Lexambiente - Rivista Trimestrale di Diritto Penale dell'Ambiente
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L’impugnativa del diniego di adozione del provvedimento repressivo dell’abuso edilizio. Il caso dei dehor
di Sergio DEIANA
Abstract: L’adozione del provvedimento repressivo dell’attività edilizia, realizzata in assenza del relativo titolo, è un atto dovuto da parte della Autorità comunale. Essa, infatti, è preposta alla salvaguardia della normativa in materia urbanistica ed edilizia onde scongiurare uno sperequato incremento del carico urbanistico. Sotto questo aspetto viene tutelato l’interesse della comunità ad un equo e razionale assetto del territorio. Da altro canto, invece, il vicino leso dall’abuso edilizio è titolare di una posizione giuridica differenziata e qualificata che determina il suo interesse ad agire. Il pregiudizio del terzo comporta, in primis, il potere di diffidare la P.A. all’adozione del provvedimento repressivo e, successivamente, di agire in giudizio in caso di inerzia dell’Autorità comunale. La dimostrazione del pregiudizio connota l’approdo alla posizione differenziata da cui scaturisce la diffida anziché l’esposto e, quindi, l’obbligo di provvedere della P.A. e l’interesse ad agire in giudizio contro l’inerzia della stessa o contro l’archiviazione della pratica di sorveglianza edilizia.
Consiglio di Stato Sez. VI n.2174 del 30 marzo 2020
Beni culturali.Disciplina sanzionatoria e competenze
Spetta all’Autorità centrale il compito di stabilire l’an della tutela (se un bene immobile sia o meno di interesse storico, artistico, culturale); alla stessa spetta individuare altresì il quomodo di tale tutela e l’apposizione del vincolo comporta penetranti limiti, tra cui, per quel che rileva in questa sede, la necessità di autorizzazione per modifiche ed interventi sul bene. In coerenza con tali assunti, Tutta l’attività “gestoria” successiva e conseguente alla avvenuta apposizione del vincolo pertiene alla stessa autorità centrale che lo ha imposto. Ciò implica che anche la misura sanzionatoria che coinvolga, quanto meno in parte, il bene assoggettato a vincolo monumentale debba essere vagliata dalla stessa autorità preposta alla salvaguardia del detto vincolo. Tale ultimo assunto risulta testualmente confermato dall’art. 21 del Codice dei beni culturali, in base al quale: “sono subordinati ad autorizzazione del Ministero: a) la rimozione o la demolizione, anche con successiva ricostituzione, dei beni culturali”.
Cass. Sez. III n. 11581 del 7 aprile 2020 (CC 6 nov 2019)
Pres. Ramacci Est. Liberati Ric. Porcelli
Ecodelitti.Questione di legittimità costituzionale dell’art. 452 quaterdecies, comma 4, cod. pen.
La questione di legittimità costituzionale dell’art. 452 quaterdecies, comma 4, cod. pen., è manifestamente infondata. La previsione della confisca obbligatoria delle cose utilizzate per commettere il reato, prevista dall’ultimo comma della disposizione denunciata per il caso di condanna o di applicazione di pena per il delitto di traffico illecito di rifiuti (attualmente previsto dall’art. 452 quaterdecies cod. pen. e precedentemente dall’art. 260 d.lgs. 152/2006), non è affatto irragionevole, avendo lo scopo, sia a fini sanzionatori sia special preventivi, di sottrarre i beni utilizzati per commettere tale reato, onde evitarne la ripetizione, e di dissuadere dalla sua nuova futura commissione, dunque la realizzazione di scopi tipicamente correlati alla funzione della sanzione penale, rimessi alla scelta del legislatore; questa non appare né irragionevole, né abnorme, né in contrasto con il principio di uguaglianza per la mancata applicazione, a tale tipo di confisca, della esclusione prevista dall’art. 452 undecies, comma 4, cod. pen. (secondo cui la confisca prevista da tale disposizione per i reati di cui agli art. 452 bis, 452 quater, 452 sexies, 452 septies e 452 octies cod. pen. non si applica quanto l’imputato abbia efficacemente provveduto alla messa in sicurezza e, ove necessario, alle attività di bonifica e di ripristino dello stato dei luoghi), trattandosi di scelta rimessa alla discrezionalità del legislatore, che non appare esercitata in modo irragionevole, stante la diversità strutturale tra le fattispecie contemplate da tale disposizione e quella di cui all’art. 452 quaterdecies cod. pen., che contempla condotte che possono anche non richiedere attività di bonifica o ripristino dello stato dei luoghi.
Consiglio di Stato Sez. IV n. 2195 del 1 aprile 2020
Rifiuti.Bonifiche e competenze
L’articolo 252, comma 4, del codice dell’ambiente attribuisce alla competenza esclusiva del Ministero dell’Ambiente, sentito il Ministero dello Sviluppo Economico, “le procedure di bonifica di cui all’articolo 242 dei siti di interesse nazionale”, ordinariamente di spettanza regionale. Non è, dunque, operato alcuno specifico riferimento alle distinte competenze enucleate dall’art. 244 del codice, che dunque, nel silenzio della disciplina derogatoria, devono ritenersi implicitamente confermate in capo all’Ente provinciale, cui, appunto, spettano in via ordinaria.
Una particolare sentenza del Consiglio di Stato riguardo all’art. 167 D.Lgs. 42/2004
(nota a Cons. Stato, Sez. VI, n° 2250/2020)
di Massimo GRISANTI
Cass. Sez. III n. 10454 del 23 marzo 2020 (CC 9 gen 2020)
Pres. Andreazza Est. Noviello Ric. Castagna
Urbanistica.Movimentazione terreno
E’ condivisibile il rilievo del tribunale per cui, a fronte di movimentazioni di circa 100 mc di terreno con livellamento del medesimo, emergono interventi che alterano lo stato dei luoghi e come tali richiedono il permesso di costruire e l’autorizzazione paesaggistica; senza che possano trovare applicazione le previsioni, derogatorie ed eccezionali, di cui ai punti A16 ed A17 del DPR 31/2017, limitate, rispettivamente, alla istallazione di strutture o manufatti stagionali facilmente rimovibili, ovvero a strutture non ancorate al suolo o prive di parti in muratura, poste a corredo di attività economiche.
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