TAR Umbria, Sez. I, n. 349, del 1 luglio 2013
Urbanistica.Ius aedificandi e diritto di proprietà

Lo ius aedificandi correlato al diritto di proprietà tutelato dall’art. 42 Cost. si deve necessariamente conformare all’esigenza pubblicistica di garantire la corretta e preventiva pianificazione del territorio mediante gli strumenti urbanistici e paesaggistici, secondo limiti di concreta edificabilità nell’an e nel quantu previsti per intere categorie di immobili identificati in termini generali ed astratti. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 00349/2013 REG.PROV.COLL.

N. 00621/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Umbria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 621 del 2012, proposto da: 
Odorico Franchi, rappresentato e difeso dagli avv.ti Vincenzo Maria Maccarone e Gianluca Laurenzi, con domicilio eletto presso Gian Luca Laurenzi, in Perugia, corso Cavour, 13;

contro

Comune di Assisi, rappresentato e difeso dall'avv.to Tosca Molini, con domicilio eletto presso Isabella Sorbini, in Perugia, via Palermo s.n.c.;

per l'annullamento

previa sospensiva

- dell'ordinanza n. 368 prot. n. 0026131 emessa dal Dirigente del Settore Gestione del Territorio del Comune di Assisi il 4.9.2012;

- nonché di ogni altro atto connesso, presupposto o consequenziale, ancorché non conosciuto, per quanto lesivo degli interessi del ricorrente.



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Assisi;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 maggio 2013 il dott. Paolo Amovilli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

1. Con il ricorso in epigrafe l’odierno ricorrente impugna l'ordinanza n. 368 emessa il 4 settembre 2012 dal Dirigente del Settore Gestione del Territorio del Comune di Assisi, con cui è stata ordinata la demolizione di alcune opere da egli realizzate in assenza del permesso di costruire, in area tipizzata quale zona agricola e vincolata ai sensi del D.lgs. 42/2004.

L’odierno istante impugna la suddetta ordinanza, deducendo censure così riassumibili:

I. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 c. 1 legge 241/1990: sarebbe del tutto carente l’indicazione delle ragioni idonee a sorreggere l’impugnato ordine demolitorio, tanto più ove si consideri il periodo di realizzazione delle opere in questione, risalente a prima del 1950, come si potrebbe agevolmente desumere dai relativi elementi strutturali;

II. Violazione dell’art. 42 della Costituzione, nella parte in cui non garantisce il godimento e non consente lo sfruttamento della funzione sociale che alla proprietà privata deve essere riconosciuto: il provvedimento impugnato determinerebbe una ingiustificata “deminutio” del diritto assoluto di proprietà;

III. Violazione dell’art. 1 c. 1 della legge 241/1990: sarebbero violati i generali principi di “economicità ed efficacia” dell’attività amministrativa, in quanto l’ordinanza impugnata non indicherebbe le disposizioni di legge violate né allegherebbe il verbale del sopralluogo indicato a presupposto dell’ingiunzione a demolire;

IV. Eccesso di potere per travisamento dei fatti: il titolo abilitativo edilizio preteso dal Comune sarebbe non richiesto in considerazione della riconducibilità degli interventi edilizi de quibus alla categoria della “manutenzione straordinaria”, quali meri lavori destinati ad un miglioramento della qualità degli edifici già esistenti, non ampliati e non ricadenti sulle parti strutturali;

V. Eccesso di potere per ingiustizia manifesta: la demolizione della tettoia non potrebbe essere attuata senza arrecare pregiudizio alla parte conforme sottostante.

Si è costituito il Comune di Assisi, chiedendo il rigetto del gravame, evidenziando in necessaria sintesi:

- la mancata allegazione da parte dell’istante di elementi probatori idonei a comprovare la data di realizzazione dei manufatti oggetto dell’ordinanza di demolizione in periodo anteriore al 1950, che anzi risulterebbero ancora inesistenti al 23 luglio 2010, come dimostrerebbe la presentazione da parte del Franchi di d.i.a. per lavori di manutenzione straordinaria di annessi agricoli;

- la genericità ed inconsistenza di tutte le rimanenti doglianze ex adverso dedotte, essendo l’ordinanza impugnata adeguatamente motivata ed espressione del potere del tutto vincolato di repressione dell’abusivismo edilizio.

Alla camera di consiglio del 16 gennaio l’istanza di misure cautelari è stata “abbinata” al merito, su concorde volontà delle parti.

Alla pubblica udienza del 22 maggio 2013 la difesa della ricorrente ha annunciato verbalmente l’intervenuta presentazione, in data 17 maggio 2013, di istanza di sanatoria edilizia, non depositata in giudizio; indi la causa è passata in decisione.

2. Il ricorso è manifestamente infondato e va respinto.

3. Preliminarmente, nessuna rilevanza può riconoscersi all’asserita e indimostrata presentazione, da parte del Franchi, di istanza di sanatoria edilizia, non essendo la medesima depositata in giudizio, come è preciso onere della parte, trattandosi di elemento nella relativa piena disponibilità (art. 64 cod. proc. amm.) e dovendo il giudice amministrativo giudicare sulla base dei fatti posti a fondamento delle domande come allegati dalle parti, secondo il principio dispositivo pur attenuato di cui agli artt. 63 e 64 del vigente cod. proc. amm. (ex multis Consiglio di Stato sez. VI 11 febbraio 2013, n. 769).

Ne consegue l’assoluta irrilevanza, ai fini della eventuale declaratoria di improcedibilità per sopravvenuto difetto di interesse, di una del tutto indimostrata presentazione di istanza di sanatoria edilizia, specie laddove, come nel caso di specie, il Collegio abbia già disposto ben due rinvii al fine di consentire al ricorrente l’esercizio di tale potere rientrante nella propria esclusiva disponibilità, pena la violazione dello stesso principio di ragionevole durata del processo (art. 111 c. 2 Cost.; art. 6 CEDU).

4. Affida l’odierno ricorrente la parte preponderante delle proprie argomentazioni difensive alla presunta preesistenza dei manufatti abusivi al 1950, invocando all’uopo unicamente una ortofotocarta ed una aerofotogrammetria risalenti, rispettivamente, al 1967 ed al 1977.

Trattasi di elementi che seppur in astratto idonei a fornire un supporto indiziario circa la data di realizzazione delle opere colpite da ordine di demolizione, nella fattispecie per cui è causa non risultano sufficientemente chiari da renderne individuabile l’esatta consistenza.

La giurisprudenza di questo Tribunale è consolidata (T.A.R. Umbria 13 maggio 2013, n.293; id. 18 agosto 2009, n. 492; id. 18 marzo 2008, n.102) nell’interpretare restrittivamente la rilevanza del decorso del tempo in ordine alla tutela dell’affidamento al mantenimento dell’opera abusivamente realizzata, subordinandosi comunque tale rilevanza al “rigoroso accertamento di molteplici presupposti, tra cui la prova, di cui è onerata la parte ricorrente, del periodo di realizzazione del manufatto in modo ragionevolmente certo”. Se quindi non può negarsi tout court qualsivoglia affidamento meritevole di tutela allorquando sia trascorso un notevole lasso di tempo tra la commissione dell'abuso e la risposta sanzionatoria, nella fattispecie non può riconoscersi alcun affidamento qualificato, essendo del tutto carente di riscontri l’asserita realizzazione dell’opera nel 1950 (o comunque in epoca risalente nel tempo) non allegando l’odierno istante, al riguardo, alcun riferimento documentale diretto od indiretto, e/o considerazioni oggettive in merito alle tipologie e modalità realizzative, ai materiali impiegati, allo stato di conservazione ecc.

Gli unici elementi prodotti, consistenti come detto nell’ortofotocarta e nell’aerofotogrammetria, non sono all’uopo assolutamente sufficienti, si da rendere meramente assertiva ed indimostrata la stessa circostanza circa il lungo lasso di tempo intercorso tra la realizzazione e l’intervento sanzionatorio, presupposto dell’affidamento di cui si invoca tutela nonché della stessa non assoggettabilità delle opere ad alcun titolo abilitativo edilizio.

4.1. A tali considerazioni, di per sé assorbenti, si deve aggiungere quanto eccepito dal Comune circa l’indiretta ammissione operata dallo stesso ricorrente in merito alla recente data di realizzazione dei manufatti in esame, avendo egli in data 23 luglio 2010 in sede di presentazione di d.i.a. avente ad oggetto lavori di manutenzione straordinaria in area contigua, auto - certificato che l’area su cui insistono i manufatti abusivi risulta completamente libera ed in parte adibita a concimaia.

Tale dichiarazione di cui alla d.i.a. è liberamente valutabile a fini probatori, alla stregua di una confessione stragiudiziale del ricorrente, non ostandovi il disposto di cui all’art. 63 c. 5 cod. proc. amm. (T.A.R. Aosta 2 novembre 2011, n.71) quale interesse disponibile proveniente dalla parte privata.

4.2. Tutte le censure di cui al I motivo sono dunque prive di pregio.

4.3. Le censure di cui al II e III motivo, impregiudicata l’evidente inammissibilità per genericità, sono del tutto “fuori fuoco”, essendo lo ius aedificandicorrelato al diritto di proprietà tutelato dall’art. 42 Cost. conformato dall’esigenza pubblicistica di garantire la corretta e preventiva pianificazione del territorio mediante gli strumenti urbanistici e paesaggistici, secondo limiti di concreta edificabilità nell’an e nel quantum previsti per intere categorie di immobili identificati in termini generali ed astratti (ex multis Corte Cost. 20 maggio 1999, n. 179).

Del tutto inconferente è la presunta violazione dei principi di cui all’art. 1 c. 1 L.241/90 così come del tutto privo di capacità invalidante è la mancata allegazione materiale del provvedimento richiamato per relationem nel provvedimento impugnato (ex plurimis T.A.R. Lombardia Milano sez IV 18 gennaio 2011, n.101).

4.4. Manifestamente infondate risultano le ulteriori doglianze di cui al I e III motivo in punto di difetto di motivazione, sia perché l’ordinanza impugnata contiene una sufficiente indicazione dei presupposti fattuali e giuridici posti a fondamento del potere, sia perché, secondo giurisprudenza consolidata anche di questo Tribunale, la natura interamente vincolata del provvedimento di demolizione esclude la necessaria ponderazione di interessi diversi da quelli pubblici tutelati e non richiede motivazione ulteriore rispetto alla dichiarata abusività (ex multis T.A.R. Umbria 27 gennaio 2012, n.21; id. 2 novembre 2011, n. 354; T.A.R.  Campania -Napoli sez. IV 8 aprile 2013,  n. 1830; Consiglio di Stato, sez. V, 27 aprile 2011, n. 2497; id. 11 gennaio 2011, n. 79; sez. IV, 12 aprile 2011 n. 2266).

4.5. Infine, prive di pregio risultano anche le rimanenti censure di cui al IV e V motivo.

Dalla documentazione depositata in giudizio emerge “icto oculi” la riconducibilità di tutti gli interventi de quibus (struttura in metallo utilizzata per ricovero cani delle dimensioni di circa 42 mq, tettoia delle dimensioni di ml 8 x 8 ed altezza di ml 5 delimitata lungo il perimetro con muro in laterizio e soprastante rete metallica) come detto totalmente privi di titolo abilitativo, ad interventi di “nuova costruzione” ai sensi dell’art. 3 c. 1 lett. e) del D.p.r. 6 giugno 2001 n. 380, si da rendere del tutto incomprensibile la pretesa riconducibilità alla categoria degli interventi di “manutenzione straordinaria”.

Quanto poi all’invocato pericolo di pregiudizio per la parte conforme conseguente all’ordine di demolizione della tettoia, esso risulta irrilevante, non venendo in questione un ipotesi di parziale difformità dal prescritto permesso di costruire di cui all’art. 34 T.U. edilizia, laddove soltanto è presa in considerazione tale esigenza, e soltanto ove ne sia comprovata l’oggettiva impossibilità (Consiglio di Stato, sez. V, 9 aprile 2013, n. 1912).

5. Per i suesposti motivi il ricorso è infondato e va respinto.

Le spese di lite seguono la soccombenza, secondo dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Umbria (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il ricorrente alla refusione delle spese processuali in favore del Comune di Assisi, quantificate in 2.000 euro, oltre agli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Perugia nella camera di consiglio del giorno 22 maggio 2013 con l'intervento dei magistrati:

Cesare Lamberti, Presidente

Stefano Fantini, Consigliere

Paolo Amovilli, Primo Referendario, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 01/07/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)