Cass. Sez. III Sent. 31155 del 20/09/2006 (Ud. 06/06/2006)
Presidente: Vitalone C. Estensore: Squassoni Imputato: Pezone.
(Dichiara inammissibile, App. Napoli, 8 aprile 2005)
SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Gestione dei rifiuti - Autovetture dismesse - Natura - Rifiuti pericolosi.
In tema di gestione dei rifiuti, le autovetture fuori uso costituiscono rifiuti pericolosi (individuati come tali dal codice europeo dei rifiuti con numero identificativo 160104), stante la presenza di componenti, quali oli minerali esausti e liquidi di batterie.
Presidente: Vitalone C. Estensore: Squassoni Imputato: Pezone.
(Dichiara inammissibile, App. Napoli, 8 aprile 2005)
SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Gestione dei rifiuti - Autovetture dismesse - Natura - Rifiuti pericolosi.
In tema di gestione dei rifiuti, le autovetture fuori uso costituiscono rifiuti pericolosi (individuati come tali dal codice europeo dei rifiuti con numero identificativo 160104), stante la presenza di componenti, quali oli minerali esausti e liquidi di batterie.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. VITALONE Claudio - Presidente - del 06/06/2006
Dott. DE MAIO Guido - Consigliere - SENTENZA
Dott. ONORATO Pierluigi - Consigliere - N. 00987
Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. FRANCO Amedeo - Consigliere - N. 045412/2005
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA/ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
1) PEZONE ANTONIO, N. IL 11/03/1973;
avverso SENTENZA del 08/04/2005 CORTE APPELLO di NAPOLI;
visti gli atti, la sentenza ed il procedimento;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dr. SQUASSONI CLAUDIA;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dr. SALZANO Francesco che ha concluso per inammissibilità del ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con sentenza 8 marzo 2004, il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha ritenuto Pezone Antonio responsabile, condannandolo alla pena di giustizia, del reato previsto dagli artt. 81 c.p., D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 50, comma 1, per avere senza autorizzazione svolto, in una area di circa 650 mq, una attività di raccolta e smaltimento di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi costituiti da veicoli, rottami ferrosi e parti meccaniche provenienti da demolizione di autovetture.
La decisione è stata confermata dalla Corte di Appello, con la sentenza in epigrafe precisata, per l'annullamento della quale l'imputato ricorre in Cassazione; deduce, con un unico motivo, che le auto da lui trattare erano dimesse, ma non fuori uso per cui non erano da considerarsi rifiuti e, comunque, non erano rifiuti pericolosi. La censura è priva della necessaria concretezza, in quanto il ricorrente non segnala alcun argomento a sostegno del suo assunto, e manifestamente infondata.
Deve, innanzi tutto, precisarsi come il Giudice di merito (con motivato accertamento fattuale non sindacabile in sede di legittimità) abbia concluso che in un sito di appartenenza dello imputato giacessero auto dismesse, o parti di esse, e motori con presenza di tracce di oli minerali esausti; avendo come referente tale emergenza, si deve concludere per la correttezza giuridica della conclusione della Corte territoriale circa la qualifica del materiale, destinato alla rottamazione, per cui è processo. Il Decreto Ronchi, nella sua originaria formulazione, prevedeva come rifiuti speciali, rispettivamente al codice 160100 e 160104 i veicoli fuori uso (non più impiegabili nella loro specifica destinazione) ed i veicoli inutilizzabili (che non consentono alcuna forma di uso). La materia è stata modificata, in seguito alla decisione 2000/531 CE ed è stato introdotto il codice Cer 160106 identificativo dei veicoli inutilizzabili considerati rifiuti non pericolosi se vuotati di tutti i liquidi e le parti pericolose. Indi, dopo la decisione 2001/199 CE, la voce è stata sostituita con quella di veicoli fuori uso ed inserita, con invariato codice Cer 160104, tra i rifiuti pericolosi a meno che le sostanze pericolose non siano state eliminate.
Le auto in questione erano "dismesse", cioè, fuori uso e contaminate per cui erano da considerarsi rifiuti pericolosi. Per le esposte ragioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con conseguente condanna del proponente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma - che il Collegio ritiene equo quantificare in Euro mille - alla Cassa delle Ammende. P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro mille alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 6 giugno 2006.
Depositato in Cancelleria il 20 settembre 2006
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. VITALONE Claudio - Presidente - del 06/06/2006
Dott. DE MAIO Guido - Consigliere - SENTENZA
Dott. ONORATO Pierluigi - Consigliere - N. 00987
Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. FRANCO Amedeo - Consigliere - N. 045412/2005
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA/ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
1) PEZONE ANTONIO, N. IL 11/03/1973;
avverso SENTENZA del 08/04/2005 CORTE APPELLO di NAPOLI;
visti gli atti, la sentenza ed il procedimento;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dr. SQUASSONI CLAUDIA;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dr. SALZANO Francesco che ha concluso per inammissibilità del ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con sentenza 8 marzo 2004, il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha ritenuto Pezone Antonio responsabile, condannandolo alla pena di giustizia, del reato previsto dagli artt. 81 c.p., D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 50, comma 1, per avere senza autorizzazione svolto, in una area di circa 650 mq, una attività di raccolta e smaltimento di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi costituiti da veicoli, rottami ferrosi e parti meccaniche provenienti da demolizione di autovetture.
La decisione è stata confermata dalla Corte di Appello, con la sentenza in epigrafe precisata, per l'annullamento della quale l'imputato ricorre in Cassazione; deduce, con un unico motivo, che le auto da lui trattare erano dimesse, ma non fuori uso per cui non erano da considerarsi rifiuti e, comunque, non erano rifiuti pericolosi. La censura è priva della necessaria concretezza, in quanto il ricorrente non segnala alcun argomento a sostegno del suo assunto, e manifestamente infondata.
Deve, innanzi tutto, precisarsi come il Giudice di merito (con motivato accertamento fattuale non sindacabile in sede di legittimità) abbia concluso che in un sito di appartenenza dello imputato giacessero auto dismesse, o parti di esse, e motori con presenza di tracce di oli minerali esausti; avendo come referente tale emergenza, si deve concludere per la correttezza giuridica della conclusione della Corte territoriale circa la qualifica del materiale, destinato alla rottamazione, per cui è processo. Il Decreto Ronchi, nella sua originaria formulazione, prevedeva come rifiuti speciali, rispettivamente al codice 160100 e 160104 i veicoli fuori uso (non più impiegabili nella loro specifica destinazione) ed i veicoli inutilizzabili (che non consentono alcuna forma di uso). La materia è stata modificata, in seguito alla decisione 2000/531 CE ed è stato introdotto il codice Cer 160106 identificativo dei veicoli inutilizzabili considerati rifiuti non pericolosi se vuotati di tutti i liquidi e le parti pericolose. Indi, dopo la decisione 2001/199 CE, la voce è stata sostituita con quella di veicoli fuori uso ed inserita, con invariato codice Cer 160104, tra i rifiuti pericolosi a meno che le sostanze pericolose non siano state eliminate.
Le auto in questione erano "dismesse", cioè, fuori uso e contaminate per cui erano da considerarsi rifiuti pericolosi. Per le esposte ragioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con conseguente condanna del proponente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma - che il Collegio ritiene equo quantificare in Euro mille - alla Cassa delle Ammende. P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro mille alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 6 giugno 2006.
Depositato in Cancelleria il 20 settembre 2006