Note giurispudenziali sulla nullità assoluta del contratto traslativo di diritti reali inerenti vetusti edifici in tutto o in parte abusivi ai sensi dell’art. 40, secondo co., della L. 47/85

di Ennio MORO

 


1. Cenni introduttivi

Com’è noto l'abusività o la non regolarità urbanistica degli immobili assume rilievo anche sul piano dei rapporti privatistici della vita comune di relazione, incidendo sul contenuto del diritto di proprietà, sugli atti di disposizione del bene e sulla responsabilità extracontrattuale in quanto i “vincoli” e le “prescrizioni” imposti dalle disposizioni urbanistiche hanno sicuramente natura normativa.
In tale ottica, anche in dottrina si è sostenuto che le disposizioni urbanistiche riverberano al riguardo sotto plurimi profili e in particolare sul piano della qualità e della regolarità giuridica dei beni. L'irregolarità giuridica dei beni dà luogo a nullità del contratto traslativo di diritti reali inerenti i medesimi per violazione di norme imperative, in quanto si verificherebbe un’ipotesi di prevalenza del piano degli interessi esterno su quello perseguito dalle parti (in tal senso, in dottrina, Scogliamiglio, Tommasini e Mariconda). La nullità contrattuale c.d. urbanistica, in effetti, si risolverebbe in una valutazione negativa da parte dell’ordinamento del contratto in sé considerato secondo un giudizio di validità condotto alla stregua della normativa in vigore al momento della conclusione del medesimo, non essendo concesso ai privati di vanificare gli interessi pubblicistici tutelati mediante l'adozione di schemi negoziali comunque idonei ad attuare in concreto una transazione immobiliare vietata.
Con l'entrata in vigore della L. 28.2.1985, n. 47 l'indicazione degli estremi della licenza edilizia, della concessione o della sanatoria di ogni edificio, costruzione o manufatto urbanisticamente rilevante (o di loro parti) è diventato elemento di validità di ogni negozio “inter vivos” a diretta efficacia reale.  
Sotto il profilo civilistico, la nullità urbanistica del contratto costituisce una sanzione comminata dall’ordinamento dall’art. 1418, terzo co., cod. civ. per causa illecita siccome contraria a norme imperative che regolano l’edificazione.
Sotto il profilo urbanistico edilizio in particolare, è la norma inderogabile dell’art. 40, secondo co., della L. 47/85 – integrata, allorché trattasi di fabbricati soggetti a condono in zona sottoposta ai vincoli di cui al terzo co. dell’art. 32 della L. 47/85, dall’art. 2, cinquantottesimo co., della L. 662/96 - che impedisce la circolazione di diritti reali inerenti edifici, o loro parti, costruiti ante 17 marzo 1985 e giuridicamente irregolari a pena di nullità dei relativi atti, evitando così il consolidarsi di rilevanti illeciti urbanistici.  
La disposizione dell’art. 40, secondo co., L. 47/85, dunque, colpisce con la sanzione di nullità "gli atti tra vivi aventi per oggetto diritti reali" relativi a beni immobili, o loro parti, se da essi non risultino, per veridica dichiarazione dell’alienante, che l’opera risulti iniziata in data anteriore al 1 settembre 1967, gli estremi della licenza edilizia o della concessione ad edificare o della concessione rilasciata in sanatoria ovvero se non venga allegata copia dell’istanza di condono edilizio già inoltrata (poiché soltanto da questo momento essa è produttiva degli effetti giuridici previsti dalla legge) corredata dalla prova dell’avvenuto versamento delle prime due rate dell'oblazione (c.d. circolazione provvisoria di una costruzione abusiva oggetto di istanza di condono edilizio non ancora definita con il rilascio del provvedimento straordinario in sanatoria, i cui effetti di regolarizzazione della costruzione abusiva retroagiscono per legge al momento dell’inoltro della domanda dando certezza ai rapporti giuridici contrattuali sorti anteriormente all’epoca del suo rilascio).
Difatti il momento storico rilevante ai fini della nullità assoluta contrattuale ex art. 1418, ultimo co., cod. civ. dei contratti traslativi di diritti reali afferenti vetusti fabbricati - che il legislatore con l’art. 40, secondo co., L. 47/85 prende in considerazione ove difettano di un elemento essenziale, quale la licenza, la concessione ovvero l’allegazione dell’istanza di condono edilizio già inoltrata oppure la veridica dichiarazione di costruzione ante 1 settembre 1967 - è quello della formazione del consenso poiché, ai sensi dell’art. 1376 cod. civ., il perfezionamento del contratto e l’effetto traslativo, che integrano la violazione della norma imperativa del secondo co. dell’art. 40 L. 47/85 produttiva della nullità, si verificano immediatamente con la sottoscrizione dell’accordo delle parti. In buona sostanza, la nullità ex art. 1418 cod. civ. si verifica al momento della formazione dell’atto ed anche se non ancora dichiarata dall’Autorità Giudiziaria Civile adita dall’interessato impedisce sin dall’origine al contratto traslativo di diritti reali di produrre gli effetti suoi propri, salvo ben inteso il caso di atto di trasferimento della proprietà di una costruzione abusiva a cui risulti allegata l’istanza di condono edilizio già inoltrata (poiché, come già detto, soltanto da questo momento essa è produttiva degli effetti giuridici provvisori previsti dalla legge in attesa dell’ottenimento del provvedimento di condono).
La normativa di cui si discorre, in effetti, è specificamente volta a rendere intrasferibili e non commerciabili i beni immobili, o loro parti, realizzati senza il rispetto della vigente disciplina urbanistica, perciò il terzo co. del medesimo art. 40 L. 47/85 aggiunge che “se la mancanza delle dichiarazioni o dei documenti, rispettivamente da indicarsi o da allegarsi, non sia dipesa dall'insussistenza della licenza o della concessione o dalla inesistenza della domanda di concessione in sanatoria al tempo in cui gli atti medesimi sono stati stipulati, ovvero dal fatto che la costruzione sia stata iniziata successivamente al 1° settembre 1967, essi possono essere confermati anche da una sola delle parti mediante atto successivo, redatto nella stessa forma del precedente, che contenga la menzione omessa o al quale siano allegate la dichiarazione sostitutiva di atto notorio o la copia della domanda indicate al comma precedente”.          
Stante il carattere eccezionale e di stretta interpretazione della disposizione del terzo co. dell’art. 40 della L. 47/85 e la rigidità dell’art. 1423 cod. civ. che prescrive “Il contratto nullo non può essere convalidato, se la legge non dispone diversamente”, è agevole comprendere che si tratta esclusivamente di un rimedio convalidante conseguibile attraverso un atto successivo di conferma, anche unilaterale e redatto nella stessa forma del precedente, che contenga le indicazioni richieste, a pena di nullità, dal secondo comma dello stesso articolo e solo formalmente omesse nel contratto originario perché sussistenti al tempo in cui lo stesso è stato stipulato. Nei termini precisati con Sentenza n. 38/2004 dalla Corte Costituzionale, l’istituto della conferma di cui al terzo co. dell’art. 40 della L. 47/85 muove, dunque, esclusivamente dall’accertamento formale dell’omissione della dichiarazione di parte nel caso che al momento della stipulazione – storicamente – le succitate circostanze volute dal legislatore per la liceità e validità del negozio, fossero realmente esistite.
La nullità disciplinata dall’art. 1418 cod. civ. difatti, una volta verificatasi, anche se non ancora dichiarata, impedisce sin dall’origine al contratto di produrre gli effetti suoi propri; dunque, gli effetti del successivo atto di conferma per legge retroagiscono alla data di confezione del contratto nullo, investendo quest’ultimo e sanandolo ab imis dai vizi. Si tratta, in concreto, di una vera e propria conferma di una fattispecie che si è formata, sotto il profilo dell’accordo delle parti, al momento dell’atto originario e la conferma ammette che gli effetti reali di esso si verifichino ex tunc.   

2. L’interpretazione giurisprudenziale

Secondo consolidata giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione le citate disposizioni, dunque:
I) implicitamente prescrivono che nei contratti traslativi di diritti reali relativi ad edifici (o loro parti) sia contenuta, a mezzo di veridica dichiarazione di parte, l'indicazione degli estremi della licenza o della concessione ad edificare in sanatoria o, in mancanza della licenza, allegata copia della domanda di concessione (in sanatoria) munita degli estremi del versamento delle prime due rate della oblazione prevista dall'art. 35 nonché, nei contratti riguardanti fabbricati in zona assoggettata ai vincoli di cui al terzo co. dell’art. 32 della L. 47/85 stipulati dopo il 31.12.1996, l’attestazione dell’avvenuta richiesta di parere alle autorità preposte alla tutela del vincolo.
II) espressamente prevedono una nullità formale o testuale (e non meramente virtuale) dei contratti traslativi di diritti reali legata alla mancanza delle prescritte indicazioni ed allegazioni, tuttavia, sanabile con un successivo atto che, contenendo le indicazioni e/o le allegazioni omesse nel precedente atto, ne integri il contenuto.
In genere, fonte di nullità è la mancanza o la grave anomalia di un elemento essenziale intrinseco del contratto, inteso tanto come mancanza totale dell'elemento quanto come carenza nell'elemento, pure esistente, delle caratteristiche previste dalla legge tale da non consentire la rispondenza alla figura tipica individuata dall'ordinamento; in particolare, le nullità testuali sono quelle risultanti da specifiche prescrizioni legali che elevano a requisito formale del contratto la presenza in esso di alcune dichiarazioni ed è la loro assenza, incompletezza o mendacia che di per sé comporta la nullità dell'atto.
L'art. 40, secondo co., della L. 47/85, per l’appunto, costituisce una fattispecie di nullità testuale, che suole definirsi “formale e documentale”, perché la citata disposizione commina la nullità dei contratti ad effetti traslativi di diritti reali su immobili ove essi non contengano la dichiarazione degli estremi della concessione edilizia dell'immobile oggetto di trasferimento, ovvero degli estremi dell’istanza di concessione in sanatoria (condono) e del versamento delle prime due rate dell’oblazione dovuta, sanzionando specificamente la sola violazione di un obbligo formale, imposto all’alienante al fine di porre l'acquirente di un immobile in condizione di conoscere le condizioni del bene acquistato o di effettuare gli accertamenti sulla regolarità del bene stesso attraverso il confronto tra la sua consistenza reale e quella risultante dalla concessione edilizia ovvero dalla domanda di concessione in sanatoria.
Derivando semplicemente dalla mancata indicazione nell'atto, degli estremi della concessione (ad edificare o in sanatoria), la nullità prevista dal secondo co. dell'art. 40 della L. 47/85 è nullità formale che può riguardare tutti i contratti relativi a trasferimenti immobiliari aventi diretti effetti reali, sia a titolo oneroso che a titolo gratuito; essa è riconducibile, nel sistema generale dell'invalidità assoluta contrattuale, al terzo co. dell'art. 1418 cod. civ. perché la clausola colpita da nullità è oggettivamente essenziale, nel senso che i contraenti non avrebbero potuto porre in essere l'atto senza la parte nulla, dunque l'intero contratto deve essere considerato nullo (art. 1419 cod. civ.).
Né vale addurre, per sostenere il contrario, la possibilità prevista dal terzo co. dell'art. 40 citato, di confermare successivamente gli atti viziati mediante la redazione, anche ad opera di una sola delle parti, di altro atto avente la stessa forma e contenente la menzione omessa o al quale siano allegate la dichiarazione o la documentazione mancanti nel primo, essendo evidente che non si tratta di sanatoria in senso tecnico-giuridico, bensì di un semplice rimedio convalidante, consentito soltanto nel caso che le carenze della precedente stipulazione siano meramente formali e non siano dipese, quindi, dall'insussistenza, all'epoca di essa, dei requisiti sostanziali per la trasferibilità del bene.
La nullità del contratto per contrarietà a norme imperative e per illiceità della causa o dei motivi determinanti e comuni ad entrambe le parti, che può discendere tanto congiuntamente quanto disgiuntamente da contrarietà a norme di legge, all'ordine pubblico e al buon costume (artt. 1343, 1345 e 1418 cod. civ.), è “nullità assoluta che può essere fatta valere da chiunque vi ha interesse e può essere rilevata anche d'ufficio dal giudice" (art. 1421 cod. civ.). La nullità assoluta urbanistica si estende pure ai trasferimenti delle accessioni dei suoli.
III) implicitamente prevedono (come è reso evidente dalla ratio legis e, comunque, dalla esclusione della conferma nei casi di inesistenza della licenza edilizia o della domanda di concessione in sanatoria) una nullità sostanziale dei contratti traslativi di diritti reali senza alcun riguardo allo stato di buona o mala fede dei contraenti ma legata alla carenza della concessione edilizia o dalla assenza della domanda di concessione in sanatoria, del versamento della prescritta oblazione nonché, nei contratti riguardanti fabbricati in zona assoggettata ai vincoli di cui al terzo co. dell’art. 32 della L. 47/85 stipulati dopo il 31.12.1996, della richiesta di parere alle autorità preposte alla tutela del vincolo.
La legge persegue anche lo scopo di garantire che l’immobile nasca e si trasmetta nella contrattazione soltanto se privo di determinati caratteri di abusivismo e ciò spiega il perchè la L. 47/85 si preoccupa che la licenza o la concessione edilizia (ovvero la documentazione alternativa, rappresentata dalla concessione in sanatoria) siano dichiarate in atto ma sul presupposto che detta documentazione vi sia effettivamente; l'indicazione degli estremi della concessione nell’atto sarebbe difatti preclusa nel caso in cui tale concessione difetti, per tale via, l'irregolarità sostanziale dell'immobile finisce per riflettersi sulla validità del negozio giuridico che lo riguarda determinando nullità insanabile dello stesso.
In genere le norme che pongono limiti all’autonomia privata e divieti alla libera circolazione dei beni hanno carattere imperativo e, pertanto, di stretta interpretazione, in particolare alla rigidità della previsione dell’art. 40, secondo co., L. 47/85 consegue la natura oggettiva della nullità urbanistica che sussiste per il solo fatto dell’esistenza materiale dell’abuso - operando pure laddove l'acquirente sia a conoscenza della irregolarità del bene o l'alienante abbia reso dichiarazione reticente - e determina invalidità insanabile dell’intero negozio di trasferimento anche se l’abuso edilizio riguarda solo una parte dell’immobile trasferito; per vero, trattasi di una “nullità  rafforzata” dall’impossibilità di ricevimento degli atti da parte dei notai rimarcata dalla legge stessa attraverso l'utilizzazione della locuzione “e non possono essere rogati” e come tale rilevabile da chiunque ed insanabile per insussistenza della concessione edilizia al momento della stipulazione del contratto.
La situazione emergente dalla lettura della norma è, dunque, quella dello strumento della invalidazione del traffico giuridico avente ad oggetto costruzioni abusive senza alcun riguardo allo stato di buona o mala fede dei contraenti in quanto viene formalmente comminata tout court la nullità di ogni contratto con effetti traslativi senza l'indicazione per gli edifici, o loro parti, degli estremi della concessione edilizia rilasciata, sia pure in sanatoria, dall'autorità competente oppure senza l'allegazione della istanza di sanatoria corredata dalla prova dell'avvenuto pagamento delle prime due rate dell'oblazione nonché, in zona vincolata, dell’attestazione dell’avvenuta richiesta di parere alle autorità preposte alla tutela del vincolo.
IV) esplicitamente considerano, in caso di costruzioni iniziate anteriormente al 1 settembre 1967 in assenza di licenza edilizia e di progetto approvato, valido il contratto traslativo di diritti reali nel quale, anziché gli estremi della licenza, sia riportata o allegata al contratto apposita veridica dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà ai sensi e per gli effetti dell’art. 4 della L. 15/68, attestante l'avvenuto inizio delle opere di costruzione in data anteriore al 1 settembre 1967.
Per le costruzioni ante 1 settembre 1967 edificate in assenza di licenza edilizia e di progetto approvato, in effetti, si ritiene appagante, per determinarne la trasferibilità, fare ricorso al solo criterio dell’ “epoca di effettiva costruzione” sempre che, ovviamente, si tratti di fabbricati i cui lavori di costruzione siano effettivamente iniziati anteriormente al 1 settembre 1967.
V) implicitamente prevedono (come è reso evidente dalla ratio legis e, comunque, dalla esclusione della conferma nei casi di inesistenza della licenza edilizia o della domanda di concessione in sanatoria) una nullità del contratto traslativo di diritti reali in conseguenza di mendaci dichiarazioni di parte circa il regime urbanistico degli edifici (o loro parti) oggetto di negoziazione.  
La dichiarazione ai sensi dell’art. 40, secondo co., della L. 47/85 è un atto informativo imposto ed oggettivamente necessario ai fini della validità dell'atto nel quale si colloca e proprio in virtù di tali caratteristiche non si può dubitare che la stessa abbia valore di attestazione di privato in atto pubblico, punita, in caso di falsità, ai sensi dell’art. 483 cod. pen. (“falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico”).
Per giurisprudenza della cassazione “è configurabile l’invalidità, per falsità ideologica, relativamente alla rispondenza dello stato di fatto della singola porzione immobiliare alla concessione edilizia relativa all'intero edificio, della dichiarazione urbanistica resa dalla parte al notaio e costituente presupposto indispensabile per il compimento dell'atto”. Va aggiunto che “la falsità ideologica può ritenersi vieppiù integrata anche nell’ipotesi di complessa condotta omissiva e commissiva del privato che, in quanto parte di un contratto di trasferimento immobiliare, taccia gli ulteriori abusi edilizi commessi e dichiari falsamente al notaio rogante la conformità dell'immobile alle caratteristiche previste dalla concessione ed ivi autorizzate, in quanto, in tal caso, sussiste a carico del privato l'obbligo giuridico di dire la verità in ordine alla condizione giuridica dell'immobile oggetto di trasferimento e alla corrispondenza dello stesso agli estremi della concessione (c.d. regolarità urbanistica), trattandosi d'obbligo preordinato alla tutela d'interessi pubblici, connessi all'ordinata trasformazione del territorio, prevalenti rispetto agli interessi della proprietà”.
La questione è finanche conosciuta dalla Corte Costituzionale, la quale, in riferimento ad una questione incidentale di legittimità costituzionale anche delle disposizioni di cui ai Capi IV (che include l’art. 40) e V della L. 47/85 sollevata relativamente ad un’ipotesi di costruzione edilizia abusiva/villino interessato da lavori di suddivisione abusiva del fabbricato in più appartamenti, con Sentenza n. 256/96 ha chiarito che “è la stessa normativa condonistica che, in caso di dichiarazione di parte rese in modo non veritiero ai sensi dell’art. 4 della L. n. 15/68 e per gli effetti delle disposizioni dei Capi IV e V della L. 47/87, prevede un sistema sanzionatorio comminando le medesime sanzioni penali, civili e amministrative, di cui pertanto l'interessato assume ogni responsabilità”.
Ai fini della validità del contratto, dunque, non è neppure immaginabile che possa essere attribuita efficacia all’esistenza in sé considerata di una dichiarazione urbanistica perché l’autodichiarazione della parte presuppone la veridicità e pertanto l’esistenza nella realtà del fatto dichiarato; cosicché, allorché ci si trovi in presenza di una mendace dichiarazione urbanistica, una volta accertata la falsità dell’assunto, l'atto, nato apparentemente valido, perde la sua legittimità poiché siffatta dichiarazione è da ritenersi per legge come non esistente (tamquam non esset).
L’accertamento della falsità delle dichiarazioni rese dalla parte e riportate nel rogito ai sensi e per gli effetti dell’art. 40, secondo co., della L. 47/85, non rileva di per sé ma solo in quanto la verificata non regolarità sostanziale delle costruzioni alla data di sottoscrizione dell’atto ad effetti reali precludeva una valida stipulazione per impossibilità di assolvere all’obbligo formale imposto dalla stessa L. 47/85, art. 40, ossia di rendere una veridica dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà degli estremi dei necessari permessi edilizi normativamente richiesti per ogni costruzione, o loro parte, oggetto di trasferimento di diritti; simmetricamente, l’irregolarità sostanziale delle costruzioni alla data di stipulazione dell’atto traslativo non rileva di per sé ma solo in quanto preclude la possibilità di pervenire ad un atto successivo di conferma ai sensi del terzo co. dell’art. 40 della l. 47/85 che, contenendo le indicazioni e/o allegazioni richieste ma omesse nel precedente atto, integri il contenuto del primigenio contratto (affetto da nullità assoluta).
VI) implicitamente considerano, in caso di costruzioni successive al 1 settembre 1967 o anteriori alla predetta data ma, in ambo i casi, realizzate sulla base dei prescritti titoli abilitativi e di un progetto approvato, irregolari e, come tali, non trasferibili, quelle che abbiano subito, successivamente al 1 settembre 1967, interventi di trasformazione edilizia per i quali sia necessaria la concessione edilizia con conseguente nullità dei relativi contratti traslativi di diritti reali ove l’alienante non dia conto a mezzo veridica dichiarazione, relativamente all’intervenute trasformazioni, degli estremi della licenza o della concessione ad edificare in sanatoria o, in mancanza della licenza, non alleghi copia della domanda di concessione (in sanatoria) munita degli estremi del versamento delle prime due rate della oblazione prevista dall'art. 35 nonché, nei contratti riguardanti fabbricati in zona assoggettata ai vincoli di cui al terzo co. dell’art. 32 della L. 47/85 stipulati dopo il 31.12.1996, dell’attestazione dell’avvenuta richiesta di parere alle autorità preposte alla tutela del vincolo.
Poiché la presenza o la mancanza della licenza edilizia non possono essere affermate in astratto ma devono esserlo in relazione ad una concreta opera, la normativa in esame richiede che la parte renda una dichiarazione veridica, completa ed idonea allo scopo ovvero dichiari gli estremi della concessione ad edificare (o di quella in sanatoria) attinente alla realizzazione dell'intera costruzione oggetto di contrattazione a diretta efficacia reale, onde è onere del dichiarante specificare, a pena di nullità del contratto, la realizzazione o la modifica alla singola porzione immobiliare oggetto di trasferimento ove abbiano avuto luogo in assenza di concessione.
La comminatoria di nullità dei contratti ad effetti traslativi di diritti reali riguarda infatti i casi di immobili costruiti non solo in assenza della licenza o della concessione (e manchi la prescritta documentazione alternativa concessione in sanatoria o domanda di condono corredata dalla prova dell'avvenuto versamento delle prime due rate dell'oblazione), ma anche gli immobili contrassegnati da difformità totale o da variazioni essenziali rispetto al progetto originario assentito con licenza o concessione edilizia (e manchi l’emissione di una concessione in sanatoria), come è reso sistematicamente palese, tra l'altro, dal fatto che la L. 47 del 1985, accomuna, anche sotto il profilo delle sanzioni amministrative e penali (rispettivamente, artt. 7 e 20, contenuti nel Capo 1^, a sua volta richiamato dall'art. 40, co. 1), le ipotesi di costruzione in totale difformità o con variazioni essenziali a quella in assenza di concessione ed equipara, in caso di costruzioni in zone sottoposte a vincolo paesistico (art. 8, ultimo co.), le variazioni essenziali alla totale difformità.
Nei contratti traslativi di diritti reali stipulati successivamente al 31.12.1996, il co. 58 dell’art. 2 della L. 662/96 (disposizione tuttora vigente ai sensi dell’art. 137, primo co., D.P.R. 380/2001), integrando la previsione dell’art. 40 della L. 47/85, impone - in tutti i casi di costruzioni abusive oggetto di condono in zona assoggettata ai vincoli di cui all’art. 32 della L. 47/85 - a pena di nullità, di documentare nel rogito anche l’attestazione dell’avvenuta richiesta di parere all’Autorità preposta alla gestione del vincolo, ergo richiede la specificazione del vincolo gravante sull’area.
La legge in esame, quindi, mira ad attrarre nella comminatoria di nullità contrattuale i casi riguardanti immobili, o loro parti, che al momento della stipulazione risultino diversi dalla previsione progettuale assentita con la licenza o la concessione rilasciata sicché da non potere essere più ricondotti alla stessa e manchi l’emissione di una concessione in sanatoria. In tali casi per determinare la trasferibilità della costruzione è, dunque, appagante fare ricorso al criterio della "riferibilità iniziale della costruzione al progetto originario assentito con provvedimenti autorizzativi" (licenza, concessione, permesso anche in sanatoria) integrato dal criterio fondamentale dell’ “epoca di effettiva costruzione”. E’ alla vicenda costruttiva che bisogna fare riferimento, con conseguente commerciabilità o trasferibilità del bene qualora sussista tale “riferibilità dell'edificio da trasferire al progetto iniziale assentito” e ciò risulta evidente dal fatto che il secondo co. dell’art. 40 della L. 47/85 dispone la nullità dei contratti ad effetti traslativi di diritti reali relativi agli edifici che siano “in tutto o in parte abusivi” e che il primo periodo del secondo co. dell’articolo in parola impone la dichiarazione in contratto anche degli estremi della concessione in sanatoria rilasciata ai sensi dell’art. 31 della L. 47/85; e proprio il collegamento con l’art. 31 è determinante perché rivela la consapevolezza del legislatore che anche edifici realizzati in base a regolare concessione edilizia possono essere successivamente trasformati in modo da far venir meno la “riferibilità iniziale dell’edificio al progetto originario assentito” e rendere necessaria, ai fini della validità degli atti, l’indicazione della sanatoria per condono edilizio. E’ evidente, difatti, che il permesso edilizio originariamente rilasciato - a seguito dell’azione edilizia sostanziale maggiore attuata abusivamente sul fabbricato, dopo l’ultimazione dello stesso e durante la sua esistenza - causando la perdita della “riferibilità iniziale dell’edificio al progetto originario assentito” non è certamente più sufficiente a conferire liceità alla “nuova costruzione” con conseguente necessità, per la stipulazione di un valido contratto di costituzione, modificazione o trasferimento di diritti reali, dell’ottenimento del condono edilizio.
Dunque, in presenza di rilascio di una licenza edilizia sulla base di un progetto approvato, la dichiarazione che la costruzione è iniziata anteriormente al 1 settembre 1967 non sostituisce il condono edilizio, il quale va richiesto prima della stipulazione dell’atto traslativo di diritti reali (e la domanda inoltrata deve essere allegata al contratto) e comunque ottenuto per tutti gli abusi maggiori commessi successivamente alla data del 1 settembre 1967 sul fabbricato.
Del resto, se così non fosse sarebbe difficile spiegare il significato della disposizione dell’ottavo co. dell’art. 15 della L. 30.4.1999, n. 136, che prevede “…le opere aggiuntive sono trasferibili contestualmente alla costruzione originaria solo se sanate ai sensi della legge 28 febbraio 1985, n. 47 e s.m.i…”. Sulla stessa posizione risulta attestata anche la Corte Costituzionale la quale, in materia di condono edilizio in zona assoggettata a vincolo paesaggistico, con Sentenza n. 427/95 ha chiarito che “la licenza o la concessione edilizia a suo tempo ottenuta può coesistere con una concessione ottenibile in sanatoria e concorre a formare, insieme alla concessione in sanatoria rilasciata sulla base del condono-oblazione, quella fattispecie che determina liceità della costruzione; quella liceità della costruzione che, per i fabbricati insistenti in aree vincolate paesisticamente, richiede anche la preventiva e necessaria autorizzazione/nulla-osta da parte dell’autorità preposta alla gestione del vincolo stesso, costituente presupposto per la regolarità della procedura di rilascio della concessione edilizia”.
Pur tuttavia, la legge sul condono edilizio (L. 47/85 e successive) costituisce una eccezionale sanatoria delle costruzioni abusive costruite entro una certa data; da ciò consegue che le costruzioni non oggetto di istanza di regolarizzazione come anche quelle successive alla data limite stabilita per richiedere il beneficio restano fuori dalla previsione e non possono beneficiare della sanatoria per condono e ciò con tutte le conseguenze che ne derivano ai fini della intrasferibilità negoziale delle stesse.

3. Conclusioni

Peculiare caratteristica della disposizione eccezionale dell’art. 40, secondo co., della L. 47/85 è da individuarsi nella applicabilità in qualsiasi processo in cui si controverta in ordine ad atti cui l'ordinamento attribuisce l'idoneità a costituire o trasferire diritti reali su beni immobili trovantisi nella cennata situazione d'irregolarità edilizia.
Ciò si spiega alla luce dell’interesse pubblico all’ordinata trasformazione del territorio; della natura reale dei permessi edilizi (costituenti atti da trasferire con gli immobili ai quali accedono); della rigidità della norma imperativa dell’art. 40, secondo co., della L. 47/85 (che, comminando tout court la sanzione civile della nullità assoluta dei contratti traslativi di diritti reali inerenti edifici interamente o solo in parte abusivi, comprova l’impossibilità giuridica di trasferire gli immobili in tutto o in parte sprovvisti di permessi edilizi); del momento storico rilevante ai fini della nullità contrattuale ai sensi art. 1418, ultimo co., cod. civ. desumibile dalla disposizione dell’art. 1376 cod. civ.; della rilevabilità d’ufficio della nullità assoluta in ogni stato e grado del giudizio ai sensi dell’art. 1421 cod. civ. (sebbene da coordinarsi con il carattere dispositivo del gravame e con il principio di disponibilità della prova); di talché, tutte le volte in cui un contratto traslativo di diritti reali inerenti fabbricati risulti dedotto in una controversia e la validità ed efficacia del negozio costituisca indeclinabile presupposto della pretesa fatta valere in giudizio, l’Autorità Giudiziaria, in ogni stato o grado del giudizio, ove d’ufficio rilevi documentalmente violazione o falsa applicazione del disposto dell’art. 40, secondo co., della L. 47/85 per inesistenza, non veridicità ed inidoneità della dichiarazione di parte o delle allegazioni previste, commina anche la relativa sanzione di legge dichiarando la nullità assoluta del contratto.
Quanto ai probabili esiti di successive impugnazioni di una sentenza di primo grado dichiarativa della nullità assoluta di un contratto, va osservato che la pronuncia di primo grado, avendo affrontato nello specifico la questione della nullità urbanistica dell’atto, risulterebbe suffragata da obiettivi elementi di riscontro probatorio e da un esauriente accertamento dei fatti quanto ad esistenza, veridicità ed idoneità della dichiarazione di parte e delle allegazioni previste a pena di nullità del contratto. A riguardo, la Corte di Cassazione ha avuto modo di chiarire che “il principio della rilevabilità, anche d'ufficio, in ogni grado del giudizio ivi inclusa quella di legittimità, della nullità urbanistica di un contratto postula che siano acquisite agli atti le circostanze su cui essa si fonda, stante il divieto in sede di giudizio di appello o di Cassazione di nuove indagini e accertamenti di fatto”.
Rebus sic stantibus, in caso di successive impugnazioni di una sentenza di primo grado dichiarativa della nullità urbanistica di un contratto, le pronunce di secondo grado e di Cassazione, non potendosi fondare su fatti nuovi, implicanti un diverso tema di indagine e di decisione, dovranno basarsi sul medesimo quadro probatorio concretamente delineatosi nel giudizio di primo grado, di talché, verosimilmente, le relative statuizioni non potrebbero che essere confermative del dispositivo della sentenza pronunciata in primo grado.

(31 gennaio 2012)