Consiglio di Stato Sez. IV n. 5285 del 17 giugno 2025
Ambiente in genere.Finalità della VIA
La funzione tipica della VIA è quella di esprimere un giudizio sulla compatibilità di un progetto valutando il complessivo sacrificio imposto all’ambiente rispetto all’utilità socio-economica perseguita, che non è dunque espressione solo di discrezionalità tecnica, ma anche di scelte amministrative discrezionali, con la conseguenza della sottrazione di tali scelte al sindacato del Giudice amministrativo se non laddove ricorrano evidenti profili di illogicità, irragionevolezza o errore di fatto. Infatti, il giudizio di compatibilità ambientale è reso sulla base di oggettivi criteri di misurazione e attraversato da profili particolarmente intensi di discrezionalità amministrativa sul piano dell’apprezzamento degli interessi pubblici in rilievo e della loro ponderazione rispetto all’interesse dell’esecuzione dell’opera; apprezzamento che è sindacabile dal giudice amministrativo soltanto in ipotesi di manifesta illogicità o travisamento dei fatti, nel caso in cui l’istruttoria sia mancata o sia stata svolta in modo inadeguato e risulti perciò evidente lo sconfinamento del potere discrezionale riconosciuto all’Amministrazione, anche perché la valutazione di impatto ambientale non è un mero atto tecnico di gestione ovvero di amministrazione in senso stretto, trattandosi piuttosto di un provvedimento con cui viene esercitata una vera e propria funzione di indirizzo politico – amministrativo con particolare riferimento al corretto uso del territorio, in senso ampio, attraverso la cura ed il bilanciamento della molteplicità dei contrapposti interessi pubblici (urbanistici, naturalistici, paesistici, nonché di viluppo economico – sociale) e privati.
Pubblicato il 17/06/2025
N. 05285/2025REG.PROV.COLL.
N. 04791/2024 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4791 del 2024, proposto da Green Energy Sardegna 2 S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Massimiliano Marcialis, Carla Valentino, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Regione Autonoma della Sardegna, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Mattia Pani, Andrea Secchi, Giovanni Parisi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Ministero della Cultura, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Assessorato Difesa Ambiente della Regione Sardegna, Servizio Sva, Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Cagliari e Provincia di Oristano, Sud Sardegna, non costituiti in giudizio;
nei confronti
Comune di San Basilio, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna n. 258 dell’11 dicembre 2024, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Autonoma della Sardegna e del Ministero della Cultura;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 dicembre 2024 il Cons. Luca Monteferrante e uditi per le parti gli avvocati presenti come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
La società Green Energy Sardegna 2 S.r.l. è titolare di un progetto consistente nella realizzazione di un impianto per la produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile eolica, denominato “Serra Longa”, della potenza di 30 MW, da realizzarsi nei Comuni di San Basilio e Siurgus Donigala (SU).
Riferisce di avere avviato il procedimento di Valutazione di Impatto Ambientale e nonostante i pareri favorevoli assunti dai Servizi di tutela del paesaggio regionali per le aree interessate nonché dagli altri enti coinvolti, la Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le Province di Cagliari ed Oristano e Sud Sardegna rendeva una serie di pareri negativi, confermato anche in seguito alle osservazioni presentate dalla esponente in sede di contraddittorio procedimentale, conducendo infine all’adozione della deliberazione n. 15/21 del 20.04.2023, con cui la Regione Sardegna concludeva negativamente il procedimento di compatibilità ambientale.
Con ricorso al T.a.r. per la Sardegna la Green Energy Sardegna 2 S.r.l. ha impugnato il predetto provvedimento regionale, unitamente agli atti istruttori presupposti e in particolare ai tre pareri complessivamente resi dalla Soprintendenza (SABAP - CA_UO5|20/06/2022|00227868 - P del 20 giugno 2022; SABAP - CA_UO5|11/10/2022|0004118 P dell’11 ottobre 2022; SABAP -CA_UO5|28/02/2023|0004118 - P del 28 febbraio 2023), per chiederne l’annullamento, articolando un unico complesso motivo di ricorso incentrato, in sintesi, sui seguenti aspetti:
a) la Regione avrebbe erroneamente attribuito valore vincolante al parere della Soprintendenza, ancorché l’area di Impianto sia priva di beni vincolati; in particolare il disposto di cui all’art. 26, comma 2 del d. lgs. 42/2004, non sarebbe applicabile al caso di specie in quanto riferito esclusivamente a beni vincolati;
b) La (quasi) totalità di pareri positivi resi e l’assenza di vincoli paesaggistici o emergenze archeologiche nelle aree interessate dall’intervento, avrebbe dovuto indurre l’Amministrazione regionale ad approvare l’intervento, anziché aderire acriticamente ai pareri della Soprintendenza, senza operare alcun bilanciamento degli interessi;
c) La Regione avrebbe sacrificato in toto l’interesse alla produzione dell’energia alternativa, omettendo qualsivoglia bilanciamento degli interessi, tanto più dovuto trattandosi di aree non vincolate;
d) contesta nel merito i pareri resi dalla Soprintendenza nel corso del procedimento, evidenziando come l’area oggetto di intervento non sia un’area sottoposta a vincolo paesaggistico né caratterizzata da emergenze archeologiche;
e) contesta il profilo della visibilità dell’impianto da realizzare, evidenziato dalla Soprintendenza considerato che nell’area vi sono già altri impianti in esercizio ed altri in corso di autorizzazione;
f) quanto alla vocazione agricola delle aree interessate, la ricorrente deduce che si tratta di aree soggette a spopolamento, prive di interesse economico rilevante sicchè non sussisterebbero i presupposti di fatto per individuare un’area a vocazione agricola da tutelare;
g) la Soprintendenza non avrebbe mai valutato in sede procedimentale le misure di mitigazione, le compensazioni e la rimodulazione del progetto proposti da Green Energy né proposto soluzioni alternative compatibili con la realizzazione dell’impianto
Con sentenza n. 258 del 5 aprile 2024 il T.a.r. per la Sardegna ha respinto il ricorso della Green Energy Sardegna 2 S.r.l..
Con ricorso in appello la Green Energy Sardegna 2 s.r.l. ha impugnato la predetta sentenza del T.a.r. per Sardegna, chiedendone la riforma, in quanto errata in diritto.
Si è costituita in giudizio la Regione Sardegna per chiedere la reiezione dell’appello con conferma integrale della sentenza appellata.
Anche il Ministero della Cultura si è costituito in giudizio per chiedere la reiezione dell’appello con conferma della sentenza appellata.
All’udienza pubblica del 5 dicembre 2024 la causa è stata trattenuta in decisione, previo deposito di memorie conclusive e di replica con cui le parti hanno nuovamente illustrato le rispettive tesi difensive ed eccezioni.
L’appello è infondato.
L’appellante si duole della presunta erroneità del giudizio negativo di compatibilità ambientale espresso dalla Giunta regionale, alla luce di quanto emerso dall’istruttoria nel suo complesso, dei pareri favorevoli resi dagli altri organismi intervenuti nel procedimento, e della natura primaria dell’interesse pubblico alla produzione di energia alternativa che, a dire dell’appellante, avrebbe richiesto una motivazione rafforzata per giustificare l’esito negativo della VIA, anche alla luce dei contributi istruttori forniti dalla società nel corso del procedimento - tutti orientati a proporre significative misure di mitigazione dell’impatto paesaggistico – e tenuto altresì conto di quanto previsto, sempre in termini di obbligo di motivazione rafforzata – dall’art. 6, comma 2 del decreto legge n. 17 maggio 2022, n. 50 a mente del quale “Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto la competente Direzione generale del Ministero della cultura stabilisce, con proprio atto, criteri uniformi di valutazione dei progetti di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, idonei a facilitare la conclusione dei procedimenti, assicurando che la motivazione delle eventuali valutazioni negative dia adeguata evidenza della sussistenza di stringenti, comprovate e puntuali esigenze di tutela degli interessi culturali o paesaggistici, nel rispetto della specificità delle caratteristiche dei diversi territori.”.
Inoltre la Regione, oltre ad “appiattirsi” sui pareri della Soprintendenza, sempre secondo l’appellante, si sarebbe limitata a richiamare la valenza ostativa della presenza di beni tutelati nell’area contermine laddove la disciplina delle aree classificate come non idonee non solleva dall’obbligo di una verifica in concreto, nella specie omessa, circa la compatibilità dell’impianto con il sito di localizzazione prescelto.
Così sintetizzata la materia del contendere nel presente grado di giudizio, in via preliminare deve evidenziarsi che le puntuali motivazioni rese dal T.a.r. resistono ai motivi di appello e sono condivise dal Collegio, nei limiti di seguito precisati, per le seguenti ragioni.
In particolare in punto di diritto va premesso e rammentato che la giurisprudenza amministrativa ha costantemente evidenziato i limiti che il sindacato del giudice amministrativo incontra quando sono impugnati provvedimenti in materia di VIA, in quanto connotati, come noto, da peculiari aspetti che vedono la compresenza di valutazioni di natura tecnico discrezionale accanto a profili più marcatamente di indirizzo politico amministrativo nella gestione del territorio.
Il Ta.r. non ha mancato di richiamare siffatto indirizzo dopo aver passato in rassegna, in modo analitico, il corredo motivazionale dei provvedimenti impugnati, evidenziandone la completezza, la coerenza e la attendibilità anche rispetto alle controdeduzioni della società istante rese in sede di contraddittorio procedimentale che, non solo sono state espressamente esaminate dalla Soprintendenza e dal Servizio V.I.A. oltre che dalla D.G.R. impugnata, ma, nel loro complesso, non hanno potuto evidenziare profili tali da palesare la manifesta irragionevolezza o illogicità della decisione finale assunta che, come si è ricordato, rappresentano i limiti del sindacato giurisdizionale del giudice amministrativo.
Tanto premesso il Collegio condivide tale impostazione.
In punto di diritto deve infatti preliminarmente rammentarsi che per pacifica giurisprudenza “la funzione tipica della VIA sia quella di esprimere un giudizio sulla compatibilità di un progetto valutando il complessivo sacrificio imposto all’ambiente rispetto all’utilità socio-economica perseguita (Cons. Stato, Sez. IV, 22 gennaio 2013, n. 361; Id. 1 marzo 2019, n. 1423), che non è dunque espressione solo di discrezionalità tecnica, ma anche di scelte amministrative discrezionali, con la conseguenza della sottrazione di tali scelte al sindacato del Giudice amministrativo se non laddove ricorrano evidenti profili di illogicità, irragionevolezza o errore di fatto” (Cons. Stato, Sez. IV, 4 ottobre 2024, n. 7987; Cons. Stato Sez. IV, 08 aprile 2024, n. 3204; Cons. Stato, Sez. II, 6 aprile 2020, n. 2248; Sez. IV, 15 aprile 2021, n. 3112; Sez. IV, 18 novembre 2021, n. 7714; Sez. VI, n. 4484 del 2018; Sez. IV, n. 1240 del 2018).
Infatti, «il giudizio di compatibilità ambientale è reso sulla base di oggettivi criteri di misurazione e attraversato da profili particolarmente intensi di discrezionalità amministrativa sul piano dell’apprezzamento degli interessi pubblici in rilievo e della loro ponderazione rispetto all’interesse dell’esecuzione dell’opera; apprezzamento che è sindacabile dal giudice amministrativo soltanto in ipotesi di manifesta illogicità o travisamento dei fatti, nel caso in cui l’istruttoria sia mancata o sia stata svolta in modo inadeguato e risulti perciò evidente lo sconfinamento del potere discrezionale riconosciuto all’Amministrazione, anche perché la valutazione di impatto ambientale non è un mero atto tecnico di gestione ovvero di amministrazione in senso stretto, trattandosi piuttosto di un provvedimento con cui viene esercitata una vera e propria funzione di indirizzo politico – amministrativo con particolare riferimento al corretto uso del territorio, in senso ampio, attraverso la cura ed il bilanciamento della molteplicità dei contrapposti interessi pubblici (urbanistici, naturalistici, paesistici, nonché di viluppo economico – sociale) e privati (Cons. Stato Sez. IV, 10 febbraio 2017, n. 575)» Cons. Stato, Sez. IV, 4 ottobre 2024, n. 7987; Cons. Stato, Sez. II, 6 aprile 2020, n. 2248; CGARS, n. 271/2021; Cons. Stato, 2 gennaio 2019, n. 16; Sez. V, 21 maggio 2018, n. 3034; ecc.).
Con il primo motivo di appello la società ha dedotto: “Error in procedendo et in iudicando. Violazione e falsa applicazione dell’articolo 64 c.p.a. Violazione dei principi in materia di effettività della tutela giurisdizionale ai sensi degli articoli 24 e 111 della Costituzione. Insufficienza e illogicità della motivazione, con riferimento al primo motivo di ricorso in primo grado. Travisamento dei fatti.
Violazione e falsa applicazione degli articoli 26, comma 2, 20 e 152 del d. lgs. 22 gennaio 2004, n. 42. Violazione e mancata applicazione dell’articolo 30, comma 2, del D.L. 31 maggio 2021, conv. in legge 29 luglio 2021, n. 108, in combinato disposto con l’articolo 3 bis del d. lgs. 29 dicembre 2003, n. 387. Illogicità manifesta. Violazione ed errata applicazione del D.M. 10 settembre 2010, punto 14.9. Violazione ed errata applicazione dell’art. 47, primo e secondo comma, del D.L. 24 febbraio 2023, n. 13, convertito con legge 21 aprile 2023, n. 41”.
Censura la sentenza per non avere accolto il primo motivo di ricorso, col quale:
- si riteneva inapplicabile, per la natura dell’area destinata ad ospitare l’impianto, quantomeno il carattere vincolante del parere espresso dalla Soprintendenza;
- si contesta la scelta di disattendere totalmente tutti gli altri pareri favorevoli resi, compreso quello del Servizio Tutela del Paesaggio della Regione.
Il motivo è improcedibile per difetto di interesse sopravvenuto.
Deve innanzitutto premettersi, quanto all’interpretazione dell’art. 26, comma 2 del d. lgs. 42 del 2004 (secondo cui “Qualora prima dell'adozione del provvedimento di valutazione di impatto ambientale risulti che il progetto non è in alcun modo compatibile con le esigenze di protezione dei beni culturali sui quali esso è destinato ad incidere, il Ministero si pronuncia negativamente e, in tal caso, il procedimento di valutazione di impatto ambientale si conclude negativamente.”), che la questione non è decisiva ai fini del decidere poiché, come rilevato anche dal T.a.r., tale disposto normativo è stato richiamato dalla Giunta come argomento a fortiori, per corroborare e non per sostituire il giudizio espresso circa la sussistenza di impatti significativi negati sulle matrici ambientali alla luce delle risultanze istruttorie.
Si tratta tecnicamente di provvedimento c.d. plurimotivato sicchè in caso di fondatezza di uno solo dei motivi di diniego viene meno l’interesse alla disamina dei restanti.
Nella specie la Giunta ha ritenuto sussistente un impatto significativo negativo sulla matrice paesaggistica alla luce delle risultanze dell’istruttoria sicchè non è rilevante, ai fini della decisione della controversia, stabilire se il carattere vincolante del parere reso dalla Soprintendenza nel procedimento di VIA, ivi affermato, operi solo qualora l’intervento incida direttamente su di un bene culturale vincolato mediante prescrizioni di tutela diretta o indiretta (ex art. 45 e ss d. lgs. n. 42 del 2004) oppure anche nei casi di incisione indiretta perché ricadente in area buffer, come accade nel caso di specie.
E’ vero che sul punto il T.a.r. ha sostenuto la tesi dell’applicabilità al caso di specie dell’art. 26, comma 2, con portata vincolante dei pareri negativi resi dalla Soprintendenza nel procedimento di VIA, ma tale statuizione si accompagna all’analisi puntuale delle motivazioni addotte per comprovare la sussistenza di un impatto significativo, non superabile tramite misure compensative, sul paesaggio espresse dalla Soprintendenza, dal servizio V.I.A. nella proposta conclusiva, all’esito dell’istruttoria, e infine dalla Giunta regionale e che il T.a.r. ha ritenuto di per sè non inattendibile, anche in ragione del fatto che la Giunta ha comunque valutato autonomamente le risultanze istruttorie recependo la proposta del settore V.I.A., a prescindere dalla vincolatività o meno del parere della Soprintendenza, facendosi anche carico di ponderare tale profilo di impatto significativo, con l’interesse pubblico alla produzione di energia alternativa, sebbene la valutazione di tale interesse sia formalmente estranea al procedimento di VIA, in quanto rimessa alla conferenza di servizi decisoria finalizzata all’esame dell’istanza di rilascio dell’autorizzazione unica ai sensi dell’art. 12, comma 4, del d. lgs. n. 387 del 2003.
Deve infatti evidenziarsi che il presente procedimento di VIA si è svolto in applicazione della disciplina regionale contenuta nella DGR 45/24 del 27.9.2017 (cfr. p. 5 appello), incentrata sul modulo della conferenza di servizi istruttoria, tenuto conto che la legge regionale n. 8 febbraio 2021, n. 2, recante la disciplina del Provvedimento unico regionale in materia ambientale (c.d. PAUR), all’art. 3, ha escluso l’applicazione della nuova disciplina del PAUR, incentrata invece sul modulo della conferenza di servizi decisoria, ai procedimenti di VIA già avviati in data antecedente alla data di entrata in vigore della legge, salva diversa richiesta della parte istante di cui non v’è menzione in atti.
Da quanto precede discende anche la irrilevanza della questione relativa alla non vincolatività del parere della Soprintendenza reso in caso di impianti localizzati in aree contermini, affermata dall’art. 30, comma 2 del decreto legge n. 77 del 2021 (“2. Nei procedimenti di autorizzazione di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, localizzati in aree contermini a quelle sottoposte a tutela paesaggistica, il Ministero della cultura si esprime nell'ambito della conferenza di servizi con parere obbligatorio non vincolante. Decorso inutilmente il termine per l'espressione del parere da parte del Ministero della cultura, l'amministrazione competente provvede comunque sulla domanda di autorizzazione. In tutti i casi di cui al presente comma, il rappresentante del Ministero della cultura non può attivare i rimedi per le amministrazioni dissenzienti di cui all'articolo 14-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241.”), applicabile ratione temporis (e successivamente abrogato dall’art. 15 del d.lgs. 25 novembre 2024, n. 190,) atteso che, come evidenziato, la ratio decidendi della decisione del T.a.r. non poggia sull’argomento della portata vincolante di tale parere, richiamata solo come argomento a fortiori, bensì sulla non manifesta irragionevolezza del giudizio negativo espresso sulla Via all’esito della valutazione delle risultanze istruttorie acquisite.
Lo stesso dicasi per l’art. 47, comma secondo, del D.L. 13/2023, che ha abrogato l’articolo 30, comma secondo, del D.L. 77/2021 e il D.M. 10 settembre 2010 (quest’ultimo nelle parti incompatibili con la nuova disciplina dei poteri MIBAC sulle aree contermini).
In ogni caso è corretta l’affermazione resa dal T.a.r. circa la non pertinenza del richiamo (cfr. p. 9), atteso che “La disposizione invocata dalla ricorrente (art. 30 del d.l. n. 77/2021) riguarda, invece, i (diversi) procedimenti di autorizzazione di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, localizzati in aree contermini a quelle sottoposte a tutela paesaggistica, nei quali il Ministero della cultura si esprime nell’ambito della conferenza di servizi con parere obbligatorio non vincolante”. La disposizione in esame (come pure del resto l’art. 47 del d. l. n. 13 del 2023) concerne infatti il regime del parere reso dalla Soprintendenza nell’ambito del procedimento di autorizzazione unica disciplinato dall’art. 12 del d. lgs. n. 387 del 2003 non anche quello reso nell’ambito del procedimento di VIA la cui decisione conclusiva confluisce nel primo, come progressivamente chiarito dapprima dall’art. 47, comma 3 lett. c) del d. l. n. 13 del 2023 convertito con modificazioni dalla legge 21 aprile 2023, n. 41 – recante modifica dell’art. 12, comma 4 del d. lgs. n. 387 del 2003 - e, successivamente all’abrogazione dell’art. 12, comma 4 del d. lgs. n. 387 del 2003 (ad opera dell’art. 15 del d. lgs. n. 190 del 2024), dalla disciplina del PAUR di cui all’art. 27 bis del d. lgs. 152 del 2006 (per l’innanzi derogata dal menzionato art. 12, comma 4 novellato, sino alla data di vigenza, in quanto norma successiva speciale rispetto a quella sul PAUR (cfr. in tal senso anche l’interpretazione del MASE in risposta all’interpello n. 110609 del 14 giugno 2024).
Il motivo pertanto va dichiarato improcedibile stante la infondatezza dei motivi di appello dal n. 2 al n. 6 per le motivazioni che di seguito si passa ad esporre.
Con il secondo motivo l’appellante ha dedotto: “Error in procedendo et in iudicando. Omessa pronuncia su un punto decisivo della controversia. Violazione e falsa applicazione dell’articolo 64 c.p.a. Violazione dei principi in materia di effettività della tutela giurisdizionale ai sensi degli articoli 24 e 111 della Costituzione. Insufficienza e illogicità della motivazione, con riferimento al terzo motivo di ricorso in primo grado. Travisamento dei fatti. Eccesso di potere per omessa valutazione degli altri pareri resi in conferenza di servizi. Violazione degli articoli 14 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241, e dell’articolo 25 del d. lgs. 22 gennaio 2004, n. 42”.
Lamenta che col terzo motivo del ricorso in primo grado sono stati censurati i provvedimenti impugnati per non avere tenuto in alcuna considerazione gli altri pareri resi dai partecipanti alla conferenza di servizi, tutti favorevoli, ivi compreso quello reso dal Servizio di Tutela del Paesaggio della Regione. Neppure la sentenza impugnata avrebbe preso in considerazione questo motivo, e neppure minimamente accennato a detti pareri, incorrendo quindi nel vizio di omessa pronuncia su un punto decisivo della controversia
Il motivo è infondato in quanto la sentenza impugnata nell’esaminare in modo approfondito il contenuto dei pareri della Soprintendenza e i contributi istruttori esibiti dalla società proponente in sede procedimentale, nel momento in cui ha ritenuto non irragionevole la decisione di ritenere sussistente un impatto significativo negativo sull’ambiente in relazione alla matrice paesaggistica non era tenuta ad esaminare il tenore dei restanti pareri relativi alle differenti matrici ambientali, trattandosi di indagine sostanzialmente superflua, attenendo al merito della scelta amministrativa valutare se il pregiudizio alla sola componente paesaggistica potesse giustificare l’esito negativo della procedura di VIA: del resto il T.a.r. è pervenuto a tale conclusione dopo aver accertato il corretto apprezzamento dei fatti storici di contesto che hanno evidenziato la presenza di numerosi beni di rilevanza storica, archeologica e paesaggistica nell’area – alcuni candidati al riconoscimento UNESCO - e l’oggettivo pregiudizio che torri eoliche di notevoli dimensioni (200 metri) avrebbero determinato sui valori identitari dell’area, non suscettibili di compensazione o mitigazione proprio in ragione delle dimensioni delle torri, da ritenersi radicalmente incompatibili con le esigenze di tutela dei beni culturali ivi presenti, secondo quanto emerso all’esito del contraddittorio procedimentale, dispiegatosi nel rispetto del rispetto delle regole formali e sostanziali del diritto di difesa e dell’obbligo di motivazione dei pareri istruttori negativi, come pure della decisione finale.
Non vale opporre che nell’area di localizzazione non sussistono beni vincolati perché gli stessi sono presenti, ed in numero rilevante, nell’area contermine, a distanza più o meno ravvicinata dagli aerogeneratori a tanto basta a giustificare la possibilità di un impatto significativo negativo sugli stessi ai fini della disciplina in materia di VIA che, quale matrice da indagare, richiama genericamente il paesaggio non necessariamente beni paesaggisticamente vincolati.
La disciplina relativa alle aree contermini o buffer e in generale quella sulle aree c.d. non idonee per la localizzazione degli impianti (cfr. art. 12, comma 10 del d. lgs. n. 387 del 2003 e, successivamente, art. 30, comma 2 del decreto legge n. 77 del 2021 sopra richiamato - prima della abrogazione disposta dall’art. 15 del d. lgs. 25 novembre 2024, n. 190 - nonché d. lgs. n. 191 del 2021), rileva ai fini del procedimento di autorizzazione unica, mentre la disciplina sulla VIA prevede solo che l’impatto dell’opera debba, tra le altre matrici, essere valutato anche rispetto al “patrimonio culturale” (cfr. art. 4, lett. c) della direttiva 2011/92/UE). E’ dunque irrilevante la delimitazione e l’ampiezza dell’area buffer in tutti i casi in cui l’impatto sia certo, come accade nel caso di specie, ed occorra accertarne l’entità e la sostenibilità dal punto di vista ambientale (e nella specie paesaggistico) in applicazione della specifica disciplina in materia di VIA.
Non vale opporre nemmeno la violazione della regola delle “posizioni prevalenti” in ragione del numero di pareri favorevoli resi perché la disciplina regionale del procedimento di VIA di competenza non statale disciplinato, all’epoca, dalla D.G.R. 45/24 del 27.9.2017, non prevedeva alcuna conferenza di servizi decisoria, bensì la possibilità di una conferenza istruttoria, finalizzata all’acquisizione di contributi istruttori che consentissero al Servizio VIA il compiuto esame degli interessi coinvolti e l’esatto inquadramento del progetto nel contesto ambientale di riferimento, secondo le regole generali proprie dell’esercizio dei poteri discrezionali ma non nel contesto di una pluralità di interessi pubblici non omogenei da ricomporre in una decisione c.d. pluristrutturata, come accade nella conferenza di servizi decisoria, venendo qui in rilievo il solo interesse alla tutela ambientale.
Con il terzo motivo l’appellante deduce: “Error in procedendo et in iudicando. Omessa pronuncia. Violazione e falsa applicazione dell’articolo 64 c.p.a. Violazione dei principi in materia di effettività della tutela giurisdizionale ai sensi degli articoli 24 e 111 della Costituzione. Insufficienza e illogicità della motivazione. Travisamento dei fatti. In ogni caso: violazione delle norme che presiedono alla decisione in Conferenza dei Servizi di cui agli articoli 14 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241 e dell’articolo 25 del D.Lgs 22 gennaio 2004, n. 42. Violazione e falsa applicazione dell’ art. 6, comma 2 del D.L. 17 maggio 2022, n. 50, conv. in legge 15 luglio 2022, n. 91, dell’art. 22 del D.Lgs. 8 novembre 2021, n. 199, dell’art. 47, primo e secondo comma, del D.L. 24 febbraio 2023, n. 13, conv. in legge 21 aprile 2023, n. 41, e dell’art. 9 del D.L. 9 dicembre 2023, n. 181, conv. in legge 2 febbraio 2024, n. 11.”.
Lamenta, sotto un diverso profilo, che la sentenza avrebbe omesso di valutare la mancata applicazione degli articoli 14 e ss. della legge 241/1990. Assume infatti che, quand’anche si dovesse attribuire un carattere qualificato al parere della Soprintendenza, nondimeno, avrebbero dovuto essere applicati i principi e le norme che impongono la valutazione di tutti i pareri espressi in conferenza di servizi.
Il motivo è infondato alla luce delle motivazioni espresse nella disamina dei precedenti due motivi cui si rinvia per i profili relativi alla disciplina applicabile al presente giudizio.
In sintesi:
a) il presente procedimento di VIA si è svolto in applicazione della disciplina regionale contenuta nella DGR 45/24 del 27.9.2017 (cfr. p. 5 appello), incentrata sul modulo della conferenza di servizi istruttoria, tenuto conto che la legge regionale n. 8 febbraio 2021, n. 2, recante la disciplina del Provvedimento unico regionale in materia ambientale (c.d. PAUR), all’art. 3, ha escluso l’applicazione della nuova disciplina del PAUR, incentrata invece sul modulo della conferenza di servizi decisoria, ai procedimenti di VIA già avviati in data antecedente alla data di entrata in vigore della legge, salva diversa richiesta della parte istante di cui non v’è menzione in atti e ferma, in ogni caso, la prevalenza quale norma speciale successiva dell’art. 47, comma 3 lett. c) del d. l. n. 13 del 2023 modificativo dell’art. 12, comma 4, del d. lgs. n. 387 del 2003 sino alla sua abrogazione intervenuta ad opera dell’art. 15 del d. lgs. n. 490 del 2024.
b) la disciplina regionale del procedimento di VIA di competenza non statale, disciplinato, all’epoca, dalla D.G.R. 45/24 del 27.9.2017, non prevedeva alcuna conferenza di servizi decisoria, bensì la possibilità di una conferenza istruttoria dove non operano gli istituti del dissenso costruttivo e la regola decisoria delle posizioni prevalenti.
Ciò non implica una aprioristica prevalenza dell’interesse paesaggistico e culturale rispetto agli altri interessi pubblici e privati poiché la valutazione d’impatto ambientale è comunque soggetta al rispetto del principio di proporzionalità e quindi alla dimostrazione che il sacrificio dell’opera sia strettamente necessario alle esigenze di salvaguardia ambientale.
Solo la normativa più recente ha operato un maggiore coordinamento della VIA con i procedimenti autorizzatori, in particolare tramite l’art. 27 bis del d. lgs. n. 152 del 2006, laddove nel presente giudizio vale la previgente disciplina regionale in materia di VIA che prevede un procedimento distinto e presupposto rispetto a quello sulla autorizzazione unica, incentrato sul modulo della conferenza istruttoria – dove confluiscono i vari pareri che attengono ai distinti profili di rilevanza ambientale - e della decisione finale rimessa alla Giunta regionale.
Le disposizioni menzionate dall’appellante a p. 25 dell’atto di appello per comprovare la portata non assoluta della tutela paesaggistica, progressivamente dequotata dal legislatore (art. 30 del d. l. n. 77/2021; art. 6, comma 2 del d. l. n. 50/2022; art. 22 del D. Lgs. 199/2021; art. 47 del d. . l. n13/2023; art. 9 del d.l. 181/2023) sono invece irrilevanti in quanto riguardano il procedimento di autorizzazione unica e non quello di VIA.
Con il quarto motivo l’appellante ha dedotto: “Error in procedendo et in iudicando. Omessa pronuncia su un punto decisivo della controversia. Violazione e falsa applicazione dell’articolo 64 c.p.a. Violazione dei principi in materia di effettività della tutela giurisdizionale ai sensi degli articoli 24 e 111 della Costituzione. Insufficienza e illogicità della motivazione. Travisamento dei fatti. Violazione e falsa applicazione della Direttiva CEE n. 2001/77 e del Decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387. Violazione degli articoli 9, 11 e 41 della Costituzione. Insufficienza della motivazione. Omesso bilanciamento degli interessi.”.
Lamenta che i provvedimenti impugnati sarebbero privi di quel bilanciamento tra interessi privati e pubblici, e tra interessi pubblici di pari rilievo che deve necessariamente connotare la Valutazione di Impatto Ambientale. Si tratta del diritto all’iniziativa economica e privata, della tutela dei beni culturali e del perseguimento, attraverso il recepimento e l’esecuzione di un trattato internazionale sulla lotta al cambiamento climatico, del principio di decarbonizzazione della produzione di energia.
Il motivo è infondato.
Come si è visto la Valutazione d’impatto ambientale – stando alla disciplina applicabile al caso di specie - rappresenta un sub procedimento di natura autonoma le cui risultanze confluiscono nel procedimento di autorizzazione unica ai sensi dell’art. 12, comma 4 del d. lgs. n. 387 del 2003 (ancora in vigore alla data di adozione della D.G.R. impugnata, prima della abrogazione totale dell’articolo disposta dall’art. 15 del d. lgs. 25 novembre 2024, n. 190) come modificato dall’art. 5, comma 5 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28. Solo con l’art. 47, comma 3 lett. c) del decreto-legge 24 febbraio 2023, n. 13 il predetto comma è stato ulteriormente modificato, precisandosi al secondo periodo che: “Il rilascio dell'autorizzazione comprende il provvedimento di VIA…..”.
Il procedimento di VIA è finalizzato in via esclusiva alla verifica della sussistenza di impatti significativi sull’ambiente – nelle matrici elencate all’art. 3 della direttiva VIA 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 dicembre 2011 – in conseguenza della realizzazione di determinate opere suscettibili di recare pregiudizio al bene giuridico ambiente, in base a quanto rappresentato nello studio di impatto ambientale di cui all’art. 22 del d. lgs. n. 152 del 2006 e relativo allegato VII.
Ai sensi dell’art. 1 della direttiva 2011/92/UE “La presente direttiva si applica alla valutazione dell’impatto ambientale dei progetti pubblici e privati che possono avere un impatto ambientale significativo”.
Ai sensi del successivo articolo 2 della direttiva: “Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie affinché, prima del rilascio dell’autorizzazione, per i progetti per i quali si prevede un significativo impatto ambientale, in particolare per la loro natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione, sia prevista un’autorizzazione e una valutazione del loro impatto”.
La finalità della VIA pertanto è quella di valutare l’impatto di progetti pubblici e privati sull’ambiente e non quello di coordinare e comporre i diversi interessi pubblici e privati che possano venire in rilievo ai fini del rilascio dell’autorizzazione finale alla realizzazione dell’opera.
In particolare la VIA non è finalizzata a risolvere il conflitto tra impatto ambientale dei progetti privati – sebbene di interesse pubblico - di produzione di energia alternativa ed interesse pubblico alla incentivazione della relativa produzione poiché la relativa ponderazione di tali interessi e di tutti quelli emersi all’esito dell’istruttoria avviene nell’ambito del distinto procedimento di autorizzazione unica, disciplinato dall’art. 12 del d. lgs. n. 387 del 2003 (nella versione all’epoca in vigore sopra richiamata), nelle forme della conferenza di servizi decisoria di cui alla legge n. 241 del 1990, in applicazione del richiamo espresso contenuto nell’art. 12, comma 1 del d. lgs. n. 387 del 2003.
Non trovano dunque applicazione al procedimento di VIA le disposizioni in materia di conferenza di servizi decisoria, quanto in particolare alla regola sulla formazione delle decisioni, secondo le posizioni prevalenti, e quella sul dissenso qualificato, proprie delle decisioni c.d. pluristrutturate poiché nel procedimento di VIA vi è solo un interesse pubblico, quello ambientale, oggetto di indagine che viene condotta nella sola prospettiva della verifica di possibili impatti rilevanti derivanti dalla realizzazione dell’opera.
Da quanto precede emerge, come si è visto, non solo l’infondatezza di tutte le censure dedotte in relazione a presunte violazioni della disciplina sulla conferenza di servizi decisoria valevole per il procedimento di autorizzazione unica (in particolare obbligo del dissenso costruttivo e regola delle posizioni prevalenti quale criterio per l’adozione della determina conclusiva) ma anche che nessuna ponderazione comparativa tra interessi pubblici antagonisti è operata nel procedimento di VIA poiché la relativa decisione discrezionale è assunta nel distinto procedimento di autorizzazione unica, finalizzato, per l’appunto, al coordinamento infrastrutturale di tutti gli interessi emersi in sede procedimentale ed alla adozione della decisione conclusiva circa l’interesse pubblico o privato da ritenersi prevalente ai fini del rilascio della autorizzazione, all’esito del contraddittorio procedimentale che consente di accertare i fatti e, conseguentemente, la misura di valore degli interessi agli stessi sottesi, necessaria per operare la ponderazione comparativa.
Naturalmente la valutazione di “impatto significativo” per l’ambiente presuppone anche un giudizio costi-benefici rispetto all’opera da realizzare oltre che di proporzionalità dell’eventuale divieto (sia rispetto all’opzione zero che in presenza di eventuali prescrizioni limitative o comunque conformative) ma tale giudizio resta relegato alla sfera del merito amministrativo laddove l’autorità preposta dimostri l’effettiva sussistenza di un pregiudizio negativo per l’ambiente e la radicale incompatibilità della realizzazione dell’opera a causa dell’impatto significativo evidenziato dall’istruttoria, come accade nel caso di specie.
La delibera di Giunta impugnata nella trama motivazionale si incentra indubbiamente sul profilo paesaggistico (non evidenziando, dopo le numerose integrazioni istruttorie operate dalla società, possibili pregiudizi alle ulteriori matrici ambientali quali fauna, flora, sottosuolo, aria) ma la presenza di un impatto significativo sulla componente paesaggistica in ragione delle dimensioni delle torri eoliche deve ritenersi sufficiente a rendere non manifestamente irragionevole od illogico un diniego di VIA fondato su tale pregiudizio all’ambiente.
Peraltro la delibera non ha mancato di motivare in modo congruo anche in ordine al raggiungimento degli obiettivi di produzione di energia alternativa in Sardegna, quale circostanza idonea a ritenere non sproporzionata l’esigenza di tutela del paesaggio.
In altri termini, a fronte di un contributo significativo e crescente assicurato dalla Regione alla produzione complessiva nazionale di energia alternativa – tenuto conto dei target vigenti nel 2022 quando il diniego impugnato è stato adottato - nel bilanciamento di interessi pubblici antagonisti la Giunta ha considerato, in modo non irragionevole, con la massima cautela il significativo livello di impatto ambientale negativo, sebbene concentrato su una sola delle matrici che compongono il bene giuridico ambientale.
Non sussiste pertanto la dedotta violazione dell’obbligo di motivazione rafforzata in quanto l’iter logico giuridico con cui la valutazione è stata operata, anche rispetto al sacrificio imposto al concorrente interesse pubblico all’incremento della produzione di energia alternativa, appare rispettoso del principio di proporzionalità.
Non sussiste neppure la dedotta violazione dell’art. 6, comma 2 del decreto legge 17 maggio 2022, n. 50 in quanto non applicabile in materia di VIA bensì di procedimento di autorizzazione unica - e quindi con riferimento ai distinti pareri che la Soprintendenza rende in quella sede – come confermato dalla rubrica dell’articolo “Disposizioni in materia di procedure autorizzative per gli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili”.
In ogni caso, alla luce di quanto evidenziato, il Collegio è dell’avviso che la Soprintendenza abbia dato “adeguata evidenza della sussistenza di stringenti, comprovate e puntuali esigenze di tutela degli interessi culturali o paesaggistici, nel rispetto della specificità delle caratteristiche dei diversi territori” sicchè la doglianza dev’essere respinta in quanto infondata.
Da altra angolazione e con specifico riferimento alla valutazione dell’impatto ambientale oggetto della VIA, la decisione della Giunta regionale non può ritenersi manifestamente irragionevole considerato che una VIA può legittimamente concludersi con un giudizio negativo in ragione di un impatto significativo sul paesaggio (sebbene di tipo indiretto, in quanto attinto nell’area di salvaguardia di contorno c.d. buffer), pur in assenza di pregiudizio per le altre matrici ambientali, atteso che una di siffatte matrici – espressamente contemplata dall’art. 3, comma 1, lett. d) della direttiva 2011/92/UE - è risultata comunque suscettibile di subire effetti significativi negativi dal progetto e la sua salvaguardia non si pone in termini assoluti e tali da pregiudicare il perseguimento dell’interesse pubblico alla produzione di energia rinnovabile poiché il divieto deve comunque essere conforme al principio di proporzionalità, garantendo che il sacrificio risulti strettamente necessario alla tutela di beni paesaggistici di oggettiva rilevanza, come accade nel caso di specie.
Non è pertanto configurabile un “appiattimento” del giudizio conclusivo della Giunta sulle valutazioni della Soprintendenza né una acritica ed immotivata pretermissione dei restanti pareri e tanto meno dell’interesse pubblico alla produzione di energia rinnovabile.
Con il quinto motivo l’appellante ha dedotto: “Error in procedendo et in iudicando. Omessa pronuncia su un punto decisivo della controversia. Violazione e falsa applicazione dell’articolo 64 c.p.a. Violazione dei principi in materia di effettività della tutela giurisdizionale ai sensi degli articoli 24 e 111 della Costituzione. Insufficienza e illogicità della motivazione, con riferimento al terzo motivo di ricorso in primo grado. Travisamento dei fatti. Violazione della disciplina di cui al D.Lgs 29 dicembre 2003, n. 387, e al D.M. 10 settembre 2010 in materia di inesistenza di “aree idonee”, ai sensi della sentenza della Corte Costituzionale 11 ottobre 2012, n. 224. Mancata valutazione delle misure di mitigazione”.
Lamenta che la sentenza impugnata avrebbe avallato il tentativo della Regione Sardegna di recuperare, illegittimamente, il concetto di “area non idonea” all’intervento di produzione di energia da fonte rinnovabile, al fine di escludere a priori vaste aree del territorio regionale dalla possibilità di installazione di impianti di produzione di energia da fonte rinnovabile, in assenza di una valutazione in concreto di compatibilità, ribaltando il principio posto dalla sentenza 224/2012 della Corte costituzionale.
Il motivo è infondato.
La problematica delle aree idonee agitata dall’appellante non modifica il quadro delle emergenze istruttorie, veicolate tramite i pareri della Soprintendenza e del competente servizio regionale, che segnalano la presenza, nell’area contermine agli aerogeneratori, di siti archeologici e di beni paesaggistici che subiscono un indubbio impatto rilevante dalla presenza di torri eoliche di notevoli dimensioni: essendo comunque stata condotta una valutazione in concreto circa la sussistenza di impatti significativi sulle emergenze archeologiche e paesaggistiche è del tutto irrilevante discutere se il giudizio negativo muova anche dalla disciplina delle aree non idonee, comunque pacificamente non vincolante ma assistita da mera efficacia orientativa delle valutazioni di impatto ambientale secondo principi reiteratamente affermati anche dalla giurisprudenza costituzionale (cfr. Corte Cost. n. 11/2022 e n. 70/2022).
Come correttamente evidenziato dal T.a.r., la presenza di beni di interesse culturale nella fascia di rispetto non impedisce ex se e in via assoluta la realizzazione di un impianto di produzione di energia rinnovabile, nondimeno tale circostanza fattuale imponeva una valutazione in concreto circa la compatibilità di quest’ultimo con tali beni che la Soprintendenza, il servizio V.I.A. e infine la Giunta regionale non hanno omesso di compiere, sebbene nell’ambito di un procedimento finalizzato a prevenire danni all’ambiente e non al rilascio dell’autorizzazione unica.
L’appellante obietta in relazione alla valutazione in concreto, di avere proposto numerose misure di mitigazione (richiamate a p. 34 dell’appello cui si rinvia) a cominciare da una riduzione da 10 a 7 del numero delle torri eoliche, che la Soprintendenza avrebbe ignorato o comunque reputato inidonee con motivazioni insufficienti a conferma di un approccio totalizzante della tutela paesaggistica.
Osserva il Collegio che la Soprintendenza ha valutato tali proposte in sede di contraddittorio procedimentale ma non le ha motivatamente ritenute idonee.
Il T.a.r. da ampiamente atto di tale circostanza in motivazione.
Preliminarmente deve darsi atto che tutti i contributi partecipativi presentati in sede di contraddittorio procedimentale sono stati valutati dalla Soprintendenza e ritenuti inidonei ad eliminare il significativo impatto negativo per le numerose emergenze archeologiche e paesaggistiche presenti nell’area (ed elencate al punto 9 della sentenza appellata cui si rinvia).
Il T.a.r. li analizza in modo puntuale al paragrafo 11 della motivazione (in particolare paragrafo 11.2 p. 11 e ss. cui si rinvia in ossequio al principio di sinteticità), riportando le osservazioni della Soprintendenza ed evidenziando che vi è stato un contraddittorio effettivo.
Non sussiste pertanto il dedotto difetto di motivazione sul punto e le stesse argomentazioni addotte dalla Soprintendenza appaiono non irragionevoli tenuto conto dell’evidente ed inevitabile impatto negativo che la presenza di sette torri eoliche alte sino a 200 metri ha sui beni archeologici e paesaggistici circostanti, alcuni dei quali di eccezionale valore storico.
Come correttamente rilevato dal T.a.r. (cfr. punto 14 della motivazione), nei limiti in cui è consentito il sindacato del giudice amministrativo, il giudizio espresso, per quanto opinabile (in mancanza di regole di giudizio univoche), non risulta affetto da manifesta irragionevolezza o illogicità e come tale, in linea con i principi giurisprudenziali richiamati in premessa, non è attingibile dal sindacato del giudice amministrativo, rientrando nella sfera del merito amministrativo.
A conferma della correttezza della impostazione seguita dal T.a.r., osserva il Collegio che una volta verificata in fatto la sussistenza di numerosi beni archeologici nell’area di contorno su cui le torri impattano in modo significativo in ragione della loro notevole altezza, arrecando loro pregiudizio, affermare se l’istanza di tutela paesaggistica possa ritenersi prevalente e come tale ostativa al rilascio della VIA favorevole, integra una valutazione di merito.
Il fatto che la Soprintendenza si sia dilungata in apprezzamenti di carattere paesaggistico generale in area non sottoposta a vincolo, non fa venire meno la presenza e la rilevanza, nell’area di contorno, di numerose emergenze archeologiche e di beni culturali alcuni dei quali candidati a fa parte del patrimonio UNESCO che danno evidenza della reale sussistenza in concreto di esigenze di tutela la cui prevalenza, nella ponderazione complessiva sulle componenti ambientali suscettibili di impatto non appare manifestamente irragionevole o affetto da palese illogicità.
La Soprintendenza tra gli aspetti maggiormente significativi e rilevanti ha infatti evidenziato nei pareri rilasciati che:
a) “Il sito si configura come la più importante area sacra/necropoli di epoca neolitica in Sardegna nella quale sono stati individuati e indagati due circoli megalitici a tumulo, tombe megalitiche di differenti planimetrie, allineamenti di menhir, strutture complesse con menhir e una ampia necropoli a domus de janas per un’estensione totale di circa 200.000 mq. Per queste motivazioni, il complesso
archeologico è stato incluso nella tentative list per l’inserimento tra i siti Unesco e il riconoscimento della Preistoria sarda come patrimonio dell’umanità”;
b) “Nel caso specifico, il primo e maggiore fattore di criticità riguarda l’estensione e la dimensione dell’opera, nonché la sua “durata”: l’incremento di altezza delle pale innesca, in effetti, un gigantismo sproporzionato che scardina i rapporti percettivi del vasto compendio caratterizzato dai rilievi tabulari delle sub regioni della Trexenta e del Gerrei, vero e proprio preambolo alla succitata area dei Tacchi calcarei, già gravata peraltro dalla presenza di altri parchi eolici.”;
c) “; la presenza delle torri, di altezza pari ai 200 metri, depaupera di fatto la struttura dei quadri paesaggistici godibili (ben descritti negli elaborati tecnici, relazione paesaggistica e fotosimulazioni); la presenza delle torri eoliche è rilevante soprattutto in riferimento all’importante sito di Pranu Muttedu sul quale incombono in maniera insostenibile, sia per ciò che concerne il grado oggettivo di percettibilità e sia anche per ciò che concerne l’alterazione del “paesaggio culturale” che qualifica l’area, caratterizzato dall’unione inscindibile dell’opera dell’uomo preistorico/protostorico con il paesaggio di alta naturalità che ancora oggi si conserva”;
d) “Gli aerogeneratori in progetto, alti quasi il doppio degli esistenti, ingenererebbero un fortissimo impatto visivo sul sito creando una forte interferenza su questo eccezionale contesto, tra i più rilevanti della preistoria sarda. L’impatto visivo su questo sito complesso, un vero e proprio unicum e uno tra i più importanti della Sardegna, si configura come una criticità difficilmente superabile senza un radicale ridimensionamento degli aerogeneratori o un loro diverso posizionamento, che renderebbe necessaria una sostanziale modifica del progetto.”.
e) “Nel caso in esame, oltre al classico paesaggio dell’entroterra sardo caratterizzato, appunto, dall’emergenza di qualche “tipica” torre nuragica, abbiamo anche l’”unicum” del circolo megalitico di Pranu Muttedu (candidato nella tentative list dell’UNESCO) il quale, contrariamente da quanto si afferma nel memorandum e nel contributo, non ha portato l’Ente preposto alla tutela del patrimonio culturale e del paesaggio ad escludere “qualunque parco eolico” ma specificatamente quello in esame in quanto, comunque, contribuisce ad inserire elementi detrattori tali da non essere sostenibili dal bene in questione: la presenza, anche in lontananza, delle incombenti torri eoliche, contribuiscono a svilire la percezione del sito, sia per chi si trovasse in prossimità dell’emergenza archeologica, sia per chi percorra il territorio in avvicinamento ad essa, snaturando così l’assetto culturale tutelato ed il suo contesto di riferimento”.
E ancora che “Pur non tralasciando di evidenziare le criticità relative a tutto il patrimonio archeologico esistente, nelle proprie note questo Ufficio ha focalizzato le problematiche relative al sito d Pranu Mutteddu, che è stato inserito nella tentative list dell’Unesco e che pertanto potrebbe essere oltremodo penalizzato fino all’esclusione dalla citata tentative list, qualora il contesto di giacenza sia alterato da ulteriori impianti eolici.”.
Si tratta di elementi di fatto che concretizzano e danno evidenza della presenza di valori storico archeologici e paesaggistici da tutelare di notevole rilevanza.
Le criticità evidenziate sono rimaste insuperate e risultano di per sé dirimenti, nonostante le proposte di mitigazione avanzate dalla società che attengono ad aspetti secondari rispetto a quanto ripetutamente evidenziato dalla Soprintendenza.
Il T.a.r. ne dà conto con dovizia di dettagli al punto 11.2. della motivazione cui si rinvia.
Ed infatti la Soprintendenza ha osservato al riguardo che:
“La proposta modificativa presentata con le integrazioni, con il diverso posizionamento di alcune torri eoliche, non modifica le valutazioni sull’impatto complessivo dell’impianto che, comunque, nonostante la modifica sull’area di sedime di alcune torri eoliche, incide comunque sulla diffusa presenza delle emergenze di natura archeologica e sul paesaggio che esse contribuiscono a formare in continuità con le valenze percettive offerte dalle distese tabulari degli altipiani e delle colline circostanti”;
e ancora “le misure compensative proposte appaiono non risolutive e scarsamente bilancianti rispetto al danno paesaggistico che l’impianto potrebbe arrecare al sito. Pertanto, si esprime parere negativo al parco eolico proposto. Si suggerisce, infine, di attivare un’opzione alternativa consistente nella localizzazione del parco in un’area brownfield o, comunque, di scarso rilievo paesaggistico e meno densa di beni culturali” (parere prot. 36505/2022).
In sintesi le torri, pur ridotte nel numero, sono di dimensioni tali da risultare incompatibili con le emergenze di eccezionale rilevanza storica presenti nell’area e possono pregiudicare la loro candidatura ad entrare nel novero dei siti tutelati dall’Unesco.
E’ dunque condivisibile la conclusione cui perviene il T.a.r. al paragrafo 12 secondo cui “a fronte di tale ampio e articolato compendio motivazionale, reso anche in chiave dialogica con le controdeduzioni e integrazioni presentate dalla ricorrente, che si è riportato proprio per verificarne la sufficienza a fronte delle censure mosse in ricorso, ad avviso del Collegio non possono trovare accoglimento le deduzioni della ricorrente. In senso contrario ad esse infatti, dalla superiore espositiva, emerge come l’amministrazione abbia ampiamente preso in considerazione e congruamente motivato in merito ai medesimi profili qui riproposti dalla ricorrente.”.
Ne discende che il motivo va respinto in quanto infondato.
Con il sesto motivo l’appellante deduce: “Error in procedendo et in iudicando. Omessa pronuncia su un punto decisivo della controversia. Violazione e falsa applicazione dell’articolo 64 c.p.a. Violazione dei principi in materia di effettività della tutela giurisdizionale ai sensi degli articoli 24 e 111 della Costituzione. Insufficienza e illogicità della motivazione. Travisamento dei fatti.
In particolare: violazione e falsa applicazione per omesso bilanciamento degli interessi. Violazione e falsa applicazione degli articoli 9, 11 e 41 della Costituzione. Insufficienza della motivazione. Violazione e falsa applicazione degli articoli 14 e ss. della legge 7 agosto 1990, n. 241. Violazione e falsa applicazione art. 6, comma 2 del D.L. 17 maggio 2022, n. 50 conv. in legge 15 luglio 2022, n. 91. Violazione e mancata applicazione dell’art. 3 del Regolamento (UE) 2022/2577 del Consiglio del 22 dicembre 2022 e del Regolamento (UE) 2024/223 del Consiglio del 22 dicembre 2023”;
Lamenta che la sentenza appellata sarebbe illegittima per non aver considerato che:
a) i pareri espressi dalla Soprintendenza sarebbero gravemente viziati da carenza di motivazione e difetto di istruttoria, sicché il sindacato di legittimità del Giudice non solo è ammissibile ma deve condurre al loro annullamento;
b) sarebbe del tutto mancato un giudizio comparativo rispetto all’interesse pubblico prevalente alla realizzazione di impianti rinnovabili;
c) i pareri della Soprintendenza non rispondono ai requisiti di legittimità di cui all’14 bis, comma 3 della L. 241/1990 (le determinazioni espresse in conferenza di servizi devono essere “congruamente motivate” ed indicare “le modifiche eventualmente necessarie ai fini dell'assenso”).
Il motivo replica quanto già dedotto con i motivi da 2 a 5 dalla cui infondatezza discende che anche il presente deve essere respinto per le motivazioni esposte in premessa cui si rinvia.
Quanto alla affermazione per cui i pareri della Soprintendenza si porrebbero in contrasto con un parere reso, sulle medesime aree, dalla medesima Soprintendenza che in data 14.09.2022 si esprimeva favorevolmente all’ampliamento del Parco Eolico di SARDAEOLICA autorizzando ulteriori 4 turbine rispetto alle 57 già esistenti, il Collegio rileva la genericità della allegazione che non consente di comparare le due situazioni di fatto al fine di poterne cogliere possibili indici sintomatici di eccesso di potere e ciò anche in ragione ad un inammissibile rinvio per relationem ad un motivo di ricorso di primo grado (“motivo III, da pag. 10 a pag. 20”) che invece avrebbe dovuto essere ritualmente riproposto in questa sede.
Alla luce delle motivazioni che precedono l’appello deve pertanto essere respinto nel suo complesso.
Sussistono giusti motivi, in ragione della complessità della controversia e della peculiarità delle questioni giuridiche trattate, per disporre la compensazione integrale delle spese del grado.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e compensa le spese di lite del grado.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 dicembre 2024 con l’intervento dei magistrati:
Vincenzo Neri, Presidente
Giuseppe Rotondo, Consigliere
Michele Conforti, Consigliere
Luca Monteferrante, Consigliere, Estensore
Luigi Furno, Consigliere