Cass. Sez. III sent. 985 del 20
gennaio 2004
Pres. Savignano – rel. Novarese
Pm Meloni – Imp. Marziano
Acque. Nozione di "scarico esistente" anche alla luce della legge di conversione 200/03 del Dl 147/03 recante «proroga di termini e disposizioni urgenti ordinamentali». (CON MOTIVAZIONE)
Si ringrazia N.
Girardi per la segnalazione
Svolgimento
del processo
Marziano Giovanna ha proposto appello qualificato ricorso per
Cassazione avverso la sentenza del Tribunale di Siracusa sezione distaccata di
Lentini, emessa in data 3 ottobre 2001, con la quale veniva condannata per i
reati di scarico di reflui di autolavaggio senza autorizzazione e senza adozione
delle misure idonee ad evitare un aumento anche temporaneo dell’inquinamento,
deducendo quali motivi la violazione dell’articolo 62 12° comma del D.Lgs
152/99, poiché lo scarico preesisteva al 13 giugno 1999, era relativo ad acque
reflue assimilabili a quelle abitative ed agli insediamenti civili, esisteva
un’autorizzazione rappresentata dal provvedimento di abitabilità, e la
carenza della prova dell’aumento anche temporaneo dell’inquinamento.
Motivi della decisione
I motivi addotti sono infondati, sicché il ricorso deve essere rigettato
con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Ed invero, uniforme giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto lo scarico di
autolavaggio assimilabile a quello degli insediamenti produttivi, sotto il
vigore della precedente normativa (Cassazione, sezione terza, 5985/82, Incerti
rv 154274), ed a quello di acque reflue industriali, secondo la recente (cfr. da
ultimo Cassazione, sezione terza, 21004/03, Pm in proc. Panizza), per la
presenza di caratteristiche inquinanti diverse e più gravi da quello di un
insediamento civile per la presenza di oli minerali, sostanze chimiche e
particelle di vernice eventualmente staccabile dalle autovetture ed esercizio di
un servizio in forma professionale ed organizzata.
Inoltre, l’autorizzazione allo scarico è caratterizzata dalla tipicità delle
forme, sicché non è ammesso alcun equipollente, neppure il cosiddetto permesso
di agibilità o abitabilità, peraltro relativo a differenti presupposti e
diverse finalità.
Per quanto attiene alla carenza di prova circa l’aumento anche temporaneo
dell’inquinamento e la preesistenza dello scarico all’entrata in vigore del
D.Lgs 152/99 in data 11 giugno 1999, occorre rilevare che, nonostante
l’effettuazione di uno scarico senza autorizzazione e la violazione del
divieto di un aumento anche temporaneo dell’inquinamento costituiscono due
autonomi e distinti reati, i cui presupposti ed elementi costituitivi sono
differenti, il giudice aretuseo esattamente si è soffermato solo su quello
concernente l’omessa autorizzazione, in quanto si trattava di scarico
esistente non autorizzato, sicché, secondo uniforme giurisprudenza di questa
Corte (Cassazione, sezione terza, 1774/00, Scaramazza, rv 215640), recepita dal
D.Lgs 258/00 all’articolo 2 lettera cc-bis) devono ritenersi nuovi
anche gli scarichi esistenti non autorizzati, in quanto la disciplina
transitoria di cui all’articolo 62 dodicesimo comma D.Lgs 152/99 e successive
modificazioni si applica solo agli scarichi esistenti autorizzati.
Infatti “scarichi esistenti” sono quelli di acque reflue urbane «che alla
data 13 giugno 1999 sono in esercizio e conformi al regime autorizzativi
previgente ovvero gli scarichi di acque reflue domestiche che alla data del 13
giugno 1999 sono in esercizio e conformi al regime autorizzativi previgente; gli
scarichi di acque reflue industriali che alla data del 13 giugno 1999 sono in
esercizio e già autorizzati».
La disciplina, a parere del collegio, non è mutata neppure dopo l’intervenuta
modifica dei termini di adeguamento, di cui all’articolo 62 undicesimo comma
D.Lgs cit., operata dall’articolo 10bis della legge di conversione
200/03 del Dl 147/03 recante «proroga di termini e disposizioni urgenti
ordinamentali».
Infatti, a parte la specifica caratteristica del decreto legge su citato,
evidenziato dalla sua rubrica, la dizione dell’articolo 10bis cit.,
secondo cui «i termini di cui all’articolo 62 comma 11, del D.Lgs 152/99,
relativo agli scarichi esistenti, ancorché non autorizzati (sottolineatura in
corsivo dell’estensore), sono differiti fino ad un anno a decorrere dalla data
di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto» (cioè
fino al 3 agosto 2004), non ha fatto venire meno la definizione legislativa
degli scarichi esistenti su descritta.
Ed invero l’infelice formulazione di questa proroga del termine di
“adeguamento degli scarichi esistenti” potrebbe essere intesa come
l’espressione sintetica di una pluralità di situazioni, sicché l’inciso
“ancorché non autorizzati” concerne quegli scarichi, esistenti il 13 giugno
1999, ma non autorizzati, in quanto per essi l’obbligo di autorizzazione è
stato introdotto solo successivamente in virtù della nuova disciplina
predisposta dal D.Lgs 152/99, secondo quanto sostenuto da un’autorevole voce
dottrinale, in quanto il richiamo al comma undicesimo dell’articolo 62 D.Lgs
cit. è onnicomprensivo e riguarda pure «gli scarichi per i quali l’obbligo
di autorizzazione preveniva è stato introdotto dalla presente normativa».
Tale esegesi deve essere privilegiata, perché, in tema di eccezioni ad una
regola generale, non è possibile fornire un’interpretazione estensiva, ma
occorre preferirne una restrittiva.
Peraltro, in assenza di un’abrogazione espressa della nozione di scarico
esistente di cui all’articolo 2 lettera ccbis) del D.Lgs in esame, non
è possibile attribuire ad una disposizione con un contenuto specifico e
limitato la possibilità di introdurre un’abrogazione implicita, mentre la
locuzione su riferita sembra una cattiva sineresi di una pluralità di
situazione, disciplinate in maniera uniforme dall’articolo 62 undicesimo e
dodicesimo comma D.Lgs cit..
Infine, proprio perché non è concepibile per le ragioni su riferite
un’abrogazione tacita dell’articolo 2 lettera cc - bis) D.Lgs cit. su
riportata, ove si volesse, in contrasto con i criteri ermeneutica su evidenziati
in tema di interpretazione di norme derogatorie di una regola generale, ritenere
estensibile il termine “non autorizzati” a tutti gli scarichi esistenti, non
si può obliterare il sintagma “conformi al regime autorizzativi previgente”,
sicché l’espressione “non autorizzati” concernerebbe solo quegli scarichi
esistenti alla data del 13 giugno 1999, non muniti di formale autorizzazione,
che, in relazione alla situazione fattuale, avrebbero potuto ottenerla.
Pertanto, con questa esegesi si asseconderebbe un trend legislativo perseguito
incessantemente in questi ultimi tempi, secondo cui si tende ad equiparare il
formale provvedimento di autorizzazione all’esistenza di una regolare
situazione concreta, senza considerare che gli obblighi di informazione,
connaturati alle richieste di autorizzazioni o di provvedimenti abilitativi, in
campo ambientale rispondono ad esigenze di prevenzione e di conoscenza per la
protezione dei beni.
Tuttavia, anche seguendo un’interpretazione così estensiva, non accoglibile,
a parere del collegio, non si verserebbe, nella fattispecie, nell’ipotesi di
uno scarico di acque reflue industriali conforme al regime autorizzativi
previdente, perché nella descrizione dell’impianto “di depurazione” delle
acque vengono indicati solo “due pozzetti dove avveniva la sedimentazione dei
fanghi”, sicché le acque reflue industriali venivano immesse nella pubblica
fognatura senza alcun efficace trattamento preventivo richiesto in via generale
dall’ente proprietario e da quello gestore dell’impianto di depurazione per
abbattere e/o ridurre i carichi inquinanti.
Infine, nella fattispecie in esame, non può farsi a meno di notare che è stata
pure contestata l’omessa adozione delle misure necessarie ad evitare un
aumento anche temporaneo dell’inquinamento, costituente un obbligo cui
soggiacciono i titolari degli scarichi esistenti, ancorché autorizzati, durante
il regime transitorio (Cassazione, Su 3798/02, Turina, rv 220556 non massimata
sul punto).
Pertanto, poiché «l’aumento è un concetto per definizione relativo e
presuppone il raffronto tra due dati, che sono quantitativi e qualitativi e,
comunque, di fatto riferiti allo scarico con la prescrizione che il dato
fisico-chimico preesistente all’entrata in vigore della legge (rectius
D.Lgs 152/99) non può essere alterato in peius» ed i dati da comparare
possono risultare “da qualsiasi elemento” e “l’aumento potrà anche
essere desunto da fatti significativi” (Cassazione, Su 31 gennaio 2002, Turina,
cit.), i dati da comparare, come si evince dai passi tratti dalla decisione
delle Su, non devono provenire necessariamente da analisi, ma possono discendere
pure da considerazioni logiche oltre che da altre evenienze fattuali (ex
gr. Aumento della produzione e mantenimento dello stesso depuratore, guasto del
sistema di depurazione, et similia).
Pertanto, ove venisse dimostrata l’assenza di qualsiasi contrazione
dell’attività svolta, la sua particolarità comporta ex se un aumento
anche temporaneo dell’inquinamento, giacché, altrimenti, si dovrebbe
presumere, contrariamente ad ogni logica, un’identica superficie ed un
medesimo numero di auto lavate con lo stesso detersivo per tutto il periodo.
Peraltro, detta considerazione è sviluppata soltanto per mera ipotesi di
studio, in quanto si ritiene condivisibile solo l’esegesi riferita per prima
in ordine alla locuzione “non autorizzati” di cui all’articolo 10bis
della legge 200/03 di conversione con modificazioni del Dl 147/03, essendosi
avanzata l’altra esclusivamente per dimostrare come, nella fattispecie in
esame, il reato sarebbe configurabile, pur in presenza di un’interpretazione
estensiva e lassista, contrastante con la natura del provvedimento, anche se
espressione di un non condivisibile trend legislativo, sicché l’eventuale
possibilità di configurare pure la contravvenzione di aumento anche temporaneo
dell’inquinamento costituisce un ulteriore segnale circa la necessità di
sanzionare, comunque, dette situazioni illecite e pericolose per la tutela
dell’ambiente.
PQM
Rigetta
il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.