CONSIGLIO DI STATO, Sez. V - 9 settembre 2005 (c.c. 15.3.2005), sentenza n. 4648
Pres. Iannotta, Est. Carlotti - Provincia di Taranto (Avv.ti Braga e Semeraro) c. ILVA s.p.a. (Avv. Perli) (Conferma T.A.R. PUGLIA, Lecce n. 1007/2004) -

Ai fini dell’esatta individuazione del punto di prelievo dei reflui dell’impianto di smaltimento, rilevante ai fini del controllo sull’eventuale superamento dei limiti tabellari, l’art. 34, comma 3, del D. Lgs. n. 152/1999 fissa inequivocabilmente il punto posto “subito dopo l’uscita dallo stabilimento o dall’impianto di trattamento”. Ove lo stabilimento sia costituito da un complesso ed articolato sistema di depurazione, composto da una pluralità di passaggi intermedi prima dell’immissione delle acque nel corpo ricettore, il punto di misurazione va pertanto individuato nei tratti terminali del canale di scarico, immediatamente precedenti lo sbocco nel corpo ricettore. La provincia, ove intenda qualificare una parte dell’impianto (nello specifico, la cokeria) come funzionalmente autonomo, è tenuta a imporre preventivamente la separazione dello specifico scarico dalle acque di raffreddamento o di lavaggio, configurandolo al contempo come “parziale” ai sensi del D. Lgs. n. 152/99 oppure fissando, in sede di autorizzazione, ulteriori e più stringenti prescrizioni tecniche ex art. 45, comma 9, all’insegna della migliore tecnologia disponibile (da descriversi esattamente e, soprattutto, da individuarsi alla stregua dei principi di proporzionalità e di precauzione).

CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 9 settembre 2005, (C.C.15/03/2005), Sentenza n. 4648




REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

N. 4648/05 REG.DEC.

N. 4394 REG.RIC.

ANNO 2004


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta ha pronunciato la seguente




DECISIONE


sul ricorso in appello n. 4394 del 2004 proposto dalla PROVINCIA DI TARANTO, costituitasi in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Umberto Braga e Cesare Semeraro, elettivamente domiciliata in Roma, alla via Portuense n. 104, presso la Signora De Angelis;

contro

la ILVA S.P.A., costituitasi in persona del Consigliere delegato l.r. p.t., rappresentata e difesa dall’avv. F. Perli, elettivamente domiciliata in Roma, alla via IV Novembre n. 149, presso lo studio Berenghi & Strombino;


e nei confronti
dell’AZIENDA SANITARIA LOCALE TA/1,
non costituitasi in giudizio;


per la riforma
della sentenza n. 1007 del 4-5.2.2004, pronunciata tra le parti dal Tribunale amministrativo regionale della Puglia, sezione staccata di Lecce, sez. I;


Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della società intimata;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Vista l’ordinanza n. 2799 del 15.6.2004, con la quale la Sezione ha disposto l’effettuazione, in sede cautelare, di una verificazione tecnica, da svolgersi nel contraddittorio delle parti;
Vista l’ordinanza, in pari data, con cui è stata respinta l’istanza di sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata, domandata dall’amministrazione appellante;
Visti gli atti tutti della causa;
Designato relatore il consigliere Gabriele Carlotti;
Uditi alla pubblica udienza del 15.3.2005 l’avv. U. Braga per l’amministrazione provinciale ricorrente e l’avv. F. Perli per l’Ilva S.p.a.;


Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.


FATTO E DIRITTO


1. Viene in decisione l’appello promosso dall’amministrazione provinciale di Taranto avverso la sentenza, in forma semplificata, con cui il T.a.r. della Puglia, sedente in Lecce, accolse il ricorso proposto dalla Ilva S.p.a. (d’ora innanzi, “Ilva”) contro l’ordinanza del Presidente della Provincia appellante, n. 76 del 6.11.2003, recante l’ordine di procedere all’adozione immediata - e, comunque, non oltre trenta giorni dalla notifica del provvedimento - di tutte le misure idonee al ripristino dei valori limite, tabellarmente previsti dal D.Lgs. n. 152/1999.


2. Nel giudizio così promosso, si è costituita l’Ilva contestando tutte le deduzioni avversarie e concludendo per l’integrale reiezione del gravame.


3. All’udienza del 15.3.2005 il ricorso è stato trattenuto in decisione.


4. Per la migliore intelligenza delle questioni devolute alla cognizione della Sezione giova premettere alla successiva esposizione una breve ricostruzione dei fatti di causa.


5. Con l’ordinanza presidenziale impugnata in prime cure la Provincia di Taranto impose all’Ilva l’adozione immediata e, comunque, non oltre trenta giorni dalla notifica dell’atto, di tutte le misure idonee al ripristino dei valori limite, tabellarmente previsti dal D.Lgs. n. 152/1999, in relazione allo scarico delle acque effluenti dall’impianto di cokeria, situato all’interno alla stabilimento siderurgico gestito dalla società appellata.


5.1. In dettaglio, il provvedimento provinciale poggiava su una base istruttoria rappresentata dagli accertamenti analitici, eseguiti dal Presidio multizonale di prevenzione della A.s.l. TA/1 di Taranto e compendiati nella nota del 30.9.2003, prot. n. 2167/03: da questi esami era emerso che i reflui, prelevati «in uscita dallo impianto COK contrassegnato con la lett. A» nel periodo gennaio-giugno 2003, contenevano selenio in misura a quella massima consentita dalla Tabella 3, dell’All. 5, del D.Lgs. n. 152/1999.


5.2. L’Ilva insorse avverso l’ordinanza avanti al T.a.r. pugliese ed il primo giudice accolse il ricorso sul principale rilievo dell’illegittimo utilizzo da parte dell’amministrazione provinciale di risultati di controlli analitici effettuati sulle acque di un collettore di scarico della cokeria, denominato “canale A”, non corrispondente al punto di misurazione individuato dagli artt. 28, comma 3, e 34, comma 4, del D.Lgs. n. 152/1999.


5.3. Più in particolare, il Collegio leccese osservò come nella fattispecie, considerato il complesso ed articolato sistema di depurazione in funzione presso l’Ilva di Taranto (composto da una pluralità di passaggi intermedi prima dell’immissione delle acque depurate nel corpo ricettore), l’uscita dallo stabilimento e dall’impianto di trattamento – ossia, laddove il D.Lgs. n. 152/199 fissa il punto di misurazione dei reflui generati dal ciclo produttivo - dovesse individuarsi nei tratti terminali del canale di scarico, denominato “Canale 1” ed articolato in due segmenti finali (cc.dd. “chiarificatori longitudinali”), immediatamente precedenti lo sbocco dello scarico nel Mar Grande; di qui il giudizio consequenziale di irrilevanza, ai fini dell’applicazione della normativa menzionata, di prelievi eseguiti in punti differenti.


5.4. Il T.a.r. affermò altresì che la metodologia seguita nello stabilimento dell’Ilva per la depurazione dei reflui, essenzialmente consistente in un trattamento di tipo biologico, fosse quella «pacificamente più idonea» all’abbattimento degli inquinanti specifici delle acque di scarico delle cokerie.


5.5. La Provincia di Taranto ha impugnato la decisione del T.a.r. della Puglia, lamentandone (primo motivo) la pretesa erroneità per non aver dichiarato inammissibile il ricorso, attesa la natura di generica diffida ad adempiere dell’ordinanza impugnata in prime cure.


L’amministrazione appellante ha altresì dedotto l’erronea individuazione da parte del Tribunale del punto di misurazione, rilevante ai fini del controllo sull’eventuale superamento dei limiti tabellari; in particolare, a detta della Provincia, il primo giudice avrebbe non correttamente identificato, ai sensi dell’art. 28, comma 5, del D.Lgs. n. 152/1999 e dell’art. 4 dell’All. B del D.M. n. 267 del 6.11.2003, il punto di prelievo degli scarichi effluenti dalla cokeria – da reputarsi impianto produttivo autonomo per l’importanza qualitativa e quantitativa degli inquinanti prodotti – nella parte terminale del grande canale aperto, di ampia portata, posto fuori dal perimetro dell’Ilva e non facente parte del complesso siderurgico, in quanto destinato ad accogliere anche i reflui di altri impianti operanti nella medesima area industriale. Diversamente opinando – ha soggiunto l’amministrazione ricorrente – si consentirebbe all’Ilva di eludere agevolmente il rigore della normativa; all’uopo sarebbe infatti sufficiente usare l’accortezza di diluire lle acque di processo mediante la miscelazione delle stesse con quelle di raffreddamento, prima dell’immissione dei relativi scarichi nel corpo idrico finale.


Infine la Provincia di Taranto ha negato di essere incorsa in alcuna contraddittorietà (rilevata invece dal T.a.r.) per aver revocato nel 2002 una precedente ordinanza risalente al 2001 (la n. 69 del 29.11.2001), di contenuto analogo a quella annullata con la sentenza impugnata.


6. L’appello è infondato e non merita accoglimento.


7. È manifestamente priva di pregio la prima censura: ed invero, non è revocabile in dubbio la diretta e concreta lesività di un’ordinanza, come quella oggetto del contendere, che rechi la comminazione, per il caso d’inosservanza del precetto ivi contenuto, di misure autoritative di ripristino, da adottarsi in danno del destinatario.


A torto, quindi, la Provincia di Taranto ha dubitato dell’interesse a ricorrere dell’Ilva.


8. Una volta sgombrato il campo da siffatta eccezione, occorre soffermarsi sul punto centrale della lite, concernente l’esatta collocazione, con specifico riferimento allo stabilimento siderurgico gestito dalla società appellata, del punto di misurazione degli scarichi, siccome individuato dagli artt. 28, comma 3, e 34, comma 4, del D.Lgs. 11.5.1999, n. 152 (Disposizioni sulla tutela delle acque dall'inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole).


8.1. Le disposizioni sunnominate rispettivamente recitano: «Gli scarichi devono essere resi accessibili per il campionamento da parte dell'autorità competente per il controllo nel punto assunto per la misurazione. La misurazione degli scarichi, salvo quanto previsto al comma 3 dell'articolo 34, si intende effettuata subito a monte del punto di immissione in tutte le acque superficiali e sotterranee, interne e marine, nonché in fognature, sul suolo e nel sottosuolo» e «Per le acque reflue industriali contenenti le sostanze della tabella 5 dell'allegato 5, il punto di misurazione dello scarico si intende fissato subito dopo l'uscita dallo stabilimento o dall'impianto di trattamento che serve lo stabilimento medesimo. L'autorità competente può richiedere che gli scarichi parziali contenenti le sostanze della tabella 5 dell'allegato 5 siano tenuti separati dallo scarico generale e disciplinati come rifiuti, ai sensi del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modifiche e integrazioni. Qualora, nel caso di cui all'articolo 45, comma 2, secondo periodo, l'impianto di trattamento di acque reflue industriali che tratta le sostanze pericolose di cui alla tabella 5 dell'allegato 5, riceva scarichi provenienti da altri stabilimenti o scarichi di acque reflue urbane, contenenti sostanze diverse non utili ad una modifica o riduzione delle sostanze pericolose, in sede di autorizzazione l'autorità competente dovrà ridurre opportunamente i valori limite di emissione indicati nella tabella 3 dell'allegato 5 per ciascuna delle predette sostanze pericolose indicate in tabella 5, tenendo conto della diluizione operata dalla miscelazione dei diversi scarichi».


8.2. Il compito della Sezione è, dunque, quello di stabilire quale sia, nello specifico, «l’uscita dello stabilimento o dall’impianto di trattamento che serve lo stabilimento medesimo» ovvero, in altri termini, se il prelievo dei campioni di acqua, onde controllarne la conformità ai limiti tabellari, dovesse effettuarsi (come è accaduto) in corrispondenza dell’uscita dei reflui dall’impianto di cokeria (secondo la tesi patrocinata dalla Provincia) o, piuttosto, immediatamente prima dell’immissione degli stessi nel mare, allo sbocco del Canale 1, una volta depurati all’interno dello stabilimento.


8.3. All’uopo soccorrono, in fatto, gli accertamenti compiuti dal funzionario incaricato di verificare e di descrivere, su ordine della Sezione, la strutturazione del sistema di depurazione approntato all’interno del complesso siderurgico in questione.


8.4. Il verificatore, delegato dal Direttore generale dell’A.R.P.A. Puglia, ha chiarito che:


- il sistema di depurazione dei reflui generati dallo stabilimento si sviluppa per decine di chilometri ed è costituito da una complessa rete formata dalle varie condotte di raccolta delle acque prodotte da quindici diversi impianti (otto dei quali confluiscono nel suddetto Canale 1);


- l’acqua di lavaggio gas di cokeria, fortemente inquinata, è sottoposta ad un iniziale trattamento di “strippaggio” nelle distillatrici dell’ammoniaca, seguito da una depurazione di tipo biologico “a fanghi attivi” che restituisce acqua, non ancora perfettamente depurata, destinata a rifluire nel Canale A;


- il Canale A (luogo di prelievo, a pie’ dell’impianto di cokeria, utilizzato dal P.M.P. della A.s.l. TA/1 di Taranto) s’immette in un collettore e questo confluisce, dopo un percorso di circa 4.500 metri e dopo la miscelazione con le acque prodotte dagli altri impianti, nel Canale 1, lungo 540 metri e poi sfociante in mare;


- nei chiarificatori longitudinali i reflui provenienti dai vari impianti subiscono un ulteriore trattamento, ancorché esclusivamente di tipo fisico (consistente nella precipitazione del particolato e nell’affioramento delle sostanze oleose, fermate dalle barriere di trattenimento esistenti).


9. Alla luce di tali premesse, il Collegio giudica non corretto il punto di misurazione individuato dall’A.s.l. di Taranto.


9.1. A ben vedere, infatti, il Canale 1 – costruito «nel 1985 per poter adeguare gli scarichi … alla tabella “A” della Legge n. 319/1976», così la relazione di verificazione a pag. 4 - rientra nel perimetro territoriale concesso in uso all’Ilva (dall’Autorità portuale di Taranto; v. gli allegati 7, 8, 9 10, ed 11 della relazione sunnominata) ed i chiarificatori di cui esso si compone sono parte integrante dell’impianto di smaltimento servente lo stabilimento siderurgico, sebbene le operazioni di depurazione, alle quali concorrono, siano in realtà poco efficaci perché di natura meramente fisica (sedimentazione del particolato e filtro delle sostanze oleose); quest’ultima circostanza tuttavia, ancorché astrattamente rilevante ad altri fini amministrativi, non interferisce con il distinto profilo dell’esatta individuazione del punto di prelievo che l’art. 34, comma 3, del D.Lgs. n. 152/1999 fissa inequivocabilmente nel punto posto «subito dopo l’uscita dallo stabilimento o dall'impianto di trattamento» e, quindi, nel caso di specie, immediatamente prima dello sversamento nel Mar Grande.


9.2. In questo quadro la tesi della Provincia di Taranto, mirante a qualificare la cokeria come impianto funzionalmente autonomo, non è condivisibile, giacché a tal fine l’amministrazione avrebbe dovuto preventivamente imporre all’Ilva la separazione dello specifico scarico dalle acque di raffreddamento o di lavaggio, configurandolo al contempo come “parziale” ai sensi della ridetta normativa (incidentalmente si osserva come la tesi dell’Ilva in ordine all’asserita inapplicabilità, in questa parte, degli artt. 28, comma 5, e 34, comma 4, del d.lgs. n. 152/1999 muove, in realtà, dall’erronea sussunzione del caso in esame nella disciplina speciale sui consorzi tra stabilimenti, dettata dall’art. 45, comma 2, del decreto citato) oppure fissando, in sede di autorizzazione, ulteriori e più stringenti prescrizioni tecniche ex art. 45, comma 9, all’insegna della migliore tecnologia disponibile (da descriversi esattamente e, soprattutto, da individuarsi alla stregua dei principi di proporzionalità e di precauzione).


9.3. Non conduce a diverse conclusioni la circostanza, del pari segnalata dal funzionario incaricato della verificazione (v. a pag. 3 della relazione e gli allegati 14 e 15), che nel collettore A confluisca anche lo scarico dell’impianto pubblico di depurazione del Comune di Taranto, denominato “Bellavista”, sia perché tale allacciamento venne essenzialmente imposto al locale Consorzio per l’Area di Sviluppo Industriale (v. la nota dell’Ente autonomo per l’acquedotto pugliese del 16.5.1990) e, quindi, all’Ilva (e non può dunque ravvisarsi in siffatta confluenza il tentativo della società appellata di attuare un’indebita diluizione dei reflui) sia, soprattutto, perché l’entità di tale scarico è comunque minima rispetto alla portata di quello dello stabilimento e, pertanto, inidonea ad abbattere la percentuale degli inquinanti ivi eventualmente contenuti.


9.4. Per le ragioni che precedono, l’appello della Provincia di Taranto va respinto nella sua interezza.


10. Sussistono giustificate ragioni per compensare tra le parti le spese di lite del grado, ad eccezione di quelle occorse per effettuare la verificazione (già liquidate con l’ordinanza n. 5111 del 19.10.2004 ed anticipate in via provvisoria dalla Provincia di Taranto), che restano definitivamente a carico dell’ente appellante.


P.Q.M.


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando, respinge l’appello in epigrafe.


Compensa in parte le spese di lite del grado, ad eccezione di quelle relative alla verificazione tecnica esperita nel corso del giudizio, che vengono poste a carico della Provincia di Taranto a titolo definitivo nella misura già liquidata con precedente ordinanza.


Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.


Così deciso in Roma dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, nella camera di consiglio del 15.3.2005, con l'intervento dei magistrati:


Raffaele Iannotta - Presidente
Raffaele Carboni - Consigliere
Giuseppe Farina - Consigliere
Paolo Buonvino - Consigliere
Gabriele Carlotti - Consigliere estensore.


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE IL SEGRETARIO

f.to Gabriele Carlotti f.to Raffaele Iannotta f.to Gaetano Navarra



DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 9 settembre 2005
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

p. IL DIRIGENTE
f.to Livia Patroni Griffi






M A S S I M E

Sentenza per esteso


1) Acqua e inquinamento idrico – Scarichi - Punto di prelievo – Individuazione – Art. 34, c. 3, D. Lgs. 152/99 – Qualificazione di parte dell’impianto come impianto funzionalmente autonomo – Condizioni. Ai fini dell’esatta individuazione del punto di prelievo dei reflui dell’impianto di smaltimento, rilevante ai fini del controllo sull’eventuale superamento dei limiti tabellari, l’art. 34, comma 3, del D. Lgs. n. 152/1999 fissa inequivocabilmente il punto posto “subito dopo l’uscita dallo stabilimento o dall’impianto di trattamento”. Ove lo stabilimento sia costituito da un complesso ed articolato sistema di depurazione, composto da una pluralità di passaggi intermedi prima dell’immissione delle acque nel corpo ricettore, il punto di misurazione va pertanto individuato nei tratti terminali del canale di scarico, immediatamente precedenti lo sbocco nel corpo ricettore. La provincia, ove intenda qualificare una parte dell’impianto (nello specifico, la cokeria) come funzionalmente autonomo, è tenuta a imporre preventivamente la separazione dello specifico scarico dalle acque di raffreddamento o di lavaggio, configurandolo al contempo come “parziale” ai sensi del D. Lgs. n. 152/99 oppure fissando, in sede di autorizzazione, ulteriori e più stringenti prescrizioni tecniche ex art. 45, comma 9, all’insegna della migliore tecnologia disponibile (da descriversi esattamente e, soprattutto, da individuarsi alla stregua dei principi di proporzionalità e di precauzione). Pres. Iannotta, Est. Carlotti – Provincia di Taranto (Avv.ti Braga e Semeraro) c. ILVA s.p.a. (Avv. Perli) (Conferma T.A.R. PUGLIA, Lecce n. 1007/2004) - CONSIGLIO DI STATO, Sez. V – 9 settembre 2005 (c.c. 15.3.2005), sentenza n. 4648