TAR Puglia (LE) Sez. III n. 647 del 18 giugno 2020
Urbanistica.Nozione di “attività industriale” ai sensi dell'art.19 TU edilizia

Il significato da attribuire all’inciso “attività industriali” di cui al comma 1 dell’art. 19 dpr 380\01 va tracciato in maniera autonoma, prescindendo dalla omonima categoria civilistica. È di ausilio, a tal fine, il raffronto tra il primo ed il secondo comma. Appare evidente che nella prima ipotesi sono raggruppate quelle attività di produzione di beni o servizi che non prevedono un contatto diretto con l’utente finale. Viceversa, nel secondo comma sono contemplate attività che implicano l’accesso alla costruzione o impianto anche di soggetti diversi da quelli che svolgono l’attività (così quelle “turistiche”, “commerciali” e “direzionali”). Ciò sembra comprovato dalla circostanza che mentre al comma 1 si parla di “prestazione di servizi” in quello successivo si impiega l’espressione “svolgimento di servizi”. Detta differenza non appare neutra da un punto di vista urbanistico atteso che lo svolgimento di attività che, per loro natura, prevedono l’affluenza di utenza esterna importa un carico diverso sul territorio e giustifica un regime di contribuzione più oneroso, che si avvicina a quello residenziale ex art. 16 del D.P.R. n. 380 del 2001.

Pubblicato il 18/06/2020

N. 00647/2020 REG.PROV.COLL.

N. 03116/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

Lecce - Sezione Terza

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3116 del 2014, proposto da
San Giorgio S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Angelo Vantaggiato, con domicilio eletto presso il suo studio in Lecce, via Zanardelli 7;

contro

Comune di Gagliano del Capo, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Fernando Amoroso, con domicilio eletto presso lo studio Fernando Cesare Amoroso in Lecce, via Piemonte, 8;

per l'annullamento

della nota prot. n. 6929 del 21 ottobre 2014 del Responsabile del Settore Tecnico e Gestione del Territorio - Servizio S.U.A.P. del Comune di Gagliano del Capo con cui è stata respinta l’istanza datata 10 settembre 2014 a mezzo della quale la Società ricorrente ha chiesto il rimborso parziale (costo di costruzione) degli oneri concessori corrisposti in eccesso con riguardo al P.A.U. 03/2011 del 23 giugno 2011 n. prot. 4632 e P.A.U. (variante) 01/2013 del 10 gennaio 2013 prot. 236 relativi alla realizzazione nel territorio del predetto Comune di una Residenza Socio Sanitaria Assistenziale (R.S.S.A.) per anziani.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Gagliano del Capo;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 84 del D.L. 17 marzo 2020 n. 18;

Visto l’art. 4 del D.L. n. 28 del 2020;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 giugno 2020 il dott. Giovanni Gallone e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con ricorso notificato il 18 dicembre 2014 la “San Giorgio S.r.l.” con sede in Matino, ha impugnato, chiedendone l’annullamento previa sospensione, la nota prot. n. 6929 del 21 ottobre 2014 con cui il Responsabile del Settore Tecnico e Gestione del Territorio - Servizio S.U.A.P. del Comune di Gagliano del Capo ha respinto l’istanza datata 10 settembre 2014 con la quale la Società ricorrente ha chiesto il rimborso parziale (costo di costruzione) degli oneri concessori corrisposti in eccesso con riguardo al P.A.U. 03/2011 del 23 giugno 2011 n. prot. 4632 e P.A.U. (variante) 01/2013 del 10 gennaio 2013 prot. 236 relativi alla realizzazione nel territorio del predetto Comune di una Residenza Socio Sanitaria Assistenziale (R.S.S.A.) per anziani.

A sostegno della domanda di annullamento ha dedotto le seguenti censure: violazione e falsa applicazione dell’art. 9 del D.P.R. n. 380 del 2001, sviamento del potere, travisamento dei fatti, difetto di istruttoria, carenza di motivazione.

2. All’udienza in Camera di Consiglio del 14 gennaio 2015, su richiesta della difesa di parte ricorrente, è stata disposta la cancellazione dal ruolo dei giudizi cautelari.

3. In data 17 aprile 2015 il Comune di Gagliano del Capo si è costituito in giudizio chiedendo il rigetto del ricorso.

4. In data 1° aprile 2016 parte ricorrente ha formulato istanza di prelievo.

5. All’udienza pubblica del 9 giugno 2020 la causa è stata introitata per la decisione ai sensi del comma 5 dell’art. 84 del D.L. 17 marzo 2020 n. 18 e dell’art. 4 del D.L. n. 28 del 2020.

DIRITTO

1. Il ricorso è infondato nel merito e deve essere rigettato.

Va, tuttavia, preliminarmente operata la riqualificazione dell’azione proposta ai sensi dell’art. 32 comma 2 c.p.a..

A tal fine occorre muovere da alcune considerazioni in ordine alla natura giuridica dei contributi edilizi di costruzione (oneri concessori).

Ebbene, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, nella decisone n. 12 del 30 agosto 2018, ha di recente ribadito, confermando l’orientamento maggioritario già formatosi in giurisprudenza, che “il contributo di costruzione è e rimane [… ] un corrispettivo di diritto pubblico” sicché “il pagamento di questo, esclusa pacificamente la sua natura tributaria, non può che costituire l'oggetto di un ordinario rapporto obbligatorio, disciplinato dalle norme di diritto privato, come prescrive l'art. 1, comma 1-bis, della L. n. 241 del 1990”. Ciò reca, come precipitato, che “gli atti con i quali la pubblica amministrazione determina e liquida il contributo di costruzione, previsto dall'art. 16 del D.P.R. n. 380 del 2001, non hanno natura autoritativa, non essendo espressione di una potestà pubblicistica, ma costituiscono l'esercizio di una facoltà connessa alla pretesa creditoria riconosciuta dalla legge al Comune per il rilascio del permesso di costruire”.

Questa ricostruzione ha evidenti riflessi in punto processuale.

Allontanandosi dal modello impugnatorio del giudizio sull’atto, il Giudice Amministrativo, a cui il legislatore attribuisce in materia edilizia una giurisdizione esclusiva ex art. 133 comma 1 lett f) c.p.a., conosce, infatti, attraverso lo spettro delle censure mosse dal ricorrente, l’intero rapporto giuridico intercorrente tra questi e l’Amministrazione, con la possibilità di accertare il suo contenuto e stabilire la sussistenza e la portata delle singole obbligazioni nascenti dallo stesso.

1.1 Le considerazioni appena rassegnate spingono a ritenere che, in disparte dal nomen iuris impiegato, la domanda qui spiccata dalla Società ricorrente avverso la nota prot. n. 6929 del 21 ottobre 2014 vada, più correttamente, inquadrata come volta ad accertare il contenuto dell’obbligazione legale gravante a suo carico.

Del resto, come è stato in più occasioni ribadito dalla giurisprudenza (ex multis T.A.R. Abruzzo, L'Aquila, sez. I, 29 dicembre 2017, n.610), “le controversie attinenti alla determinazione e alla liquidazione del contributo per oneri di urbanizzazione e costo di costruzione, nonché l'azione volta alla declaratoria del diritto dell'interessato alla restituzione delle somme versate al Comune per mancato utilizzo del titolo edilizio appartengono alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo”. Detta azione può, quindi, essere “proposta a prescindere dall'impugnazione o dall'esistenza dell'atto con cui viene negato il rimborso, trattandosi di giudizio di accertamento di un rapporto obbligatorio pecuniario”.

2. Così riqualificata la domanda proposta, è possibile esaminare le ragioni giuridiche dedotte a suo fondamento dalla parte ricorrente.

2.1 Con l’unico motivo di gravame si denuncia un difetto di istruttoria e motivazione atteso che l’Amministrazione Comunale intimata avrebbe applicato il contributo concessorio nella misura massima stabilita ai sensi del comma 2 dell’art. 19 del D.P.R. n. 380 del 2001 e ss.mm., senza prendere in considerazione la circostanza che la Residenza Socio Sanitaria Assistenziale (R.S.S.A.) per anziani realizzata sarebbe qualificabile come impianto industriale, in relazione al quale risulta dovuto il minore importo di cui al comma 1 dello stesso art. 19 (con esclusione, quindi, del costo di costruzione).

2.2 La censura non merita positivo apprezzamento.

L’art. 19 comma 1 del D.P.R. n. 380 del 2001 stabilisce che “il permesso di costruire relativo a costruzioni o impianti destinati ad attività industriali o artigianali dirette alla trasformazione di beni ed alla prestazione di servizi comporta la corresponsione di un contributo pari alla incidenza delle opere di urbanizzazione, di quelle necessarie al trattamento e allo smaltimento dei rifiuti solidi, liquidi e gassosi e di quelle necessarie alla sistemazione dei luoghi ove ne siano alterate le caratteristiche”.

Il successivo comma 2 prescrive, invece, che “il permesso di costruire relativo a costruzioni o impianti destinati ad attività turistiche, commerciali e direzionali o allo svolgimento di servizi comporta la corresponsione di un contributo pari all'incidenza delle opere di urbanizzazione, determinata ai sensi dell’articolo 16, nonché una quota non superiore al 10 per cento del costo documentato di costruzione da stabilirsi, in relazione ai diversi tipi di attività, con deliberazione del consiglio comunale”.

Il legislatore ha inteso, dunque, riservare un regime di favore per l’attività edilizia relativa a “costruzioni o impianti destinati ad attività industriali o artigianali dirette alla trasformazione di beni ed alla prestazione di servizi” stabilendo che sia dovuto in tale caso il solo contributo di urbanizzazione e non anche, come previsto dal comma 2, anche il costo di costruzione.

Orbene, secondo la ricorrente, la definizione “attività industriali” di cui al comma 1 dell’art. 19 citato dovrebbe essere intesa in senso lato facendovi rientrare ogni attività di produzione e scambio di beni e servizi con l’esclusione dei soli imprenditori agricoli e di quelli esercenti attività di mera intermediazione. Detta interpretazione riposa sul dettato dell’art. 2195 c.c. che costruirebbe in termini soltanto negativi la nozione.

2.3 La ricostruzione offerta dalla difesa della parte ricorrente non pare condivisibile.

Anzitutto, è preferibile accedere ad una ricostruzione in chiave autonoma del concetto di “attività industriale” previsto dal comma 1 dell’art. 19, che si emancipi dal corrispondente codicistico.

Invero, da un confronto con la restante parte del comma 1 dell’art. 19 e del successivo comma 2 emerge come il legislatore abbia voluto fare riferimento ad una definizione ben più ristretta di quella disegnata dall’art. 2195 c.c. .

In prima battuta va rilevato che al comma 1 dell’art. 19 del D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 si menziona, accanto alle attività industriali anche quelle “artigianali” che nella sistematica del codice civile trovano una diversa collocazione rispetto all’art. 2195 c.c., sotto la rubrica dell’art. 2083 c.cc. in tema di “piccoli imprenditori”.

Ma, soprattutto, appare decisiva la circostanza che nel successivo comma 2 dell’art. 19 siano prese in considerazione attività come quelle “turistiche, commerciali e direzionali” che, invece, rientrerebbero nel disposto dell’art. 2195 comma 1 n. 1) c.c..

2.4 Il significato da attribuire all’inciso “attività industriali” di cui al comma 1 dell’art. 19 va, quindi, tracciato in maniera autonoma, prescindendo dalla omonima categoria civilistica.

È di ausilio, a tal fine, il raffronto tra il primo ed il secondo comma.

Appare evidente che nella prima ipotesi sono raggruppate quelle attività di produzione di beni o servizi che non prevedono un contatto diretto con l’utente finale. Viceversa, nel secondo comma sono contemplate attività che implicano l’accesso alla costruzione o impianto anche di soggetti diversi da quelli che svolgono l’attività (così quelle “turistiche”, “commerciali” e “direzionali”). Ciò sembra comprovato dalla circostanza che mentre al comma 1 si parla di “prestazione di servizi” in quello successivo si impiega l’espressione “svolgimento di servizi”.

Detta differenza non appare neutra da un punto di vista urbanistico atteso che lo svolgimento di attività che, per loro natura, prevedono l’affluenza di utenza esterna importa un carico diverso sul territorio e giustifica un regime di contribuzione più oneroso, che si avvicina a quello residenziale ex art. 16 del D.P.R. n. 380 del 2001.

2.5 Tanto premesso si deve ritenere che l’esercizio di una Residenza Socio Sanitaria Assistenziale (R.S.S.A.) per anziani vada inquadrata, come correttamente ha fatto l’Amministrazione Comunale di Gagliano del Capo, nel comma 2 dell’art. 19. Del resto, detta attività per le sue caratteristiche intrinseche si risolve nello svolgimento di una prestazione complessa che prevede il contatto diretto con l’utenza in cui si combina la somministrazione di attività di tipo assistenziale con quella di offerta di vitto e alloggio (che la avvicinano, per il carattere lato sensu recettivo, alle attività di tipo alberghiero e “turistiche” espressamente menzionate proprio al comma 2 dell’art. 19).

In altri termini, si tratta - nel caso di specie - di immobile destinato ad attività essenzialmente recettizia di carattere commerciale, e non di un’attività di tipo industriale di prestazione di servizi (come potrebbe essere, tutt’al più, una Casa di Cura in cui vengono erogate, con carattere prevalente, prestazioni sanitarie, e non socio-assistenziali essenzialmente di tipo ricettivo).

Quanto appena osservato si pone in linea con l’orientamento espresso dal Consiglio di Stato (sez. V, 7 maggio 2013, n. 2467 e sez. IV, del 12 luglio 2010, n.4488) che, facendo leva sul dettato normativo e le caratteristiche tipologiche dell’attività svolta, ha escluso la configurabilità di un complesso alberghiero come “attività produttiva” ai fini dell’esenzione del costo di costruzione.

2.6 Né coglie nel segno, in ultimo, neppure la censura relativa al difetto di istruttoria e motivazione. Dall’inquadramento dell’intervento nel campo di applicazione del comma 2 dell’art. 19 discende, infatti, da sé, senza necessità di ulteriori approfondimenti istruttori né di un supporto motivazionale specifico, la liquidazione del quantum dovuto.

2.6 La domanda proposta è, quindi, infondata e deve essere respinta.

3. Ricorrono giustificati motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Terza definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 9 giugno 2020 svolta da remoto tramite l’applicativo Teams con l'intervento dei magistrati:

Enrico d'Arpe, Presidente

Patrizia Moro, Consigliere

Giovanni Gallone, Referendario, Estensore