescindibile esercizio del potere sanzionatorio da parte della Pubblica amministrazione; essa è, infatti, un atto vincolato che non richiede né una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale alla demolizione, né una comparazione di questo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, non potendosi nemmeno ammettere l'esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non potrebbe legittimare (cfr. Cons. Stato, sez. V, 27 maggio 2014, n. 2696).

4.3. Non sussiste neanche il difetto di proporzionalità dedotto in subordine atteso che l’amministrazione ha documentato che il dislivello (oggi colmato) esisteva non solo nel tratto confinante con la proprietà Calzolari ma anche nel tratto confinante con la proprietà Rondani, sicchè l’intera recinzione sul lato nord, di cui è stata ordinata la demolizione, in quanto avente funzione di contenimento, è abusiva poiché realizzata in assenza di permesso di costruire e in violazione delle distanze fra le costruzioni.

Per tutte le suesposte motivazioni il ricorso deve essere respinto.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna, Sezione Distaccata di Parma, definitivamente decidendo sul ricorso in epigrafe, lo respinge.

Condanna la parte ricorrente alle spese del giudizio che liquida in € 3.000,00 (tremila), oltre rimborso forfetario spese generali, nonchè CA e IVA come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Parma nella camera di consiglio del giorno 16 dicembre 2014 con l'intervento dei magistrati:

Angela Radesi, Presidente

Laura Marzano, Primo Referendario, Estensore

Marco Poppi, Primo Referendario

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 15/01/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)