TAR Toscana Sez. II n. 774 del 25 luglio 2023
Ambiente in genere.Principio di precauzone

Il c.d. « principio di precauzione », in particolare, di derivazione comunitaria (art. 7, Regolamento n. 178 del 2002), impone che laddove sussistano incertezze o anche solo un ragionevole dubbio riguardo all'esistenza o alla portata di rischi per la salute delle persone, possono essere adottate misure di protezione senza dover attendere che siano pienamente dimostrate l'effettiva esistenza e la gravità di tali rischi. In tal caso l'azione dei pubblici poteri deve tradursi in una prevenzione anticipata rispetto al consolidamento delle conoscenze scientifiche. Il principio trova attuazione facendo prevalere le esigenze connesse alla protezione dei valori ambientali sugli interessi economici e riceve applicazione in tutti i settori ad elevato livello di protezione, indipendentemente dall'accertamento di un effettivo nesso causale tra un fatto dannoso o potenzialmente tale e gli effetti pregiudizievoli che ne derivano. Come più volte statuito anche dalla Corte di Giustizia Comunitaria, l'esigenza di tutela della salute umana diventa imperativa già in presenza di rischi solo possibili, ma non ancora scientificamente accertati, poiché le istituzioni sia comunitarie che nazionali sono responsabili della tutela della salute e dell'ambiente, sicché la regola della precauzione può essere considerata come un principio autonomo che discende dalle disposizioni del Trattato

Pubblicato il 25/07/2023

N. 00774/2023 REG.PROV.COLL.

N. 01640/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1640 del 2017, proposto da Chimet Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Roberto Alboni, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Regione Toscana, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Fabio Ciari, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Nuove Acque S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;

per l'annullamento

del decreto dirigenziale n. 13874 del 27 settembre 2017, di aggiornamento e modifica dell’AIA rilasciata a Chimet S.p.a., nella parte in cui la Regione ha imposto prescrizioni;

nonché di tutti gli atti presupposti o attuativi, anche non conosciuti, ivi inclusi, per quanto occorrer possa, i verbali della conferenza di servizi del 30 agosto 2017 ed il parere reso in quella sede dalla società Nuove Acque S.p.a.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Toscana;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 giugno 2023 la dott.ssa Katiuscia Papi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. La Società Chimet S.p.A. esercita, in virtù dell’AIA n. DD 204/EC del 30 dicembre 2013 rilasciata dalla Provincia di Arezzo, l’attività di trattamento e fusione di metalli non ferrosi, di recupero ed eliminazione dei rifiuti pericolosi e non pericolosi tramite incenerimento, e di fabbricazione di prodotti chimici di base.

2. Con verbale ARPAT n. 6/2016 del 14 novembre 2016 veniva avviato nei confronti di Chimet S.p.a. un procedimento per contravvenzione ex artt. 318 bis e ss. D. Lgs. 152/2006. In occasione del sopralluogo del 28 settembre 2016, posto in essere dai tecnici ARPAT presso lo stabilimento della società ubicato in Badia al Pino, nel Comune di Civitella Val di Chiana (AR), era infatti stato rilevato, con riferimento all’azoto ammoniacale, il superamento dei limiti previsti, per lo scarico dei reflui di processo in pubblica fognatura, dalla tabella 3, allegato V, del medesimo D. Lgs. 152/2006. Il campionamento aveva riguardato sia i reflui di processo che i reflui domestici, raccolti dal medesimo pozzetto, come autorizzato dall’AIA all’epoca vigente.

Ai sensi dell’art. 318 ter D. Lgs. 152/2006 ARPAT condizionava l’estinzione del reato all’assolvimento delle seguenti prescrizioni: a) la società avrebbe dovuto cessare, dal 22 febbraio 2017, lo scarico in pubblica fognatura dei reflui sia industriali che domestici, e chiudere fisicamente il raccordo tra il pozzetto di scarico e la fognatura, compreso l’eventuale bypass, garantendo il recupero e il riuso dei reflui prodotti fino al rilascio di nuova autorizzazione; b) Chimet avrebbe inoltre dovuto presentare alla Regione Toscana, entro il 10 marzo 2017, domanda di modifica dell’AIA, relativamente alla gestione dei reflui industriali e domestici.

3. Chimet S.p.a. depositava quindi presso il competente ufficio regionale, tramite il SUAP del Comune di Civitella Val di Chiana, una proposta di modifica non sostanziale dell’AIA, ai sensi dell’art. 29-nonies D. Lgs.152/2006, che introduceva una variazione al sistema di raccolta e trattamento degli scarichi.

In particolare, il progetto di Chimet prevedeva che le acque derivanti dal lavaggio dei contenitori utilizzati nel ciclo produttivo sarebbero state destinate al sistema di accumulo esistente delle acque di lavorazione, identificato con sigla BA002, e poi riutilizzate all’interno del processo impiantistico; non era previsto il collegamento del relativo scarico alla pubblica fognatura.

Quanto ai reflui assimilabili al domestico (derivanti dal sistema di refezione, vasche imhoof, servizi igienici), la ditta ne proponeva il riutilizzo impiantistico, previo sistema di sollevamento e trattamento nell’impianto chimico-fisico di chiaro-flocculazione e decantazione esistente. In caso di impossibilità di riutilizzazione (per mancato ricevimento di detto scarico nel bacino denominato BA002, a causa di eventi meteorici eccezionali, o altro), il refluo sarebbe stato inviato, dopo il trattamento chimico fisico purificante sopra descritto, in pubblica fognatura, attraverso il pozzetto di ispezione e controllo denominato EA0009/b. Era altresì previsto un bypass di emergenza che, in caso di manutenzione straordinaria o malfunzionamento del sistema di sollevamento e della pompa di rilancio al dispositivo di trattamento, consentiva l’immissione nella pubblica fognatura dei reflui civili, in assenza del descritto previo trattamento disinquinante di claro-flocculazione e decantazione.

4. Nella riunione del 3 maggio 2017 la conferenza di servizi indetta dalla Regione Toscana, cui erano invitati Arpat, il Comune di Civitella Val di Chiana, la ASL Toscana Sud est, i Vigili del fuoco, la Prefettura, la Direzione regionale dei Vigili del fuoco - Area rischi industriali CTR, e il Settore Regionale Rischi industriali, chiedeva a Chimet S.p.a. alcune integrazioni documentali, dopo aver acquisito anche il parere della società Nuove Acque S.p.a., gestore del Servizio idrico integrato.

La società odierna ricorrente riscontrava la richiesta e, in particolare, con propria nota del 31 luglio 2017, Chimet S.p.a. spiegava che: «Lo Stabilimento è dotato di diversi servizi igienici e locali docce per l’utilizzo degli addetti presenti. Tutta la rete fognaria è collegata ad un collettore interno interrato che raccoglie le acque dopo il loro trattamento in fosse settiche tipo Imhoof. Prima dello scarico in pubblica fognatura di tali reflui è interposto un impianto per il controllo e trattamento delle acque che vengono scaricate. Primario scopo di questo impianto è quello di sollevare tutte le acque reflue civili provenienti dallo Stabilimento, trattarle con un agente chelante ed un polielettrolita, sedimentare la parte in sospensione e convogliarle al relativo pozzetto di controllo prima di immetterle nel collettore fognario pubblico. Il trattamento con l’agente chelante e il polielettrolita è specifico per la riduzione del contenuto dei metalli che potrebbero essere presenti nelle acque reflue civili, mentre non è idoneo per il boro e il selenio. Infatti, i reagenti utilizzati, non sono attivi sui composti solubili di quest’ultimi e quindi non in grado di provocarne la decantazione come particelle solide. Nel periodo tra giugno 2014 ed aprile 2015 […] è stato effettuato un monitoraggio conoscitivo con cadenza bimestrale con l’analisi dei metalli Pb, Cu, Zn, oltre che B e Se, su campioni di acque reflue prelevati a monte e a valle del sistema di trattamento allo scopo di valutarne l’efficacia ai fini del rispetto dei limiti per le acque superficiali, ancorché trattandosi di scarico in pubblica fognatura. I dati ottenuti dal monitoraggio effettuato […] confermano il trend atteso con la diminuzione delle concentrazioni tra ingresso ed uscita all’impianto di decantazione e che quindi il trattamento è efficace per garantire il rispetto del limite per lo scarico in acque superficiali, che altrimenti potrebbe essere saltuariamente superato. […] a valle la concentrazione dei metalli [è - n.d.r.] sempre inferiori al limite delle acque superficiali, anche se a monte tali limiti possono essere occasionalmente superati»; con riferimento allo scarico in pubblica fognatura dei reflui civili, la società odierna ricorrente precisava inoltre che lo stesso avrebbe potuto essere attivato solo in due casi: «a) In caso di impossibilità di trasferimento delle acque reflue al bacino BA0002 per eccessivo riempimento dello stesso. Possibilità questa che si potrà verificare in caso di piogge durevoli e/o basso utilizzo delle acque di recupero del bacino stesso. In questo caso le acque, dopo il passaggio nell’impianto di trattamento, saranno inviate con una conduttura prima al misuratore di portata poi al pozzetto di ispezione EA0009/B come descritto nella documentazione precedentemente inviata; b) In caso di emergenza per guasto del sistema di sollevamento delle acque reflue verso il sistema di trattamento, e per il tempo strettamente necessario per il suo ripristino (presumibilmente entro 48 ore dall’evento) le acque reflue in arrivo dal collettore fognario interno (dopo le fosse Imhoof) saranno inviate, per sfioro, attraverso il troppo pieno di emergenza indicato in Tavola 3, al pozzetto EA0009/B. Il caso b), sopra indicato, non è mai accaduto fino ad oggi dall’installazione dell’attuale sistema di trattamento/sollevamento. Riteniamo che l’installazione di due pompe, una di scorta all’altra, entrambe sotto gruppo elettrogeno, possa rendere molto improbabile il caso di cui al predetto punto. Comunque visti la portata di circa 299 mc/anno […] i reflui eventualmente scaricati si aggireranno, al massimo, intorno a 330 lt/ora».

In vista della successiva riunione della conferenza del 30 agosto 2017, ARPAT e Nuove Acque S.p.a. rilasciavano parere favorevole alla proposta di Chimet, sia pure con alcune indicazioni condizionanti l’immissione in fognatura degli scarichi civili. Per quanto qui rileva, il parere di ARPAT rimandava alle valutazioni della Nuove Acque S.p.a.: «Prescrizioni Scarico occasionale di tipo domestico […] Per i criteri di accettabilità dello scarico in pubblica fognatura si rimanda alle condizioni dettate dall’Ente Gestore». Quanto, invece, alla Nuove Acque S.p.a., la stessa svolgeva una disamina specifica delle ipotesi di deflusso in pubblica fognatura delle acque condotte dallo scarico S1, relativo ai reflui civili, che di seguito si riporta nei passaggi di interesse: «Processi che generano gli scarichi - S1: Reflui derivanti da attività metaboliche, mensa, lavaggio mani e docce sottoposti a trattamento per abbattimento metalli. […] 3.2. Sistema di trattamento – S1: L’impianto di trattamento è di tipo Chimico – Fisico ed è così costituito: addizione di chelante e flocculante, sedimentazione. 4. Dati del sistema ricettore (-) Il destino finale della fognatura a cui afferiscono i reflui scaricati dalla ditta, tramite la fognatura nera denominata “Via dei Boschi”, è l’impianto di depurazione di Ponte a Chiani […]; (-) Il primo scolmatore a valle […] è classificato B2 e garantisce il corretto fattore di diluizione […] prima dell’entrata in funzione; 5. Note (-) La ditta richiede variazione non sostanziale dell’AIA, per la parte inerente gli scarichi, sia di quelli provenienti da bagni, lavaggio mani, docce sottoposti a trattamento chimico-fisico che dei reflui derivanti dal lavaggio bidoni sanitari. Ambedue le tipologie di reflui verranno destinate al riutilizzo/recupero all’interno dei processi industriali della Ditta e solo saltuariamente, a seguito di fermo impianto o mancato riutilizzo, verranno scaricate in pubblica fognatura. […] (-) Le acque reflue derivanti da lavaggio bidoni sanitari (precedentemente autorizzate) confluiscono in serbatoio di stoccaggio e da qui al bacino di accumulo per il successivo riutilizzo e non perverranno più in pubblica fognatura. (-) Lo scarico in fognatura è previsto nei seguenti casi: o dall’uscita della chiariflocculazione nel caso in cui non sia possibile l’invio al bacino per il riutilizzo; o dal sistema di sollevamento nel caso in cui si verifichi un guasto. Tale sistema è dotato di due pompe, una di riserva all’altra nel caso di guasto di una di queste. La ditta dichiara l’improbabilità dell’evento. Qualora comunque si verificasse tale circostanza, perverrebbero in pubblica fognatura le acque reflue derivanti dal lavaggio mani, bagni, docce … non trattate (prima dell’addizione di chelanti, flocculanti e della sedimentazione per la rimozione dei metalli pesanti). Dal piano di monitoraggio delle acque reflue derivanti dal lavaggio mani e docce, a monte e a valle del trattamento, effettuato dalla ditta come da prescrizione autorizzativa risulta che tali reflui non trattati rispettano il limite per la pubblica fognatura ma non quelli per lo scarico in acque superficiali, mentre a valle del trattamento risultano rispettati i limiti per lo scarico in acque superficiali. 6. […] Si ritiene accettabile lo scarico [in pubblica fognatura n.d.r.] alle seguenti condizioni. 7. Limiti. […] 7.2. In considerazione del destino finale della fognatura, impianto di depurazione di Ponte a Chiani, date le note e persistenti criticità relative agli ingressi di metalli pesanti, al fine di preservare la capacità depurativa dell’impianto, siamo a richiedere l’applicazione dei limiti per le acque superficiali per i metalli caratteristici dello scarico Rame, Piombo, Zinco, Selenio, Boro, Cadmio, Cromo totale, Mercurio, Nichel, As e per il pH. […] 8 Divieti. 8.1. In fogna potranno pervenire solo le acque provenienti dai servizi igienici, fosse biologiche, lavaggio mani e docce (previo trattamento), mensa. 8.2. Le acque derivanti dal lavaggio bidoni non potranno in alcun modo pervenire in pubblica fognatura. 8.3. Le acque meteoriche non pervengono in pubblica fognatura».

5. La Conferenza di servizi, nel verbale del 30 agosto 2017, dava atto di approvare la soluzione impiantistica proposta da Chimet S.p.a., imponendo tuttavia prescrizioni derivanti dal recepimento dei pareri di ARPAT e Nuove Acque S.p.a., summenzionati.

Le suddette conclusioni erano infine recepite nel decreto della Regione Toscana n. 13874 del 27 settembre 2017, che approvava la modifica non sostanziale dell’AIA richiesta dalla Chimet S.p.a. e, per quanto qui rileva, stabiliva: «3. Di autorizzare l’esercizio della proposta progettuale indicata al suddetto punto 1, che prevede lo scarico denominato S1, riguardante il refluo assimilabile al domestico, in pubblica fognatura con le prescrizioni riportate al paragrafo 3 punti da 5 a 15, 19 e 20 dell’allegato A “allegato tecnico”, parte integrante e sostanziale del presente atto»; tra le prescrizioni richiamate, contenute nel paragrafo 3 dell’allegato tecnico, la n. 5 stabiliva che: «5. lo scarico S1, fino ad una portata massima di 2500 m3/anno, assimilabile al domestico, in pubblica fognatura dovrà essere preventivamente trattato nell’impianto di claro-flocculazione preposto per l’abbattimento dei metalli; l’impianto dovrà garantire l’abbattimento nello scarico dei seguenti parametri: Rame, Piombo, Zinco, Selenio, Boro, Cadmio, Cromo Totale, Mercurio, Nichel, As e per il pH fino ai limiti previsti per uno scarico in acque superficiali così come indicati in tabella 3 dell’allegato V alla parte III del D.Lgs. 152/2006».

6. Con il ricorso introduttivo del presente giudizio, la società ricorrente impugnava il provvedimento conclusivo della conferenza di servizi, e gli ulteriori atti elencati in epigrafe, chiedendone l’annullamento, limitatamente alla prescrizione n. 5, per le ragioni di seguito esposte.

Con il primo motivo di ricorso Chimet lamentava la «Violazione dell’art. 107 d. lgs n. 152/2006; eccesso di potere per difetto di presupposto; travisamento di fatti, sviamento di potere» affermando che, in virtù della modifica impiantistica approvata, lo scarico che Chimet in casi eccezionali si riservava di immettere in pubblica fognatura, costituito dai reflui provenienti dai servizi igienici interni all’azienda, veniva espressamente qualificato dal provvedimento impugnato come assimilabile al domestico, e come tale avrebbe potuto essere versato in fognatura senza necessità di autorizzazione né di trattamenti preventivi, la cui imposizione all’azienda sarebbe dunque illegittima.

Il secondo motivo, con cui si rilevava la «Violazione dell’art. 101, co. i, ii e iii, 107 e 124 d. lgs n. 152/2006; eccesso di potere per difetto di presupposto; travisamento di fatti, sviamento di potere», si appuntava invece sull’entità dei valori limite delle sostanze pericolose di cui alla tabella n. 3 dell’allegato V alla parte III del D. Lgs. 152/2006 imposti a Chimet S.p.a. per l’accettazione dei reflui in fognatura; la società ricorrente affermava infatti che tali soglie, individuate dall’Amministrazione nella misura relativa agli scarichi in acque superficiali (invece che nella misura più elevata prevista dalla stessa tabella per lo scarico in fognatura), risultavano eccessivamente restrittive, ed erano state prescritte dalla Regione in asserita carenza di potere.

Attraverso il terzo motivo di gravame si deduceva il vizio di «Eccesso di potere per contraddittorietà, difetto di istruttoria, difetto di motivazione; ingiustizia manifesta, disparità di trattamento, sviamento di potere», per essere stato disposto il suddetto innalzamento dei parametri per l’immissione in fognatura in assenza di un’adeguata istruttoria, e con conseguente carenza motivazionale.

Da ultimo, con il quarto motivo d’impugnazione, Chimet si doleva dell’«Eccesso di potere sviamento di potere, difetto di presupposti, perseguimento di interessi commerciali, violazione del principio costituzionale di imparzialità», con riferimento alla natura parzialmente privata del gestore del servizio idrico, società Nuove Acque S.p.a.

7. La Regione Toscana si costituiva in giudizio instando per la reiezione del ricorso, che sosteneva essere infondato, quanto al primo motivo, poiché l’equiparazione agli scarichi domestici avrebbe richiesto una composizione dei reflui assimilabile nella sostanza a quella delle acque reflue di provenienza domestica, non presente nelle acque condotte dallo scarico S1 dello stabilimento Chimet. Il secondo e il terzo motivo sarebbero privi di fondamento poiché l’individuazione di limiti di immissione superiori a quelli previsti per gli scarichi domestici in fognatura è possibile, ai sensi dell’art. 29 sexies D. Lgs. 152/2006, ove necessaria per salvaguardare il funzionamento di impianti di depurazione, e garantire un livello invariato di tutela ambientale. Nemmeno il quarto motivo, secondo la difesa regionale, avrebbe consentito di addivenire all’accoglimento del ricorso, non potendosi prescindere dal coinvolgimento del soggetto gestore del servizio idrico integrato.

8. All’udienza pubblica del 20 giugno 2023 la causa era trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Il Collegio prende in esame le censure proposte dalla parte ricorrente, che si appalesano infondate, per le ragioni di seguito esposte.

1.1. La circostanza che il provvedimento regionale impugnato qualifichi lo scarico S1 come assimilato al domestico non è idonea ad escludere la necessità di un’autorizzazione, eventualmente recante (come nel caso di specie) prescrizioni, al fine di consentirne il deflusso in fognatura.

La suddetta qualificazione (domestica) veniva infatti affermata dall’amministrazione con riferimento alla provenienza dei reflui presenti nello scarico S1 (docce, lavaggio mani, bagni, mensa), onde differenziare questi ultimi da quelli derivanti dal lavaggio dei bidoni e dal ciclo produttivo dell’impresa, non certo relativamente all’individuazione del regime autorizzatorio per il conferimento degli stessi in fognatura. I reflui condotti dallo scarico S1, infatti, ai fini dell’immissione nella pubblica fognatura, non costituiscono reflui domestici, né assimilabili ai domestici, come risulta evidente dalla normativa che disciplina la fattispecie.

Viene a tal proposito in rilievo, innanzi tutto, l’art. 74, comma I, lettera ‘g’ D. Lgs. 152/2006, che definisce le «acque reflue domestiche: acque reflue provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da servizi e derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche». Ai fini della disposizione in esame, la natura domestica dei reflui dipende (anche e indefettibilmente) dalla tipologia (necessariamente residenziale o adibita a servizi) degli insediamenti dai quali gli stessi provengono.

Orbene, lo scarico S1 oggetto della presente controversia riguarda reflui provenienti dai servizi igienici, interni a uno degli stabilimenti produttivi della società Chimet S.p.a., azienda che svolge un’attività imprenditoriale di trattamento e fusione di metalli non ferrosi, trattamento mediante incenerimento di rifiuti anche pericolosi, e fabbricazione di prodotti chimici. I reflui ivi prodotti non provengono pertanto da un insediamento residenziale, né da un’attività riconducibile alla prestazione di servizi. In virtù della disposizione sopra riportata, deve dunque escludersi la classificabilità degli stessi in termini domestici.

L’art. 101, comma VII, D. Lgs. n. 152/2006 stabilisce inoltre che «ai fini della disciplina degli scarichi e delle autorizzazioni, sono assimilate alle acque reflue domestiche le acque reflue: […] e) aventi caratteristiche qualitative equivalenti a quelle domestiche e indicate dalla normativa regionale». Come previsto dalla disposizione in esame, quindi, l’equiparabilità dei reflui non domestici ai domestici (con conseguente deroga alla necessità di previa autorizzazione per l’immissione in fognatura, ai sensi dell’art. 107 e dell’art. 124 comma IV D. Lgs. 152/2006, nonché dell’art. 5 L.R. 20/2006) è subordinata alla presenza di qualità compositive equivalenti a quelle dei reflui domestici.

Orbene, come si evince dalla documentazione versata in atti, e specificamente riportata nella trattazione in fatto, i reflui condotti dallo scarico S1 hanno una composizione ben diversa da quella tipica degli scarichi domestici, poiché, prima dell’assoggettamento al trattamento di claro-flocculazione e decantazione che ne elimina parte delle sostanze pericolose, e segnatamente la maggior parte dei metalli pesanti, gli stessi risultano contaminati dalle suddette sostanze inquinanti (in tal senso: parere del 30 agosto 2017 della Nuove Acque S.p.a., pagina 3, parte conclusiva del punto 5; nota Chimet del 31 luglio 2017).

I reflui di cui allo scarico S1, dunque, non sono domestici (art. 74 cit.), e non possono ritenersi equiparati a quelli domestici (art. 101 cit.).

Gli stessi non possono quindi confluire nella pubblica fognatura senza una specifica autorizzazione, come previsto dall’art. 107 comma 2 e dall’art. 124 comma 4 D. Lgs. 152/2006, nonché dall’art. 5 L.R. Toscana n. 20/2006, con esclusivo riferimento alle acque reflue domestiche.

Nel contempo, a differenza di quanto sostenuto dalla parte ricorrente, non sussiste alcuna contraddizione tra le succitate disposizioni del Codice dell’ambiente e l’allegato 2 al Regolamento regionale n. 46/R dell’8 settembre 2008. Il suddetto allegato, alla tabella n. 1, prevede infatti, tra le acque assimilate ai reflui domestici, quelle provenienti da «Attività di produzione e commercio di beni o servizi le cui acque reflue sono costituite esclusivamente dallo scarico di acque derivanti dal metabolismo umano e da attività domestiche». Nel contempo, tuttavia, detta tabella è intitolata come segue: «Tabella 1. – Tabella di assimilazione delle acque reflue ad acque reflue domestiche - Attività che scaricano acque reflue assimilate ad acque reflue domestiche ai sensi dell’art. 101 comma 7 lettera e) del decreto legislativo». È dunque del tutto evidente che, in disparte la fondamentale considerazione per cui il regolamento regionale non potrebbe derogare in pejus a una legge del Parlamento in una materia di competenza esclusiva dello Stato (quale è, ai sensi dell’art. 117 comma 2 lettera ‘s’ della Costituzione, quella della tutela ambientale), lo stesso allegato 2 qui in esame, nell’intestazione della Tabella, richiama e rinvia testualmente all’art. 101 comma 7 D. Lgs. 152/2006, che espressamente richiede, ai fini dell’assimilazione ai reflui domestici, il presupposto sostanziale dell’identità delle caratteristiche delle acque immesse in fognatura. Presupposto, quest’ultimo, da escludersi con riferimento allo scarico S1 dell’impianto Chimet, per le ragioni sopra indicate.

Del tutto legittimamente, in definitiva, l’Amministrazione rilasciava l’autorizzazione all’immissione in fognatura, imponendo alla società ricorrente prescrizioni condizionanti.

Il primo motivo di ricorso risulta pertanto destituito di fondamento.

1.2. Il secondo e il terzo motivo di gravame vengono qui esaminati congiuntamente, in quanto entrambi relativi alla consistenza dei limiti imposti, per l’immissione in pubblica fognatura, dalla prescrizione n. 5 del provvedimento impugnato.

Più precisamente, la ricorrente ritiene illegittimo l’assoggettamento dei reflui provenienti dallo scarico S1 del proprio stabilimento ai limiti previsti dalla colonna «Scarico in acque superficiali» della tabella 3 dell’allegato V alla parte III del D. Lgs. 152/2006, molto più restrittivi rispetto a quelli indicati, nella medesima tabella, dalla colonna «Scarico in rete fognaria», che secondo la Chimet S.p.a. dovrebbe invece applicarsi alla fattispecie (a titolo esemplificativo, quanto alla presenza di boro, lo scarico in acque superficiali prevede un parametro massimo di 2, mentre per lo scarico in fognatura è indicato un parametro massimo di 4).

Ritiene il Collegio che la prospettazione della parte ricorrente non possa essere condivisa. Diversamente da quanto sostenuto da Chimet S.p.a., invero, l’Amministrazione deputata al rilascio dell’AIA ben poteva, nel caso di specie, rendere maggiormente stringenti i limiti della concentrazione di sostanze inquinanti presenti nelle acque immesse in fognatura, e ciò con riferimento alla presenza, in prossimità e a valle del punto di versamento, dell’impianto di depurazione di Ponte a Chiani, la cui capacità operativa si mirava a preservare attraverso la previsione in contestazione. Di tale finalità, e della ritenuta necessità di detta limitazione, si dà espressamente atto nell’allegato tecnico al provvedimento impugnato, che sul punto riporta le considerazioni svolte nel parere emesso dal soggetto gestore del Servizio Idrico Integrato, proprio con specifico riguardo all’impianto di depurazione suddetto. In particolare, l’allegato si esprime nei seguenti termini: «La società Nuove Acque S.p.a., nel parere inviato, in considerazione del destino finale dello scarico in fognatura collegata all'impianto di depurazione di Ponte a Chiani, date le note e persistenti criticità relative agli ingressi di metalli pesanti, al fine di preservare la capacità depurativa dell’impianto, ha richiesto l’applicazione dei limiti per le acque superficiali per i metalli caratteristici dello scarico Rame, Piombo, Zinco, Selenio, Boro, Cadmio, Cromo Totale, Mercurio, Nichel, As e per il pH» (punto 2 dell’allegato tecnico).

Ed effettivamente, come precisato dalla parte resistente e non aliunde contestato, e come risulta comunque dal parere di Nuove Acque S.p.a., l’impianto di Ponte a Chiani è di tipo biologico, ed è idoneo ad eliminare dalle acque i soli agenti inquinanti che comunemente si trovano negli scarichi domestici, non anche le sostanze elencate nella prescrizione impugnata. Conseguentemente, l’eventuale immissione in fognatura delle sostanze indicate in prescrizione, con limiti più elevati di quelli previsti dalla succitata tabella V per l’immissione in acque superficiali, stante l’inefficacia sulle stesse dell’impianto di depurazione, avrebbe potuto determinare un innalzamento della relativa concentrazione nelle acque “depurate” e reimmesse in acque per l’appunto superficiali (Torrente Lota), compromettendo così l’equilibrio generale di tale risorsa ambientale.

La richiesta di Nuove Acque S.p.a. veniva recepita tra le prescrizioni imposte dalla Regione Toscana, che in tal modo esercitava il potere previsto, in materia di AIA, dall’art. 29 sexies, comma 7 D. Lgs. 152/2006 (in quanto l’immissione in pubblica fognatura a seguito dell’eccezionale arresto del sistema di sollevamento - unico caso in cui è indicato nel progetto Chimet il versamento in fognatura dello scarico S1 senza la previsione del previo trattamento di claro-flocculazione e decantazione - costituisce una situazione diversa dal normale esercizio dell’impianto), e comunque dal medesimo art. 29 sexies, comma 4 quater, a norma del quale: «I valori limite di emissione delle sostanze inquinanti si applicano nel punto di fuoriuscita delle emissioni dall'installazione e la determinazione di tali valori è effettuata al netto di ogni eventuale diluizione che avvenga prima di quel punto, tenendo se del caso esplicitamente conto dell'eventuale presenza di fondo della sostanza nell'ambiente per motivi non antropici. Per quanto concerne gli scarichi indiretti di sostanze inquinanti nell'acqua, l'effetto di una stazione di depurazione può essere preso in considerazione nella determinazione dei valori limite di emissione dell'installazione interessata, a condizione di garantire un livello equivalente di protezione dell'ambiente nel suo insieme e di non portare a carichi inquinanti maggiori nell'ambiente». La disposizione de qua prevede infatti espressamente che i valori limite delle immissioni possono essere modificati (dunque alzati o abbassati) in ragione della presenza di un impianto di depurazione, e in modo tale da garantire un livello invariato di protezione ambientale.

Nel caso di specie, vi era la concreta possibilità, prevista dalla Chimet S.p.a. nel progetto presentato, dell’immissione in fognatura di acque provenienti dallo scarico S1 che, in caso di guasto al sistema di sollevamento, non sarebbero state preventivamente sottoposte al trattamento di claroflocculazione e sedimentazione, presentando perciò sostanze pericolose (metalli pesanti) in concentrazione più elevata dei limiti per le immissioni nelle acque superficiali (parere del gestore in data 29 agosto 2017, pagina 3, a conclusione del punto 5). Nel contempo la stazione di depurazione di Ponte a Chiani, per le proprie caratteristiche operative, non sarebbe stata in grado di abbattere efficacemente la presenza delle succitate sostanze, che sarebbero pertanto transitate, dopo il depuratore, nelle acque superficiali (Torrente Lota), con conseguente alterazione del livello di protezione ambientale previsto per quest’ultima risorsa. È pertanto al fine di preservare il livello di tutela ambientale delle acque superficiali che, con l’impugnata prescrizione n. 5, si imponeva la depurazione dei reflui di cui allo scarico S1 alla società cui si deve ricondurre la produzione degli stessi, contaminati dalle sostanze inquinanti sopra elencate. Il tutto, a superiore beneficio della salute della collettività e, in termini precauzionali, al fine di evitare la produzione di un danno ambientale e alla salute umana.

Del resto, anche nell’AIA precedentemente rilasciata dalla Provincia di Arezzo con D.D. 124/2013 era prevista l’applicazione, per i reflui di Chimet, dei limiti relativi alle immissioni in acque superficiali.

L’operato della PA risulta dunque essersi esplicato nel solco del potere previsto dal riportato art. 29 sexies, e in pieno ossequio ai fondamentali principi di ragionevolezza, proporzionalità, precauzione e prevenzione del danno ambientale, oltre che sulla scorta di un’attenta e approfondita istruttoria. Il c.d. « principio di precauzione », in particolare, di derivazione comunitaria (art. 7, Regolamento n. 178 del 2002), impone infatti che laddove sussistano incertezze o anche solo un ragionevole dubbio riguardo all'esistenza o alla portata di rischi per la salute delle persone, possono essere adottate misure di protezione senza dover attendere che siano pienamente dimostrate l'effettiva esistenza e la gravità di tali rischi. In tal caso l'azione dei pubblici poteri deve tradursi in una prevenzione anticipata rispetto al consolidamento delle conoscenze scientifiche (C.d.S. III, 3 ottobre 2019 n. 6655; T.A.R. Piemonte I, 12 dicembre 2020 n. 834). Il principio trova attuazione facendo prevalere le esigenze connesse alla protezione dei valori ambientali sugli interessi economici e riceve applicazione in tutti i settori ad elevato livello di protezione, indipendentemente dall'accertamento di un effettivo nesso causale tra un fatto dannoso o potenzialmente tale e gli effetti pregiudizievoli che ne derivano. Come più volte statuito anche dalla Corte di Giustizia Comunitaria, l'esigenza di tutela della salute umana diventa imperativa già in presenza di rischi solo possibili, ma non ancora scientificamente accertati, poiché le istituzioni sia comunitarie che nazionali sono responsabili della tutela della salute e dell'ambiente, sicché la regola della precauzione può essere considerata come un principio autonomo che discende dalle disposizioni del Trattato (T.A.R. Campania - Napoli V, 3 gennaio 2023 n. 28).

Le censure in esame vanno perciò disattese.

1.3. Nemmeno il quarto motivo di impugnazione può condurre all’accoglimento del ricorso.

La natura mista della società Nuove Acque S.p.a., al cui capitale partecipano soci privati, non è infatti idonea ad inficiare la legittimità del provvedimento impugnato, in primis perché la censura in esame risulta formulata in termini talmente aspecifici da non superare la soglia di ammissibilità, a norma del combinato disposto tra l’art. 40 comma 1 lettera ‘d’ c.p.a. e il successivo comma 2 della stessa norma.

In ogni caso, la natura mista pubblico-privata del gestore del servizio, di cui venivano acquisite le valutazioni in ragione della competenza derivante dall’attività di carattere pubblicistico effettivamente svolta (gestione del servizio idrico integrato), successivamente fatte proprie dalle amministrazioni partecipanti alla conferenza di servizi e infine dalla Regione Toscana nel provvedimento conclusivo, non lede alcuna norma né alcun principio ordinamentale, la cui violazione veniva peraltro dedotta dalla parte ricorrente ancora una volta in assenza di una specifica individuazione.

La relativa censura risulta pertanto destituita di fondamento.

2. In ragione delle considerazioni che precedono il ricorso, siccome in toto infondato, deve essere respinto.

3. Le spese del giudizio vengono compensate tra le parti, stante la peculiarità della fattispecie che ha costituito oggetto di causa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge per le ragioni indicate in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 20 giugno 2023 con l'intervento dei magistrati:

Alessandro Cacciari, Presidente

Andrea Vitucci, Primo Referendario

Katiuscia Papi, Primo Referendario, Estensore