Cass.Sez. III n. 20886 del 16 maggio 2013 (ud 7 feb 2013)
Pres.Squassoni Est.Orilia Ric.Loda
Rifiuti.Sottoprodotto e necessità della diretta utilizzazione
Rientra, tra i necessari requisiti del "sottoprodotto", tali da sottrarlo alla disciplina dei rifiuti, la diretta utilizzazione del materiale senza alcun trattamento diverso dalla normale pratica industriale. (Fattispecie di rocche di plastica di tessitura che, in quanto sottoposte, successivamente al processo produttivo, ad operazione di separazione del materiale plastico dal filato, sono state escluse dall'ambito dei sottoprodotti).
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica SENTENZA P.Q.M.REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA
Dott. SQUASSONI Claudia - Presidente - del 07/02/2013
Dott. LOMBARDI Alfredo - Consigliere - SENTENZA
Dott. AMORESANO Silvio - Consigliere - N. 392
Dott. ORILIA Lorenzo - rel. Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. GAZZARA Santi - Consigliere - N. 29904/2012
ha pronunciato la seguente:
sul ricorso proposto da:
LODA SIMONE N. IL 30/03/1978;
avverso la sentenza n. 77/2012 TRIBUNALE di LECCO, del 12/03/2012;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/02/2013 la relazione fatta dal Consigliere Dott. LORENZO ORILIA;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. POLICASTRO Aldo che ha concluso per rigetto;
udito il difensore avv. Perillo.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza 12.3.2012 il Tribunale di Lecco ha condannato Loda Simone alla pena di Euro 6.000 di ammenda ritenendolo responsabile, quale titolare della Plastex Italia, del reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 1, lett. a (raccolta, trasporto e stoccaggio di rifiuti speciali non pericolosi), osservando che, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, i materiali rinvenuti nei locali della società durante il controllo di Polizia (rocche plastiche di tessitura provenienti dalle lavorazioni dell'industria tessile) non potevano essere considerati sottoprodotti, difettandone le caratteristiche specifiche di legge.
2. Il Loda, tramite il difensore, ricorre per la cassazione della sentenza denunziando la violazione di norme penali e di altre norme giuridiche di cui si deve tener conto nell'applicazione della legge penale: osserva in particolare che il primo giudice ha erroneamente ritenuto di applicare D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 183, lett. p come novellato dal D.Lgs. n. 4 del 2008 senza tener conto della disciplina più favorevole introdotta dal D.Lgs. n. 205 del 2010, art. 12 emanato in attuazione della direttiva 2008/98/CE relativa alla materia dei rifiuti.
Secondo la tesi del ricorrente, in base alla citata normativa, per la definizione della categoria dei sottoprodotti, non è più necessario che l'oggetto e la sostanza vengano impiegati nel medesimo ciclo produttivo che lo ha originato, richiedendosi che la sostanza venga con certezza utilizzata nel corso dello stesso o di altro processo di produzione o di utilizzazione senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale. In sostanza, sempre a dire del ricorrente, con la nuova normativa è stata ampliata la categoria dei sottoprodotti. Di conseguenza, poiché sussisteva la certezza o quanto meno l'elevata probabilità di riutilizzo delle racchette per tessiterie in considerazione dell'oggetto sociale della società Plastex, il Tribunale, secondo i ricorrente, avrebbe dovuto considerare i materiali alla stregua di sottoprodotti e quindi escludere la sussistenza del reato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
La questione di diritto che viene prospettata alla Corte consiste nello stabilire se i residui di materiali impiegati per la tessitura possano essere inclusi nella categoria dei sottoprodotti. Al quesito deve darsi risposta negativa sulla base delle seguenti argomentazioni peraltro già esposte dalla giurisprudenza (cfr. cass. Sez, 3, Sentenza n. 25203 del 16/05/2012 Ud. dep. 26/06/2012 Rv. 252980):
a) Quanto alla provenienza, il D.Lgs n. 152 del 2006, art. 183, comma 1, lett. n), nella formulazione originaria, definiva sottoprodotti "i prodotti dell'impresa che, pur non costituendo l'oggetto dell'attività principale, scaturiscono in via continuativa dal processo industriale dell'impresa stessa e sono destinati ad un ulteriore impiego o al consumo"; - il D.Lgs n. 152 del 2006, art. 183, comma 1, lett. p), come riscritto dal D.Lgs. n. 4 del 2006, art. 2, comma 20, prevedeva che gli stessi fossero "originati da un processo non direttamente destinato alla loro produzione";
- il D.Lgs. n. 152 del 2006, attuale art. 184-bis (aggiunto dal D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205, art. 12, comma 1) richiede che il sottoprodotto sia "originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto".
b) Quanto ai trattamenti compatibili, nella formulazione originaria dell'art. 183 si richiedeva che l'utilizzo del sottoprodotto avvenisse "senza la necessità di operare trasformazioni preliminari in un successivo processo produttivo" e si considerava "trasformazione preliminare" "qualsiasi operazione che faccia perdere al sottoprodotto la sua identità, ossia le caratteristiche merceologiche di qualità e le proprietà che esso già possiede, e che si rende necessaria per il successivo impiego in un processo produttivo o per il consumo";
- in seguito alle modificazioni introdotte dal D.Lgs. n. 4 del 2008 venne richiesto che i sottoprodotti non dovessero essere sottoposti a trattamenti preventivi o a trasformazioni preliminari per soddisfare i requisiti merceologici e di qualità ambientale, dovendo possedere invece tali requisiti fino dalla fase di produzione. Veniva peraltro affermato, nella giurisprudenza penale ed amministrativa (vedi Cass., Sez. 3, n. 41839/2008 e C. Stato, Sez. 4, n. 888/2010), che le operazioni di cernita e di selezione non fossero più incluse tra quelle di recupero;
- nella definizione di "sottoprodotto" posta dal D.Lgs. n. 152 del 2006, attuale art. 184-bis (aggiunto dal D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205, art. 12, comma 1) - viene previsto che esso deve essere tale da potere essere "utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale". A fronte dell'anzidetta successione di leggi penali nel tempo, la disciplina applicabile alla fattispecie in esame sarebbe - ai sensi dell'art. 2 cod. pen. - quella più favorevole all'Imputato ed essa dovrebbe integralmente applicarsi anche retroattivamente, senza potersi procedere ad una combinazione delle disposizioni più favorevoli della nuova legge con quelle più favorevoli della vecchia.
Nel caso di specie, però, il Collegio ritiene che la
configurabilità di un "sottoprodotto" (e l'applicabilità del relativo regime derogatorio a quello ordinario dei rifiuti) debba negarsi alla stregua di tutta la normativa via via succedutasi, poiché sottoprodotto è ciò che non è mai stato rifiuto, costituendo invece materiale immediatamente riutilizzabile (cfr. cass. Sez. 3, Sentenza 25023/2012 cit).
E le rocche di plastica di tessitura di cui oggi si discute - al contrario - non erano pronte per il reimpiego nel momento in cui si originavano nel corso del processo rivolto alla produzione. Esse, infatti, dovevano essere sottoposte ad una successiva operazione di separazione del materiale plastico dal filato, come accertato dal giudice di merito proprio sulla base della relazione tecnica prodotta dalla difesa.
Sempre in fatto, è stato altresì accertato che il materiale plastico viene macinato e successivamente rivenduto come pure i filati, attraverso una operazione non costituente parte integrante del processo produttivo principale ed avente la funzione di contribuire alla trasformazione del materiale per consentirne l'inserimento in un nuovo ciclo produttivo.
Alla stregua degli accertamenti in fatto compiuti dal giudice di merito, non può dunque ritenersi che si tratti di un utilizzo diretto senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale. Ed è bene precisare che secondo la giurisprudenza di questa Corte, deve ritenersi conforme alla pratica industriale quella serie di operazioni che l'impresa normalmente effettua sulla materia prima che il sottoprodotto va a sostituire, escludendosi di conseguenza, tutti quegli interventi manipolativi del residuo che siano diversi da quelli ordinariamente effettuati nel processo produttivo nel quale esso viene utilizzato (Cfr. sez. 3 sentenza n. 17453 del 17.4.2012 Ud. Dep. 10.5.2012 Riv. 252385). Nessuna censura merita pertanto la sentenza impugnata.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 7 febbraio 2013.
Depositato in Cancelleria il 15 maggio 2013