Corte di cassazione - Ufficio del Massimario e del Ruolo
Relazione n. 13 del 17 marzo 2021
Abrogazione della disciplina igienica della produzione e vendita di sostanze alimentari (l. n. 283 del 1962 e succ. modif.) ad opera del d.lgs. n. 27 del 2021
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
UFFICIO DEL MASSIMARIO E DEL RUOLO
Servizio Penale
Relazione su novità normativa
Abrogazione della disciplina igienica della produzione e vendita di sostanze alimentari (l. n. 283 del 1962 e succ. modif.) ad opera del d.lgs. n. 27 del 2021
Rel.: n. 13/21 Roma, 17 marzo 2021
Sommario: 1. Il d.lgs. n. 27 del 2021 e l’abrogazione della l. n. 283 del 1962. – 1.1. Le contravvenzioni alimentari abrogate. - 2. Le ricadute dell’ abrogatio criminis: la sussistenza o meno dell’obbligo di trasmissione degli atti all’autorità amministrativa. - 3. Il possibile eccesso di delega in riferimento all’art. 12, comma 3, l. n. 117 del 2019.
1. I l d.lgs. n. 27 del 2021 e l’abrogazione della l. n. 283 del 1962.
Il decreto legislativo 2 febbraio 2021, n. 27, recante « Disposizioni per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2017/625 ai sensi dell’articolo 12, lettere a), b), c), d) ed e) della legge 4 ottobre 2019, n. 117» (pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 60 dell’11 marzo 2021), all’art. 18 (« Abrogazioni»), dispone, tra l’altro, l’espressa abrogazione:
-
alla lett. b), della « legge 30 aprile 1962, n. 283 1 , recante modifica degli articoli 242, 243, 247, 250 e 262 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265: disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande , fatte salve le disposizioni di cui agli articoli 7, 10 e 22 »;
-
alla lett. c), della « legge 26 febbraio 1963, n. 441 2 , recante modifiche ed integrazioni alla legge n. 283 del 1962, fatta salva la disposizione di cui all’articolo 7 »;
-
alla lett. d), del « decreto del Presidente della Repubblica 26 marzo 1980, n. 327, recante regolamento di esecuzione della legge 30 aprile 1962, n. 283, e successive modificazioni, in materia di disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande ».
Come noto, l’abrogata l. n. 283 del 1962 – che, peraltro, subì corpose modifiche ad opera della l. n. 441 del 1963 cit., anch’essa oggi espressamente abrogata – reca[va] la disciplina generale, preventiva e repressiva, sull’igiene degli alimenti prevedendo, tra l’altro, numerose contravvenzioni di pericolo contro la salute pubblica (artt. 5 e 6): bene giuridico la cui rilevanza costituzionale (art. 32 Cost.) ha giustificato l’arretramento della punibilità delle relative fattispecie di reato alla sola detenzione di sostanze “sensibilmente pericolose”, con ciò costituendo il primo fronte di tutela penale lungo la filiera agroalimentare rispetto ai più gravi delitti codicistici di comune pericolo mediante frode (artt. 439 ss. c.p.) applicabili, per lo più, quando gli eventi si sono già verificati.
A differenza di quanto accadde dieci anni fa – allorché in esito ai cd. decreti “taglia-leggi” 3 si diffuse la convinzione, errata (v.Relazione su novità normativa di questo Ufficio n. III/02/2011 del 19 gennaio 2011; Sez.3, n. 9276 del 19/1/2011, Facchi, Rv. 249783-01 4 e Sez.3, n. 46183 del 23/10/2013, Capraro, Rv. 257634-01 5 ), della (accidentale) abrogazione della l. n. 283 del 1962 (tesi incidenter affermata da Sez.3, n. 12572 del 25/2/2010, non massimata) stavolta l’abrogazione (abolitiva) è indubbia, vertendosi in sicura ipotesi di abolitio criminis integrale.
Pertanto, dal 26 marzo 2021, dopo l’ordinario termine di vacatio legis, risulteranno soppresse le disposizioni penalistico-sanzionatorie di cui agli artt. 5, 6, 12 e 12- bis della l. n. 283 del 1962 finora poste a presidio del cd. ordine alimentare, volto ad assicurare, perseguendo un autonomo fine di benessere, una protezione immediata all’interesse del consumatore a che il prodotto giunga al consumo con le cure igieniche imposte dalla sua natura (cosi, Sez.3, n. 19686 del 21/3/2018, Di Pilato, non massimata).
In applicazione del principio di retroattività della lex mitior (artt. 3 Cost. e 2, comma 2, cod. pen.), i processi penali ancora pendenti in cassazione per fatti-reato (v. postea § 1.1) commessi prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 27 del 2021 andranno definiti con sentenza di assoluzione perché il fatto non è [più] previsto dalla legge come reato (art. 530, comma 1, cod. proc. pen.); per quelli già definiti con sentenza irrevocabile di condanna, cessa invece l’esecuzione della pena (principale ed accessoria), con sua revoca da parte del giudice dell’esecuzione, e vengono meno gli altri effetti penali della condanna (art. 673 cod. proc. pen.).
1.1. Le contravvenzioni alimentari abrogate.
I reati rientranti nell’orbita della norma abolitrice in disamina sono, principalmente, quelli elencati nell’art. 5 l. n. 283 del 1963, costituente la base normativa per la prevenzione e la repressione penale degli illeciti alimentari, laddove vieta[va] (alternativamente) l’impiego, la vendita o la somministrazione di sostanze alimentari e bevande:
a) private, anche in parte, dei propri elementi nutritivi o mescolate a sostanze di qualità inferiore o comunque trattate in modo da variarne la composizione naturale;
b) in cattivo stato di conservazione;
c) con cariche microbiche superiori ai limiti consentiti;
d) insudiciate, invase da parassiti, in stato di alterazione o comunque nocive, ovvero sottoposte a lavorazioni o trattamenti diretti a mascherare un preesistente stato di alterazione;
[…]
g) con aggiunta di additivi chimici di qualsiasi natura non autorizzati o non rientranti nelle prescrizioni;
h) che contengano residui di prodotti, usati in agricoltura per la protezione delle piante e a difesa delle sostanze alimentari immagazzinate, tossici per l’uomo.
A tali precetti, il successivo art. 6 annette[va] le sanzioni penali contravvenzionali, principali (arresto fino ad un anno od ammenda da 309 a 30.987 euro; arresto da tre mesi ad un anno e ammenda da 2.582 a 46.481 euro quanto alle più gravi violazioni di cui alle lett. d) ed h) ed accessorie (pubblicazione della sentenza di condanna) escludendo, altresì, in caso di frode tossica o comunque dannosa per la salute, l’applicazione dei benefici della sospensione condizionale e dell’estinzione della pena per decorso del tempo. L’art. 12-bis completa[va] il quadro sanzionatorio accessorio attribuendo al giudice, in caso di particolare gravità e di pericolo per la salute pubblica, ovvero di recidiva specifica, di disporre, in sede di condanna, la chiusura dello stabilimento o dell’esercizio e la revoca della licenza o dell’autorizzazione.
È abrogata, altresì, la contravvenzione di cui al successivo art. 12, che vieta[va] l’introduzione di sostanze destinate all’alimentazione non rispondenti ai requisiti di legge.
Resta in vigore solamente la contravvenzione – di risalente (e rara) applicazione (da ultimo: Sez.6, n. 7118 del 16/1/1979, Mannucci, Rv. 142703-01) – di cui all’art. 10 della l. n. 283 del 1962 – norma espressamente eccettuata dall’art. 18, lett. b), del d.lgs. n. 27 del 2021 – che punisce con l’ammenda chiunque produce, vende o mette in commercio sostanze alimentari o carta ed imballaggi destinati ad involgere le sostanze stesse od oggetti di uso personale o domestico colorati con colori non autorizzati.
2. Le ricadute dell’ abrogatio criminis : la sussistenza o meno dell’obbligo di trasmissione degli atti all’autorità amministrativa.
Il d.lgs. n. 27 del 2021 non sembra affatto aver perseguito una (intenzionale) politica di depenalizzazione delle contravvenzioni alimentari con contestuale loro trasformazione in illeciti amministrativi (ed annesso regime transitorio), essendosi piuttosto il legislatore delegato limitato ad abrogare – recependo sul punto la proposta dell’intesa Stato-Regioni – la l. n. 283 del 1962 e succ. modif. nel contesto del riordino della disciplina domestica in materia dei controlli ufficiali sugli alimenti e mangimi. Né, d’altro canto, una tale volontà depenalizzatrice era stata esplicitata dal legislatore delegante, che non aveva affatto formalizzato alcun principio o criterio direttivo in tal senso, ma anzi aveva impartito criteri direttivi di opposto tenore che facevano salve le norme penali vigenti (donde la non implausibile sussistenza del vizio di eccesso di delega, su cui postea § 3).
Va anche aggiunto che, a seguito della soppressione della l. n. 283 del 1962 – e, in particolare, dell’abrogazione (abolitiva) degli artt. 5, 6, 12 e 12-bis – in luogo delle succitate contravvenzioni alimentari, i (sottostanti o concomitanti) illeciti amministrativi pecuniari appaiono poter trovare (episodica) applicazione solo nella misura in cui siano ravvisabili singole violazioni contestabili, di volta in volta, a seconda dell’operatore alimentare interessato o dello specifico comparto coinvolto ovvero della fase produttiva: come le violazioni in materia di informazioni commerciali degli alimenti (d.lgs. 15 dicembre 2017, n. 231 6 ), quelle sull’omessa tracciabilità (art. 2 d.lgs. 6 novembre 2006, n. 190 7 , in riferimento all’art. 18 del regolamento CE del Parlamento e del Consiglio 28 gennaio 2002, n. 178 8 ) o in tema di HACCP 9 (art. 6 d.lgs. 6 novembre 2007, n. 2007 10 ).
In altre parole, la “derubricabilità” in altrettanti illeciti amministrativi dei tralatizi fatti-reato articolati in una delle lettere componenti l’art. 5 l. n. 283 del 1962 non è né automatica né necessitata: non è praticabile in via generale, perché in subiecta materia non esiste un (primo) fronte di tutela amministrativa dal simmetrico contenuto omnicomprensivo. Le forme di “reazione” apprestate, in campo alimentare, a mero titolo amministrativo-sanzionatorio (in recepimento, per lo più, di regolamenti comunitari) sono “segmentate” per singolo comparto o per singola sostanza o processo tecnologico e si connotano in termini di marcata specialità tant’è che la loro intrinseca frammentarietà e tassatività non sarebbe neppure superabile per via analogica (non consentita ex art. 14 prel.); non è dato ricercare né il carattere di esatta corrispondenza contenutistica rispetto all’abrogato statuto punitivo alimentare, né soprattutto è dato verificare l’esistenza di identici precetti amministrativi a livello di descrizione delle condotte.
In definitiva, la futuribile perseguibilità a titolo (d’ora in poi esclusivamente) amministrativo degli illeciti alimentari già costituenti reato ex artt. 5 e 6 l. n. 283 del 1962 appare essere solo accidentale e pulviscolare, a seconda del caso di specie.
Ciò basterebbe, già dal punto di vista metodologico, ad escludere l’obbligo del giudice (anche di legittimità) di trasmettere, in esito alla sentenza di proscioglimento per ius supeveniens, gli atti all’autorità amministrativa competente, in difetto di una espressa opzione “depenalizzatrice” compiuta dal legislatore delegato.
Pertanto, in relazione ai processi penali pendenti in cassazione per le abolite contravvenzioni alimentari, al quesito se, all’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per non essere il fatto [più] previsto dalla legge come reato (v. supra § 1), segua l’obbligo per il giudice di legittimità di trasmettere gli atti all’autorità amministrativa competente a sanzionare l’illecito amministrativo, pare doversi dare risposta negativa.
Peraltro, come autorevolmente affermato dal giudice nomofilattico, qualora la legge di “depenalizzazione” – tale non potendo neppure definirsi quella in disamina, come appena rilevato – non preveda norme transitorie analoghe a quelle di cui agli artt. 40 e 41 l. 24 novembre 1981, n. 689 (la cui operatività è limitata agli illeciti da essa depenalizzati e non riguarda gli altri casi di depenalizzazione), il giudice penale non ha l’obbligo di trasmettere gli atti all’autorità amministrativa competente a sanzionare l’illecito amministrativo (Sez. U, n. 25457 del 28/6/2012, Campagne Rudie, Rv. 252694-01).
3. Il possibile eccesso di delega in riferimento all’art. 12, comma 3, l. n. 117 del 2019.
Il d.lgs. n. 27 del 2021 è stato emanato in attuazione della legge di delegazione europea n. 117 del 2019 la quale, all’art. 12, comma 3, oltre a prevedere il rispetto dei principi e criteri direttivi generali di cui all’art. 32 della l. 24 dicembre 2012, n. 234, fissava principi e criteri direttivi specifici per l’adeguamento, con uno o più decreti legislativi, della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento UE n. 625/2017 in tema di controlli ufficiali in materia di alimenti e mangimi.
Ab initio lo schema di decreto legislativo sottoposto dall’esecutivo il 2 novembre 2020 al previsto parere parlamentare 11 non recava, nell’originario art. 13, l’abrogazione della l. n. 283 del 1962, la quale è stata infine inserita, in uno con l’abrogazione della legge modificativa n. 441 del 1963, in esito all’intesa sancita dalla Conferenza Stato-Regioni nella seduta del 3 dicembre 2020 12 .
La definitiva abrogazione, ad opera dell’art. 18, comma 1, lett. b) e c), d.lgs. n. 27 del 2021 della l. n. 283 del 1962 e succ. modif., sembra dunque configurare il vizio procedurale di eccesso di delega rilevabile, previo promovimento di incidente di costituzionalità in via incidentale, in riferimento all’art. 76 Cost. in ragione del mancato rispetto dei principi e criteri direttivi generali e specifici impartiti dal Parlamento.
Con riguardo ai principi e criteri direttivi generali di delega per l’attuazione del diritto Ue – il cui rispetto da parte del legislatore delegato era imposto ai sensi dell’art. 12, comma 3, l. n. 117 del 2019 – si fa rilevare che il richiamato art. 32, comma 1, della l. n. 234 del 2012 prevedeva che:
«1. Salvi gli specifici principi e criteri direttivi stabiliti dalla legge di delegazione europea e in aggiunta a quelli contenuti nelle direttive da attuare, i decreti legislativi di cui all’articolo 31 sono informati ai seguenti principi e criteri direttivi generali: […]
d) al di fuori dei casi previsti dalle norme penali vigenti , ove necessario per assicurare l’osservanza delle disposizioni contenute nei decreti legislativi, sono previste sanzioni amministrative e penali per le infrazioni alle disposizioni dei decreti stessi. […]».
Si poneva, quindi, a monte, un limite generale, per l’esecutivo, di rispetto dei casi previsti dalle norme penali vigenti (nella specie quelli di cui agli artt. 5 e 6 della l. n. 283 del 1962), col logico divieto di loro abrogazione (espressa o tacita). Una conferma di tale limite lo si ricava, sistematicamente, all’art. 2 della stessa l. n. 117 del 2019 che, nel prevedere una delega generale al governo per la disciplina sanzionatoria di violazioni di atti normativi dell’Unione europea, fa espressamente salve, anche in questo caso, le « norme penali vigenti».
Con riguardo, poi, ai principi e criteri direttivi specifici imposti dal Parlamento ai fini dell’esercizio della delega legislativain subiecta materia, l’ art. 12, comma 3, della l. n. 117 del 2019, per quel che qui rileva, conferiva all’esecutivo il potere:
-
alla lett. a), di « adeguare e raccordare le disposizioni nazionali vigenti alle disposizioni del regolamento (UE) 2017/625, con abrogazione espressa delle norme nazionali incompatibili e mediante coordinamento e riordino di quelle residue »;
-
alla lett. i), di « ridefinire il sistema sanzionatorio per la violazione delle disposizioni del regolamento 2017/625 attraverso la previsione di sanzioni amministrative efficaci, dissuasive, proporzionate alla gravità delle violazioni medesime ».
A questa stregua, la l. n. 283 del 1962 e la successiva l. n. 441 del 1963 – e, segnatamente, le previsioni penal-sanzionatorie di cui agli artt. 5, 6, 12 e 12-bis – non si ponevano affatto in rapporto di incompatibilità con le disposizioni (procedurali) del regolamento (UE) 2017/625, né si rinviene alcuna situazione di oggettiva incertezza nella ricostruzione del coerente significato dei suesposti principi e criteri direttivi tale da giustificare, nella fase attuativa, il legittimo esercizio di una qualche forma di discrezionalità spettante al governo nella fase di attuazione della delega (in tali casi, sull’accentuata responsabilità del legislatore delegato nel compiere scelte di “riempimento” normativo: v. Corte Cost. n. 278 del 2016 e n. 127 del 2017).
Potrebbe dubitarsi, pertanto, della legittimità costituzionale dell’art. 18, comma 1, lett. b) e c), d.lgs. n. 27 del 2021, in riferimento all’art. 76 Cost., poiché l’esercizio del potere delegato, mediante la disposta abrogazione della l. n. 283 del 1962 e della successiva l. n. 441 del 1963, sembra essere avvenuto in situazione di eccesso di delega, per mancato rispetto dei principi e criteri direttivi, generali e specifici, posti dall’art. 23 della l. n. 117 del 2019. Invero, nell’ipotesi di norme legislative emanate in carenza di potere ovvero in difetto di delega, in base alla giurisprudenza costituzionale, l’atto affetto da vizio radicale nella sua formazione è inidoneo ad innovare l’ordinamento e, quindi, anche ad abrogare la precedente normativa (v. Corte Cost. n. 123 del 2011, n. 361 del 2010 e n. 32 del 2014, con riferimento all’omologo vizio procedurale della violazione dell’art. 77, comma 2, Cost.).
Alla caducazione delle norme legislative emanate in difetto di delega, come conseguenza della declaratoria di illegittimità costituzionale, seguirebbe la riespansione della normativa precedente (Corte Cost. n. 5 del 2014 e n. 162 del 2012), in conseguenza dell’inidoneità dell’atto, per il radicale vizio procedurale che lo inficia, a produrre effetti abrogativi anche per modifica o sostituzione (Corte Cost. n. 32 del 2014).
A fronte del prospettabile vizio procedurale di cui all’art. 76 Cost., occorre nondimeno porsi il problema, tanto rispetto ai fatti pregressi quanto rispetto a quelli concomitanti, del rispetto del principio di riserva di legge in materia penale (art. 25, comma 2, Cost.), quale limite all’ammissibilità di questioni di costituzionalità aventi effetti in malam partem derivanti dalla “reviviscenza” delle norme incriminatrici abolite (v. Corte Cost. n. 148 del 1983 e n. 394 del 2006).
In realtà, i due parametri costituzionali vanno letti in “combinato” tra loro non essendo l’uno (art. 76 Cost.) subvalente rispetto all’altro (art. 25, comma 2, Cost.), poiché il difetto di delega legislativa, se esistente, «comporterebbe un esercizio illegittimo da parte del Governo della funzione legislativa. L’abrogazione della fattispecie criminosa mediante un decreto legislativo, adottato in carenza o in eccesso di delega, si porrebbe, infatti, in contrasto con l’ art. 25, comma 2, Cost., che demanda in via esclusiva al Parlamento, in quanto rappresentativo dell’intera collettività nazionale, la scelta dei fatti da sottoporre a pena e delle sanzioni loro applicabili, precludendo al Governo scelte di politica criminale autonome o contrastanti con quelle del legislatore delegante. Se si escludesse il sindacato costituzionale sugli atti legislativi adottati dal Governo anche nel caso di violazione dell’art. 76 Cost., si consentirebbe allo stesso di incidere, modificandole, sulle valutazioni del Parlamento relative al trattamento penale di alcuni fatti. Deve quindi concludersi che, quando, deducendo la violazione dell’art. 76 Cost., si propone una questione di legittimità costituzionale di una norma di rango legislativo adottata dal Governo su delega del Parlamento», il sindacato della Corte Costituzionale «non può essere precluso invocando il principio della riserva di legge in materia penale. Questo principio rimette al legislatore, nella figura appunto del soggetto-Parlamento, la scelta dei fatti da sottoporre a pena e delle sanzioni da applicare, ed è violato qualora quella scelta sia invece effettuata dal Governo in assenza o fuori dai limiti di una valida delega legislativa» (così Corte Costituzionale n. 5 del 2014).
La verifica sull’esercizio da parte del Governo della funzione legislativa delegata, sia in relazione all’ipotesi in cui con lo strumento del decreto legislativo venga introdotta una nuova figura di reato, sia nel caso opposto – come quello qui al vaglio – in cui con il decreto legislativo vengano abrogate una (o più) disposizioni incriminatrici, diviene, allora, strumento di garanzia del rispetto del principio della riserva di legge in materia penale, sancito dall’art. 25, comma 2, Cost. e non può essere limitata in considerazione degli eventuali effetti in peius che una sentenza di accoglimento potrebbe produrre nel giudizio a quo (Corte Cost. n. 5 del 2014 e n. 127 del 2017). Si rischierebbe altrimenti – come già rilevato in più occasioni dalla Consulta (Corte Cost. n. 148 del 1983 e n. 394 del 2006) – di creare zone franche dell’ordinamento, sottratte al controllo di costituzionalità, entro le quali sarebbe di fatto consentito al Governo di effettuare scelte politico-criminali, che la Costituzione riserva al Parlamento, svincolate dal rispetto dei principi e criteri direttivi fissati dal legislatore delegante, eludendo così il disposto dell’art. 25, comma 2, della stessa Costituzione (Corte Cost. n. 5 del 2014).
Per superare il paradosso, ed evitare al tempo stesso eventuali effetti impropri di una pronuncia in malam partem, «occorre quindi distinguere tra controllo di legittimità costituzionale, che non può soffrire limitazioni, se ritualmente attivato secondo le norme vigenti, ed effetti delle sentenze di accoglimento nel processo principale, che devono essere valutati dal giudice rimettente secondo i principi generali che reggono la successione nel tempo delle leggi penali» (Corte Cost. n. 28 del 2010 e n. 5 del 2014).
Alla luce di queste coordinate, la questione di costituzionalità sull’art. 18, lett. b) e c), del d.lgs. n. 27 del 2021 potrebbe ricevere una prognosi non solo di rilevanza ma anche di non manifesta in fondatezza in relazione tanto all’art. 76 Cost. che all’art. 25, comma 2, Cost.
In breve, in sede incidentale, sarebbe allora promuovibile questione di legittimità costituzionalità, per violazione degli artt. 76 e 25, comma 2, Cost., dell’art. 18, comma 1, lett. b) e c), del d.lgs. n. 27 del 2021. L’eventuale accoglimento da parte del giudice delle leggi determinerebbe la “reviviscenza” delle fattispecie contravvenzionali abrogate e del correlato apparato sanzionatorio (principale ed accessorio) di cui agli artt. 5, 6, 12 e 12- bis l. n. 283 del 1962, norme mai validamente abrogate per eccesso di delega.
Quanto agli effetti in malam partem connessi al ripristino dello statuto penale affidato ai reati alimentari de quibus, che (ri)troverebbero applicazione per effetto della reviviscenza della disciplina (invalidamente) abrogata, non sarebbe precluso l’esame nel merito della questione, atteso che la decisione di accoglimento della Corte Costituzionale non farebbe altro che rimuovere gli ostacoli all’applicazione di una disciplina (penale) già stabilita dal legislatore, senza configurare nuove norme penali (v. per tutte Corte Cost. n. 32 del 2014).
Quanto agli effetti sui singoli imputati, sarebbe compito del giudice comune, quale interprete delle leggi, impedire che l’eventuale dichiarazione di illegittimità costituzionale vada a detrimento della loro posizione giuridica, tenendo conto dei principi in materia di successione di leggi penali nel tempo ex art. 2 cod. pen., che implicherebbe l’applicazione della norma penale più favorevole al reo (Corte Cost. n. 5 del 2014), con salvezza, quindi, solo in quanto temporanei, degli effetti abolitivi intermedi frattanto consolidatisi in bonam partem.
Il redattore: Aldo Natalini
Il Vice Direttore
Gastone Andreazza
Allegato: estratto G.U.
D. Lgs. 2 febbraio 2021 n. 27 Disposizioni per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2017/625 ai sensi dell’articolo 12, lettere a), b), c), d) ed e) della legge 4 ottobre 2019, n. 117
Artt.1-17
Omissis
Art. 18. Abrogazioni
1. Sono abrogati i seguenti provvedimenti: a) regio decreto 20 dicembre 1928, n. 3298, recante approvazione del regolamento per la vigilanza sanitaria delle carni; b) legge 30 aprile 1962, n. 283, recante modifica degli articoli 242, 243, 247, 250 e 262 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265: disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande, fatte salve le disposizioni di cui agli articoli 7, 10 e 22; c) legge 26 febbraio 1963, n. 441, recante modifiche ed integrazioni alla legge n. 283 del 1962, fatta salva la disposizione di cui all’articolo 7; d) decreto del Presidente della Repubblica 26 marzo 1980, n. 327, recante regolamento di esecuzione della legge 30 aprile 1962, n. 283, e successive modificazioni, in materia di disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande; e) decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 110, recante attuazione della direttiva 89/108/CEE in materia di alimenti surgelati destinati all’alimentazione umana, limitatamente all’articolo 10 recante importazione alimenti surgelati provenienti da Paesi non appartenenti alla CEE; f) decreto Presidente della Repubblica 14 luglio 1995, recante atto di indirizzo e coordinamento alle regioni e province autonome sui criteri uniformi per l’elaborazione dei programmi di controllo ufficiale degli alimenti e bevande; g) decreto del Ministro della sanità 12 gennaio 1996, n. 119, recante regolamento concernente l’impiego di sale alimentare nelle paste alimentari fresche e secche e nelle paste alimentari speciali con o senza ripieno; h) articolo 8 del decreto-legge 18 giugno 1986, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1986, n. 462, recante misure urgenti in materia di prevenzione e repressione delle sofisticazioni alimentari; i) decreto legislativo 3 marzo 1993, n. 123, recante attuazione della direttiva 89/397/CEE relativa al controllo ufficiale dei prodotti alimentari; l) articolo 8, comma 16 -quater del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, recante disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute; m) decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 156, recante attuazione della direttiva 93/99/CEE, concernente misure supplementari in merito al controllo ufficiale dei prodotti alimentari; n) decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 123, recante attuazione della direttiva 95/69/CE che fissa le condizioni e le modalità per il riconoscimento e la registrazione di taluni stabilimenti e intermediari operanti nel settore dell’alimentazione degli animali; o) decreto del Presidente della Repubblica 2 novembre 2001, n. 433, recante regolamento di attuazione delle direttive 96/51/CE, 98/51/CE, 1999/20/CE in materia di additivi nell’alimentazione degli animali; — 11 — 11-3-2021 GAZZETTA UFFICIALE DELLA REPUBBLICA ITALIANA Serie generale - n. 60 p) decreto legislativo 24 febbraio 1997, n. 45, recante attuazione delle direttive 93/74/CEE, 94/39/CE, 95/9/ CE e 95/10/CE in materia di alimenti dietetici per animali, limitatamente agli articoli 1, 2, 3, comma 1, lettere a) e b) , comma 2 e commi 3, 4, 5, 6 e all’allegato II; q) decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 1998, n. 214, recante regolamento recante norme di attuazione della direttiva 93/113/CE relativa alla utilizzazione ed alla commercializzazione degli enzimi, dei microrganismi e di loro preparati nell’alimentazione degli animali; r) decreto del Capo del Governo del 20 maggio 1928, recante norme obbligatorie per l’attuazione della legge 23 marzo 1928, n. 858, contenente disposizioni per la lotta contro le mosche; s) decreto del Ministro della sanità del 19 giugno 2000, n. 303, recante regolamento di attuazione della direttiva 96/93/CE relativa alla certificazione di animali e di prodotti di origine animale; t) articoli 5, 6, 7, 9 e 10, comma 5, decreto legislativo del 17 giugno 2003, n. 223, recante attuazione delle direttive 2000/77/CE e 2001/46/CE relative all’organizzazione dei controlli ufficiali nel settore dell’alimentazione animale; u) decreto del Ministro per l’industria, il commercio e l’artigianato 3 febbraio 1977, recante regolamento di esecuzione relativo alle varie fasi di conservazione e di commercializzazione delle carni congelate, emanato ai sensi dell’art. 2 del decreto-legge 17 gennaio 1977, n. 3; v) regio decreto 9 maggio 1929, n. 994, recante approvazione del regolamento sulla vigilanza igienica del latte destinato al consumo diretto.
1 Riguardanti talune attribuzioni in capo al ministro della salute: l’autorizzazione della produzione e commercio di alimenti che abbiano subito trattamenti speciali (art. 7); l’approvazione dell’elenco delle materie coloranti che possono essere impiegati nella colorazione della carte o degli imballaggi destinati ad involgere le sostanze alimentari con annessa previsione contravvenzionale (art. 10); la pubblicazione degli elenchi degli additivi chimici consentiti nella preparazione e per la conservazione delle sostanze alimentari (art. 12).
2 In Gazzetta ufficiale n. 98 dell’11 aprile 1963, entrata in vigore il 12 aprile 1963.
3 Trattavasi della disciplina abrogativa di disposizioni legislative preesistenti costituita dalle disposizioni introdotte dal d.lgs. n. 179 del 2009 (primo decreto attuativo della delega conferita con la l. 28 novembre 2005, n. 246, il quale individuava nell’Allegato 1 « le disposizioni legislative statali, pubblicate anteriormente al 1° gennaio 1970, anche se modificate con provvedimenti successivi, delle quali è indispensabile la permanenza in vigore ” e, nell’Allegato 2, le disposizioni che « permangono in vigore anche ai sensi e per gli effetti dell'articolo 14, commi 14, 14- bis e 14-ter , della legge 28 novembre 2005, n. 246, e successive modificazioni »), dal d.lgs. 13 dicembre 2010, n. 212 (recante «Abrogazione di disposizioni legislative statali, a norma dell’articolo 14, comma 14-quater , della legge 28 novembre 2005, n. 246») e dal d.lgs. 13 dicembre 2010, n. 213 (recante « Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 1° dicembre 2009, n. 179, recante disposizioni legislative statali anteriori al 1° gennaio 1970, di cui si ritiene indispensabile la permanenza in vigore »). La questione della presunta abrogazione della legge in disamina si pose successivamente all’entrata in vigore, il 16 dicembre 2020, dei decreti legislativi integrativi e correttivi del d.lgs. n. 179 del 2009 (d.lgs. n. 212 del 2010, cit. e d.lgs. n. 213/2010, cit.), non essendo stata espressamente esclusa dall’abrogazione la l. n. 283 del 1962. Il dubbio sorse perché la legge n. 283/1962 non risultava menzionata né negli elenchi comprensivi delle leggi da salvare anteriori al 1° gennaio 1970, né tra le disposizioni legislative statali espressamente abrogate: di qui l’iniziale incertezza se la stessa fosse o meno da considerarsi abrogata per l’effetto della disciplina di semplificazione normativa. In dottrina v. G. Roggero, Gli effetti della procedura “taglia-leggi” sulla legge 30 aprile 1962, n. 283 , in Riv. dir. alim., 2011, n. 3, pagg. 1-8.
4 Così massimata da questo Ufficio: « La legge contenente la disciplina igienica della produzione e della vendita di alimenti e bevande non ha subito alcun effetto abrogativo a seguito dell'emanazione dei decreti abrogativi delle leggi pubblicate anteriormente al 1 gennaio 1970 (cosiddetti decreti “ taglialeggi ” : D.Lgs. n. 179 del 2009; D.Lgs. n. 212 del 2010; D.Lgs. n. 213 del 2010), attuativi della delega conferita con legge 28 novembre 2005, n. 246 in materia di semplificazione legislativa. (Principio affermato in una fattispecie di detenzione per la vendita di alimenti in cattivo stato di conservazione)».
5 Così massimata da questo Ufficio: «La detenzione per la vendita di prodotti vinicoli la cui composizione naturale sia stata variata con l ’ aggiunta di acqua e barbabietola da zucchero integra, a prescindere dalla nocività del prodotto per la salute, il reato contravvenzionale previsto dall ’ art. 5, lett. a) della legge 30 aprile 1962, n. 283 la quale non è stata interessata dagli effetti abrogativi dei cosiddetti decreti “ taglialeggi ” (D.Lgs. n. 179 del 2009, D.Lgs. n. 212 del 2010; D.Lgs. n. 213 del 2010) ».
6 Recante « Disciplina sanzionatoria per la violazione delle disposizioni del regolamento (UE) n. 1169/2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori e l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del medesimo regolamento (UE) n. 1169/2011 e della direttiva 2011/91/UE, ai sensi dell ’ articolo 5 della legge 12 agosto 2016, n. 170 «Legge di delegazione europea 2015» , in Gazzetta ufficiale n. 32 dell’8 febbraio 2018.
7 Recante «Attuazione della direttiva 2004/41/CE relativa ai controlli in materia di sicurezza alimentare e applicazione dei regolamenti comunitari nel medesimo settore», in Gazzetta Ufficiale n. 261 del 9 novembre 2007, n. 261.
8 Recante « I principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare », in G.U.C.E. L 31/1 del 1° febbraio 2002 (in vigore dal 21 febbraio 2002).
9 HACCP: Hazard Analysis and Critical Control Points.
10 Recante « Attuazione della direttiva 2004/41/CE relativa ai controlli in materia di sicurezza alimentare e applicazione dei regolamenti comunitari nel medesimo settore », in Gazzetta Ufficiale n. 261 del 9 novembre 2007.
11 Vedi Senato della Repubblica, Atto governo n. 206 (in http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/1179301.pdf ).
12 Intesa richiesta dall’art. 12, comma 1, della l. n. 117 del 2019, leggibile in Atto Senato, pag. 67 ss. (v. allegato A, tabella a pag. 26).