TAR Lazio (RM) Sez. Iter n. 32618 del 30 settembre 2010
Urbanistica. Vincolo idrogeologico

La tutela derivante dal vincolo idrogeologico si estende a tutti gli interventi edificatori interessanti terreni non boschivi, purché compresi nell'area vincolata, per cui la trasformazione dei terreni, cui fa riferimento l'art. 7 del R.D. n. 616 maggio 1926, n. 1126, e i lavori di trasformazione, previsti dal successivo art. 21, consentono alla P.A. di adottare non già mere prescrizioni operative, bensì misure restrittive ed anche impeditive di ogni tipo di intervento che, per le sue caratteristiche e per i mezzi impiegati, incidano sul territorio in modo non dissimile dalle utilizzazioni per scopi agricoli

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

N. 32618/2010 REG.SEN.
N. 16335/1995 REG.RIC.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima ter)


ha pronunciato la presente


SENTENZA


Sul ricorso numero di registro generale 16335 del 1995, proposto da:
Scoppa Silvana, rappresentata e difesa dagli avv. Ivo Correale, Piero D'Amelio, con domicilio eletto presso Piero D'Amelio in Roma, via della Vite, 7;


contro


Regione Lazio, rappresentata e difesa dall'avv. Giuseppe Bottino, domiciliata in Roma, via Marcantonio Colonna, 27;
Comune di San Felice Circeo;

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

del provvedimento dell’Assessore regionale all’ambiente di cui alla nota 22.6.1994 n. 1743, notificata il 12.10.1995, con cui l’autorizzazione in sanatoria (rectius il parere) ai sensi dell’art. 32 della L. n. 47/1985 in relazione al vicolo idrogeologico, non è stata concessa, ai fini della domanda di sanatoria delle opere realizzate in difformità della licenza edilizia n. 1308 del 26.6.1968 e successiva variante n. 10648 del 29.11.1968, rilasciata dal Comune di San Felice Circeo per la costruzione di un villino unifamiliare in via Grotta delle Capre, distinto in catasto al foglio 37, part. 162; nonché di ogni atto connesso, ivi compresa, ove occorra, l’istruttoria tecnica del Coordinamento provinciale di Latina del Corpo Forestale dello Stato, datata 22.3.1993, trasmessa alla Regione Lazio con nota n. 3050 del 27.4.1993.


Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Regione Lazio;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 aprile 2010 il dott. Maria Ada Russo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;


FATTO e DIRITTO


La ricorrente è proprietaria di un villino unifamiliare situato in San Felice Circeo, via Grotta delle Capre, distinto in catasto al foglio 37, part. 162, e composto da un piano terra (soggiorno, cucina, patio, ingresso, camera, bagno, ripostiglio e caldaia termica) e da un piano primo (soggiorno, 4 camerette, 2 bagni, terrazzo).

Nel ricorso, la Scoppa espone di avere eseguito, in virtù di regolare licenza edilizia n. 1308/1968 e di successiva variante n. 10648/1968, la costruzione, risalente al 1969, e poi una serie di lavori in difformità (piano terra : trasformazione dei cantinati in soggiorno, cucina; realizzazione del patio; cambiamento di destinazione d’uso; primo piano: ampliamento di circa mq 22; realizzazione del patio (parte superiore)).

Poiché l’immobile è sottoposto a vincolo idrogeologico ex art. 1 R.D.L. n. 3267 del 1923 e l’art. 32 della L. n. 47/1985 prevede che la concessione o autorizzazione in sanatoria è subordinata al parere favorevole delle Amministrazioni preposte alla tutela del vincolo, l’interessata, in data 17.2.1993, ha presentato richiesta di sanatoria ex L. n. 47/1985.

La Regione Lazio ha adottato parere negativo in data 22 giugno 1994; in particolare, nella motivazione del predetto parere – richiamando il parere non favorevole espresso dal Coordinamento provinciale di Latina del Corpo Forestale dello Stato, nella propria istruttoria tecnica datata 22.3.1993 - è precisato che:

-per la realizzazione dell’intervento edilizio abusivo per il quale si chiede la sanatoria si è reso necessario spezzare la continuità e l’uniformità della pendice ed eliminare la vegetazione arborea ed arbustiva presente, nonché eseguire sbancamenti e movimenti di terreno provocando inevitabilmente alterazioni idrogeologiche localizzate ed offese ecologiche gravi;

-l’alterazione idrogeologica connessa all’insediamento, pur non manifestandosi direttamente e negativamente sulla stabilità delle rocce carbonatiche di per se intrinsecamente sicure, ha soprattutto manifestato la sua gravità sulla tenuta dello strato unico, sul terreno vero e proprio e sulla stessa presenza della tipica vegetazione;

-l’azione antropica ha provocato un rallentamento dei cicli biogeochimici e della capacità produttiva della fitocenesi con danni diffusi alla rinnovazione e allo stato sanitario, facilmente vulnerabili;

-l’iniziativa assunta ha quindi concorso a svuotare di contenuto il vincolo forestale ed i relativi presupposti che sono quelli di evitare il danno derivante da denudazione dei terreni, perdita della stabilità del suolo e turbamento al regime delle acque;

-l’area interessata è stata dunque artefatta e deformata;

-l’intervento ha sovvertito l’assetto naturale del territorio non soltanto per effetto dell’alterazione della pendice, ma anche per le ferite arrecate al manto silvano ed è stata, altresì, accentuata la fragilità potenziale nell’equilibrio del comprensorio, con una manifestazione antropica negativa e moltiplicativa in conseguenza di interazioni e sinergismi e con sovrapposizione di impatti secondari ad impatti primari; è stata accresciuta altresì l’incapacità dell’ecosistema a sopportare perniciosi attacchi alla sua struttura, alla sua funzionalità ed alla sua azione di salvaguardia idrogeologica;

-la costruzione ha dunque contribuito a turbare il delicato equilibrio ambientale del comprensorio, costituito da un ecosistema di grande valore naturalistico ma assai sensibile e delicato>.

Nel ricorso in epigrafe – con il quale è impugnato il parere negativo della Regione Lazio datato 22.6.1994 - l’interessata ha prospettato i seguenti vizi:

1). Violazione e falsa applicazione del R.D.L. n. 3267/1923; eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto di istruttoria, illogicità;

2). Eccesso di potere per genericità della motivazione; difetto di istruttoria.

In data 25.3.2010 si è costituita controparte con deposito di memoria difensiva.

Tanto premesso, il ricorso è infondato e deve essere respinto.

1). Con il primo motivo la ricorrente, richiamando la motivazione del provvedimento impugnato, ne prospetta l’incongruità e l’inadeguatezza sostenendo che le opere abusive realizzate “nel piano primo del villino di proprietà non sarebbero idonee a provocare ai terreni le riscontrate denudazioni ovvero far perdere loro la stabilità ovvero ancora a turbare il regime delle acque”.

Si insiste anche sulla minima incidenza del complesso costruttivo, costituito dal villino, munito di regolare licenza, e sulla compatibilità delle opere eseguite con il vincolo idrogeologico esistente.

2). Con il secondo motivo la Scoppa lamenta la assoluta genericità della motivazione del provvedimento.

Controparte replica nel merito e richiama anche a supporto alcune decisioni giurisprudenziali di questo TAR (cfr., Tar Lazio, Roma, I ter, n. 4375/2004; 6101/2007).

I vizi dedotti non sono suscettibili di positivo apprezzamento.

In particolare, il Collegio osserva che :

a). si tratta di vicenda connotata da discrezionalità tecnica il cui esercizio è ritenuto sindacabile soltanto sotto il profilo dell'eccesso di potere, per illogicità manifesta, travisamento dei fatti e palese disparità di trattamento (da escludersi nel caso di specie);

b). peraltro non è stata neppure contestata l'effettiva inesistenza nell'area in questione del vincolo idrogeologico, secondo quanto previsto dall'articolo 1 del R.D.L. 30 dicembre 1923, n. 3267, vincolo che riguarda direttamente e specificamente i terreni e che ha come finalità la prevenzione di smottamenti e movimenti franosi in genere (cfr., Cons. Stato, Sez. V, 21 giugno 2007, n. 3431; 5 maggio 1999, n. 516).

Al riguardo, come è noto, la tutela derivante dal vincolo idrogeologico si estende a tutti gli interventi edificatori interessanti terreni non boschivi, purché compresi nell'area vincolata, per cui la trasformazione dei terreni, cui fa riferimento l'art. 7 del R.D. n. 616 maggio 1926, n. 1126, e i lavori di trasformazione, previsti dal successivo art. 21, consentono alla P.A. di adottare non già mere prescrizioni operative, bensì misure restrittive ed anche impeditive di ogni tipo di intervento che, per le sue caratteristiche e per i mezzi impiegati, incidano sul territorio in modo non dissimile dalle utilizzazioni per scopi agricoli (Cons. Stato, Sez. V, 28 gennaio 1997, n. 89);

c). inoltre, da un lato, il vincolo idrogeologico e forestale non comporta inedificabilità assoluta, per cui non ogni opera edilizia in zona vincolata arreca pregiudizio all'interesse pubblico tutelato ma solo quelle (opere) che, a seguito di puntuale accertamento, da condursi caso per caso, risultino in effettivo contrasto con il pubblico interesse;

d).tuttavia, la lettura del parere impugnato (come si è detto espressione di discrezionalità tecnica) palesa che l'Amministrazione preposta alla gestione del vincolo de quo (Coordinamento provinciale di Latina del Corpo Forestale dello Stato) ha dedotto l'incompatibilità dell'intervento sulla base di una nutrita serie di elementi, tra i quali la concreta ;

e). in tale situazione i riferimenti contenuti nei motivi di ricorso, generici ed indimostrati, non possono costituire, in alcun modo, motivo di superamento del provvedimento di diniego che, al contrario, rappresenta, del tutto logicamente, la motivazione essenziale e giustificatrice del diniego di sanatoria;

f). la giurisprudenza ha più volte affermato che -nel caso di valutazione negativa sull'istanza di concessione edilizia in sanatoria espressa dall'Amministrazione preposta alla tutela del vincolo -quest'ultima non è tenuta ad indicare con ulteriori e specifiche motivazioni quale sia l'interesse pubblico perseguito, in quanto esso è insito nel vincolo stesso e nei valori con esso specificamente tutelati (cfr., T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, sez. II, 21 novembre 2007, n. 3247).

In conclusione, poichè l'impugnato provvedimento è da considerarsi legittimo, il ricorso deve essere respinto.

Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese del giudizio tra le parti.


P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Roma, Sezione I ter, definitivamente pronunciando, respinge il ricorso in epigrafe.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 aprile 2010 con l'intervento dei Magistrati:

Linda Sandulli, Presidente
Pietro Morabito, Consigliere
Maria Ada Russo, Consigliere, Estensore

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 30/09/2010