T.A.R. Campania (NA) , Sez. VIII n. 1079del  26 febbraio 2016
Urbanistica.Onere della prova circa la data di realizzazione dell'immobile abusivo

L'onere della prova circa la data di realizzazione dell'immobile abusivo (o anche della attività edilizia abusiva da sanare) spetti a colui che ha commesso l'abuso, e solo la deduzione, da parte di quest'ultimo, di concreti elementi, che non possono limitarsi a sole allegazioni documentali a sostegno delle proprie affermazioni, trasferisce il suddetto onere in capo all'Amministrazione

 

N. 01079/2016 REG.PROV.COLL.

N. 04897/2011 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Ottava)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4897 del 2011, proposto da:
Maria Teresa Folco, rappresentata e difesa dagli avv.ti Roberto Landolfi e Sabrina Marotta, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Gabriele Gava in Napoli, Via Vittoria Colonna, n. 9;

contro

Comune di Galluccio, in persona del Sindaco, legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti Fabrizio Perla e Marcantonio Abbate, con domicilio eletto presso il loro studio in Napoli, Via Santa Brigida, n. 39;

nei confronti di

Federico Folco – non costituito;

per l'annullamento

previa sospensione dell’efficacia,

del provvedimento del Comune di Galluccio, prot. n. 2353 del 10 maggio 2011, di diniego dell’istanza di permesso di costruire in sanatoria, presentata ai sensi della legge n. 47/1985, notificato in data 23 giugno 2011

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Galluccio;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 gennaio 2016 la dott.ssa Rosalba Giansante e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

Con il ricorso, notificato il 18 agosto 2011 e depositato il 16 settembre 2011, la sig.ra Maria Teresa Folco ha impugnato il diniego di permesso di costruire in sanatoria prot. n. 2353 del 10 maggio 2011, notificato in data 23 giugno 2011, adottato nei suoi confronti dal Comune di Galluccio ai sensi della legge n. 47/1985.

La ricorrente espone di avere ottenuto la concessione edilizia n. 5/1983 per la costruzione di un fabbricato bifamiliare in località “Mattei” del Comune di Galluccio, e di avere ultimato i relativi lavori nel settembre 1983; aggiunge che il 21 giugno 1986 aveva presentato istanza di sanatoria, ai sensi della legge n. 47/1985, per alcuni abusi commessi nel corso dei lavori, consistenti in modesti ampliamenti di superficie e di volume, completati entro la data del 1° ottobre 1983; il Comune aveva richiesto documentazione integrativa, tra cui lo stato dei lavori, il grafico quotato, una perizia giurata sull’immobile, l’accatastamento e la ricevuta del pagamento degli oneri di urbanizzazione; essa ricorrente aveva ottemperato producendo parte della documentazione in data 21 marzo 1991, ulteriori documenti il 6 ottobre 2004 e la prova del pagamento a saldo dell’oblazione nel giugno 2007.

La ricorrente rappresenta,, altresì, che l’Amministrazione, dopo averle comunicato il parere favorevole della Commissione condono, espresso nella seduta del 26 giugno 2007, quasi tre anni dopo, con lettera del 17 maggio 2010, le aveva richiesto di chiarire la differenza di destinazione d’uso del sottotetto riscontrabile tra i grafici dell’istanza di condono e le schede catastali, nonché la data di ultimazione delle opere, in quanto il collaudo la individuava alla data del 3 gennaio 1984.

Nonostante il deposito di ulteriore documentazione integrativa e di una dichiarazione sostitutiva di atto notorio attestante la data di ultimazione dei lavori, il Comune aveva concluso il procedimento con il diniego impugnato.

A sostegno del ricorso sono formulate, con un unico motivo, le censure di violazione dell’art. 35 della L. n. 47/85, violazione della L. n. 241/90, ingiustizia manifesta, eccesso di potere sotto vari profili, violazione dell’art. 40 della L. n. 47/85, essendosi l’Amministrazione comunale pronunciata definitivamente sull’istanza dopo il decorso di 24 mesi sia dalla presentazione della domanda iniziale che dalle ultime integrazioni documentali, con conseguente formazione dell’assenso tacito, previsto dalla legge, sull’istanza.

Si è costituito il Comune di Galluccio resistendo al ricorso.

Con ordinanza n. 1798 del 10 novembre 2011 è stata respinta la domanda incidentale di sospensione cautelare.

Parte ricorrente ha depositato documentazione, fra cui un accertamento tecnico relativo ai lavori per cui è causa.

Alla pubblica udienza del 13 gennaio 2016 la causa è stata chiamata e assunta in decisione.

Il ricorso deve essere respinto, in quanto infondato.

Con il primo motivo la ricorrente ha dedotto che il provvedimento di diniego è stato emesso quando si era ormai formato il silenzio-assenso sull'istanza di condono, ai sensi dell'art. 35 della L. n. 47/1985, sia ove il termine per l’assenso tacito si faccia decorrere dalla presentazione della domanda iniziale (il 21 giugno 1986), sia ove si computino, invece, le integrazioni documentali fornite (il 21 marzo 1991 e il 26 giugno 2007).

Sul punto deve rilevarsi che, secondo il costante orientamento della giurisprudenza, il provvedimento abilitativo tacito costituito per effetto del silenzio - assenso si può formare soltanto se la domanda presentata possiede i presupposti per essere accolta, perché il difetto di taluno dei presupposti sostanziale per potere accedere al condono impedisce che possa avviarsi il procedimento disciplinato dall'art. 35 della L. n. 47/1985, in cui il decorso del tempo è coelemento costitutivo della fattispecie autorizzativa. Perché possa formarsi il silenzio - assenso occorre, pertanto, che il procedimento sia stato avviato da un'istanza conforme al modello legale previsto dalla norma che regola il procedimento di condono, per cui la mancata definizione da parte del Comune entro il termine perentorio legalmente fissato e decorrente dalla presentazione della domanda di sanatoria, non determina ope legis la regolarizzazione dell'abuso, in applicazione dell'istituto del silenzio assenso, ogni qualvolta manchino i presupposti di fatto e di diritto previsti dalla norma, ovvero ancora quando l'oblazione autoliquidata dalla parte interessata non corrisponda a quanto effettivamente dovuto, oppure quando la documentazione allegata all'istanza non risulti completa ovvero quando la domanda si presenti dolosamente infedele (ex multis Consiglio di Stato, sez. VI, 27 luglio 2015 n. 3661; T.A.R. Napoli, sez. VIII, 4 marzo 2015 n. 1383; T.A.R. Napoli, sez. II, 6 febbraio 2012 n. 585).

La formazione del silenzio - assenso sulla domanda di sanatoria degli abusi edilizi richiede, infatti, quale presupposto essenziale, oltre al completo pagamento delle somme dovute a titolo di oblazione, che siano stati integralmente assolti dall'interessato gli oneri di documentazione, che si risolvono evidentemente nella prova della sussistenza dei requisiti sostanziali per la sanatoria, relativi al tempo di ultimazione dei lavori, all'ubicazione, alla consistenza delle opere e ad ogni altro elemento rilevante affinché possano essere utilmente esercitati i poteri di verifica dell'Amministrazione comunale.

Conseguentemente, il termine per la formazione del silenzio - assenso sulla domanda di rilascio della concessione in sanatoria non decorre quando manchino i presupposti di fatto e di diritto previsti dalla norma e/o le opere non siano suscettibili di sanatoria, nonché qualora la domanda stessa sia carente della documentazione prevista dalla legge, ma inizia a computarsi dal momento in cui l'Amministrazione procedente è posta in condizioni di esaminare compiutamente la relativa domanda, in quanto integrata la documentazione necessaria richiesta "ex lege" all'interessato dall'Amministrazione (T.A.R. Lecce, sez. III, 10 gennaio 2012 n. 16).

E' stato in particolare evidenziato dalla giurisprudenza, condivisa dal Collegio, che “l'inesatta volontaria rappresentazione della realtà contenuta nell'istanza di concessione in sanatoria su un presupposto essenziale (nella specie data di realizzazione dell'abuso) integra gli estremi della domanda dolosamente infedele che, ai sensi dell'art. 40 L. 28 febbraio 1985, n. 47, impedisce il formarsi del c.d. silenzio-assenso previsto dall'art. 35 comma 18 della stessa L. 28 febbraio 1985, n. 47, e comporta altresì il non accoglimento della domanda medesima.” (cfr., ex multis, TAR Sardegna, Sez. II, 28 maggio 2010, n. 1386).

Nel caso di specie il diniego è stato motivato in relazione alla mancata ultimazione delle opere alla data prevista dalla legge n. 47/1985 e, come visto, in difetto di tale requisito nemmeno avrebbe potuto dirsi formato l’assenso tacito, di tal che assume rilievo dirimente ai fini della decisione l’accertamento di tale circostanza.

Al riguardo, occorre, preliminarmente, chiarire cosa debba intendersi per ultimazione dei lavori.

L'art. 31, comma 2, della legge n. 47/1985 stabilisce che, ai fini dell'applicazione delle regole sul condono, "si intendono ultimati gli edifici nei quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura, ovvero, quanto alle opere interne agli edifici già esistenti e a quelle non destinate alla residenza, quando esse siano state completate funzionalmente"; decisiva risulta, quindi, al fine di ritenere ultimata l’opera nelle sue strutture essenziali, la presenza delle tompagnature laterali e della copertura.

Costituisce, poi, principio consolidato della giurisprudenza quello secondo il quale l'onere della prova circa la data di realizzazione dell'immobile abusivo (o anche della attività edilizia abusiva da sanare) spetti a colui che ha commesso l'abuso, e solo la deduzione, da parte di quest'ultimo, di concreti elementi, che non possono limitarsi a sole allegazioni documentali a sostegno delle proprie affermazioni, trasferisce il suddetto onere in capo all'Amministrazione (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 14 novembre 2014 n. 5597; Consiglio di Stato, sez. IV, 13 gennaio 2010, n. 45; T.A.R. Brescia Sez. II, n. 814 del 2 ottobre 2013).

E, infatti, la pubblica amministrazione non può di solito materialmente accertare quale fosse la situazione dell'intero suo territorio a quella data prevista dalla legge, mentre il privato, che propone l'istanza di sanatoria, è normalmente in grado di fornire idonea documentazione che comprovi l'ultimazione dell'abuso entro la data di riferimento, spettando a costui l'onere di fornire quantomeno un principio di prova su tale ultimazione e restando integro, in caso contrario, il potere di non concedere il condono e di irrogare la sanzione prescritta.

La giurisprudenza ha affermato, al riguardo, che “anche in presenza di dichiarazione sostitutiva di atto notorio presentata dall'interessato, l'Amministrazione può legittimamente respingere la domanda di condono edilizio ove non riscontri elementi dai quali risulti univocamente l'ultimazione dell'edificio entro la data prescritta dalla legge, atteso che la semplice produzione della dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà non può in alcun modo assurgere al rango di prova, seppur presuntiva, sull'epoca dell'abuso.” (Cons. Stato, Sez. IV, n. 39 dell’8 gennaio 2013; T.A.R. Campania Napoli, Sez. II, n. 27 dell’8 gennaio 2010).

Nella fattispecie, l’Amministrazione ha rilevato, ai fini del diniego, che secondo la relazione di collaudo la struttura è stata ultimata il 3 gennaio 1984 e che la foto prodotta a sostegno dell’istanza non evidenzierebbe con certezza il completamento, in data anteriore, della copertura, sia per la scarsa chiarezza della foto, sia perché essa mostra solo una parte dell’immobile e non l’intero.

Il ricorrente, di contro, ha rappresentato, da un lato, che dalla foto risalente al 10 agosto 1983 si rileva la mancanza del solo tamponamento del sottotetto e della posa delle tegole, e che tali opere sono state completate nei successivi 50 giorni; dall’altro, che sempre dalla medesima foto risalente poteva verificarsi che parte delle casseformi, lato cornicione, risultavano già disarmate e che, quindi, a quella data i getti del solaio a falde inclinate erano stati già effettuati; infine che la data del 3 gennaio 1984, riportata nella relazione di collaudo, indicava il momento del disarmo di tutte le strutture in cemento armato, dopo il periodo di maturazione dello stesso.

Di contro deve rilevarsi, tuttavia, che la foto del 10 agosto 1983 non è idonea a dimostrare il completamento delle ulteriori strutture in epoca successiva, e che, come sottolineato dall’Amministrazione procedente, a causa della scarsa chiarezza e della poca visibilità della sommità della struttura, la stessa non è idonea a comprovare l’ultimazione del sottotetto, non essendo quest’ultimo chiaramente visibile, e considerato che parte delle casseformi appaiono invece ancora in posa.

Inoltre, secondo la ricostruzione di parte ricorrente, il disarmo delle strutture in cemento armato sarebbe avvenuto ad oltre 60 giorni di distanza dall’ultimazione delle opere, assunto difficilmente sostenibile a fronte dei tempi medi di maturazione del materiale e della usuale necessità di riutilizzo delle strutture provvisorie.

Infine, come sopra argomentato, la diversa ed antecedente datazione delle opere non può essere ancorata, in difetto di ulteriori elementi di riscontro, alla dichiarazione sostitutiva di atto notorio resa dagli interessati.

Il dato certo risultante dalla documentazione in atti, ovvero l’ultimazione dei lavori alla data del 3 gennaio 1984, come indicata nel collaudo, non risulta quindi smentito dagli ulteriori elementi forniti dall’istante, sopra riportati.

Ne deriva la correttezza della motivazione posta alla base del diniego di condono, e l’impossibilità di ritenere formato l’assenso tacito sull’istanza, con conseguente reiezione del ricorso.

La peculiarità della vicenda concreta giustifica comunque la compensazione delle spese di lite tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Ottava) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 13 gennaio 2016 con l'intervento dei magistrati:

 

Michelangelo Maria Liguori, Presidente FF

Fabrizio D'Alessandri, Primo Referendario

Rosalba Giansante, Primo Referendario, Estensore

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 26/02/2016

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)